IL REGNO DEL BELLIMBUSTO

arteideologia raccolta supplementi
nomade n.11 dicembre 2015
COME STANNO LE COSE
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Un vecchio e rancido detto, che si pretende popolare, ricorda la mercificazione del corpo come «il mestiere più vecchio del mondo». In realtà, nella società del comunismo primitivo e del matriarcato la prostituzione era del tutto sconosciuta e l’occuparsi dell’allevamento dei figli e dell’organizzazione domestica erano compiti non esclusivamente femminili, salvo che per la naturale predisposizione fisica della donna al parto e all’allattamento della prole.
E’ con la divisione della società in classi che si genera l’oppressione sociale da parte delle classi possidenti sulle classi più povere e nulla tenenti; e all’oppressione di classe si accompagna anche l’oppressione sessuale. L’oppressione di classe trasforma il lavoro umano da attività necessaria ma libera, piacevole, collaborativa e stimolante la conoscenza, ad attività forzata, prolungata nella fatica, nella miseria e nel tormento, sottoposta ad una schiavitù sempre più dura che il capitalismo porta alla più generale mercificazione. Lo sviluppo economico che nella storia conduce alla società borghese, alla «democrazia», allo «Stato di diritto», alla «legge uguale per tutti», se da un lato raggiunge livelli di produttività del lavoro e di tecnica applicata alla produzione inimmaginabili nelle società di classe precedenti, liberando gli schiavi e i servi della gleba dai vincoli di proprietà personale e di territorio, dall’altro lato non libera la donna dall’oppressione sessuale e domestica; anzi, in un certo senso questa oppressione diventa ancor più pesante e insopportabile. La donna non è più soltanto la madre dei propri figli, diventa di volta in volta la bestia da soma, l’oggetto di piacere, lo sfogo delle proprie frustrazioni e delle proprie insoddisfazioni.
Il capitalismo, nella sua sfrenata ricerca impersonale di profitto, non si limita a trasformare la stragrande maggioranza della popolazione maschile in lavoratori salariati; genera condizioni di sopravvivenza talmente precarie da costringere al lavoro salariato anche le mogli dei proletari e i loro figli anche in giovanissima età. Il fatto che anche le donne proletarie finiscano direttamente nei gironi infernali della fabbrica, del lavoro precario, del lavoro sottopagato, non attenua, al contrario, amplifica l’oppressione sessista di cui è intrisa l’intera società capitalistica: molte donne vengono spinte, o violentemente obbligate, alla prostituzione, molte sono oggetto di violenze private fra le quattro mura di casa all’interno delle quali la morale borghese si ostina a vedere la culla dell’amore, dell’armonia, dei sani rapporti fra esseri umani. Senza attendere di conoscere con esattezza le statistiche, tutti sanno che la maggior parte delle violenze sulle donne avvengono in famiglia, tra parenti! E la causa vera sta nel fatto che questa società borghese ha da lungo tempo distrutto le basi della famiglia tradizionale proprio attraverso il suo sviluppo economico che ha diviso sempre più l’originario gruppo familiare in tanti lavoratori salariati distinti uno dall’altro e, sempre più spesso, in concorrenza fra di loro; la famiglia, d’altra parte, è sottoposta a leggi che difendono strenuamente la proprietà privata e personale, l’ereditarietà dei beni in proprietà (figli compresi!), ma che cinicamente dividono i figli dalle madri o dai genitori se questi non rispondono ai criteri di educazione e di benessere che lo Stato borghese ha stabilito come accettabili, o, al contrario, si disinteressano bellamente delle condizioni di sopravvivenza delle famiglie lasciando ad un destino di fame e di miseria i loro componenti. Basta rifarsi al famoso scritto di Federico Engels, La situazione della classe operaia in Inghilterra, o all’altro suo scritto fondamentale, L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato, o allo scritto di Augusto Bebel, La donna e il socialismo, al Manifesto dei partito comunista di Marx-Engels, per citare soltanto alcuni dei testi marxisti che ogni rivoluzionario dovrebbe conoscere
[1]. La doppia oppressione che subisce la donna nella società capitalistica è costituita dall’oppressione salariale e dall’oppressione sessuale, e riguarda la stragrande maggioranza delle donne che sono proletarie. Collegando, quindi, l’oppressione della donna al corso di sviluppo dei modi di produzione, e alle corrispondenti società divise in classi fino alla società borghese capitalista, il marxismo supera di gran lunga la visione piccoloborghese del femminismo con la quale si pretende di emancipare la donna solo dal punto di vista della contrapposizione dei sessi: il marxismo lega la lotta contro l’oppressione della donna alla lotta per l’emancipazione dal lavoro salariato, ossia alla lotta per il socialismo. Senza la distruzione del modo di produzione capitalistico basato sul lavoro salariato, sulla proprietà privata e sull’appropriazione privata della ricchezza sociale prodotta, non vi potrà essere alcuna emancipazione, né del proletariato né tanto meno della donna. E’ dunque la lotta rivoluzionaria del proletariato la sola via d’uscita dall’oppressione domestica e sessuale della donna, come di ogni altra oppressione esistente in questa società (razzista, nazionale).
Ciò non vuol dire che i comunisti rivoluzionari si disinteressano delle questioni immediate, del presente, in attesa della futura rivoluzione proletaria. Come nel campo della lotta di difesa economica immediata sul terreno detto abitualmente sindacale i comunisti rivoluzionari intervengono ed agiscono nella consapevolezza che questo terreno è il terreno di una «scuola di guerra» in cui il proletariato (senza differenza di sesso, di età, di categoria, di specializzazione) saggia l’antagonismo di classe che lo contrappone alla classe dei capitalisti e lotta per strappare alla classe dei capitalisti e al suo Stato condizioni di lavoro e di vita meno opprimenti, e sul quale terreno il proletariato si allena alla solidarietà di classe riconoscendosi come unica classe che lotta per interessi immediati che sono antagonisti agli interessi di classe della borghesia; così, nel campo sociale più generale donne e uomini del proletariato lottano contro ogni discriminazione vigente nella società, nei posti di lavoro e nella legge nei confronti della donna.
E’ chiaro che, lottando contro le discriminazioni sociali della società capitalistica nei confronti delle donne proletarie, il proletariato lotta di fatto contro l’oppressione di tutte le donne, quindi anche delle donne borghesi e piccoloborghesi. Questa lotta è simile alla lotta che i proletari di una nazione oppressa conducono contro l’oppressione nazionale che subiscono, e che vale per tutti i componenti della nazione oppressa, borghesi compresi. Nella dinamica sociale contrapporre i sessi uno all’altro, è un po’ come contrapporre una razza contro l’altra, una nazionalità contro l’altra. La classe che subisce l’oppressione più pesante è sempre la classe proletaria, in ogni situazione; ma la sua lotta contro la propria specifica oppressione, ad esempio nazionale, inevitabilmente riguarda anche le classi borghesi anche se quest’ ultime, una volta risolta la questione nazionale, non smettono di essere le classi sfruttatrici del proletariato; perciò il proletariato dovrà continuare la sua lotta di classe contro la propria borghesia per emanciparsi totalmente da ogni oppressione sociale.
Riteniamo utile riprendere su questa questione vecchi testi marxisti ormai dimenticati, perché fanno parte integrante del bagaglio politico e teorico indispensabile per orientare in modo marxisticamente corretto l’azione dei comunisti e le lotte del proletariato anche in campo femminile.
Un testo che ogni proletario dovrebbe leggere, ma che è introvabile da trent’anni, è «La donna e il socialismo» di August Bebel, pubblicato a Zurigo nel 1883, ma ancora attualissimo. Prima di questo testo, però, vogliamo mettere a disposizione dei lettori e simpatizzanti alcuni scritti che contribuiscono a chiarire l’impostazione della cosiddetta «questione femminile» dal punto di vista della lotta del proletariato per la propria emancipazione dal capitalismo.
