L'ARTE RACCONTATA AI COMPAGNI |
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Tracce di Lavoro comune . 2021
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Non è dall’oggi al domani che il proletariato ha fatto del marxismo il suo metodo, e attualmente è ben lungi dal servirsene integralmente. Questo metodo serve ora principalmente e quasi esclusivamente a scopi politici. Il largo impiego come metodo di conoscenza e lo sviluppo metodologico del marxismo dialettico appartengono ancora all’avvenire. Soltanto nella società socialista il marxismo cesserà di essere lo strumento unilaterale della lotta politica, per divenire il metodo della creazione scientifica, l’elemento e lo strumento essenziale della cultura spirituale.(Trotsky) [1]
RICOGNIZIONI SUL FORMALISMO 1
In un disegno pubblicitario della banca Bowery Saving di New York degli anni trenta dello scorso secolo, la raffigurazione del Padre Tempo [3] non presenta i vari elementi iconografici distintivi che in passato servivano a rendere riconoscibile la personificazione del Tempo, ma soltanto quelli della tarda età e la falce. E’ un tipico esempio di “pseudomorfosi” dell’immagine, cioè di re-interpretazione di un personaggio antico che è riuscito a resistere alla totale eliminazione dei soggetti umanistici dall’arte moderna e gode tuttora di una tale popolarità che persino ai giorni nostri lo porta a comparire nelle cartoline di auguri per l’Anno Nuovo, nonché in cartoni animati e nella pubblicità.
Non è difficile per noi collegare queste ultime osservazioni di Kubler ad un richiamo di Engels per il quale è una “vecchia storia” quella che in principio trascura sempre la forma a favore del contenuto [7]. E se qualcuno ha avuto la pazienza di seguire fin nelle digressioni i nostri “racconti”, non crediamo possa avere particolari difficoltà a riconoscere, in queste considerazioni di Engels e di Kubler, la stessa preoccupazione che abbiamo avuto nell’incontro precedente nel richiamare la vostra attenzione sulla medesima questione [8] che, più felicemente e ordinatamente di noi, lo storico dell’arte statunitense svolgerà nel seguito della premessa, appena letta, al suo saggio su La forma del tempo – che completiamo qui di seguito, emendata dalle note biografiche e dai ringraziamenti dell’autore.
Delle diverse osservazioni di Kubler, a noi ora interessa l’idea di quei “mutamenti più o meno regolari” che subiscono le forme strutturali di una lingua “per effetto di regole che governano l’infrastruttura formale di ogni arte… senza nessuna relazione con il significato” [10] … Allora… piuttosto con il tempo ?
La natura ha dato fin troppo spazio allo spazio, dategli il tempo e, lontano dall’equilibrio entropico, anche l’atomo di carbonio impara a memoria il modo di mettersi al mondo.
Detto di passaggio, occorre qui smentire un luogo comune tuttora corrente, che vuole vedere, almeno per i suoi anni berlinesi, un Marx ancora filosofo e per di più hegeliano, nonostante una lettera del novembre 1837 in cui Marx confida al padre : «giunto a Berlino, ho rotto tutti i legami che avevo avuto fino allora, ho fatto di malavoglia rare visite e ho cercato di immergermi tutto intero nella scienza e nell’arte… - o anche - non ho potuto avere pace finché non avessi acquisito la modernità ed il punto di vista della odierna opinione scientifica»[14], e non sussiste alcun motivo ragionevole per non prenderlo in parola - anche alla luce dell’esortazione di Leibniz che lui si prende cura di annotare e commentare.
Sembra proprio che il “determinismo” si prenda spesso e volentieri la sua rivincita su quelli che vorrebbero metterlo alla porta facendo infine capitolare chi pur avendo simile pretesa conduce tuttavia studi, ricerche e sperimentazioni sulla base dei fatti, senza ideologie pret-a-porter. A una di tali idee sembra difatti imputabile la resistenza che una certa storiografia dell’arte contrappone al “formalismo” [18], visto come affetto di un deprecato determinismo; ma, a guardar bene, alla radice di questo biasimo c’è il timore che esso possa in qualche modo limitare la libertà creativa dell’artista geniale, ridurne il ruolo di protagonista. E qui, per noi, valga come un altro grande tema dell’immaginazione artistica già trattato riguardo al “battilocchio” nella storia in generale, e quindi anche nella storia dell’Arte, quando intesa come successione cronologica di biografie provvidenziali; difatti due sono le costruzioni cui più supinamente si inchina il filisteo: lo Stato e l'Io [19].
