FRAMMENTI D'EPILOGO
Roger Caillois
arteideologia raccolta supplementi
nomade n. 2 dicembre 2008
QUESTA CITTA'
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COS'ALTRO INFINE VENIVA FATTO LEGGERE AGLI ABITANTI DELLE CITTA' IN FACCIA AI LORO PIU' FAMILIARI

FRAMMENTO NUMERO 49

- D’allora, sul suolo della Grecia schiava, si succedettero per secoli i conquistatori. La sua stessa civiltà aveva causato la sua perdita; essa fu indebolita dai divini svaghi e dalle delicate preoccupazioni in cui i suoi figli assunsero una pericolosa indolenza.
Insieme all'indipendenza questa città perse il proprio genio, che una maggiore rudezza avrebbe forse preservato, ma senza tuttavia permetterle di dare prima l'esempio di tanta grazia e umanità.
Tale è la severa legislazione che governa un mondo in cui ogni vantaggio ha il suo rovescio.

FRAMMENTO NUMERO 50

- Non soltanto la Grecia non produsse più nulla di ammirevole, ma la gramigna crebbe sulle macerie delle città devastate.I posteri non ricevettero né le statue di Fidia, né le commedie di Menandro né tanti rari capolavori.
Polvere e zizzania ricoprirono tutto.
Dell'antico splendore non restò null'altro che frammenti e nomi ignorati anche dal rozzo popolo che pascolava le sue magre greggi su quella terra ormai brulla, amata un tempo dagli Dèi. 

FRAMMENTO NUMERO 51

- Dove si era concentrato Socrate, dove aveva scolpito il marmo Prassitele, non ci fu più nulla che non fosse rozzo e grossolano.
Se qualche reliquia restava ancora di quella prodigiosa eredità, era nella fierezza e nelle nobili maniere, nel buon gusto, nel buon garbo di pastori oscuri e sdegnati dal resto dell'universo; infima traccia, traccia impercettibile, e quasi indelebile. 

FRAMMENTO NUMERO 52

- Ferventi pellegrini venivano ad inginocchiarsi nei santuari dell'Ellade, non per pregarvi delle divinità assenti, ma per imparare da coloro che li avevano educati a virtù molto umane: l'eleganza, la saggezza, il coraggio, la giustizia.
Venivano ad onorare i loro antenati, senza pensare che la fatica potesse sopraffare anche loro e che le loro opere attuali fossero già anch'esse destinate al degrado e alla polvere. 

FRAMMENTO NUMERO 53

- Con altri uomini proseguiva ancora quello stesso sforzo che trovava il suo modello e il suo fermento nelle vestigia di quella civiltà scomparsa.
L'immane fatica era ricominciata sotto un altro cielo.
E quelle rovine, testimoni di una felice ostinazione, sono tuttavia là per confortare chi, altrove, innalza grattaceli.
Più durevoli dei monumenti distrutti di cui ostentano ancora la perfezione, quelle rovine sembrano affermare solennemente l'esistenza di una bellezza suprema che terribili strumenti di devastazione rimangono incapaci di annientare del tutto. 

FRAMMENTO NUMERO 54

- Certamente gli esplosivi che fecero saltare in aria il Partenone trasformato in polveriera hanno potuto rovesciarne le mura e far cadere la copertura.
Non hanno però disturbato gli invisibili rimedi che concepì un popolo dall'occhio acuto per correggere perfino la prospettiva e imporre l'ordine e la regola dove le leggi naturali riducono gli spazi, falsano le proporzioni, scavano il suolo e provocano la fuga delle linee.
Tanto in anticipo sono stati previsti e compensati gli effetti che comportano per tutto l’edificio, che la costruzione sembra sottrarsi alla pesantezza e alla superficie.
  

FRAMMENTO NUMERO 55

- Lo stabile disegno di questo colonnato inscrive il santuario nel cielo dell'Attica esattamente quanto è necessario.
E nel luogo appropriato.In mezzo al paesaggio fa emergere una minuscola opera del lavoro umano, ma per ingigantirla di tutta l'immensità dell'orizzonte con cui essa si accorda.
Qui l'arte libera la materia dalle sue schiavitù, e le cancella.
E i successivi affronti che dovette subire l'Acropoli sono solo riusciti a sbarazzarlo di un mucchio di prodigi superflui che non lasciavano scorgere abbastanza l'eccellenza del miracolo più puro. 

