48 FRAMMENTI
Roger Caillois
arteideologia raccolta supplementi
nomade n. 2 dicembre 2008
QUESTA CITTA'
b
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COSA VENIVA FATTO LEGGERE AGLI ABITANTI DELLE CITTA' IN FACCIA AI MONUMENTI E AI LORO PIU' FAMILIARI

FRAMMENTO NUMERO 1

- Questa città appariva al mondo come l'onore e il modello delle città.
Non si era d'accordo solo nel dirla la più perfetta, la più ricca di grandi poeti e di grandi monumenti, la più gloriosa.
Per l'uomo essa era anche il simbolo, la prova e l'illustrazione di un certo modo di vivere; per il popolo, di un certo modo di governare.
Dire questa città significava dire Eschilo, Fidia, Pericle, e altri nomi che ancora ricordavano che quegli artisti erano forti, quegli oratori resistenti, quei sofisti ostinati.
Su questa città regnava realmente la severa dea dal gufo e dalla lancia.

FRAMMENTO NUMERO 2

- Allora nacque e crebbe nel Nord uno spirito di violenza e di prontezza che dapprima la fece ridere, e poi presto la spaventò.
Era sorto dal niente e divenne bruscamente uno Stato temibile le cui azioni erano sempre sconcertanti, i colpi sempre inattesi e rapidi, le dichiarazioni solenni sempre bugiarde.
Questa città aveva affrontato nemici duri e addirittura quella terribile Sparta, che nella conquista vedeva l'unica ragion d'essere, ed educava i suoi figli solo al combattimento.
Ma ora non si trattava più di combattimento né di prova di forza i cui esiti si decidono soltanto sui campi di battaglia.
Stavolta la politica veniva stranamente a combinarsi con la guerra.

FRAMMENTO NUMERO 3

- La manovra camminava insieme con la brutalità.
Con i deboli Filippo non conosceva né diritto né giustizia: essi non potevano resistere; che si piegassero, allora, se ci tenevano a non essere sterminati.
Nessuno sarebbe corso in loro aiuto.
Tebe ostentava la sua simpatia per Filippo.
Questa città si sarebbe accontentata di una nota diplomatica.
Divisi da tumulti interni sufficienti a tenerli occupati, i cittadini questa città sembravano poco disposti ad imbarcarsi in qualche avventura eroica.
Restava Sparta.
Ma Sparta era lontana, era quasi su un altro continente, e  queste vicende non la interessavano.
Sarebbe stato preferibile cedere piuttosto che versare sangue inutilmente.

FRAMMENTO NUMERO 4

- Era legge della natura e della storia che popoli potenti e vigorosi si prendessero in carico il destino delle piccole nazioni e le asservissero. Il governo del mondo spettava a chi sapeva correre rischi per forgiare l'avvenire; apparteneva a chi non aveva paura della guerra, a chi si voleva forte.
Ma per il momento altri erano i forti, non Filippo. E a questi forti Filippo non faceva che parlare di diritto e di giustizia; dei propri diritti e delle ingiustizie di cui soffriva la sua patria.
Lui desiderava semplicemente trovare riparo almeno ai torti più innegabili; sugli altri avrebbe generosamente passato la spugna e lasciato correre.
Pur di conservare per tutti il supremo bene della pace Filippo avrebbe fatte dimenticare al suo popolo ferito le tante ingiustizie subite.
Solo lui poteva farlo.
Però era necessario dare almeno soddisfazione alle sue attuali richieste.
Mai più avrebbe avanzate altre richieste.
C'era da crederlo.

FRAMMENTO NUMERO 5

- Allevato negli accampamenti, Filippo conosceva meglio di altri gli orrori della guerra.
Li aveva provati nella sua stessa carne.
Gli erano costati l'occhio destro.
Non desiderava altra gloria che risparmiare tali orrori ai suoi sudditi e all’intero genere umano.
Ma bisognava intanto mettere fine ad una situazione, che non meritava certo lo scatenarsi di una guerra spaventosa.
Cosa importava a questa città di quei trascurati angoli di terra nella lontana Beozia o nella sperduta Focide?
Tanto gli interessi di questa città quanto i suoi princìpi le imponevano di astenersi in quelle faccende.
E mentre questa città si asteneva anche stavolta, la Macedonia aumentava le sue risorse, la sua popolazione,  sua potenza.

