L'ARTE RACCONTATA AI COMPAGNI

George Kubler. 1962
arteideologia raccolta supplementi
made n.21 Dicembre 2023
LA RIPRESA DELLE OSTILITÀ
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Elementi e complementi . (allegati II.2c)
LA FORMA DEL TEMPO
Conclusione

Lo studio storico dell'arte sulla base di principi sistematici è vecchio di quasi duemila anni, se includiamo Vitruvio e Plinio. La quantità di conoscenze accumulate in questo periodo è tale che nessuno puo pretendere di abbracciaria per intero. E’ improbabile che siano molti i grandi artisti ancora da scoprire. Ogni generazione, è vero, continua a rivalutare quelle parti del passato che più hanno attinenza con i bisogni del presente, ma questo processo non serve tanto a scoprire nuove gigantesche figure all’interno di categorie già conosciute quanto a rivelare nuovi tipi di attività artistiche, ciascuna con la sua nuova tabella biografica.
E’ poco probabile che si giunga improvvisamente alla scoperta di pittori sconosciuti della statura di un Rembrandt o di un Goya, mentre è possibile che ci si renda ancora conto della grandezza di tanti piu modesti artigiani il cui lavoro solo recentemente è stato accettato come arte. Ad esempio, il recente avvento della pittura gestuale  (action painting) in Occidente ha portato alla rivalutazione di una simile tradizione della pittura cinese datante dall’XI secolo. A questa forma d’arte l’Occidente era rimasto insensibile fino a pochi anni fa. 

Finitezza dell'invenzione  

Innovazioni artistiche radicali non continueranno forse più ad apparire con la stessa frequenza alla quale ci siamo abituati nel secolo scorso. Puo ben darsi che le possibilita di forma e di significato nella società umana siano già state tutte abbozzate una volta o l’altra, in un luogo o nell’altro, in proiezioni piu o meno complete. A noi e ai posteri resta la facoltà di riprendere, quando se ne presenti il bisogno, lo svolgimento di quei tipi di forme che sono rimasti incompleti.
Allo stato attuale, la nostra percezione delle cose è un circuito incapace di ammettere una grande varieta di nuove sensazioni tutte insieme in uno stesso momento.
La percezione umana si adatta meglio a lente modificazioni del comportamento abituale. Per questo l’invenzione ha dovuto sempre arrestarsi alla soglia della percezione, dove il cammino si restringe e permette il passaggio soltanto di una minima parte di quanto sarebbe desiderabile per l’importanza dei messaggi e per i bisogni di chi li riceve. Come possiamo aumentare l’afflusso di messaggi a questa soglia?
 

La riduzione purista della conoscenza 

Già molto tempo fa qualcuno suggerì di ridurre la grandezza dei messaggi in arrivo amplificando ciò che siamo disposti a scartare. L'idea tornò di moda in Europa e in America con la generazione tra le due guerre, tra il 1920 e il 1940: essa implicava il rigetto della storia. Si sperava di ridurre il traffico riducendolo a pure e semplici forme di esperienza.
Un purista è uno che rigetta la storia e vuole ritornare a quelle che immagina essere le forme primarie della materia, della sensazione e del pensiero. Di puristi è piena la storia: ricordiamo soltanto gli architetti cistercensi dell’alto Medioevo, gli artigiani della Nuova Inghilterra nel Seicento e i pionieri del funzionalismo nel nostro secolo.
Tra questi ultimi, uomini come Walter Gropius ripresero il vecchio fardello dei loro predecessori puristi sforzandosi di reinventare tutto ciò che toccavano in nuove forme austere che sembrano non dovere nulla alle tradizioni del passato. Questo è sempre un compito insormontabile e la sua realizzazione per tutta la società è resa impossibile dalla natura della durata nel funzionamento della regola delle serie. Rigettando la storia il purista nega la pienezza delle cose. Riducendo il traffico alla porta della percezione egli nega la realtà della durata. 