FRAMMENTO NUMERO 56

- Innalzando la civiltà al di sopra della rozzezza generale, i Greci dovettero anche inventare il nome di Barbari per identificare coloro il cui orgoglio e le cui brame venivano soddisfatte più dal saccheggiare i loro capolavori che dall'istruirsi alle loro lezioni.
Da quel tempo, i Barbari si sono sempre accampati in questa città, tra successi che gli erano costati più fatica e veglie di quante mai essi non ne avevano consumate nel fabbricare armi o nell'addestrare eserciti.
La loro industria, che avevano riservata alla preparazione della guerra, finiva sempre per vincere il coraggio di uomini che avevano usato le proprie risorse per definire quelle norme e quei precetti che l'arte della guerra deve necessariamente trascurare e oltraggiare.

FRAMMENTO NUMERO 57

- Così, dopo aver schiacciato con il loro numero, le loro macchine e le loro menzogne l’estrema decisione dei Greci, i conquistatori erravano tra incomprensibili monumenti che condannavano la loro giovane gloria e sembravano già destinarla all'oblio.
I bracieri accesi dal loro furore, le macerie ammonticchiate sotto i loro picconi, accomunavano il loro sforzo e il loro stesso trionfo al gesto demente di Erostrato che incendia il tempio di Efeso per tramandare ai posteri il suo nome criminale.

FRAMMENTO NUMERO 58

- E’ la sorte delle bellezze devastate rendere immortali finanche i loro boia.I passi pesanti dei vincitori hanno seppellito nel suolo natio i resti dei templi insieme ai cadaveri degli architetti e degli operai che li costruirono.
La terra ricopre i loro ruderi sparsi.
Ma la meraviglia sopravvive in ogni frammento.
La moneta sotterrata presenta il più fine profilo.
Il frammento di un'anfora rotta conserva la linea irreprensibile.
La statua mutilata rimane viva.
I suoi contorni interrotti invitano lo sguardo a prolungarli nel vuoto.
E l'immaginazione, restituendo al marmo la sua pienezza originaria, ricrea ciò che manca attraverso ciò che tuttora persiste.
La mente accerta allora, con sorpresa, la decisiva impotenza della barbarie.

FRAMMENTO NUMERO 59

- Sul campo di battaglia non c'è gran differenza tra i combattenti.
Solo la lancia decide a Cheronea tra Demostene e il Macedone, così come aveva deciso a Maratona e a Salamina tra Eschilo e la Persia.
Ma il Persiano e il Macedone non hanno dietro di sé altro che l'insaziabile ambizione del loro principe.
Invece a Salamina il poeta difende il suo genio e il genio della Grecia, l'eredità e l'avvenire di una civiltà.
Quando il suo nemico è soltanto un soldato, anch'egli è solo soldato per salvaguardare ciò che è in realtà.
Le armi che brandisce non rappresentano né il suo mestiere né il suo gusto, non proclamano né le sue abitudini né le sue preferenze.
Le ha prese unicamente per poterle deporre e far ritorno ai propri lavori.

FRAMMENTO NUMERO 60

– Comporrà qualche glorioso canto che conferisce rinomanza alle imprese cui fu costretto e supera infinitamente il fulgore dei trionfi che illustra.
Perché questa gloria più durevole e più rara non dipende dalla sorte mutevole delle armi.
I nemici di questa città non possono rubargliela e non sono capaci né di ottenerla né di desiderarla per sé stessi.
La loro violenza non è neppure segno di una forza vera.
Dei suoi sussulti non resta nulla.

FRAMMENTO NUMERO 61

– Era sempre così facile trionfare delle forze di questa città, quanto era difficile trionfare della sua virtù.
Questa città vinta non fu sminuita ma innalzata per aver combattuto senza gioia in difesa dei beni che le permisero di offrire al mondo tanti insostituibili doni.
Essa stessa lo presagì, ed elogiò Demostene per averla mandata al disastro in una guerra impari, contro il tiranno che aveva sacrificato tutto al suo disegno di soggiogare l'universo.
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