Iniziamo con un testo di David Rjazanov
[2], riprendendo la traduzione italiana dal libro «Il marxismo e la donna», del 1977 [3], dal titolo «La dottrina comunista del matrimonio». L’interesse contenuto da questo articolo di Riazanov è dato dal fatto che richiama il processo di maturazione della teoria marxista in questo campo, allacciandosi appunto alla questione della donna e dalla sua millenaria schiavitù, accompagnandoci all’esperienza del primo Stato proletario vittorioso instaurato in Russia nel 1917 attraverso un’approfondita analisi della questione del matrimonio e della famiglia, questione che condensa tutta la problematica dell’organizzazione sociale umana in tutte le società della sua evoluzione storica. Qui si dimostra, inoltre, che le idee di Marx ed Engels, una volta formate e definite negli anni 1842-47, non cambiarono più, consegnando alla classe proletaria - unica classe rivoluzionaria della società moderna capitalistica - la teoria della rivoluzione di classe e del comunismo. Vi si dimostra anche come le questioni legate ai rapporti sessuali fra uomini e donne, e alla loro regolamentazione nelle diverse forme di matrimonio succedutesi nella storia, non potranno evolvere dai rapporti di bestialità che caratterizzano tutte le società divise in classi, in rapporti sociali, quindi armoniosi e di reale eguaglianza tra i sessi, se non distruggendo la loro dipendenza dalla proprietà privata capitalistica, dalla totale mercificazione di qualsiasi attività umana e di qualunque rapporto fra esseri umani; distruggendo cioè il modo di produzione capitalistico che esalta in modo abnorme il totalitarismo oppressivo dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, la bestialità contro l’umanizzazione dell’uomo e dei suoi rapporti sociali.

LA DOTTRINA COMUNISTA DEL MATRIMONIO 

MARX-ENGELS, LA FAMIGLIA E L’EMANCIPAZIONE DELLA DONNA
Il programma del comunismo scientifico concernente il matrimonio viene esposto per la prima volta nel Manifesto del Partito comunista. Qui la concezione proletaria del mondo è contrapposta alla concezione borghese. In questo Manifesto vengono criticate, dal punto di vista proletario, le basi fondamentali della società borghese, compresi il matrimonio e la famiglia. Marx ed Engels, in questa critica, avevano avuto dei precursori. Non sono stati i creatori di un sistema del tutto nuovo, non l’hanno tratto dal nulla, non l’hanno trovato nel fondo del loro cervello; ma si sono basati sulle idee dei socialisti e dei comunisti che li avevano preceduti, e soprattutto su quelle dei grandi utopisti, Saint-Simon, Fourier e Owen, e su quelle dei comunisti materialisti francesi.
Le opere e i pamphlet di questi pensatori e dei loro emuli presentano una critica così dettagliata dell’antica famiglia borghese e del matrimonio basato sulla proprietà privata, che Marx ed Engels non avevano più bisogno di ripeterla. Già cento anni fa, cioè molto prima che il Manifesto vedesse la luce, era stato dimostrato che nel matrimonio borghese non esisteva un solo elemento di una libera unione nata da un mutuo attaccamento, e che solo in casi particolari, eccezionalmente, un sentimento libero poteva aprirsi un varco fra le difficoltà e le catene create dal regime borghese. L’apologia di questo libero sentimento, la riabilitazione, la giustificazione della «carne» in opposizione alla degradazione che le era inflitta dalla religione cristiana e dalla morale borghese; la riorganizzazione della famiglia secondo principi della nuova vita socialista: ecco il contenuto essenziale di questa critica.
Quando le dottrine dei grandi utopisti penetrarono negli ambienti operai, i proletari, da parte loro, si misero a discutere il problema del matrimonio e della famiglia. Prima di esporre le idee che Marx ed Engels difesero dopo aver preso contatto con gli ambienti proletari, studiamo l’evoluzione delle idee di Marx ed Engels nel loro periodo «presocialista». Come Engels, diventato comunista un po’ prima di lui, anche Marx - come tutti gli intellettuali tedeschi - doveva subire l’influenza di certe idee utopistiche, già all’epoca in cui politicamente era solamente un democratico. I tedeschi evoluti, in particolare i rappresentanti della Giovane Germania, erano molto influenzati, nella prima metà della terza decade del XIX secolo, dalle dottrine sansimoniane concernenti l’emancipazione della donna. Chi conosce la letteratura russa degli anni 1840 non ignora quale potere queste dottrine esercitassero sui migliori rappresentanti dei nostri intellettuali liberali, prima che diventassero socialisti più o meno conseguenti. Non solo i giovani hegeliani russi, ma anche i tedeschi non potevano ammettere le dottrine del loro maestro, in base alle quali l’uomo avrebbe posseduto una sfera di attività che gli è propria: le funzioni di uomo di Stato, di sapiente, e altre ancora, mentre il compito della donna sarebbe stato il culto della famiglia, e il matrimonio uno dei principi assoluti sul quale si sarebbe fondata tutta la vita sociale.
In Paesaggi, uno dei suoi scritti giovanili, Engels, allora ventenne, nota: «Allora non è più lontano il tempo in cui il cuore femminile batterà per la fioritura intellettuale dello spirito moderno così caldamente come ora batte per la pia fede dei padri.E la vittoria del nuovo sarà vicina solo quando la giovane generazione lo succhierà con il latte materno»
[4].
Marx ebbe due volte l’occasione di far conoscere le proprie idee sul matrimonio, prima come collaboratore, poi come redattore capo, della «Gazzetta renana»; la prima volta in una polemica contro la scuola storica del diritto, poi riguardo al progetto di legge sul divorzio
[5].
«Una scuola che spiega l’infamia di oggi con l’infamia di ieri; una scuola che dichiara che ogni grido lanciato dal servo sotto la frusta è un grido ribelle, in quanto la frusta è una frusta carica di anni, ereditaria, storica; una scuola alla quale, come dio d’Israele fece per il suo servitore Mosè, non mostra che il proprio didietro... Questa scuola storica del diritto, nella persona di Hugo, ci ordina di sottometterci a tutto ciò che esiste, o per la sola ragione che ciò esiste». Marx studia dettagliatamente le dottrine di Hugo che «trovava tutto ciò che è saggezza e morale in istituzioni incerte dal punto di vista della ragione, nella schiavitù e nell’assolutismo»; per contro Hugo dichiarava che non c’era «nulla di ragionevole nel matrimonio e nelle altre istituzioni della morale e del diritto».
Solo recentemente abbiamo saputo che la censura aveva soppresso un intero capitolo di questo articolo; precisamente il capitolo sul matrimonio. Grazie alla gentilezza di uno studioso, il professor Hansen, che riuscì a procurarsi il manoscritto conservato da un collezionista, siamo venuti in possesso del capitolo soppresso. Hugo riscontra che il matrimonio era sovente considerato come una istituzione più ragionevole di quanto apparisse alla luce di uno studio più approfondito.
«E’ vero», aggiunge Marx, «che Hugo si compiace di constatare che il matrimonio soddisfa l’istinto sessuale. L’onorevole professore trova anche che questo fatto dimostra meglio di tutti gli altri quanto sarebbe ingiusto affermare, alla maniera di Kant, che il corpo umano non può essere utilizzato quale mezzo per raggiungere un fine. Ma la santificazione dell’impulso sessuale attraverso l’esclusività, la moderazione di esso attraverso le leggi, la bellezza morale che idealizza il precetto naturale facendone un momento di unione spirituale, l’essenza spirituale del matrimonio, tutto ciò appunto costituisce per il signor Hugo la parte negativa del matrimonio».
Per meglio caratterizzare «la frivola impudenza» dell’onorevole professore, Marx cita il seguente passaggio: «Molto più negativo è già il secondo rapporto, cioè l’appagamento di questo impulso non sia permesso fuori del matrimonio. La natura animale è contraria a tale limitazione. La natura razionale lo è ancora di più perché... (provate a indovinare!) perché un uomo dovrebbe essere quasi onnisciente per prevedere quale esito avrà, perché significa tentare Iddio l’obbligare se stessi ad appagare uno dei più forti impulsi naturali soltanto quando possa farsi con una determinata persona!».
Da ciò deriva che, per quanto sia antica, la scuola storica del diritto concorda con quella di alcuni giovanissimi comunisti, avversari dell’ «onore stampato degli sposi e delle spose».
Il creatore della scuola storica del diritto non vedeva che il lato «animale» dei rapporti fra gli umani e non teneva conto che del «didietro» del processo storico. Così come oggi i nostri Tirsi, che guidano all’assalto il reggimento dei cuori e degli occhi, per conquistare «il dirtto di amare», non fanno che chiacchierare, in prosa rimata o no, sulla cultura proletaria: in realtà, essi non fanno altro che contemplare il «didietro del proletariato».
Secondo Hugo, il matrimonio ha i suoi vantaggi anche dal punto di vista dell’ordine sociale. Impone un compito insolubile alla squadra del buoncostume. In generale, secondo lui, il matrimonio è un’istituzione imperfetta. La questione della poligamia e quella della monogamia sono risolte con la natura animale dell’uomo. «Vedete», conclude Marx, «in quale scuola la gioventù tedesca fa i suoi studi».