Più di uno ha avanzato la classica obiezione romantica che su questa via si trascura l’aspetto creativo ed espressivo dell’arte nel singolo artista; ma a volte qualcosa di ingombrante deve pur essere lasciata cadere se si vuole fare dei passi in avanti.[21] “La storia delle cose”, o l’industria dell’uomo e la sua scienza Quello virgolettato è precisamente il titolo del primo capitolo del saggio dello storico dell’arte statunitense George Kubler La forma del tempo; e poiché ben presto sapremo che le “cose” cui dedica le sue considerazioni altro non sono che i prodotti del lavoro millenario del genere umano, ecco completarsi il titolo del nostro proprio paragrafo.
La premessa che ancora nel 1961 lo storico e antropologo americano chiedeva di accettare come ipotesi di studio, per noi era già stata formulata e accettata, fin da oltre un secolo e mezzo, come risposta ad una domanda per niente retorica: « Che cosa si deve pensare, insomma, di una scienza che astrae aristocratica da questa grande parte dell’umano lavoro e non avverte in sé la propria incompletezza, fino al punto che così larga ricchezza dell’umano operare non le dice niente altro che quello che si può dire in una parola: “bisogno”, “volgare bisogno”!?» – scrive difatti Marx nel suo terzo manoscritto del 1844 [23]. E noi, per non apparire soltanto impertinenti, continuiamo a leggere:
Ed è precisamente da questo punto, in chiusura e conclusione del paragrafo, che incontriamo la formulazione che con indubbia chiarezza mostra la pertinenza del nostro richiamo a Marx:
Non troppo diversamente da Marx sembra essersi posto Kubler per le sue “considerazioni sulla storia delle cose”:
L’aristocraticità della scienza bollata da Marx e la piccolezza della famiglia delle cose dell’arte di Kubler sono dei chiari riferimenti a studi storici dell’arte che appartengono al passato, segnati indelebilmente da una medesima impostazione che li limitava ad ergersi su basi biografiche e svilupparsi in genesi episodiche, sia pure concordemente ad un qualche “stile” periodizzato e localizzato. Forse anche per l’arte Marx direbbe la stessa cosa che dice per il proletariato, ossia che “non ha bisogno d’altro che di un chiarimento critico”.
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Crediamo che l’autore abbia riportato una data precisa ma la intendeva riferire all’intero secolo dei Lumi e all’Illuminismo in generale [27], ossia al pensiero ancora “rivoluzionario” e genuinamente materialista della borghesia; un pensiero che viene quasi subito irretito per essere convogliato nelle Accademie nazionali a sostegno ideologico della conservazione del nuovo ordine sociale.
Ed è ancora in questa fase di conservazione che si trova il pensiero borghese quando, poco prima della sua seconda rivoluzione (1848) Marx ne traccia il bilancio fallimentare che abbiamo già visto: la momentanea unione tra scienze naturali e filosofia è stata solo una fantastica illusione. E così poi Kubler, con alle spalle due guerre imperialiste e i qui pro quo ideologici del bolscevismo statizzato, è costretto a riprendere – non importa se inconsapevole – il filo storico per un programma di uno studio sistematico, “scientifico” dell’arte, oltre un secolo dopo che Marx ne aveva indicato la base concreta su cui ergersi.
Mi sta tanto a cuore la verità che preferisco essere un calzolaio Giusto per condividere una stessa generale visione con altri studiosi della storia della scienza e della società, possiamo leggere in pagine più recenti la necessità di integrare proficuamente il campo delle osservazioni delle attuali discipline scientifiche ampliando la loro specifica storia interna con quella esterna.