Allargare la porta 

Più normale è il metodo di allargare la porta in modo da permettere l’ingresso di piu messaggi. Le dimensioni della porta sono delimitate dai nostri mezzi di percezione e questi, come abbiamo visto in tutta la storia dell'arte, possono essere ripetutamente ampliati dai successivi modi di sentire che gli artisti ci presentano. Un altro metodo è quello di codificare i messaggi in arrivo in modo da eliminare le ridondanze permettendo il flusso di un più forte volume di traffico utile. Quando raggruppiamo le cose secondo il loro stile o la loro classe noi riduciamo le ridondanze, a spese però dell'espressione.
In questo senso la storia dell'arte è come una grandeimpresa mineraria con numerosissimi pozzi, molti dei quali sono già stati chiusi molto tempo fa.
Ogni artista lavora nel buio, guidato soltanto dalle gallerie e dai pozzi scavati prima di lui, seguendo la vena e sperando di trovare un filone buono, sempre timoroso che la sua vena possa esaurirsi domani. La scena è inoltre ingombra dei residui di miniere gia esaurite: altri cercatori li passano al vaglio per recuperarne le tracce di elementi rari che una volta si gettavano via, ma che oggi valgono piu dell’oro. Qua e la nascono nuove imprese, ma il terreno è così vario che le vecchie esperienze si sono rivelate pressoché inutili nell’estrazione di queste nuovissime terre che potrebbero anche risultare prive di valore.
Gli investigatori apparsi su questa scena hanno proceduto come se i curricoli biografici di tutti i principali lavoratori fossero non soltanto indispensabili, ma anche adeguati e sufficienti. Le note biografiche non offrono però un'accurata descrizione del filone principale, né riescono a spiegare le origini e la distribuzione di queste immense risorse. Le biografie degli artisti potranno dirci soltanto quando e perché una certa vena è stata sfruttata in un certo modo, ma non spiegheranno mai cosa è la vena né come si sia formata.
Forse tutte le combinazioni tecniche, formali e espressive fondamentali sono già state identificate in un qualche momento, permettendo così di tracciare un diagramma completo delle risorse naturali dell'arte, allo stesso modo che i modelli chiamati solidi di colore permettono di vedere tutti i colori possibili. Alcune parti di questo diagramma sono conosciute con più completezza di altre, altre sono ancora allo stato di abbozzo o sono conosciute soltanto per deduzione. Ne troviamo esempi nel Dialogue avec le visible (1955) di René Huyghe, nel quale l’autore si sforza di delineare i limiti teorici della pittura, o nel System der Kunstwissenschaft di Paul Frankl (1938) che cerca di definire i confini di tutta l’arte.

Il mondo finito 

Se si potessero verificare queste ipotesi, il risultato cambierebbe completamente il nostro concetto di storia dell’arte. Invece di occupare un universo di forme in continua espansione, secondo il felice ma prematuro assunto dell'artista contemporaneo, ci troveremmo invece ad abitare un mondo finito di possibilità limitate, in gran parte ancora da esplorare e sempre aperto all’avventura e alla scoperta, come erano le distese polari prima che l’uomo ci mettesse piede.
Se il rapporto tra posizioni scoperte e posizioni da scoprire negli affari umani dovesse risultare in larga misura favorevole alle prime, ciò cambierebbe radicalmente il rapporto tra futuro e passato. Invece di continuare a considerare il passato come una microscopica dipendenza di un futuro di dimensioni astronomiche, dovremmo pensare a un futuro nel quale i pochi cambiamenti ancora possibili saranno di un tipo di cui il passato già detiene la chiave. La storia delle cose assumerebbe allora un'importanza pari a quella che oggi si dà soltanto alla pianificazione di invenzioni utili.