FRAMMENTO NUMERO 6

- A Filippo ogni pretesto sembrava buono.
Oggi egli si alleava con il nemico di ieri, promettendogli una parte del bottino di guerra del nemico di domani.
Quest'ateo prendeva improvvisamente in mano gli interessi degli Dei.
Era solo per proteggere meglio i loro beni sacri che li annetteva al suo regno, li incamerava nel suo tesoro.
Questo nemico dei Greci invitava severamente i Greci alla guerra santa contro il loro pericolo secolare: il Persiano, il barbaro asiatico.

FRAMMENTO NUMERO 7

- Che errore sospettare Filippo di nutrire disegni ostili verso le grandi città!
Al contrario, Filippo teme per loro, per la civiltà comune, per quel prezioso patrimonio che lui arde dal desiderio di salvare dalle numerose orde che si affollano all'Est.
È contro questi barbari che Filippo riempie i suoi arsenali, crea nuovi reggimenti e agguerrisce il suo popolo; è contro di loro che giorno e notte le sue officine fabbricano armi.
Il mondo civile intero presto lo avrebbe ringraziato per aver visto il pericolo e per averlo evitato rendendosi egli stesso così temibile.
Ma occorreva sostenerlo in questo compito, lasciargli organizzare la difesa, sistemarsi nei punti strategici, occupare città critiche, fortificare baluardi, sorvegliare l'ingresso delle gole montane, la foce dei fiumi.
Così la Macedonia, che era stata vassalla e tributaria dell’Impero persiano, ora ringhiava dalle Termopili, proprio come il suo antico padrone d’oriente.

FRAMMENTO NUMERO 8

– Intanto che questa città si domandava che tipo di politica adottare, non ne adottava nessuna. Accorrere in soccorso di ogni popolo assalito da Filippo? Accettare la dichiarazione di guerra?
Alle continue rivalità in cui questa città si trovava sempre perdente proprio a furia di indietreggiare, era forse preferibile l'estrema decisione del conflitto?
Neppure Filippo pensava al conflitto a cuor leggero, non certo per la paura di della morte, ma solo per timore di non avere la meglio.

FRAMMENTO NUMERO 9

– Questa città avrebbe lasciato fare, dando carta bianca al macedone?
Avrebbe permesso a Filippo di insediare dappertutto governi docili di oligarchi stipendiati e che odiano questa città?
Forse si trattava soltanto di un indietreggiare per prendere meglio lo slancio e correre in modo sicuro verso un conflitto che si era fatto più pericoloso per l'accresciuta potenza di Filippo.
La sproporzione delle forze avrebbe anche potuto consigliare a questa città di capitolare senza combattere.
Tante altre minuscole città che questa città non aveva soccorso si erano piegate; abbandonate e senza storia, avevano almeno ceduto nella stima e nel compianto.
Ma la patria di Temistocle e di Milziade non poteva certo darsi per vinta senza vergogna.

FRAMMENTO NUMERO 10

– Mentre Filippo agiva, questa città continuava a discutere.
Si era quasi giunti ad una decisione quando la notizia di un colpo di forza rimetteva tutto in questione.
Si era sul punto di accordarsi su una linea di resistenza e subito Filippo vi faceva breccia.
Egli si annetteva un territorio o si impossessava di una fortezza, e così mandava a monte ogni risposta energica prima ancora che venisse decisa.
Si confidava nelle sue promesse, e si era disposti alla pacificazione?
E all'improvviso Filippo assaliva una città, estendeva il suo protettorato su di un'altra.