Nel suo articolo, Il progetto di legge sul divorzio, Marx ci indica tutti i difetti e tutte le contraddizioni del progetto prussiano, elaborato nel luglio 1842. Fra l’altro, nota che il matrimonio non viene considerato dalla legge come un’istituzione morale, ma come un’istituzione religiosa ed ecclesiastica e che, per conseguenza, l’essenza laica del matrimonio è trascurata. Se la legge non può decretare la moralità, tanto meno può sanzionare giuridicamente l’amoralità. Se il matrimonio non è la base della famiglia, non dovrebbe essere sottoposto alla legislazione, come per esempio non lo è l’amicizia. Nessuno è costretto a concludere un matrimonio, ma ognuno deve sottomettersi alle leggi concernenti il matrimonio, dal momento che si è sposato. Ogni uomo che si sposa non crea nè inventa il matrimonio, come un uomo che naviga non inventa la natura, né le leggi dei liquidi e della gravità. Per questo il matrimonio non potrebbe obbedire all’arbitrio dell’uomo; per contro, questo deve essere sottomesso al matrimonio.
Ma il matrimonio è indissolubile e gli sposi devono restare reciprocamente fedeli fino alla morte? Il divorzio è ammissibile? Secondo Marx, la dottrina hegeliana concernente queste idee non sta in piedi.
Hegel afferma: in sé, in quanto concetto, il matrimonio è indissolubile - solo in idea. Ma questo fatto non è solo del matrimonio. Tutti i rapporti morali sono indissolubili nel loro concetto, e ciò potrebbe essere constatato se si supponesse che sono veri. Un vero Stato, un vero matrimonio, una vera amicizia sono indissolubili, ma nessuno Stato, nessun matrimonio, nessuna amicizia corrispondono al concetto. Di conseguenza l’amicizia nella famiglia, lo Stato reale nella storia del mondo, il matrimonio come esiste in uno Stato, sono quindi dissolubili.
Il divorzio non è che una constatazione: questo matrimonio è un matrimonio morto e la sua esistenza non è che una menzogna. Va da sé che non sono né l’arbitrio del legislatore, né quello degli individui, che decidono ogni volta se il matrimonio è morto; è solo lo stato di fatto che decide, perché il riconoscimento giuridico del fatto della morte dipende dall’essenza del fatto e non dal desiderio degli interessati. I postulati secondo i quali tal o talaltro rapporto morale non corrisponde più al suo fine, sono constatati con ragione, senza partiti presi, e in base alle conclusioni della scienza e delle concezioni generali del diritto? Se ne potrà essere certi solo quando la legge diventerà un’espressione cosciente della volontà popolare e grazie a questa prenderà vita. Il legislatore non può che constatare le condizioni nelle quali il matrimonio è già realmente dissoluto. Il divorzio giuridico non può essere che il verbale di questa dissoluzione interna.

UN RITORNO AL COMUNISMO PRIMITIVO ?
Mi si potrebbe obiettare che queste idee sono state proclamate da Marx quando non era ancora comunista, e quando non era, certamente, ancora «marxista». E’ comunque vero che Marx scrisse questo articolo quando già stava abbandonando il punto di vista della borghesia democratica per adottare quello del proletariato.
Esponiamo ora le sue idee, come si sono evolute da quando, nel suo articolo Critica della filosofia hegeliana
[6], riassunse per la prima volta la missione storica del proletariato: abolizione della divisione in classi della società; assoluta liberazione dell’umanità da tutte le catene che le sono imposte dalla proprietà privata; avvento del regime comunista.
Pur stabilendo i principi del comunismo scientifico, Marx era prima di tutto costretto a criticare la dottrina dei rappresentanti di quel comunismo che chiama «rozzo, incolto e persino reazionario». Nella loro lotta contro la proprietà privata, questi comunisti non abolivano la proprietà privata, ma piuttosto la trasformavano in una proprietà privata comune. Il loro comunismo presentava una generalizzazione della proprietà privata. Nel Manifesto comunista, noi non vediamo che i risultati di questa critica. Tuttavia ho avuto la fortuna di trovare un manoscritto di Marx
[7] in cui egli critica questo comunismo «volgare» e «crudo» nei suoi rapporti non solo con la proprietà privata, in generale, ma anche con il matrimonio. Mi scuso già in precedenza della lunga citazione.
Comprendendo il rapporto di proprietà privata nella sua generalità, il comunismo è «nella sua prima forma, soltanto una generalizzazione e il compimento della medesima proprietà e come tale si mostra in duplice figura. Da una parte, il dominio della proprietà di cose gli si presenta così grande che esso intende annullare tutto ciò che non è suscettibile di essere posseduto da tutti in proprietà privata, e vuole astrarre con la violenza dal talento ecc. Per esso il possesso fisico immediato vale come unico scopo della vita e dell’esistenza; la prestazione dell’operaio non è soppressa, bensì estesa a tutti gli uomini; il rapporto della comunità al mondo delle cose resta il rapporto della proprietà privata. E finalmente questo procedimento, di contrapporre alla proprietà privata la proprietà generale, si manifesta nella forma animale: per cui al matrimonio (che è certamente una forma di proprietà privata esclusiva) si contrappone la comunione delle donne, in cui anche la donna diventa una proprietà comunitaria, una proprietà comune. Si può dire che tale concetto della comunione delle donne è il segreto svelato di questo comunismo ancora tutto rozzo e irriflessivo. Così come la donna procederebbe dal matrimonio alla prostituzione generale, l’intero mondo della ricchezza, cioè dell’esistenza oggettuale dell’uomo, procederebbe dal rapporto di matrimonio esclusivo con il proprietario privato a quello di un’universale prostituzione con la comunità. (Nota di Marx: La prostituzione è soltanto un’espressione particolare della generale prostituzione dell’operaio, e poiché la prostituzione è un rapporto che coinvolge non solo chi è prostituito ma altresì chi prostituisce - la cui abiezione è ancora più grande -, rientra in questa categoria anche il capitalista ecc.). Questo comunismo, in quanto nega la personalità dell’uomo ovunque, è appunto soltanto l’espressione conseguente della proprietà privata, che è tale negazione (...). «Nel rapporto verso la donna, preda sottomessa alla libidine della comunità, è espressa la smisurata degradazione in cui l’uomo si trova ad esistere di fronte a se stesso; ché il segreto di tale rapporto si esprime non ambiguamente, ma risolutamente, manifestamente, scopertamente, nel rapporto dell’uomo [singolo] alla donna [singola] e nel modo in cui viene compreso l’ immediato, naturale, rapporto pertinente il genere umano. Il rapporto immediato, naturale, necessario dell’uomo all’uomo è il rapporto del maschio con la femmina. In questo rapporto generico-naturale il rapporto dell’uomo alla natura è immediatamente il suo rapporto all’altro uomo, come il rapporto dell’uomo all’uomo è immediatamente il suo rapporto alla natura, la sua propria determinazione naturale. In questo rapporto appare, dunque, sensibilmente, e ridotto ad un fatto intuitivo, sino a che punto, nell’uomo, l’essenza umana sia divenuta natura, o la natura sia divenuta l’umana essenza dell’uomo. Da questo rapporto si può, dunque, giudicare l’intero grado di civiltà dell’uomo. Dal carattere di questo rapporto consegue quanto l’uomo è divenuto e si è còlto come ente generico [come essere appartenente a una specie], come uomo.
«Il rapporto dell’uomo [maschio] alla donna è il più naturale rapporto dell’uomo all’uomo. In esso si mostra, dunque, fino a che punto il comportamento naturale dell’uomo è divenuto umano, ossia fino a che punto la sua umana essenza gli è diventata essenza naturale, fino a che punto la sua umana natura gli è diventata naturale. In questo rapporto si mostra anche fino a che punto il bisogno dell’uomo è divenuto umano bisogno; fino a che punto, dunque, l’altro uomo come uomo è divenuto un bisogno per l’uomo, e fino a che punto l’uomo, nella sua esistenza la più individuale, è ad un tempo ente di comunità [essere sociale]. Il comunismo rozzo, la prima positiva soppressione della proprietà privata, è così soltanto una manifestazione della bassezza della proprietà privata che intende porsi come positiva comunità»
[8].
Molti sono i comunisti che ancora oggi non comprendono che i loro discorsi quasi radicali sulla poligamia non sono che un’eco di questo «comunismo rozzo» che adattava automaticamente alla società dell’avvenire le concezioni create dalla società fondata sulla proprietà privata.
«La proprietà privata ci ha fatti talmente ottusi e unilaterali che un oggetto è nostro solo quando lo abbiamo, quando, dunque, esiste per noi come capitale, o è immediatamente posseduto, mangiato, bevuto, portato sul nostro corpo, abitato ecc., in breve utilizzato (...). Tutti i sensi fisici e spirituali sono stati quindi sostituiti dalla semplice alienazione di essi tutti, dal senso dell’avere. A questa assoluta povertà doveva ridursi l’ente umano, per portare alla luce la sua intima ricchezza»
[9].