Al suo rammarico per la difficoltosa situazione della propria disciplina, l’eminente storico della scienza avrebbe potuto trovare causa e risoluzione nella eco lontana di un paradigma tuttora rivoluzionario, ossia ancora inconcepibile al pensiero borghese:
Quando Vincent van Gogh scrive al fratello Theo [33] che preferirebbe essere appunto un calzolaio con i colori, forse lui può anche aver preso atto della situazione mutata dall’epoca dei telai a mano e della pittura a mano. Si sentì per questo tanto separato da sé stesso d’andarsi a sparare in un campo di grano? (Poi magari arriva pure Niky de Saint Phalle, e invece di spararsi prende a fucilate l’opera e salva l’artista…)
Basterebbe prendere atto della nozione a dell’azione del cervello sociale – che lo sviluppo della tecnologia ha contribuito a far emergere concretamente dall’offuscato fondale della vecchia divisione del lavoro – per risparmiare alla scienza, all’arte o ad altre separate discipline, tanti futili problemi di datazione o attribuzione di personali “creazioni” che non possono appartenere interamente a nessuno in particolare se non, segnatamente, quali momenti di un unico processo conoscitivo della natura da parte della specie… e così sbarazzare da tali secolari crucci anche il nostro stimabile storico della scienza, verso cui rimaniamo vecchi debitori [35].
La bellezza e la verità La metafora del “libro” cui Marx ricorre più volte per fare della storia dell’industria un “aperto libro” delle forze essenziali umane, ci sembra richiamarsi al medesimo uso fondativo [36] che ne aveva fatto Galileo per la scienza e la conoscenza dell’universo:
Già Leonardo da Vinci all’inizio del suo Trattato della Pittura [1498?] affermava che « Nessuna umana investigazione si può dimandare vera scienza, s’essa non passa per le matematiche dimostrazioni… Nessuna certezza è dove non si può applicare una delle scienze matematiche, over che non sono unite con esse matematiche… Chi biasima la somma certezza delle matematiche si pasce di confusione, e mai porrà silenzio alle contraddizioni delle sofistiche scienze colle quali s’impara uno eterno gridore.».[38]
Detto ciò, il punto problematico della controversa congiunzione di bellezza e verità, allora verrebbe dato dal fatto che da parte sua la scienza ha sempre cercato di eliminare il soggettivo (sentire) dalla propria (oggettiva) descrizione del mondo [42]. Nondimeno vediamo spesso la scienza trarre conoscenza dalla bellezza, o dall’eleganza – che del Bello potrebbe essere una versione integrata con la ragione logica per una esposizione dimostrativa non stilizzata, resa semplice e svelta anche nel completare (simmetricamente, simultaneamente) “altre” teorie e ipotesi conoscitive.
In una lettera ad Einstein, Werner Heisemberg scriveva:
Da parte sua Einstein ricordava bene come ai tempi della relatività speciale del 1905 i primi esperimenti sembravano favorire la teoria di Max Abraham. Ma non ne fu turbato, perché aveva piena fiducia nei principî su cui era basata la relatività, che la rendevano meno arbitraria, e quindi più elegante dell’altra; e nuove misure più accurate gli diedero ragione: le forze del vero e del bello finirono per convergere. In cosa poi consista precisamente la bellezza, l’eleganza o la semplicità nella scienza o nell’arte, per il momento lo affidiamo all’intuizione di ognuno, accontentandoci soltanto di aver evocato queste suggestive qualità per farle agire liberamente nel nostro racconto – confortati in ciò da un’autorevole osservazione per la quale «nonostante che il solo filosofo possa essere un esperto di estetica, l’esperienza estetica è di ogni uomo»[44].
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[1] . Lev Trotsky, Cultura e arte proletaria, in Letteratura e rivoluzione, URSS 1923; it. da Letteratura arte libertà, ed. Schwarz, Torino 1958, pag. 73. Per il metodo di Marx, vedi il Poscritto alla seconda edizione del Capitale (sarà riportato nella seconda parte della presente Ricognizione, nel prossimo almanacco).
[2] . Sul “formalismo” vedi precedenti in nømade 15-2018 (Pdf pag. 67 seg.) e nømade 05-2011 (Pdf pag.117-19) [3] . “Father Time” nei paesi non solo anglosassoni è l’immagine dell’anno vecchio: o, nel senso esteso, del tempo che sempre avanza di corsa verso l futuro però guardando indietro, verso il passato.
[4] . Erwin Panofsky, Studi di iconologia, 1939; it. Ed. Einaudi, Torino 1975-2009, pag. 89 seg..