Equivalenza di forma ed espressione 

Quando guardiamo alle cose per ricerearvi una traccia della forma del passato, tutto può essere interessante. Eppure questa conclusione, tanto evidente quando si pensi che soltanto attraverso le cose possiamo conoscere il passato, viene generalmente sacrificata alle esigenze dello studio specialistico.
L'archeologia e la storia della scienza si interessano alle cose soltanto come prodotti della tecnica, mentre la storia dell'arte è stata ridotta a una discussione sui significati delle cose senza grande riferimento alla loro organizzazione tecnica e formale. E’ compito della nostra generazione costruire una storia delle cose che renda giustizia al significato e all'essere delle cose, al piano dell'esistenza e alla sua pienezza, allo schema e alla cosa. Questa intenzione solleva il ben noto dilemma esistenziale tra significare ed essere. A poco a poco noi stiamo riscoprendo che ciò che una cosa significa non è piu importante di ciò che essa è; che l’espressione e la forma sono ugualmente interessanti per lo storico, e che se si trascura l’essere o il significato di una cosa, la sua essenza o la sua esistenza, si diventa incapaci di comprendere sia l’uno sia l’altro termine.
Se esaminiamo i procedimenti usati nello studio del significato e nello studio della forma non possiamo fare a meno di notare la loro crescente precisione e portata. Ma il grande catalogo delle persone e delle opere si avvicina ormai a quella completezza che è preannunciata dalla diminuzione della resa. I metodi usati per stabilire con esattezza la data e l’autore, che sono metodi di misurazione della portata e dell’autenticità di complessi di opere, non cambiano molto da una generazione all’altra. Nuovi nel nostro secolo sono soltanto gli studi storici del significato (iconologia) e i concetti della morfologia. >

Diminuzioni iconologiche

Con sapienza e sottigliezza gli iconologi rintracciano le circonvoluzioni di un tema umanistico attraverso i millenni e tutti restano affascinati dalla scoperta che ogni periodo ha contribuito a quel tema con certi arricchimenti caratteristici, con certe riduzioni o certe trasformazioni. A mano a mano che si accumulano i risultati di questi studi, ci troviamo come di fronte a un libro scritto da molti autori in cui ogni capitolo tratta di un elemento della tradizione umanistica e tutti insieme trattano della sopravvivenza dell'antichità. Per coloro che si applicano allo studio del significato il criterio di valore non è la discontinuità, ma la continuità.
Nell’iconologia la parola ha la precedenza sull'immagine. Per l’iconologo un'immagine che non sia spiegata da testi è ancora piu ostica dei testi privi di immagini. La iconologia assomiglia oggi a un indice di temi letterari ordinati secondo i titoli dei dipinti. Spesso non ci si rende conto che l’analisi iconologica è legata alla scoperta e allo ampliamento di testi scelti con mezzi ausiliari figurativi. Questo metodo miete i suoi migliori successi quando riesce a riunire immagini rimaste orfane a quei testi di cui esse erano in origine illustrazioni più o meno dirette. Quando manca una letteratura, come nel caso dei Mochica o dei Nazca dell’antica America che non conoscevano la scrittura, non abbiamo nessun documento scritto per ampliare la nostra conoscenza delle immagini. Siamo costretti a trascurare il significato convenzionale. Non esiste un piano verbale coevo in cui l’immagine possa essere ridotta o trasformata.
Quando però dispone di un testo, l’iconologo riduce la pienezza delle cose a quegli schemi che l’apparato testuale consente. Frequenti ripetizioni e variazioni danno la misura dell'importanza di un tema, specialmente se è riuscito a superare la barriera del Medioevo. Gli esempi e le illustrazioni si riversano nelle poche forme verbali suggerite dai testi e la loro sostanza viene corrispondentemente ridotta fino a che della pienezza delle cose sopravvivono soltanto i significati.
D’altra parte gli studi morfologici, basati sui tipi di organizzazione formale e sulla loro percezione, non sono più di moda e gli assidui investigatori di testi e significati li considerano mero formalismo. Eppure le stesse deformazioni schematiche limitano sia gli iconografi sia i morfologi. Se gli uni riducono le cose a significati scheletrici, gli altri le sommergono in torrenti di termini astratti e di concezioni che, più sono usate, più perdono il loro significato. 