FRAMMENTO NUMERO 11

– Il macedone sembrava quasi prendesse gusto a mortificare coloro che si erano illusi di costringerlo a rispettare le sue ultime promesse.
I cittadini di questa città restavano sorpresi di un tal modo di condurre la diplomazia e la guerra.
Erano increduli dinanzi a tanta astuzia.
Tanti intrighi li sconcertavano.
Un giorno una sistematica crudeltà nello sterminio li colmava di indignazione, e il giorno dopo cadevano nella rete di una falsa generosità.
Questi sciocchi continuavano a prendere per buona la sua parola invitandolo a dimostrare con le sue azioni la stessa buona volontà che avevano già dimostrato con le loro.

FRAMMENTO NUMERO 12

- Da una parte Filippo faceva la faccia buona, dall'altra mostrava i denti.
Si presentava come protettore dei deboli per spingerli ad allearsi con lui.
Poi si metteva in marcia contro questi nuovi alleati, costringendo con il terrore le città vicine a restare neutrali.
Ma presto veniva anche il loro turno, ed egli le depredava talmente che alla fine nessuno poteva credere davvero che quelle prospere contrade fossero mai state abitate.
Aveva consegnato Potidea a Olinto perché aveva bisogno di Olinto; quindi divenuto più potente, distruggeva Olinto senza grossi rischi, poiché di Olinto aveva già distrutto l’onore.

FRAMMENTO NUMERO 13

- A sentir lui, era pacifico.
Faceva la guerra solo perché costretto; oppure, facendo la guerra senza averla dichiarata, giurava che non stava affatto facendo la guerra.
L'aveva garantito agli abitanti di Oreoi il giorno stesso che varcava le loro frontiere; l’aveva assicurato a quelli di Fere, essendosi già accampato sotto le loro mura; l’aveva gridato a quelli di Olinto mentre avanzava sulla loro capitale alla testa delle sue legioni.
Erano sempre malintesi.
Lui voleva semplicemente ristabilire l'ordine.
Non era forse stato chiamato dai migliori cittadini di quelle città e della stessa Olinto?

FRAMMENTO NUMERO 14

- Perché Filippo aveva partigiani dappertutto.
Dappertutto erano affluiti l'oro di Filippo, i messaggeri di Filippo.
Essi minacciavano, promettevano, comperavano.
Ottenevano sempre: erano abili e perseveranti.
E dietro di loro stavano gli eserciti di Filippo e la voce di Filippo che un mattino all'alba, senza avvertimento, avrebbe dato ordine di prepararsi all'assalto.
Ma Filippo avrebbe atteso che tutto fosse pronto per la conquista finale.

FRAMMENTO NUMERO 15

- Da tempo gli emissari di Filippo si preparavano all'invasione.
Erano uomini che odiavano le istituzioni della propria città e volevano impossessarsi del potere per cambiarne il regime.
Filippo aveva acceso le loro passioni, acuito i loro risentimenti.
Forniva loro danaro e prometteva qualsiasi cosa alla loro ambizione.
Criminali o irresponsabili lavoravano per la vittoria di Filippo credendo di preparare la propria.
Eseguivano le sue istruzioni, rassicuravano i concittadini sulle intenzioni del Re; accusavano gli avversari di Filippo di voler la guerra, li denunciavano come nemici pubblici, li calunniavano, li perseguitavano per la strada, li colpivano.

FRAMMENTO NUMERO 16

- Mentre questa città continuava a chiedersi se fare di Filippo un alleato contro Tebe o di Tebe un'alleata contro Filippo, intanto Filippo si assicurava l'alleanza di Tebe contro questa città.
Filippo dispiegava un'attività prodigiosa, e non tralasciava nulla.
Intrigava fin nelle città più insignificanti e lontane, là dove sembrava che la sua flotta non dovesse mai approdare.
Si era procurato agenti fino dentro il cuore degli Stati più potenti, a cui non lasciava supporre che un giorno potessero essere asserviti anche loro.

FRAMMENTO NUMERO 17

- Filippo non aveva una politica coerente, ma dappertutto si preparava uomini capaci e complicità.
Dappertutto fomentava disordini.
Dappertutto lavorava nell'ombra.
Avendo preparato assolutamente tutto Filippo non faceva altro che scegliere una vittima, secondo le esigenze del momento.
Gli era talmente facile muoversi rapidamente e raggiungere felicemente l’obiettivo che ogni sua impresa sembrava lungamente architettata.
Mai questa città sapeva dove Filippo sarebbe andato a colpire.
Lo credeva lontano ed invece eccolo proprio qui, alle porte.

