LETTERA DAL CARCERE

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Domenica, 25 ottobre 2015
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arteideologia raccolta supplementi
nomade n.11 dicembre 2015
COME STANNO LE COSE
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Cara madre,
la notizia che adesso io dispongo in carcere di un tablet e posso addirittura navigare in rete è circolata rapidamente. Sembra che la Direzione abbia ricevuto parecchie richieste di spiegazioni da parte della stampa e di singoli cittadini.
Io stesso ho aperto diverse lettere che mi chiedevano dove inviarmi le e-mail, o se avessi una mia pagina in qualche social network.
Evidentemente le informazioni che avete non spiegano che la dotazione di programmi concessami è molto limitata. L’isolamento e il setaccio delle notizie a cui vengo sottoposto mi consiglierebbe di non immaginare che questi tablet siano stati dati a molti carcerati, ma soltanto ad alcuni, se non addirittura esclusivamente a me.
Tutta questa faccenda non mi è per niente chiara. Sospetto abbia uno scopo segreto, di controllo, o anche di manipolazione. Capirete quindi la cautela, la reticenza e l'allusività, con cui devo fare i conti ogni volta che vi scrivo - me ne scuso anche con la direzione, sempre costretta a leggermi.
Ma per il momento di tutto questo non m’importa. Mi sto divertendo troppo per lasciarmi afferrare dalla paranoia.
Anche senza posta elettronica, programmi telefonici come Skype, né altro che mi dia la libertà di interagire con la Rete, credo di poterne trarre dei vantaggi.
Ho appena la possibilità di consultare le pagine di Internet, scaricare file di testo, musicali e video, ma il giovane gestore dei miei programmi (pagato con voucer) ha con la ditta di qui un rapporto talmente aleatorio da impedire alla mia coscienza di fare qualche tentativo per chiedergli l'installazione di programmi non consentiti.
Spiegalo tu ai parenti, alla cerchia degli amici, e al Comitato; vorrei evitare di dover rispondere per lettera ad ognuno che mi scrive. Vado infatti ancora soggetto alle crisi di cefalea quando smetto troppo presto di scrivere; capirete dunque che per me non è affatto consigliabile moltiplicare queste spiacevoli occasioni per missive troppo brevi.
E’ per quest'ultimo motivo se adesso, che ho preso in mano la biro, continuerò a scrivere per  rispondere ad una lettera di Giorgio. Dunque, nell’eventualità che tu non voglia più leggermi, ti prego di passarmi a lui. | | |
| | | Evidentemente Giorgio deve aver letto l’ultima mia lettera perché, tra le altre cose, mi chiedeva se l’omissione del nome dell’artista dell’opera citata in quella lettera era casuale o voluta. Lui sa perfettamente che io raramente mi interesso alle nomenclature, e delle persone con riluttanza ne faccio il punto. Eppoi, lì il punto non era neppure l’opera ma solo l’immagine di cui disponevo; e nella cartolina l’opera era un dettaglio, come la cupola di Brunelleschi in una veduta di Firenze. Dettaglio, quest’ultimo, magari non privo di peso, ma pur sempre un dettaglio nel panorama; e, nella cartolina di un interno, ogni dettaglio diventa decorazione, né più né meno di un tappeto gettato in terra… e sia pure un invadente tappeto cinese.
D'altra parte, il nome di quell’artista è talmente noto e celebrato d’essersi pienamente guadagnato, lui, il diritto di non venir nominato, io, il dovere di non nominarlo affatto. | | |
| | | La settimana prossima verranno a trovarmi alcuni membri del Comitato, tra cui degli avvocati. Vedranno coi loro occhi che dal repulisti della cella sono riuscito a salvare la mia corrispondenza, i miei appunti e disegni e, naturalmente, tutti i documenti del processo con la collezione dei ritagli della stampa. Con l’occasione penso di consegnare all’avvocato D’Inzillo uno stampato per allegarlo agli atti. Forse lui non ne comprenderà l’utilità. Potrebbe spiegargliela qualcuno dei nostri? gliene sarei grato.
In attesa di questa visita ho trascorso gli ultimi tre giorni a riordinare le mie carte, dalle quali è saltato fuori anche il ritaglio di una vecchia pubblicazione. Solo allora mi sono reso conto che nella cernita avevo trascurato di mettere in salvo la mia edizione de Il vagabondo delle stelle, un romanzo di Jack London.