In base a questa teoria che afferma che l’uomo è un essere superiore per l’uomo, che dimostra la necessità dell’abolizione di tutte le condizioni sociali che umiliano l’uomo e che lo trasformano in un oggetto di umiliazione, di sfruttamento e di soddisfazione dei bisogni altrui; in base a questa teoria, ogni tentativo di porre sullo stesso piano un bisogno tanto naturale, come quello del cibo, e un bisogno tanto naturale come l’istinto sessuale, dimostra soltanto un livello culturale estremamente inferiore. L’oggetto che soddisfa il primo di questi bisogni non è che una cosa; l’oggetto che soddisfa il secondo è un essere umano, un essere che agisce e che può soffrire, un essere sociale. Nel corso della storia umana, nel corso della trasformazione della bestia in uomo, i bisogni diventano sempre più umani.
«Non solo i cinque sensi, ma anche i sensi detti spirituali, la sensibilità pratica (la volontà, l’amore ecc.), in una parola la umana sensibilità, l’umanità dei sensi, c’è soltanto mediante l’esistenza del suo oggetto, mediante la natura umanizzata. L’educazione dei cinque sensi è opera dell’intera storia universale fino a questo tempo. Il senso costretto al rozzo bisogno pratico ha anch’esso soltanto una sensibilità limitata. Per l’uomo affamato non esiste la forma umana del cibo, bensì soltanto la sua astratta esistenza di cibo: questo potrebbe indifferentemente presentarsi a lui nella forma la più rozza; e non si può dire in che questa attività nutritiva si distingua da quella bestiale»
[10].
Allo stesso modo, nel corso della storia universale, l’istinto sessuale subisce una serie di metamorfosi, dal mondo animale di soddisfarlo, fino al «più grande progresso morale» raggiunto dall’umanità; secondo Engels, fino all’odierno amore sessuale individuale.

LE IDEE DI MARX E DI ENGELS
Abbiamo già detto che Marx ed Engels avevano subìto molto presto l’influenza sansimoniana, per quel che concerne l’emancipazione delle donne, nella forma che si trova espressa negli scritti della Giovane Germania. Abbiamo appena constatato che nel 1844, sforzandosi di precisare i principi fondamentali del comunismo, Marx critica le idee del comunismo «rozzo». Chi dunque rappresenta queste idee e in quale ambiente si erano diffuse queste dottrine? A questa domanda troviamo la risposta nella Sacra famiglia [11] di Marx ed Engels, opera con la quale hanno definitivamente regolato il conto con la vecchia filosofia idealista. Nel capitolo sul materialismo francese, dove Marx dimostra come le dottrine di questo materialismo abbiano direttamente portato al socialismo e al comunismo, chiama gli adepti di Babeuf, la cui dottrina più di qualsiasi altra era allora in voga fra le organizzazioni operaie rivoluzionarie: «materialisti rozzi e incolti».
Nella loro critica della famiglia borghese e del matrimonio borghese, questi materialisti cadevano sovente nell’estremo opposto. Marx apprezzava molto più «la magistrale descrizione del matrimonio» esposta nelle opere di Owen, e soprattutto in quelle di Fourier, le cui dottrine contrappone alla volgare filantropia di Eugène Sue. Secondo Marx, il principe Ruprecht, eroe di Sue, non comprende «che tutta la situazione della donna nella società moderna la disumanizza».
Nei passaggi tratti dalle opere di Fourier e citati da Marx, troviamo già le idee che compariranno più tardi nel Manifesto:
«L’adulterio, la seduzione, fanno onore ai seduttori, sono eleganti... Ma povera ragazza! L’infanticidio, che delitto! Se essa tiene all’onore è necessario che cancelli le tracce del disonore, e se sacrifica il suo bambino ai pregiudizi del mondo essa è ancora più disonorata ed incorre nei pregiudizi della legge... Questo è il circolo vizioso che ogni meccanismo civile percorre. «La figlia non è una merce, offerta in vendita al primo venuto che voglia acquistare la proprietà esclusiva della ragazza?... Allo stesso modo che nella grammatica due negazioni valgono una affermazione, si può dire che nel negozio coniugale due prostituzioni valgono una virtù. Il cambiamento di un’epoca storica si può sempre determinare dal progresso del rapporto delle donne con la libertà, perché qui, nel rapporto della donna con l’uomo, del debole con il forte, appare nel modo più evidente la vittoria della natura umana sulla brutalità. Il grado dell’emancipazione femminile è la misura naturale della emancipazione generale. «La degradazione del sesso femminile è un tratto caratteristico essenziale tanto della civiltà come della barbarie, con la sola differenza che l’ordine civile eleva ogni vizio, che la barbarie esercita in un modo semplice, a un modo di esistenza composto, duplice, equivoco, ipocrita... La pena per il fatto di mantenere la donna in schiavitù non colpisce nessuno più profondamente dell’uomo stesso» (Fourier)
[12].
Nel suo libro, La situazione della classe operaia in Inghilterra
[13], scritto nell’inverno 1844-45, Engels fa il quadro della famiglia operaia. Fa notare come la dissolutezza sessuale sia uno dei maggiori vizi dove l’operaio non è ancora diventato membro cosciente dell’esercito rivoluzionario dei lavoratori e dove è ancora sottomesso all’ordine sociale della borghesia. «Quando si mettono gli uomini in una situazione che si addice soltanto alle bestie, non rimane loro null’altro che ribellarsi, o sprofondare nell’animalità. E poiché, per di più, la borghesia stessa contribuisce bravamente all’aumento diretto della prostituzione [...], essa non ha davvero il diritto di rimproverare agli operai la loro brutalità sessuale» [14].
Secondo Engels, le condizioni nelle quali la società borghese pone gli operai rendono impossibile la normale «vita di famiglia».

Nella primavera 1845, Marx ed Engels si incontrano a Bruxelles.
Verso quest’epoca, Marx fa un ulteriore passo in avanti nella concezione della sua dottrina sociale. Non si accontenta del materialismo «contemplativo» di Feuerbach: «I filosofi hanno soltanto diversamente interpretato il mondo; si tratta di trasformarlo»
[15]. L’esistenza determina la coscienza, tuttavia questa esistenza non è solo l’esistenza naturale, la natura, ma anche l’esistenza sociale. L’uomo non è solo un prodotto della natura, ma anche, a un grado più elevato, il prodotto dell’insieme dei rapporti sociali. La natura influenza l’uomo, ma l’uomo a sua volta influenza la natura e la modifica. La concezione materialistica della trasformazione delle circostanze e dell’educazione omette il fatto che le circostanze sono modificate dagli uomini, e che anche l’educatore deve essere educato. La coincidenza fra la modificazione delle circostanze e quella dell’attività umana non può essere concepita e razionalmente spiegata che come pratica rivoluzionaria.
Marx ed Engel affermano definitivamente che ogni classe che aspira al dominio - anche se ciò significa, come nel caso del proletariato, la completa abolizione dell’antico regime - deve prima di tutto conquistare il potere politico, per trasformare la società «a propria immagine». La coscienza comunista può evolvere solo quando gli uomini si creano determinate condizioni, e quando la pratica le modifica in senso determinato: ciò è possibile solo con l’aiuto della rivoluzione.
Questa rivoluzione è necessaria non solo perché è impossibile fare cadere in qualche altro modo la classe dominante, ma anche perché la classe che distrugge il vecchio mondo non può purificarsi da tutto il marciume della vecchia società e diventare capace di creare una società nuova che nella rivoluzione. In altre parole, nel corso della guerra civile e della rivoluzione, il proletariato deve purificarsi da tutto il fango della vecchia società borghese, liberarsi da tutte le tracce delle concezioni nutrite dal principio della proprietà privata, abbandonare le vecchie idee sulla religione, la morale, la famiglia e il matrimonio; insomma, anche il proletariato deve essere «educato».