FRAMMENTO NUMERO 18

– Questa città, che arrivava sempre troppo tardi, veniva paragonata ai pugili sprovveduti che portano la mano dove il pugno li ha appena colpiti, invece di prepararsi a parare il colpo che sta per seguire.
Filippo interveniva ovunque, tagliava la strada del grano, si impossessava delle miniere di ferro e di quelle d’oro.
Impedirglielo era impossibile.
Ogni volta aveva fatto i calcoli con il regime dei venti, i cambiamenti delle stagioni, la piena dei fiumi, lo scioglimento delle nevi.
Non esisteva fenomeno naturale di cui egli non si servisse a scopo militare.
Si serviva delle piogge e delle correnti come delle lotte intestine delle repubbliche, come della buona fede dei suoi avversari.
Filippo, che in nessun luogo aveva fissata la sua dimora, era dappertutto: ovunque presente e stringente.

FRAMMENTO NUMERO 19

- Quanto ai politici di questa città, quasi tutti erano inclini a Filippo; gli uni sedotti dalle sue imprese, gli altri dalla sua persona.
L’oratore Isocrate, sperando sempre in un giusto arbitraggio tra questa città e la Macedonia, appoggiava qualsiasi tentativo di conciliazione, venisse pure dai mercenari di Filippo.
Inoltre molte persone erano distaccate da questa città e dai valori che essa rappresentava.
Ad altri valori, invece, s’erano attaccate.
E con tutto il denaro che Filippo spendeva si comprava la possibilità di combattere contro questa città senza essere combattuto da questa città.

FRAMMENTO NUMERO 20

-  Non era senza una ragione e un giusto motivo che un tempo ogni cittadino di questa città era pronto a difendere la libertà come adesso lo era nel farsi schiavo.
C’era qualcosa nel modo di pensare della maggior parte della gente che non esisteva più.
Era qualcosa che aveva vinto la ricchezza dei persiani, che manteneva liberi i popoli.
Qualcosa la cui scomparsa provocava la rovina generale e sconvolgeva tutto. Cos’era?
Niente di particolare o di sofisticato, ma il semplice fatto che un tempo tutti quanti avevano in odio quelli che prendevano denaro da chi voleva dominare.

FRAMMENTO NUMERO 21

– Questa città sembrava chiusa nelle sue mura e assente da un universo in cui era insidiata d’ogni parte.
Per spronarla all'azione c'era sì l'oratore  Demostene, ma non mancava mai qualcosa a trattenerla.
I ricchi volevano la pace per la prosperità dei loro affari.
Il popolo voleva la pace per la pace.
Nessuno intendeva assolutamente patire le pene di una guerra lunga e difficile, sopportarne i rigori, correrne i pericoli.

FRAMMENTO NUMERO 22

 – Un tempo la concordia civile o la diffidenza verso i tiranni e i barbari, non era possibile comperarla dagli oratori o dagli strateghi.
Era pericoloso allora essere riconosciuti colpevoli di corruzione, e talmente severe erano le pene per questa colpa da non prevedere indulgenza e remissione alcuna.
Questa città esponeva addirittura il nome dei corrotti incidendolo su di una pubblica stele.
Per questo comportamento i Greci erano temibili per il barbaro, non certo il barbaro per i Greci.

FRAMMENTO NUMERO 23

- Ma ora tutto veniva venduto come al mercato, e in cambio si erano introdotte le cause della rovina e del malessere.
Quali sono?
L’invidia per chi si è lasciato corrompere; il riso, se lo confessa; il perdono per chi è dimostrato colpevole; e l’odio per chi denuncia la corruzione.
In tal modo tutte le reali risorse e le concrete ricchezze della città venivano rese inutili, inefficaci e vane da coloro che le mettevano in vendita.