Per anni ho desiderato vedere la realizzazione di un film tratto da quest’opera. Magari poteva girarlo Kubrick - e non pensate alla sua Odissea nello spazio, ma soltanto all’opportunità che avrebbe avuto di trattare in un unico film tutti i generi da lui utilizzati in precedenza. Nel frattempo però è morto… Ci sarà mai qualcuno che si deciderà a girare un Vagabondo della Stelle prima che me ne vada anch’io? …
Ti dico di questo romanzo non perché ho voglia di rileggerlo (l’ho già recuperarlo in un formato e-book) ma solo perché mi farebbe piacere riavere sotto gli occhi, qui in cella, una frase tratta da quel libro, e che a suo tempo ho trascritto a mano e fotografata. In camera mia, infilata tra la mia roba, dovrebbe esserci senz’altro una stampa di quella mia scrittura. Vorrei che Giorgio o Alberto cercassero per me questa foto, per farmela avere. Dovrebbe stare nell’armadio in camera mia, in una delle custodie color ocra del 1983. | | |
| | | Una volta ancora voglio rassicurare tutti sulla mia attuale condizione carceraria, certamente migliore di quella di tantissimi altri detenuti nelle prigioni del paese. Non fosse per l’internamento e l’isolamento, il trattamento potrebbe risultare addirittura confortevole anche per la vita ordinaria di ogni altro uomo (per quanto possa dirsi “confortevole” il diffuso stile di vita assediata in cui si trovano molti uomini e donne nei quartieri circondariali delle metropoli). | | |
| | | Cara madre, non so come dirtelo, ma la mia bestiolina non si è ancora annoiata a sufficienza da lasciarmi andare, e dovrò continuare a scrivere di cose che puoi senz’altro tralasciare di leggere. | | |
| | | In genere ritengo di potermi (e di potervi) risparmiare ogni mia considerazione sulla realtà. D’altronde, per quanto rinchiuso in una cella di contenzione, adesso posso anche osservare frequentemente come in Internet sia possibile pescare tutto ciò che serve per farsi un’idea chiara riguardo la marcia inarrestabile delle dissoluzioni dei vecchi apparati d’ordine e dell’affermarsi di nuovi paradigmi sociali (come, ad esempio, potete leggere voi stessi dal sito di Quinterna.
In altri termini, nella rete c’è già abbondanza d’ogni cosa; di merci come di informazioni, con accompagno di tutta una gradazione infinita di commenti, analisi e opinioni tra le quali, mi ci mettessi a cercarle, troverei quasi certamente ciò che avrei potuto esprimere esattamente io stesso. Quindi, senza sciupare energie, uno può anche limitarsi ad indicarle senz’altro, e procedere oltre.
E’ anche così che la tecnologia viene incontro ai nostri bisogni?... a parole?...
Segregato con un tablet, la parola fa presto a diventare un Mastro di Chiavi che apre porte per acchiappar fantasmi del fuori. Sembra proprio che con il computer la parola abbia realizzato il suo primitivo sogno di onnipotenza sulle cose materiali (che potrebbero anche raggiungermi qui in cella, se solo potessi permettermi di ordinarle e pagarle). Invece, non ho dovuto ordinare né pagar nulla per la traduzione di un testo che m’interessava. Sapete che non conosco affatto la lingua inglese e, non potendo richiedere al Direttore un ausilio esterno, mi sono dovuto arrangiare con il traduttore di Google. Certo così non s’impara nulla sulla lingua inglese, ma ho comunque afferrato ottimamente gran parte di ciò che in quella lingua si voleva comunicare - senza dover neppure ringraziare un traduttore di professione, spesso inaffidabile quanto inattendibile, data la prevedibile mancanza di una qualche familiarità con l’argomento.
Ho forse con ciò dimostrato a me stesso come già oggi è diventato realmente possibile fare un giorno questa cosa, domani quell’altra, la mattina andare a caccia, il pomeriggio pescare, la sera allevare il bestiame, dopo pranzo criticare, cosí come mi vien voglia, e soprattutto senza diventare né cacciatore, né pescatore, né pastore, né critico… né traduttore - come anticipava il moro? | | |
| | | Bazzicando troppo la rete succede però di pescare e di farsi raggiungere da un pandemonio di insinuazioni, discorsi interrotti o ripresi, vischiosi umori personali tra i quali è penoso districarsi...
Allora credo sia meglio evitare di dire sempre la mia su tante cose.
E’ anche  preferibile che in seguito io mi prepari degli argomenti per evitare di appendermi ad ogni pretesto pur di scrivere qualcosa solamente per ammansire la mia dispotica bestiolina… Ecco però che adesso si è messa a sbadigliare.
Per il momento credo di essermi liberato dalla sua presa, e posso finalmente smettere di scrivere.
Cosa che io faccio all’istante.


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