[5] . Immagini e figure del Tempo (che vanno dal Kairos classico al Fanete, dal Saturno romano alla Morte medievale, alla rappre-sentazione del Tempo nel Quattrocento, eccetera) come sono tramandate nella pittura pompeiana, nei codici miniati medievali o da svariati artisti quali Jacopo Pisellino, Gregorio de Gregorii, Dürer, Bronzino, Bernini, Tiepolo, ecc., fino a Poussin. [6] . George Kubler, Simbolo, forma a durata; premessa a La forma del tempo (1962), it. Einaudi, Torino 1972, pgg. 3,4. > Leggi qui in allegati la conclusione del testo. [7] . Friedrich Engels, lettera a Franz Mehring del 14 luglio 1893, in Lettere di Engel sul materialismo, ed. Iskra, Firenze 1982, pag. 65 (il concetto viene ripreso più avanti - nel Pdf a pag. 48). [8] . L’arte raccontata ai compagni, in almanacco nømade n.19, pag. 63: “Cos’è dunque ciò che l’opera (d’arte) mirabile fa dimenticare mettendola a tacere? L’intenzione dell’artista, la comunità e il suo scopo, il granello di dura sabbia, o tutte queste cose assieme?… C’è in questa descrizione [di Gombrich] un nocciolo duro come un granello di sabbia, che tuttavia va progressivamente svaporandosi in un compito dettato dal corpo sociale per finire in una intenzione del singolo…”. Ci riferivamo grosso modo appunto a ciò che per i significati Kubler indica come “sostegni” o “vettori del significato”, il cui studio metodico, dopo essere nato in un periodo storicamente rivoluzionario (anche per il pensiero borghese - come vedremo più avanti), viene rinnegato, abbandonato quando non deriso, non appena anche la sua fase rivoluzionaria è alle spalle: tanto vale per l’arte come per la scienza (cfr. A. Bordiga, Riunione di Bologna del 13 novembre 1960, ora nella rivista n+1, numero doppio 15-16, giugno-settembre 2004, particolarmente pag. 152). [9] . George Kubler, Simbolo, forma a durata, cit. [10] . Che tuttavia può interferire (con “gruppi simbolici”) e interrompere così “la regolare evoluzione del sistema formale” … - ma qui ci sembra porsi ed agire un netto dualismo tra forma e significato che impedisce di considerare tali interferenze del significato come partecipi anch’esse all’evoluzione del sistema formale e, a fortiori, della lingua stessa… [11] . Enzo Tiezzi, Fermare il tempo, ed. Raffaello Cortina, Milano 1996, pag. 123 (corsivi nostri). [12] . La forma dello gnomone, della clessidra o dell’orologio sono forme delle “macchine” di misurazione (quantitativa) del tempo non forme (qualitative) del tempo, e specificatamente – quando le vediamo rappresentate nelle opere d’arte – raffigurazioni simboliche del tempo dell’uomo e per l’uomo (…storico, solitamente occidentale e più o meno moderno). [13] . Karl Marx, Taccuino berlinese del 1841, estratti su Leibnitz, in MEGA 2 IV/1, Exzerpte und notizien bis 1842, Berlino, Dietz Verlag, 1976, pag. 20. [14] . Da Karl Marx, F. Engels Werke, Ergänzungband, Erster Teil, Berlin 1968, pp 3-12. La Lettera fu pubblicata per la prima volta, con un’introduzione della figlia Eleanor (dirigente comunista, più tardi morta suicida) su Die Neue Zeit XVI 1897. Leggi in almanacco nømade n.16, ottobre 2018, pag. 21 seg. [15] . Tralasciando le sue letture scientifiche alla British Library, che frequenta assiduamente dal 1846 al 1873, nella sua biblioteca privata di Marx si è trovata una consistente presenza di volumi d’argomento scientifico. [16] . Riguardo al ruolo del tema nell’immaginazione scientifica possiamo leggere in Holton: “Cosa c’è dietro le scelte chiaramente quasi estetiche che fanno alcuni scienziati – per esempio, nel rifiutare come semplicemente ad hoc un’ipotesi che ad altri scienziati può sembrare una verità necessaria? Il terreno da cui scaturiscono queste scelte è confinato nell’ambito dell’immaginazione scientifica o si estende oltre di essa? Per trattare questioni di questo tipo io ho proposto una nona componente per l’analisi del lavoro scientifico, cioè l’analisi tematica (un termine familiare per l’uso in certa misura simile che se ne fa in antropologia, critica dell’arte, musicologia e altri campi). In molti (forse nella più parte) dei concetti, metodi