FRAMMENTO NUMERO 24

– I cittadini più sapienti, abituali lettori degli storiografi, non trovavano del tutto innocente il passato della loro città, e vedendo nella violenza e nella furbizia le molle ultime della politica, ritenevano che Filippo facesse solo apertamente e in grande ciò che in fondo era stato sempre fatto pudicamente e in piccolo.
Certamente condannavano i suoi eccessi, ma accoglievano i suoi princìpi in nome dell'esperienza.
Li trovavano conformi all’attuale andazzo delle cose.
A parer loro la ragione stessa consigliava di liberarsi dai pregiudizi della morale corrente e di praticare arditamente precetti più aderenti e realistici, concreti e disinvolti.

FRAMMENTO NUMERO 25

- Accogliendo sorridendo gli implacabili insegnamenti introdotti da Filippo, alcuni cittadini si soffermavano a pensare che se a decidere fosse solo la spada, allora non rimaneva più nulla che, volendo, non si poteva conquistare; più nulla che, piacendo, non si poteva abbandonare.
Davanti al preciso dilemma della forza e della debolezza ogni regola si stemperava e cancellava.
Così non esistendo altra legge oltre il successo nessuno sforzo poteva esser condannato in anticipo e ognuno poteva prendere il via per tentare la propria fortuna, lo schiavo quanto gli altri.
Non era forse questa la via per l’estendersi della democrazia?

FRAMMENTO NUMERO 26

– Questa città era giunta a tal punto di follia, di insania, o di non si sa cos’altra cosa, che invitava a parlare uomini prezzolati, tra i quali alcuni non potevano neppure negare di esserlo.
E non era neppure questa la cosa più intollerabile, ma il fatto che veniva consentito a costoro di far politica con maggiore sicurezza e senza i rischi di coloro che parlavano con franchezza nell’interesse della città.
Eufreo venne preso a bastonate dai suoi concittadini per aver scoperto le trame e denunciato i traditori ben prima che Filippo si presentasse in ordine di battaglia di fronte alle mura della sua città.
E allora si uccise.
Inutilmente qualcuno ricordava ai cittadini che per un uomo veramente libero la necessità più forte è costituita dalla vergogna per ciò che accade.

FRAMMENTO NUMERO 27

– In questa città c’erano anche parecchi giovani pieni di spirito estroso e sacrilego.
Questi rampolli viziati pendevano dalla parte del rozzo Macedone per un eccesso di raffinatezza, quasi per assaporare un poco di ascetismo tra un'orgia e l'altra.
Non si rendevano conto che la loro mania del paradosso e dello scandalo non sarebbe stata tollerata affatto dal loro rozzo idolo attuale.
Sarcastici verso la democrazia, che sopportava la loro irrisione, questi giovani ammiravano un tiranno che nel suo Paese li avrebbe fatti decapitare senz’altro, ma che invece si deliziava nel vedere tali fermenti di decadenza e dissolutezza operosi nella città nemica.

FRAMMENTO NUMERO 28

- Questa era la situazione.
Per questa città non si trattava soltanto di affrontare una guerra di cui non aveva dopo tutto alcuna ragione di disperare.
La città disponeva di un esercito temibile, della prima flotta del mondo, di un tesoro ben fornito, di colonie numerose e ricche di materie prime.
Nell'opporre gli opliti alla falange aveva qualche speranza; ma di fronte ai metodi usati da Filippo tutto si complicava e la città si sentiva disarmata.
Si sarebbe forse venuti a capo della violenza con le preghiere? dell'avidità con i ragionamenti? dell'inganno con il candore?

FRAMMENTO NUMERO 29

- Come poteva la volontà di questa città trovare un'intesa contro la volontà di conquista di Filippo?
Cosa poteva lo spirito di giustizia di questa città contro l'insaziabile ambizione di Filippo, della sua buona fede contro i falsi giuramenti di Filippo?
Cosa potevano gli oratori di questa città contro le spie di Filippo?
Come poteva questa città vincere Filippo se non con le stesse armi di Filippo?
Ma tradire sé stessa sarebbe stato sicuramente per questa città peggio della vittoria del suo avversario.
Perché il tradimento di questa città era infinitamente più rilevante dei tradimenti di Filippo.
Significava passare armi e bagagli al nemico.
L'universo stupito e deluso avrebbe allora vista questa città riconoscere l'efficacia della perfidia, l'onnipotenza della menzogna, la fondatezza del tradimento.