Marx ed Engels espongono dettagliatamente le loro nuove idee in una grande opera, nella quale criticano senza pietà le dottrine più radicali degli intellettuali tedeschi, comprese quelle di Max Stirner. Nel suo libro L’individuo e la sua proprietà, questi espone nel modo più conseguente l’anarchismo filosofico, ma malgrado una fraseologia estremamente radicale, per nulla inferiore alle frasi dei nostri poeti del «diritto all’amore», Stirner, come dimostra perfettamente il titolo del libro, rimane un ideologo dell’individualismo piccoloborghese. Nella loro critica Marx ed Engels parlano anche delle concezioni stirneriane sul matrimonio e la famiglia:
«Ancora una volta il bravo giovane vede qui il dominio della santità, dove dominano condizioni del tutto empiriche. Il borghese si comporta verso le istituzioni del suo regime come l’ebreo verso la legge: le elude, ogni volta che sia possibile, in ogni caso particolare, ma vuole che tutti gli altri le osservino. Se tutti i borghesi eludessero in massa e contemporaneamente le istituzioni della borghesia, cesserebbero di essere borghesi; ma è una cosa alla quale naturalmente non pensano affatto e che non dipende minimamente dal loro volere o dal loro correre. Il borghese dissoluto infrange il matrimonio e commette adulterio di nascosto; il commerciante inganna l’istituzione della proprietà privando altri della loro proprietà con la speculazione, la bancarotta, ecc.; il giovane borghese si rende indipendente dalla sua famiglia, se può, e per suo conto dissolve praticamente la famiglia; ma in teoria il matrimonio, la proprietà, la famiglia restano inviolati, perché in pratica sono le basi sulle quali la borghesia ha edificato il suo dominio, perché nella loro forma borghese sono le condizioni che del borghese fanno un borghese, precisamente come la legge sempre elusa fa dell’ebreo religioso un ebreo religioso. Questo rapporto del borghese con le sue condizioni di esistenza riceve una delle sue forme generali nella moralità borghese. Non si può parlare affatto “della” famiglia. La borghesia dà storicamente alla famiglia il carattere della famiglia borghese, in cui il legame è costituito dalla noia e dal denaro e di cui fa parte anche la dissoluzione borghese della famiglia, nonostante la quale la famiglia stessa continua sempre ad esistere.
«Alla sua sporca esistenza corrisponde il sacro concetto nella retorica ufficiale e nella generale ipocrisia. Dove la famiglia è realmente dissolta, come nel proletariato, accade proprio il contrario di ciò che crede “Stirner”. Qui il concetto di famiglia non esiste affatto, mentre vi si trova talvolta un’affezione per la famiglia, fondata su condizioni quanto mai reali. Nel XVIII secolo il concetto di famiglia fu liquidato dai filosofi perché sulle cime più alte della civiltà la famiglia reale era già avviata alla dissoluzione. Dissolto era il legame interno della famiglia, le singole parti di cui si compone il concetto di famiglia, per esempio l’obbedienza, la pietà, la fedeltà coniugale ecc.; ma il corpo reale della famiglia, patrimonio, rapporto di esclusione verso altre famiglie, convivenza forzata, le condizioni che erano date se non altro per l’esistenza dei figli, la costruzione delle città attuali, la formazione del capitale ecc., restarono - per quanto alterate sotto molti aspetti - perché l’esistenza della famiglia è resa necessaria dalla sua connessione col modo di produzione indipendente dalla volontà della società borghese. Questa necessità assoluta appare nel modo più lampante nella Rivoluzione francese, durante la quale per un momento la famiglia fu pressoché abolita per legge. La famiglia continua ad esistere persino nel XIX secolo; solo che il processo di dissoluzione si è fatto più generale non a causa del concetto, ma a causa dell’industria e della concorrenza più sviluppata. Essa esiste ancora benché la sua dissoluzione sia stata proclamata da molto tempo dai socialisti francesi e inglesi e ne sia giunta notizia, attraverso i romanzi francesi, anche ai padri della Chiesa tedeschi»
[16].

LA POLIGAMIA, REGNO DEL BELLIMBUSTO
Prima del 1846, Marx ed Engels svolsero la loro attività soprattutto negli ambienti intellettuali borghesi; e cercarono di fare aderire alla loro causa i migliori rappresentanti di questi ambienti.
Dopo la primavera del 1846, consacrarono le loro forze al lavoro di organizzazione negli ambienti operai. Entrarono in relazione con numerosi gruppi operai tedeschi, francesi e inglesi; nello stesso tempo parteciparono attivamente ad accese discussioni che avevano luogo nei circoli operai. Nel giro di due anni di lavoro, Marx ed Engels riuscirono a unire tutti questi circoli e a costituire l’Associazione dei comunisti. Marx venne incaricato di elaborarne il programma.
I punti principali di questo programma venivano dapprima studiati nei differenti circoli. Alcuni verbali del circolo di Londra, chiamato “Società operaia tedesca di studi”, ci sono pervenuti. In base a questi processi verbali, si può vedere come la discussione si svolgesse attorno a tutta una serie di questioni, formulate sotto forma di catechismo.
Ci sono due domande concernenti la famiglia e il matrimonio.
Alla diciannovesima domanda: «Come organizzereste l’educazione dei fanciulli nell’epoca di transizione?» segue la risposta: «Tutti i fanciulli, dal momento che potranno staccarsi dal seno materno, saranno allevati ed educati in istituti statali». >

La ventesima domanda è così riassunta: «All’abolizione della proprietà privata, verrà proclamata la comunanza delle donne?»
La risposta del circolo di Londra è: «In nessun caso. Noi interverremo nei rapporti privati fra uomini e donne solo nel caso che questi andassero contro il nuovo ordine sociale. Sappiamo perfettamente che nel corso della storia i rapporti familiari subirono modificazioni che dipendevano dalle fasi dell’evoluzione della proprietà; per questo sappiamo che l’abolizione della proprietà privata eserciterà su questi rapporto la più decisiva influenza».
Non c’è dubbio che Engels avesse per le mani questa raccolta di domande, quando scrisse l’opuscolo molto conosciuto, I principi del comunismo
[17]. Qui, la ventunesima domanda è:
«Che influenza eserciterà sulla famiglia l’ordinamento comunistico?». Come risponde Engels a questa domanda?
«L’ordinamento comunistico della società farà del rapporto fra i due sessi un semplice rapporto privato, che riguarderà solo le persone che vi partecipano e in cui la società non ha da ingerirsi. Potrà farlo perché esso elimina la proprietà privata ed educa in comune i bambini, distruggendo così le due fondamenta tradizionali del matrimonio: la dipendenza della donna dall’uomo e dei figli dai genitori, dovuta alla proprietà privata. Qui sta anche la risposta alle strida dei filistei moralisti contro la comunanza comunistica delle donne. La comunanza delle donne è una situazione legata totalmente alla società borghese e che oggigiorno esiste in pieno nella prostituzione. Ma la prostituzione poggia sulla proprietà privata e cade con essa. Dunque l’organizzazione comunistica, anziché introdurre la comunanza delle donne, la abolisce invece»
[18].
Il progetto di catechismo comunista scritto da Engels non venne pubblicato. Su sua proposta, venne rifiutata la forma di catechismo, e il programma dell’associazione venne elaborato sotto forma di manifesto. Questo fu scritto da Marx, che si servì in parte del progetto di Engels. Così nel Manifesto comunista le idee di Marx ed Engels sul matrimonio nella società borghese e in quella dell’avvenire trovarono la loro espressione più perfetta. Mi permetto di citare il paragrafo in questione quasi per intero:
«Abolizione della famiglia! Anche i più estremisti si riscaldano parlando di questa ignominiosa intenzione dei comunisti. «Su che cosa si basa la famiglia attuale, la famiglia borghese? Sul capitale, sul guadagno privato. Una famiglia completamente sviluppata esiste soltanto per la borghesia: ma essa ha il suo complemento nella coatta mancanza di famiglia del proletario e nella prostituzione pubblica. «La famiglia del borghese cade naturalmente col cadere di questo suo complemento ed entrambi scompaiono con la scomparsa del capitale. (...) «Tutta la borghesia ci grida contro in coro: ma voi comunisti volete introdurre la comunanza delle donne. «Il borghese vede nella moglie un semplice strumento di produzione. Sente dire che gli strumenti di produzione debbono essere sfruttati in comune e non può naturalmente farsi venire in mente se non che la sorte della comunanza colpirà anche le donne. Non sospetta neppure che si tratta proprio di abolire la posizione delle donne come semplici strumenti di produzione. «Del resto non c’è nulla di più ridicolo del moralissimo orrore che i nostri borghesi provano per la pretesa comunanza ufficiale delle donne fra i comunisti. I comunisti non hanno bisogno di introdurre la comunanza delle donne; essa è esistita quasi sempre. «I nostri borghesi, non paghi d’avere a disposizione le moglie e le figlie dei loro proletari, per non parlare neppure della prostituzione ufficiale, trovano uno dei loro divertimenti principali nel sedursi reciprocamente le loro mogli. In realtà, il matrimonio borghese è la comunanza delle moglie. Tutt’al più ai comunisti si potrebbe rimproverare di voler introdurre una comunanza delle donne ufficiale e franca al posto di una comunanza delle donne ipocritamente dissimulata. Del resto è ovvio che, con l’abolizione dei rapporti attuali di produzione, scompare anche quella comunanza delle donne che ne deriva, cioè la prostituzione ufficiale e non ufficiale»
[19].