proposizioni e ipotesi della scienza, passati e presenti, ci sono elementi che hanno la funzione di temi: costringono il singolo a certe scelte e le motivano e a volte guidano (normativamente) e polarizzano l’interesse di tutta la comunità scientifica.” – Gerald Holton, L’immaginazione scientifica (1973-79), ed. Giulio Einaudi, Torino 1983, pag. 7. [17] . Giovanni Previtali nell’introduzione a La forma del tempo, cit., pag. XVI – Sull'architetto sassone Gottfried Semper vedi in almanacco nømade n.17 (N.d.R. 1), e qui in allegato i manoscritti della sua Prefazione a Theorie des Formell-Schönen. [18] . Noi usiamo il termine “formalismo” in una accezione molto estesa (vedi qui), inclusiva di più poetiche e pratiche artistiche o correnti di pensiero, che si sono manifestate e sviluppate, particolarmente a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, per oltre un secolo. [19] . Vedi in nømade n.19, Superuomo ammosciati (1953), pag. 98. [20] . Previtali, cit., pag. XI seg. [21] . Una discussione attorno gli aspetti della personalità e “creatività” artistica è svolta in Previtali, cit., pp. XIII-XVIII - Anche Lionello Venturi (Storia della critica d’arte, ed. Einaudi, Torino 1964) dove a conclusione del capitolo sulla critica d’arte e la pura visibilità (pp.279-301), leggiamo: “I simboli della pura visibilità sono oggi adoperati comunemente dagli storici dell’arte e dai critici d’arte. Molti anzi li moltiplicano, ciò che è un vantaggio. Il loro compito è un approccio alla singola opera d’arte (sic!). L’idea paradossale sarebbe di trovare un simbolo per ogni opera d’arte (sic!). Il loro uso reca con sé alcune forme equivoche di storia dell’arte. Per esempio la storia dei simboli astratti intesi come storia genetica dell’arte, oppure la storia dell’arte ‘senza nomi’, perché storia limitata ai modi di vedere. Sarebbe un disconoscere la funzione della personalità nell’opera d’arte, quale il Fiedler stesso ha dichiaratamente indicata.”… Notoriamente, la lingua batte… – e nel dolore si parla di storia dell’arte ma si pensa al singolo artista, si pensa cioè la storia dell’arte come storia dei suoi protagonisti; si nomina una funzione della personalità nell’opera d’arte ma si spera di far credere che possa valere come funzione della volontà dei singoli sulla storia dell’arte – … mentre il dente duole! [22] . George Kubler, cit., pag. 7. [23] . Karl Marx, Opere filosofiche giovanili (Terzo manoscritto, 1844), Editori Riuniti, Roma 1969, pag. 232. [24] . Ibidem, pag. 232 seg.. [25] . Kubler, cit., pag. 8. [26] . Ibidem, pag. 7 seg.. [27] . Giusto per orientarci sul senso di questa data, riportiamo di seguito parte della voce Illuminismo redatta da Paolo Casini per l’Enciclopedia delle scienze sociali della Treccani (1994): |
> (continua) > Nel Trattato sulle sensazioni (1754) si servì della metafora di una "statua organizzata internamente come noi", che acquista gradualmente l'uso dei cinque sensi, per definire le varie sfere dell'attività sensoriale e la rete delle loro interconnessioni (sinestesia), attribuendo al tatto un ruolo fondamentale nella rappresentazione del mondo esterno. Se questo approccio metodico si poneva già sul terreno della psicologia sperimentale, un deciso materialista come Julien Offroy de la Mettrie estese allo studio della mente umana il modello esplicativo della medicina iatromeccanica. Nella Storia naturale dell'anima (1745) e in L'uomo-macchina (1748) tutti gli aspetti della vita psichica sono ricondotti entro una prospettiva fisiologica e visti come epifenomeni 'meccanici' dell'organismo. Al di là delle dichiarazioni programmatiche - volutamente provocatorie nei confronti di ogni dottrina spiritualistica - La Mettrie usò ingegnosi criteri comparativi che mettevano a confronto non soltanto il corpo e la psiche, ma la psicologia e fisiologia umana e quella del regno animale. Louis Leclerc de Buffon, nella sezione L'uomo della sua Storia naturale (1749), intraprese una descrizione comparativa che, pur rendendo omaggio alla spiritualità dell'anima, considerava la 'scienza dell'uomo' come parte di una più vasta indagine fisiologica, biologica, zoologica. Queste proposte teoriche sollevarono vivaci controversie sia all'interno che all'esterno dell'Encyclopédie (1751 ss.). Pochi anni più tardi, Claude-Adrien Helvétius estese la discussione gnoseologica ai problemi delle interazioni tra natura e cultura, individuo e ambiente. I suoi trattati Sullo spirito (1758) e Sull'uomo (1770) collocano la 'scienza dell'uomo' sul terreno sociale ed educativo, abbozzando una spiegazione comportamentistica dei fatti psichici…»