FRAMMENTO NUMERO 30

- Certo nei suoi compiti quotidiani, la polizia di questa città provocava delazioni, preparava trappole, si comportava brutalmente.
Era necessario.
L'opinione pubblica la giustificava per il benessere generale.
Ma non certo per questo la polizia era stimata.
Non era certo con metodi da gendarmeria che questa città poteva trovare il proprio destino.
Al contrario, sconfitta ma rimasta leale e fedele agli insegnamenti dei suoi filosofi, affermando con loro come fosse preferibile subire l'ingiustizia piuttosto che commetterla, questa città restava nella storia l'eterna Città di Socrate e di Platone.

FRAMMENTO NUMERO 31

- La storia poteva anche approvare l'opera del vincitore, ammirare la straordinaria elevatezza di quel piccolo e oscuro re del Nord, additarlo addirittura ad esempio di energia e tenacia.
La storia avrebbe forse mostrato un Filippo sempre deciso e attento, che dappertutto fa nascere occasioni e circostanze ed è capace poi di coglierle una ad una nel momento più opportuno, mentre questa città era pigra, frivola o stanca, incurante o esitante.

FRAMMENTO NUMERO 32
- In queste condizioni, qual era il dovere di questa città?
Doveva lasciarsi asservire da Filippo piuttosto che imitarlo?
Oppure doveva annientarlo muovendosi sulle sue orme e battendolo per eccesso degli stessi crimini inaugurati da lui? Portando alle estreme conseguenze i suoi stessi ammaestramenti?
Cosa sacrificare tra la propria esistenza e la propria vocazione?
Disperando di un avvenire che rinunciava a preparare e intorno a cui presagiva male, questa città finiva col dubitare del proprio diritto.
Si sorprendeva a pensare che la scelta di rimanere nella ragione forse non era dovuta a virtù, ma a debolezza, consuetudine o paura.

FRAMMENTO NUMERO 33

- Gli abitanti di questa città si rendevano conto che oltre al fatto di attendere e discutere, imbastire teorie, proporre ipotesi e spiegare, studiare e commentare, non facevano nient'altro.
Erano coscienti di essere troppo distaccati, troppo filosofi, troppo obbiettivi.
In una parola troppo civili.
Si chiedevano inoltre se Filippo non avesse ragione. Non prolungavano essi forse una vita stanca della vita in un mondo in cui essere stanchi era funesto?
In tal caso la vittoria dei loro eserciti o quella dei loro alleati, non li avrebbe affatto cambiati. Li avrebbe soltanto restituiti al proprio languore.

FRAMMENTO NUMERO 34

– Una vittoria conquistata dall’uno o dall’altro tramite un’abile diplomazia, non avrebbe per nulla spento quello spirito di arroganza esperta che prende per lode il biasimo rivolto al cinismo.
Compiacendosi di essere conseguenti e lucidi dove gli altri si dimostrano timidi e in errore, quello spirito di impudenza e di sopraffazione sarebbe presto rinato in qualche altro punto del mondo, fiducioso nelle proprie forze, sdegnoso delle leggi umane che invano si era sperato di fargli rispettare.
Sarebbe risorto nuovamente, sveglio e audace dinanzi al piacere del momento e all'indolenza di sempre.
Meglio dunque affrontarlo.

FRAMMENTO NUMERO 35

- Era necessario sconfiggere l’ardore che al momento animava Filippo.
Volendo sottomettere alla grandezza della Macedonia qualsiasi cosa dell'universo, quel tiranno forzava ognuno a diventare servitore terrorizzato del suo appetito di conquista.
In caso di trionfo avrebbe portato via il corpo e lo spirito a chiunque lasciandogli unicamente la sola libertà di cui non poteva privare le sue vittime: quella di piangere in segreto la miseria della propria sorte.