Vediamo quindi che dove Marx si serve del progetto di Engels, lo fa dando ai suoi argomenti un carattere più preciso. Nella sua polemica contro i pensatori borghesi, non ripete la critica del comunismo rozzo e incolto, ma anche nel Manifesto sottolinea con insistenza il tratto distintivo del regime comunista per quanto concerne la situazione della donna: solamente questo regime creerà le condizioni per cui la donna non sarà più semplice strumento di produzione e di godimento, e quindi scomparirà anche ogni prostituzione ufficiale o non ufficiale. Il programma esposto nel Manifesto del partito comunista serve da base per il nostro programma. Malgrado qualche differenza, che fu tuttavia abolita durante il lavoro comune, non troverete né in Marx né in Engels nessun motivo per porre oggi la domanda: i rapporti sessuali disordinati o il «comunismo sessuale» sono compatibili con la società comunista?
Chi fa questa domanda dimostra di essere ancora sul piano del comunismo rozzo e incolto, che ingenuamente crede di essere superiore al borghese che impreca contro la «socializzazione delle donne», per il solo fatto di pronunciarsi «categoricamente» in favore di ogni forma di comunismo sessuale. Ogni poligamia dimostra il grado culturale inferiore dei suoi «soggetti» e dei suoi «oggetti». Nella sua forma corrente di bigamia, la poligamia dimostra solo che il regno del bellimbusto continua, che la donna diventa spontaneamente una puttana e che i rapporti fra «marito» e «moglie» sono retti da una ipocrisia non meno abietta dell’«esistenza equivoca, sconveniente e ipocrita» della famiglia poligama della società borghese.
Non c’è niente di più ridicolo dei nostri piccoli imbecilli cantori del «diritto all’amore» che, nella loro estasi poetica o politica, immaginano di cantare qualche cosa di nuovo. Marx ed Engels conoscevano già l’esperienza dell’Unione dei liberi, alla quale Engels partecipò anche direttamente. Nel suo Stato e anarchia, Bakunin nota che «quest’ultimo circolo di nichilisti tedeschi, in quanto a cinismo, ha sorpassato i più ardenti nichilisti russi».
Marx ed Engels conoscevano perfettamente le idee estremistiche di alcuni sansimoniani che sostenevano la teoria dei «costanti» nati per la monogamia, e degli «incostanti» che potrebbero adattarsi a un matrimonio «di breve durata». Marx ed Engels capivano perfettamente che questa passione intellettuale per l’Eros alato non era nient’altro che una rivolta naturale, anche se poco simpatica, contro il matrimonio borghese e contro tutti i suoi ostacoli. Ma sapevano anche che lo sviluppo della civiltà e il trionfo sulla bestialità avrebbero dato origine a nuove forme di commercio sessuale, condizionato dallo sviluppo generale dell’uomo e della donna ed escludente ogni elemento di bestialità e di prostituzione.

LA QUESTIONE FEMMINILE
Ascoltando i propositi o leggendo i libri dei nostri sedicenti comunisti sento ripetere, lo riconosco, cose che ci davano la nausea, mi si passi l’espressione, già quarant’anni fa. Nei nostri vecchi circoli, c’erano già allora dei teorici del «matrimonio di breve durata», che parlavano con disprezzo «dell’onore registrato degli sposi e delle spose», e che comunque era allo stesso infimo livello di quei lubrichi pavoni degli ambienti nobili e borghesi, oppure di quegli individui usciti dalla classe operaia che i nostri chiamano giustamente «tori di fabbrica». E’ vero, comunque, che all’epoca queste storie «radicali» non erano presentate come marxiste e comuniste.
Ma - può darsi che voi mi diciate - Marx ed Engels non si sono fermati al grado di evoluzione che avevano raggiunto nel Manifesto! Avete perfettamente ragione. Dopo la rivoluzione del 1848, Marx analizza nuovamente in modo dettagliato l’evoluzione della società borghese, studia le leggi dello sviluppo del regime capitalistico ed esamina nuovamente tutte le condizioni che determinano la situazione della classe operaia nell’epoca della dominazione del capitale. Un problema così importante come quello del matrimonio e della famiglia non poteva essere trascurato. Lo sfruttamento sempre crescente del lavoro delle donne e dei fanciulli presenta uno dei tratti più caratteristici della fase industriale nello sviluppo del capitalismo. Infatti verso gli anni 1850 Marx si mette di nuovo a studiare «il problema femminile». Marx ed Engels hanno consacrato molto tempo a questa questione «femminile», mentre i comunisti odierni preferiscono la completa divisione del lavoro fra uomini e donne, anche nelle organizzazioni del partito: la sezione femminile non si occupa che del dominio «femminile», quella maschile del dominio «maschile». Nelle carte di Marx ho trovato alcuni quaderni del 1852 in cui aveva annotato sistematicamente passaggi di libri sulla storia della donna e della famiglia in epoche differenti. Già allora Marx constatava che le forme della famiglia come le vediamo nel corso della storia, nei differenti popoli, in fondo non rappresentano altro che differenti fasi della sua evoluzione e che in ogni popolo ha trovato la sua espressione tipica. Questa idea è riassunta nel primo libro del Capitale.
Marx ebbe l’occasione di pronunciarsi sul problema femminile, ancor prima di quest’epoca, a proposito dei dibattiti che si avevano nelle differenti sezioni della Prima Internazionale. In questa questione, i proudhoniani, sulla scia del loro maestro, difendevano delle idee molto reazionarie. A loro avviso, la sfera delle attività femminili si doveva limitare al focolare domestico. Nello sviluppo del lavoro femminile non vedevano che un fenomeno capace di disorganizzare la famiglia e di impedire alla donna di occuparsi delle sue faccende domestiche.
A Ginevra, nel settembre 1866, su proposta del Consiglio Generale, il Primo Congresso della Prima Internazionale adottò la risoluzione elaborata da Marx. Fra le altre cose vi si legge:
«Consideriamo la tendenza dell’industria moderna di far cooperare i fanciulli e i giovani dei due sessi al grande movimento della produzione sociale come un progresso e una tendenza legittimi, benché il modo in cui essa viene realizzata sotto il giogo del capitale sia abominevole. In una condizione razionale della società tutti i fanciulli, a partire dall’età di nove anni, dovrebbero diventare lavoratori produttivi, che, come gli adulti, non dovrebbero essere sottratti alla legge generale della natura, di lavorare per poter mangiare e di lavorare non soltanto col cervello ma anche con le mani»
[20].
Nel primo libro del Capitale troviamo quest’idea esposta in maniera più dettagliata. Marx dimostra che, nel suo sviluppo, il capitalismo lesiona le fondamenta dell’antica famiglia e modifica non solo i rapporti fra marito e moglie, ma anche quelli fra genitori e figli.
«In quanto regola il lavoro nelle fabbriche, nelle manifatture ecc., la legislazione di fabbrica non appare dapprima che come ingerenza nei diritti di sfruttamento del capitale. Ogni regolamentazione del cosiddetto lavoro a domicilio si presenta invece come diretta intrusione nella patria potestas, cioè per dirla in parole moderne, nell’autorità dei genitori - un passo di fronte al quale, nella delicatezza del suo sentire, il parlamento inglese ha affettato a lungo di arretrare dubbioso. Tuttavia, la forza dei fatti l’ha finalmente costretto a riconoscere che la grande industria, insieme con la base economica del vecchio regime familiare e del lavoro domestico ad esso corrispondente, dissolve anche gli antichi rapporti di famiglia. Si è dovuto proclamare il diritto dei figli»
[21].
Ma la grande industria non si limita a distruggere l’antica famiglia: crea allo stesso tempo gli elementi che saranno la base della nuova famiglia.
«Per quanto terribile e disgustosa possa apparire la dissoluzione della famiglia tradizionale nell’ambito del sistema capitalistico, la grande industria, assegnando una parte decisiva alle donne, agli adolescenti e ai fanciulli, al di là della sfera delle attività domestiche, nei processi di produzione socialmente organizzati, crea nondimeno la base economica nuova di una forma superiore di famiglia e di rapporti fra i sessi. Naturalmente, è tanto sciocco ritenere assoluta la forma di famiglia cristiano-germanica, quanto il ritenere assolute le forme antico-romana, o antico-greca, od orientale, che del resto costituiscono altrettanti gradini di sviluppo di una successione storica. Non è meno evidente che la composizione del personale operaio combinato mediante individui di ambo i sessi e delle età più diverse, se nella sua forma capitalistica per natura brutale, in cui l’operaio esiste per il processo di produzione e non il processo di produzione per l’operaio, è una sorgente pestifera di corruzione e di schiavismo, dovrà, in condizioni adeguate, convertirsi invece in sorgente di sviluppo dell’uomo»
[22].
