Archivio (comunque indiziario) di Erostrato poi Frazione Clandestina
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PROGETTO DI ALIMENTAZIONE / RETORICA DELLA REALIZZAZIONE (12 tentativi + 1) . Comunicato per la mostra alla Galleria Mana .
Ancora si innalzano litanie alla Genialità intuizionista nel tentativo patetico di armonizzare il suo tonfo stridente. Ma in realtà non si è trattato di una caduta, non di "fine" bensì di "risoluzione". L'aura mitica dell'opera d'arte, nell'epoca della sua riproducibilità tecnica viene risolta nella dissoluzione delle sue forme culturali e secolari per far posto all'arte di massa, che, dopo aver raggiunto limiti elevati del valore espositivo proprio dell'aura secolarizzata, volente o no, libera l'estetica (anzi potrebbe liberarla) da illusioni metafisiche. Ma le tesi di Benjamin intorno alla questione sembrano aver inasprito i sacrestani del vecchio culto.
Comunque "Progetto di alimentazione" non punta l'obiettivo tanto sulla riproducibilità (intesa non più come fattore occasionale ma interno a tutto il processo formativo per cui l'opera si dà "immediatamente" come riproducibile) quanto sull'altro carattere auratico, cioè la "lontananza" dalla quale l'opera d'arte ci appare. Quest'ultima una volta decantata dalle sue forme auratiche può essere facilmente ricaricata dell'unico altro significato, quello di merce. E le merci ci si danno tutte da un'equidistanza. Così la dissoluzione dell'aura trova compimento nei caratteri della merce; il mito dell'opera d'arte trova nella forma merce soluzione storicamente determinata. 
Ma ecco che l'angelo siderale con l'aureola smorzata non vuole diventare un geologo materialista e ateo.  Caparbio se ne va predicando la sua utopia regressiva nei salotti dove l'illusione e il vaniloquio, il solipsismo come la volgarizzazione scientifica sono il Verbo. Per questo suo andare a ramengo, predicando impossibili redenzioni, viene foraggiato e vezzeggiato dal Piano Generale dell'Integrazione borghese di cui si fa inconsapevole e perciò stesso diligentissimo fiaccolaio. Tutto il suo fare lo apparenta al mondo senza qualità delle merci, nel quale è facile, e a lungo andare redditizio, anche paludarsi in travestimenti rivoluzionari che oltre tutto hanno il pregio di confondere le acque e di dare credibilità e candore virginale alle istituzioni democratiche-liberali dei sistemi borghesi. 
Anche quando la realizzazione estetica sembra evoluta dai connotati più appariscenti delle merci, essa si trova ad essere, "comunque e "nonostante" pie intenzioni, guidata da criteri di vendibilità di qualche cosa.
Se si considera infatti la conseguenza che le immagini metropolitane, con i loro incessanti effetti di shock, hanno nel formare l'atteggiamento blasé dell'uomo metropolitano, si comprende agevolmente la "necessità" nella prassi estetica moderna di ricercare non tanto conoscenza quanto possibilità per far accadere  l'improbabile, il quale differisce solo quantitativamente dal probabile, cioè dal banale, dall'acquisito, verso il quale un pubblico blasé non reagirebbe perché premunito. Naturalmente la frenetica ricerca dell'insolito può essere perseguita in modo tra loro antitetici, ma sempre, quali che siano le motivazioni coscienti di chi lo persegue, quali che ne siano i benefici che si spera di trarne, essa insegue prefigurazioni mercificabili. 
"Progetto di alimentazione" è oscillazione continua tra queste considerazioni. Il suo voler sottolineare il fattore biologico è affermazione materialista nella misura in cui indica la dipendenza, in ultima analisi, dell'oggettivazione estetica a modi di produzione storicamente determinati e ai reciproci sistemi di scambio. Ma, nello stesso tempo, volendo esporre la meccanica che presiede a questa oggettivazione nelle sue componenti dialettiche non può che giungere ad includersi in questo movimento verso il vendibile. Così i dodici tentativi si presentano tanto come forme di verità represse, indici di conoscenza tacitata, tanto come vocazionalità automanifestantesi, peculiarità registrate, lapsus formali manipolati per confezionare prodotti appetibili. La scritta IN VENDITA preferisce non presentarsi come fastidiosa verità a sfigurare l'Opera d'Arte, ma come dato accidentale immediatamente integrato, reso suadente dall'uso di linguaggi che vivono teorizzando scaltre trovatine occasionali e risultati tecnici (tanto strabilianti quanto più si ignorano i processi fisici da cui provengono) dal sapore tutto ancora impressionista, anzi estemporaneo. L'emergere dell'estrema formalizzazione deriva dunque dalla intenzione di esporre alcuni modi possibilmente efficaci a mascherare le radici che l'opera d'arte attualmente affonda nel mondo delle merci. 