FRAMMENTO NUMERO 36

- Prendendo le armi contro un conquistatore tanto metodico, questa città le prendeva contro chiunque portasse in sé qualche progetto, nutrisse qualche speranza, fosse disposto a firmare qualsiasi cambiale sull'avvenire.
Ma in quanto a speranze o progetti, questa città non ne presentava affatto.
Era questo il suo vizio capitale e la fonte di ogni sua manchevolezza.
Sembrava che un dio, provando vergogna per questa città, avesse ispirato a Filippo quella smania di agire.

FRAMMENTO NUMERO 37
- Non essendo trascinato da una fede, ogni abitante di questa città pensava per prima cosa al proprio comodo e non concedeva alla Città neppure quel poco che essa si aspettava da lui.
Per quanto minimi fossero gli obblighi di ogni cittadino, egli mercanteggiava e otteneva che venissero ancor più ridotti e meglio retribuiti.
Ogni compito lo eseguiva male, senza coscienza, quando ne aveva voglia, stando ai propri comodi, risparmiandosi ogni fatica e ogni seccatura; contento di dar l'illusione del lavoro compiuto ad un superiore che, per semplificare il proprio, si accontentava delle apparenze.
Invece di proporsi per lavori difficili, ripugnanti o pericolosi, ognuno si sottraeva, aspettando che se ne occupasse qualcun altro, per poi prenderlo in giro nel vederlo eseguire senza piacere quel compito che invece lui aveva saputo abilmente evitare.
L'altro capiva la lezione e non riprendeva il lavoro.

FRAMMENTO NUMERO 38

– L'emulazione, che normalmente porta ognuno a far meglio o anche più del prossimo, suggeriva ad ogni cittadino di competere invece nell'arte di allontanare più lavoro possibile, o di sbarazzarsene al più presto.
Se qualcuno formulava il progetto di una riforma o concepiva la necessità di una revisione, rinunciava poi subito ad intraprenderle nella certezza che il suo sforzo non avrebbe risvegliato alcun interesse, né rinvigorita alcuna decisione.
Conveniva evitarsi ogni seccatura, destinata soltanto ad incontrare l'indifferenza e l'ironia dei più, la pigra e disillusa simpatia di pochi.
Così ogni abitante di questa città vegliava gelosamente sulla propria tranquillità giustificando gli altri per poter essere giustificato.
E la reciproca indulgenza alimentava l'incuria generale.

FRAMMENTO NUMERO 39

- Le esitazioni, la lentezza, la mancanza di iniziativa e di coraggio di questa città dinanzi a Filippo erano lo specchio del poco animo e della scarsa premura che i suoi cittadini mettevano nel servire la città, che si attardava a riflettere per non dover decidere.
Ingegnandosi a conciliare per non dover scegliere questa città scopriva vantaggi in ogni tipo di comportamento; e pur di non condannare nessuna condotta, mancava poco di trovarle in blocco tutte compatibili; nondimeno ne sottolineava gli inconvenienti, perché neppure trovava vantaggioso approvarne una senza riserve.

FRAMMENTO NUMERO 40

- La tolleranza di questa città verso chi agiva a proprio piacimento nascondeva un abbandono, la sua pazienza copriva una perplessità, la sua benevolenza celava uno sgomento.
Essa aveva perduto persino quella fermezza di pensiero che permette di porre i problemi con chiarezza e così fornire anche l'audacia e l'immaginazione necessari per risolverli.

FRAMMENTO NUMERO 41

- Lucida e decisa, questa città avrebbe saputo forse guardare in faccia la situazione che le creava Filippo.
Avrebbe osato guardarla fissamente, in tutta la sua severità, invece di aver l'aria di stropicciarsi gli occhi perfino sul campo di battaglia.
Lucida e decisa, questa città avrebbe riconosciuto la via che le restava da prendere in una situazione estrema così crudele, e vi si sarebbe spinta senza titubanze consentendo agli indispensabili sacrifici, venendo a patti dove necessario, rimanendo inflessibile sul resto.
La si credeva votata alla difesa di posizioni acquisite e incapace di innovazioni, e invece avrebbe presto sconcertato tutti ovunque per l'ampiezza e l'imprudenza dei suoi progetti.
Ma anche risoluta ad agire in tal modo, la situazione non presentava vie d'uscita.