C’è da notare che, nel primo libro del Capitale, più di una volta Marx afferma che lo scambio di prodotti ha inizio nei punti in cui diverse famiglie, tribù, comunità, vengono in contatto, perché ai primi albori della civiltà non persone private, ma famiglie, tribù eccetera si affrontano come entità indipendenti. Quindi, a quell’epoca egli ritiene che la famiglia sia la forma primitiva della società, e che solo in un secondo tempo dall’ unificazione di più famiglie nasca la tribù. Questa concezione sarà sostenuta anche nella seconda edizione del 1872. In seguito Marx rinuncia a questa idea. Nella sua nota alla terza edizione del Capitale, Engels fa notare: «Studi successivi e molto approfonditi sulla preistoria umana hanno condotto l’autore al risultato che in origine non la famiglia si sviluppò in tribù, ma viceversa la tribù costituiva la forma primordiale e spontanea di associazione umana, basata sulla consanguineità, cosicché le forme in vario modo differenti della famiglia si enuclearono solo più tardi dall’incipiente dissoluzione dei vincoli tribali».
Il ripensamento di Marx venne provocato da La società antica di Morgan, apparsa nel 1877. Fra le carte di Marx abbiamo trovato un immenso quaderno zeppo di citazioni tratte dal libro di Morgan. Secondo Engels, Marx aveva intenzione di esporre i risultati degli studi di Morgan secondo un’analisi materialistica della storia, ma questo progetto non venne mai realizzato. Al contrario fu Engels a portare a termine questo lavoro: egli utilizzò non solo i passaggi del libro di Morgan, citati da Marx, ma anche le note di cui ho parlato più sopra. Di conseguenza, il libro di Engels L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato è un lavoro compiuto in comune da Marx ed Engels. Un gran numero di fatti citati da quest’ultimo vennero ripresi dagli appunti di Marx.

FINE DELLA MONOGAMIA O SUA INSTAURAZIONE ?
Son trascorsi circa cinquant’anni dalla comparsa del libro di Morgan, e trentacinque anni dalla comparsa dell’ultima edizione del libro di Engels. Nel corso di questi anni, nuovi studi sulla vita preistorica dell’umanità hanno arricchito l’opera di Engels di tutta una serie di conoscenze complementari e di precisazioni. E benché l’immagine dell’evoluzione storica delle differenti forme del matrimonio e della famiglia sia invecchiata, il principio fondamentale che rinnega l’antica concezione dell’origine della famiglia rimane comunque incrollabile. Il suo magistrale quadro dei rapporti familiari, quali si formano all’epoca della civiltà borghese sotto l’influenza della proprietà privata, resta ancor oggi incomparabile.
Prima di tutto c’è da notare come Engels concepisse la monogamia quale forma superiore dei rapporti sessuali, in quanto non si basa su un sentimento animale, ma sull’amore sessuale individuale. La forma primitiva dei rapporti sessuali, i cosiddetti rapporti «disordinati», esistono solamente all’alba della storia umana, nell’epoca in cui i primitivi uomini-scimmia passano dallo stato animale a quello umano.
«Bachofen», nota Engels, «ha evidentemente ragione quando afferma che il passaggio dalla forma da lui chiamata eterismo o età malsana alla monogamia è stato essenzialmente effettuato dalle donne. Più lo sviluppo delle condizioni economiche, e in conseguenza la sparizione dell’antico comunismo e la crescente densità della popolazione hanno fatto perdere alle antiche relazioni sessuali il loro carattere schiettamente primitivo, più queste relazioni hanno dovuto sembrare alle donne avvilenti e oppressive, e più esse hanno dovuto desiderare come una liberazione il diritto alla castità, il diritto al matrimonio temporaneo o definitivo con un uomo solo»
[23].
Alla sua comparsa nella storia, il matrimonio monogamico costituisce la conquista di un sesso da parte dell’altro; la donna viene conquistata dall’uomo. Tuttavia Engels lo considera come un grande fenomeno del progresso storico. E’ solo la monogamia che fa nascere il più grande progresso morale: il moderno amore sessuale individuale, sconosciuto al mondo antico
[24].
Ritengo inutile citare la critica fatta da Engels alla famiglia monogamica: «Si vedrà allora che l’affrancamento della donna esige come prima condizione il ritorno dell’intero sesso femminile nell’industria pubblica, e che a sua volta questa condizione esige la soppressione della famiglia individuale come unità economica della società (...) Noi ci avviamo, presentemente, verso una rivoluzione sociale, per la quale spariranno le attuali basi economiche della monogamia e, con la stessa certezza, quelle del suo complemento: la prostituzione»
[25].
Ma se la monogamia è condizionata da ragioni economiche, non scomparirà da sola, appena scompariranno le ragioni che l’hanno fatta nascere e che la tengono in vita? Quando tutti i mezzi di produzione diventeranno proprietà sociale, la monogamia non verrà sostituita da un’altra forma di relazione sessuale che meglio corrisponderà alle condizioni della società socialista?
«Potrebbe essere risposto con ragione», nota Engels, : «essa non sparirà affatto, e anzi proprio da questo momento potrà essere attuata pienamente. Giacché con la trasformazione dei mezzi di produzione in beni sociali sparirà pure il salariato, il proletariato, e conseguentemente la necessità comune a un certo numero di donne, la cui valutazione ci può essere facilitata dalle statistiche, di prostituirsi per denaro. Il proletariato sparisce e la monogamia, anziché declinare, diventa una realtà, anche per gli uomini»
[26].
Le donne saranno allora libere da tutti i legami che sono loro imposti dalla società borghese. La tirannia domestica scomparirà. La donna non sarà più incatenata al focolare domestico. L’educazione dei fanciulli diventerà un’opera sociale; ogni differenza tra i figli «legittimi» e «illegittimi» scomparirà. Ma questa circostanza porterà alla restaurazione delle antiche forme di relazioni sessuali che corrispondono meglio all’ordine sociale comunista?
Anche Engels si pone questa domanda. «Forse che tutto ciò non basterà per portare gradualmente una maggiore libertà nel commercio sessuale, e per rendere l’opinione pubblica meno rigorosa nel dar giudizi sull’onore delle vergini e sul disonore delle donne? E, infine, non abbiamo visto che nella società moderna monogamia e prostituzione sono, è vero, antinomie, ma tali da essere inseparabili, i due poli di uno stesso stato sociale? Può dunque sparire la prostituzione senza trascinare con sé nell’abisso la monogamia?»
[27].
Engels risponde categoricamente: no! Ho già citato in precedenza la sua opinione sul moderno sentimento d’amore individuale, sul moderno amore sessuale individuale: afferma che questo è «il più grande progresso morale». Proprio nello sviluppo di questo fattore che all’epoca dell’evoluzione della monogamia esisteva solamente in germe, Engels vede una garanzia contro la restaurazione di rapporti sessuali «disordinati» e «non ordinati». Le sue conclusioni sono rafforzate da uno sguardo sulla storia dell’amore sessuale individuale.
«Prima del Medioevo, non si poteva ancora parlare d’amore sessuale individuale. Senza dubbio la bellezza personale, l’intimità, le comuni inclinazioni ecc. devono aver risvegliato negli individui di sesso differente il desiderio di rapporti sessuali, e anche la questione di sapere con chi allacciare relazioni più intime non doveva essere indifferente né agli uomini né alle donne; ma da questo al nostro amore sessuale moderno c’è molta distanza»
[28].
In che cosa si distingue, dunque, l’amore sessuale moderno?
«Il nostro amore sessuale differisce essenzialmente dal semplice desiderio sessuale, dall’Eros degli antichi. In primo luogo, esso suppone la reciprocità dell’amore nell’essere amato: la donna è, sotto questo rispetto, uguale all’uomo, mentre nell’Eros antico si è ben lontani dal chiederle la sua opinione in proposito.
«In secondo luogo, l’amore sessuale ha un certo grado di durata e di intensità per il quale le due parti considerano il non-possesso e la separazione una grande infelicità, quando non addirittura la più grande tra tutte; per essere l’un dell’altro, nulla può costituire ostacolo, può essere messa in gioco anche la vita, cosa che non si verificava in passato se non nei casi d’adulterio.
«Infine, sorge una nuova regola morale per giudicare il commercio sessuale. Non solo ci si chiede: “E’ legittimo o illegittimo?”, ma anche: “E’ nato dall’amore o da un affetto reciproco?”»
[29].
Engels fa poi un breve riassunto di quello che era l’amore sessuale individuale nel medio evo e nei tempi moderni. Studia il problema: come si modificano le condizioni del matrimonio sotto nuove condizioni economiche; come viene conquistata dai due sessi la libertà di scelta.