[28] . Marx, Opere filosofiche giovanili , cit. 232. [29] . Robert K. Merton, Scienza, tecnologia e società nell’Inghilterra del XVII secolo (1938), ed. it. Franco Angeli, Milano 1975. [Robert King Merton [Filadelfia, 5 luglio 1910 – New York, 23 febbraio 2003) è stato un sociologo statunitense della corrente funzionalista, figlio di immigrati dell'Europa dell'Est. È forse meglio conosciuto per aver coniato espressioni come "profezia che si autoavvera" e altre entrate nel linguaggio comune come "effetto San Matteo" o per l'uso scientifico del termine "serendipity".] [30] . Thomas S. Kuhn, Le relazioni tra la storia e la filosofia della scienza (1968-76), in The Essential Tension (1977), it. La Tensione Essenziale. Cambiamenti e Continuità nella Scienza, ed. Einaudi, Milano 1985, pag, 126 seg.. [31] . Ibidem, cit. pag. 156. [32] . Karl Marx, Il Capitale, libro I, sez. IV, cap. XIII (1867), ed. UTET de Agostini, Novara 2013, pag. 637. [33] . Vincent a Theo, Saint-Rémy 12 febbraio 1890 (n. 854-626): “...Mi sta tanto a cuore la verità e il cercare di rendere il vero anche, che credo insomma, credo di preferire di essere un calzolaio piuttosto che un musicista, con i colori...”. In questa lettera per due volte Vincent si paragona ad un calzolaio. “In tutta sincerità lei fa una pittura da pazzo!”, avrebbe detto Cézanne a van Gogh (riportato da Bernard in una lettera a sua madre del 1908). Davanti al quadro delle scarpe di van Gogh al filosofo [Heidegger] si palesa la contadina e il suo mondo; davanti ai propri quadri a van Gogh si palesa il ciabattino! – Un tema molto trattato nella pittura del XVII secolo è stato affrontato anche da Poussin in una tela custodita al museo del Louvre: Il Tempo salva la Verità (Time Saving Truth), e risale allo stesso periodo della Danza, sostiene Anthony Blunt nel catalogo critico delle opere di Poussin (cfr. nota 49 nella pagina seguente). [34] . Karl Marx, Lineamenti fondamentali della critica dell'economia politica (1857-1858). Ed. La Nuova Italia, Firenze 1971, vol. iI. pag. 403. [35] . Thomas Kuhn, La struttura delle rivoluzioni scientifiche (1962), it. ed. Einaudi, Torino 1969. [36] … della matematica.– In Marx l’esigenza della lingua “matematica” di Galileo intanto si estende alla conoscenza della psicologia (estetica, antropologica) [“Allo scopo di completare gli elementi trascurati [dall’estetica] dobbiamo procurarci una migliore psicologia su base matematica, come quella di Herbart” (vedi Marx, alla voce ”Estetica”, corsivi nostri)] – ma è ritenuta fondativa anche per la scienza dell’economia e la conoscenza in generale. [37] . Galileo Galilei, Il saggiatore, 6 (1619.22); in Opere a cura di Ferdinando Flora, ed. Riccardo Ricciardi, Milano-Napoli 1953, p. 121. [38] . Cfr. Francesco Flora, Antologia leonardesca, ed. Istituto Editoriale Cisalpino, Milano 1947, pp. 52-53. [39] . John Keats 1819, Ode on a Grecian Urn (Ode su un’urna greca). « Bellezza è verità, verità è bellezza, / questo solo Sulla Terra sapete, ed è quanto basta ». [40] . Richard O. Prum, The Evolution of Beauty. How Darvin’s Forgotten Theory of Mate Chois Shapes the Animal Word – and Us (2017); it. L’Evoluzione della Bellezza. La teoria dimenticata di Darwin (2017), Ed. Adelphi, Milano 2020. «Un approccio interessante per comprendere il dibattito “Darwin contro Wallace” sulla scelta del partner è mettere a confronto il valore della bellezza con quello della moneta. Secondo il vecchio “sistema aureo”, il valore di un dollaro era tale perché ciascun dollaro poteva essere scambiato con un minuscolo frammento d’oro. Il valore del