Le deficienze dello stile 

Tra i tanti esempi che si possono fare, scegliamo quello di « stile barocco». Questa espressione, che si riferiva inizialmente alle opere d'arte romane del Seicento, viene ora impiegata in senso lato per tutta l’arte, la letteratura e la musica europea dal 1600 al 1800. Il termine in se stesso non descrive né una forma né un periodo: esso deriva dalla parola «barocco», termine mnemonico duecentesco indicante il quarto modo del secondo sillogismo coniato ad uso degli studenti di logica da Pietro Ispano, che doveva piu tardi diventare Papa Giovanni XXII. In realtà, parlare di arte barocca ci impedisce di notare gli esempi divergenti o i sistemi rivali di ordine formale nel Seicento. Siamo così divenuti riluttanti a considerare le alternative all'arte barocca in quasi tutte le regioni o a prendere in esame le molte gradazioni tra espressioni metropolitane e provinciali delle stesse forme.
Non vogliamo nemmeno considerare la possibilità di diversi stili contemporanei in uno stesso luogo. Di fatto l’architettura barocca di Roma con tutte le sue proliferazioni sparse qua e là in Europa e in America non è altro che un'architettura di superfici ricurve, quasi un sistema di membrane ondulanti.
Queste segnano il confine tra le mutevoli pressioni degli ambienti interni ed esterni. Ma in altre parti d’Europti, specialmente in Spagna, in Francia e nei paesi del Nord, prevale un altro modo di composizione. Lo si potrebbe definire planiforme, o non ondulato, caratterizzato com’è soltanto da crisi ascendenti di accento e di sforzo. Gli architetti del Seicento appartengono quindi parte a una tradizione planiforme e parte a una tradizione di superfici curve; e chiamarii tutti barocchi serve solo a far confusione.
In realtà i nomi degli stili sono entrati a far parte dell'uso comune soltanto dopo che l’abuso o l’incomprensione li avevano rigonfiati. Nel 1908 quando scrisse Geschichte des Barok in Spanien, Otto Schubert aveva già esteso il termine italiano alle forme spagnole. Gli «stili storici» acquistano così piu credibilità delle cose stesse. «Barocco spagnolo» è diventato un verbalismo piu forte della realtà facilmente verificabile che pochissimi sono i personaggi o le caratteristiche comuni all’architettura spagnola e italiana tra il 1600 e il 1700. Lo studio diretto dell’arte spagnola non permette una simile generalizzazione: è difficile ad esempio trovare uno stretto legame tra l’architettura di Valenza e di Santiago de Compostela in qualsiasi momento del periodo 1600-1800. Non esistevano infatti contatti tra le due città e mentre Valenza era legata a Napoli, alla Liguria e alla Valle del Rodano, la Galizia era legata al Portogallo e i Paesi Bassi. 

Pluralità del presente. 

Tutto varia secondo i tempi e i luoghi e non possiamo mai fissarci su una qualità invariabile come quella suggerita dall’idea di stile, anche separando le cose dal loro ambiente. Ma quando guardiamo alla durata ed all’ambiente, allora la vita storica presenta mutamenti di relazioni, momenti che passano e luoghi che cambiano. Qualsiasi relazione immaginaria o qualsiasi continuità come quella di stile sfugge alia vista nel momento in cui la cerchiamo.
Lo stile è come un arcobaleno: è un fenomeno di percezione soggetto alla coincidenza di certe condizioni fisiche. Possiamo vederlo solo per brevi istanti quando ci soffermiamo tra il sole e la pioggia e svanisce appena ci portiamo sul luogo dove abbiamo creduto di vederlo. Quando crediamo di averlo afferrato, ad esempio nell'opera di un certo pittore, esso si dilegua nelle prospettive più lontane dell’opera dei suoi predecessori o dei suoi seguaci. Anche nelle opere singole dello stesso pittore esso si moltiplica, cosicché ogni suo dipinto diventa una profusione di materia latente o fossile quando osserviamo i lavori della gioventù o della tarda vecchiaia, dei suoi maestri o dei suoi alunni. Che cosa è valido: l’opera isolata nella totalita della sua presenza fisica o la catena di opere che marcano la gamma conosciuta della sua posizione? Lo stile è legato alla considerazione di gruppi statici di entità. Esso svanisce appena queste entità sono reintegrate al flusso del tempo.
Né la biografia né l’idea di stile e nemmeno l’analisi del significato affrontano l’intera questione sollevata ora dallo studio storico delle cose. Il nostro principale obbiettivo era quello di suggerire altri modi di allineare i principali eventi. Invece dell’idea di stile, che abbraccia troppe associazioni, abbiamo voluto in queste pagine delineare l’idea di una successione concatenata di opere prime e di replicazioni, tutte distribute nel tempo e identificabili come prime e tarde versioni dello stesso tipo di azione.

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