Tramite raffinate quanto costose operazioni di cosmesi, l'impulso a confessare viene stigmatizzato, il dato reale parzialmente evocato è imbellettato e pronto per un pubblico suscettibile quanto desideroso di farsi titillare con l'insulto e lo scandalo purché espresso con lo sgarbo rassicurante dello stizzito o l'isteria dell'impotente: purché si senta aleggiare una non definita, e per questo Divina e carismatica, Artisticità. Alla Genialità Creativa tutto è permesso, anche di vivere su smaccate idiozie, di "ciondolare senza far nulla" o dire nulla, purché esegua, instancabile, la denza-dei-sette-veli-al-contario per il piacere e il trionfo della cultura borghese che fa la coda del capitalismo imperialista. 
"Progetto di alimentazione", proclamando il suo peccato per la gola, non vuole arrivare a svelare (seppur gli fosse concesso) ciò che la immagine estetica è o ciò che potrebbe essere; in questo è espressione della carica mistificante di una ideologia dell'estetica tutta borghese nella misura in cui si crede emancipata dalla politica se non dalla storia, radicata al punto che anche critici "politicizzati", offesi, con ritardo notevole, dal fenomeno della mercificazione dell'opera d'arte, sembrano voler affermare con questo la possibilità che l'atto di volontà dell'artista sarebbe sufficiente a redimere la sua opera da questa "maledizione", quando al proletariato non sono bastati centocinquanta anni, non di volontà intellettuale ma di lotte materiali, per liberare la forza-lavoro dal suo essere merce. 
"Progetto di alimentazione" enuclea dall'opera d'arte il suo carattere di merce non per esorcizzarlo, parodiando incapaci pratiche magiche, ma per renderlo visibile anche nel suo tentativo di integrazione e poterlo osservare come dato ormai acquisito definitivamente dall'arte borghese e liquidare speranze di evoluzione che non siano affidate a forze storiche e materiali capaci di cancellare il modi di produzione capitalistico e con ciò la merce stessa.
(29 maggio 1973)


Cfr. e Riferimenti
1969 -"Si assiste ad una perdita, da parte dell'opera d'arte - dopo quello dell'unicita'- dell'altro carattere auratico: la lontananza, ad opera del processo di mercificazione. L'aura, dissolta teoricamente, risorge praticamente  a spese e grazie all'arcano della merce, che si travasa nell'opera d'arte come arcano dell'estetica. Assimilate le sfere dell'estetica e dell'economia si rende finalmente possibile - e necessario - l'emancipazione di entrambe attraverso una unica azione storica". (Da "Disegni preliminari", 1969-75)
1973 - "... pour la critique de l’estétique bourgeois. - L’ouvre d’art dans sa période capitaliste tend toujours plus à assumer une valeur différencielle, au même titre que les marchandises dans la société de consommation  (l’un et l’autre aspects effectuels et non causuels de la société contemporaine); du fait qu’on assimile les sphéres de l’isthètique et de l’économie, on rend toujours plus possible, outre que nécessaire, l’émancipation de l’une et l’autre avec une seule action révolutionnaire matérielle. Perte, de la part de l’ouvre d’art, du caractére «auratique» après celui de l’unicité. La dissolution de l’aura, quoiqu’apparaissant ainsi théoriquement résolue, n’empêche pas pratiquement sa résurrection grâce at aux frais du mystére de la marchendise qui verse son propre mystére dans l’estétique, qui reprend ainsi, mais de façon trivail, son apparence «auratique». (Estratto dal Bulletin n.2 jan.-mars 1976 del 27simo Salon de la Jeune Peinture Musee du Luxemburg, Paris)
1975 - Nell'azzardo omologetico, in Imprinting fascicolo i ...
1979 - Un altro momento che riguarda la riflessione attorno a tali questioni è rappresentato da Abaco delle esortazioni (critiche), pubblicato in Aut.Trib 17149, n.1, 1979.


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