dollaro era estrinseco, il dollaro valeva come surrogato di un altro oggetto di valore: l’oro. Già dalla metà del ventesimo secolo, però gli economisti e i governi si resero conto che il valore del denaro era una semplice convenzione, un “espediente sociale” per citare Paul Samuelson. Oggi un dollaro ha un valore intrinseco: i dollari (come qualunque moneta) hanno un valore perché la gente generalmente concorda sul fatto che ce l’abbiano. L’oro non c’entra più nulla. La visione adattazionista della bellezza è analoga al sistema aureo. Secondo questa visione la bellezza non ha valore in sé; il suo valore esiste solo in quanto essa richiama altre cose, che hanno un valore intrinseco, oggettivo, come i geni di buona qualità o i vantaggi diretti. Al contrario, nella visione darwiniana/fisheriana la bellezza funziona come tutte le monete al giorno d’oggi. Ha un valore perché neò corso dell’evoluzione gli animali hanno concordato che ne ha. La bellezza ha un valore intrinseco, che può evolversi da sé. Come il denaro, la bellezza è un “espediente sociale”… I sostenitori di un ritorno al sistema aureo, detti goldbugs nel gergo di Wall Street, sono ancora convinti che lasciarlo sia stato immorale e sconsiderato. Gli scienziati neo-wallaciani, i goldbugs dell’evoluzione, sono convintissimi che dietro ogni ornamento sessuale ci sia una pentola d’oro, carica di geni di buona qualità o vantaggi diretti per la femmina, e continuano a sostenere questa visione come se fosse l’unica cosa ragionevole da fare. Proprio come i goldbugs, gli scienziati neo-wallaciani non esitano a definire “perverse” tutte le altre ipotesi». (cit. pag, 123 seg.). [41] . Ibidem, pgg. 441-42-43. – Il nostro interesse per l’ipotesi dell’origine naturale e l’evoluzione autonoma del sentire estetico, sviluppata potentemente in questo lavoro di Prum, è di lunga data e potremmo farlo risalire a Plekanov, come è ricordato da un’anticipazione proposta durante la conferenza della riunione redazionale del giugno 2017 a Torino (vedi nømade n.14-2017) tramite un filmato realizzato sulla scorta di un primo trattamento pubblicato successivamente con il titolo La bellezza di Darwin nell'almanacco nømade n.17 del 2019 (nella versione a stampa, a pag. 93 seg.). [42] . Anche quando l’oggetto della scienza ha le sue radici nell’uomo per sé (nelle sue stesse derivazioni sociali quali rapporti materiali e immateriali, strutturali e sovrastrutturali), essa deve comunque liberarsi del soggetto. E magari allora trova il genere per cogliere la vera antropologia nel tempo storico (per noi, ancora preistorico) della specie. Ecco perché, per facilitarsi il compito, essa inizia sempre dal selvaggio e dal primitivo; ma può far ciò proprio in quanto (l’uomo) non lo è più; ossia solo quando ha superato lo stato selvaggio e primitivo (…e può anche andare a vivere nella “colonia”, ma non vi appartiene, benché ne dipenda economicamente)… [43] . Ian Stewart, L’eleganza della verità (2007), ed. Einaudi, Milano 2008, pag. 312 seg. [44] . Thomas S. Kuhn, Le relazioni tra la storia e la filosofia della scienza (1968-76), in The Essential Tension (1977), it. La Tensione Essenziale. Cambiamenti e Continuità nella Scienza, ed. Einaudi, Milano 1985, pag. 16: «In discipline come la logica e, sempre di più come la filosofia della matematica, i problemi che interessano gli esperti sono in generale prodotti dalla disciplina stessa. Le difficoltà di conciliare l’implicazione materiale con la relazione “se… allora” del discorso normale può essere un motivo per cercare sistemi alternativi di logica, ma non riduce l’importanza od il fascino dei problemi creati dai sistemi assiomatici standard. In altre parti della filosofia, principalmente nell’etica e nell’estetica, i praticanti si dedicano ad esperienza che essi condividono con grandi parti dell’umanità, e che non sono in ogni caso riserve speciali di gruppi di esperti nettamente delimitati. Nonostante che il solo filosofo possa essere un esperto di estetica, l’esperienza estetica è di ogni uomo.» (Corsivi nostri)
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