FRAMMENTO NUMERO 42

- Filippo aveva infiammato l'ardore dei suoi proponendo un'impresa la cui stessa follia li aveva attratti proprio nel momento in cui la si era creduta disperata.
Una impresa che poi sedusse per la sua dismisura appena si dovette riconoscerle una possibilità di successo.
Per strappare via il prestigio che Filippo traeva da un disegno che aveva le dimensioni stesse dell'universo, occorreva che questa città  concepisse un progetto la cui portata non fosse da meno.

FRAMMENTO NUMERO 43

- Si sarebbe detto che il Mondo avrebbe esaurito le terre che poteva offrire all'avidità di Filippo ben prima che lui, stanco di soggiogarne, facesse a tutti la grazia di sentirsene appagato.
Ma questo eccesso d'amore per la Macedonia comportava l'odio in tutti coloro che avevano pagato o si vedevano costretti a pagare le spese della crescita della Macedonia.
Quel monarca che portava al suo paese un amore tale da volerlo dilatare ai confini del mondo, risvegliava ovunque e in ognuno i più vecchi e i più sterili risentimenti.

FRAMMENTO NUMERO 44

- Se si intendeva soltanto limitare l’ambizione di Filippo e ristabilire un ordine, sarebbe stato sufficiente che i cittadini di questa città rispondessero a quello smisurato amore di Filippo per la Macedonia con un uguale amore per la propria Città.
Ma giustificando con un simile amore la condotta di Filippo, essi dovevano biasimare sé stessi per lesinare alla loro città un istante del loro tempo o una particella dei loro beni e ritenersi colpevoli di non fare per il loro paese quanto Filippo faceva per il suo.

FRAMMENTO NUMERO 45

– Questa città non poteva esigere dai propri concittadini una devozione minore di quella dimostrata dal loro nemico, per il quale non c'erano né ricchezze né vite né princìpi che si risparmiasse se era in gioco l'interesse della sua dinastia e del suo popolo.
Era dubbio che questa città ottenesse spontaneamente una uguale devozione; e ad esigerla avrebbe perso il diritto di indignarsi del fatto che Filippo commettesse tanti inespiabili crimini per la massima gloria della sua patria.

FRAMMENTO NUMERO 46

– Si trovava di nuovo scatenato quell'odio puro dei popoli, che già tanto era costato agli uomini in sangue e in lacrime, e che arrivava sempre solo a quei risultati effimeri, che la violenza aveva assicurato e che la violenza avrebbe compromesso.
Da tempo questa città riponeva altrove la sua sottile felicità e la sua essenziale gloria.
Era a lei che gli antenati avevano procurato il privilegio della guida lasciatagli in eredità con molti e gravi rischi.
Adesso questa città doveva sopportare le conseguenze della propria elezione.
I suoi indugi non cambiavano minimamente una verità così semplice e crudele.
Continuavano solo a persuaderla ancor di più di dover pagare.

FRAMMENTO NUMERO 47

– Questa città  aveva scelto i lavori dell'arte, della ragione e della pace che alla lunga, sembra, snervano gli spiriti più fieri.
Accumulava all'interno di antiche mura tesori fragili la cui stessa rinomanza l'esponeva alla brama di conquista.
Così nel momento in cui provocava maggiormente l’avidità del Barbaro, questa città si scopriva la meno adatta a resistere ai suoi assalti.
Ma anche senza speranza né convinzione, e sapendosi dall’inizio destinata a soccombere, doveva affrontarli.
E infatti lo fece.

FRAMMENTO NUMERO 48

- Questa città, che era stata vista rinascere ogni volta dopo le sue molte distruzioni, fu vinta a Cheronea, e lo fu per sempre.
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