«Il matrimonio non verrà dunque concluso in piena libertà se non quando la soppressione della produzione capitalista e delle condizioni di proprietà create da essa avrà eliminato le considerazioni economiche accessorie che, oggi ancora, esercitano una tale influenza determinante sulla scelta degli sposi. Il matrimonio non avrà più, a questo punto, altra determinante che l’inclinazione reciproca»
[30].
Engels ripete quanto Marx sosteneva negli articoli della sua giovinezza. L’evoluzione dell’umanità si esprime nella continua liberazione dell’uomo dall’elemento bestiale, non dal potere della natura ma da quello della bestialità. Tutta la storia della civiltà umana è una continua liberazione dell’uomo dagli impedimenti del regno animale; è la progressiva umanizzazione di questa natura che all’alba della storia teneva ancora l’uomo. L’uomo sociale sostituisce l’antico uomo naturale: l’antica coscienza naturale della tribù viene sempre più sostituita dalla coscienza sociale. Alla disuguaglianza naturale, la storia umana aggiunge differenti forme di disuguaglianza sociale. La società capitalista crea tutti i postulati materiali e intellettuali necessari alla distruzione della disuguaglianza sociale. Questa completa eguaglianza non può certo abolire le differenze naturali che esistono e che esisteranno, come effetti delle differenze fisiologiche dei sessi, ma l’ulteriore evoluzione della civiltà porterà alla scomparsa di tutti gli impedimenti creati dalla società, dall’economia e dall’economia a questa eguaglianza. Ricordiamoci le parole di Fourier citate da Marx e da Engels. Quando l’amore sessuale si libera da tutti gli elementi della bestialità della costrizione aperta o mascherata e si trasforma, come dice Marx, in un momento di unione spirituale, creato dalla perfetta uguaglianza sociale dell’uomo e della donna, allora, e solo allora, nascono le basi di una nuova forma superiore di monogamia.
«Ma giacché, per la sua stessa natura, l’amore sessuale è esclusivo - quantunque ai giorni nostri non si attui mai che per parte della donna - il matrimonio basato sull’amore sessuale è niente più che la monogamia. Abbiamo visto come Bachofen avesse ragione nel considerare il progresso del matrimonio a gruppi a quello a coppia opera soprattutto della donna; solo il passaggio del matrimonio sindiasmico
[31] alla monogamia può essere accreditato all’uomo; soprattutto è consistito, storicamente, nel rivalutare la posizione della donna e nel facilitare l’infedeltà dell’uomo. Quando le considerazioni economiche a causa delle quali le donne hanno accettato questa abituale infedeltà degli uomini - la preoccupazione della loro esistenza e più ancora quella dell’avvenire dei figli - saranno scomparse, l’uguaglianza della donna che ne deriverà avrà per risultato, secondo le nostre esperienze, che gli uomini diventeranno monogami in una proporzione infinitamente più grande di quella della poliandria femminile» [32].

UNA FORMA «SUPERIORE» DELLA MONOGAMIA
Alcuni nostri compagni hanno tentato di rifarsi a Lenin, ma non ci sono riusciti. Non ho intenzione di studiare in questa sede le idee di Lenin sul matrimonio e la famiglia. Tuttavia posso affermare che Lenin aderiva completamente alle concezioni di Marx ed Engels, esposte in questo mio articolo. Quando nel 1903, pubblicava la traduzione russa della Rivoluzione sociale, una delle migliori opere di Kautsky, giudicò necessario aggiungere a questo scritto l’ultimo capitolo della seconda parte della Questione agraria, altra opera di Kautsky che apprezzava moltissimo. Si tratta di «L’avvenire della casa». Sulla scia degli insegnamenti di Marx ed Engels, Kautsky dimostra che l’evoluzione economica rende sempre più inutili la cucina e il focolare privati e scuote sempre più le basi economiche della famiglia. Questo fenomeno significa che anche la famiglia scomparirà?
«L’individualismo, la tendenza alla libera espressione della personalità nella società socialista deve però diventare ancora più forte e generale nella misura in cui si generalizzano l’educazione intellettuale, il benessere e il tempo libero dal lavoro. (...). Con l’individualismo si sviluppa però anche l’amore sessuale individuale, che trova il suo soddisfacimento soltanto nell’unione e nella convivenza con un solo, determinato individuo dell’altro sesso. (...). Una società socialista che non conosce questi estremi [la miseria e la ricchezza] e che limita sempre più l’amministrazione domestica individuale deve appunto per questo far risaltare pienamente il carattere personale del matrimonio e della famiglia. Ma già oggi questo carattere personale è quello che nella coscienza generale fornisce il criterio morale per giudicare la famiglia e il matrimonio»
[33].
Di conseguenza la scomparsa dell’economia privata non significa assolutamente l’abolizione del matrimonio e della famiglia. L’abolizione del ménage domestico privato non significherà nel modo più assoluto l’abolizione dell’abitazione privata. La civiltà moderna conosce legami coniugali al di fuori della cucina e del bucato. La scomparsa dell’economia privata significa: evoluzione della famiglia, che da unità economica diventa un’unità puramente etica. Significa la realizzazione di quelle aspirazioni morali che si manifestano nettamente già nella nostra epoca, sotto l’influenza dello sviluppo dell’individualismo, allevato dalla crescita delle moderne forze produttrici.
La nostra lingua non è sufficientemente ricca perché questa nuova forma di monogamia venga battezzata con un nome speciale. E’ proprio verso questo nuovo matrimonio individuale che si incammina la società umana. Questo matrimonio è basato sul principio morale, purificato dagli elementi della prostituzione tanto maschile quanto femminile. La società evolve verso questo ideale, liberandosi dalle catene della proprietà privata, via via che ogni tipo di bestialità cede il suo potere all’umanità, via via che l’idea dell’individuo trionfa; non si tratta dell’idea dell’individuo il cui sviluppo è acquisito, nella società di classe, a prezzo dell’oppressione dell’individualità nelle classi sfruttate, ma è l’idea di un individuo libero e sviluppato universalmente che non può evolvere che in una società dove «il libero sviluppo di ciascuno servirà da condizione per il libero sviluppo di tutti».
Engels nota con ragione che fu la donna a iniziare la distruzione della poligamia. la forma superiore della monogamia presuppone piena libertà di divorzio, purezza morale, perfetta onestà, e fra uomini e donne rapporti dai quali siano bandite ogni ipocrisia e ogni menzogna. Questa forma si affermerà sempre più nella misura in cui la donna si libererà dalla schiavitù e da tutte le tracce di bestialità; la prostituzione maschile e femminile scomparirà nella misura in cui il rispetto di se stessi e degli altri aumenterà.
Ogni accoppiamento non è un matrimonio. La scimmia è imparentata con l’uomo, ma l’uomo non deve rimanere al grado d’evoluzione della scimmia. Ripeto l’idea così ben sviluppata da Marx: l’umanità si libera, deve liberarsi e si libererà dai sentimenti di bestialità che si sviluppano nei pollai umani. Certo, non potrà liberarsi dalle leggi della natura, ma rende umani tutti i suoi bisogni animali; li sottomette all’intelligenza. Solo i cretini morali possono sostenere quel «materialismo» secondo il quale soddisfare la fame e soddisfare l’istinto sessuale sono la stessa cosa. L’oggetto del primo bisogno è un oggetto inanimato; l’oggetto dell’altro è un essere umano capace di provare piacere e di soffrire.
A un certo grado dello sviluppo fisiologico l’istinto sessuale è una delle condizioni principali dello sviluppo delle forze fisiche e morali. Ma è necessario che il soddisfacimento di questo istinto non costituisca che uno dei rapporti senza i quali la vita umana non è completa; ma questo fenomeno non deve mai essere considerato come il fine della vita umana. E’ solo la forma più sviluppata del matrimonio individuale, basata sul rispetto reciproco e sulla perfetta eguaglianza sociale dei due individui fisiologicamente differenti, che, come dice Marx, «trasforma l’istinto naturale in uno dei momenti dell’unione spirituale».
Per concludere, passo al problema che è la ragione di queste considerazioni teoriche generali e della nostra legislazione sulla famiglia.
In base alla nuova legge, la registrazione dei matrimoni viene effettuata nell’interesse dello Stato e della società. Della vecchia legge, della quale Lenin diceva con ragione che era una delle leggi più radicali della rivoluzione d’ottobre, i nostri innovatori troppo zelanti vorrebbero fare una semplice legge borghese, dichiarando che la registrazione è effettuata al solo scopo di difendere la persona e la proprietà.
Buon militante del partito comunista, il compagno Preobrazhenskij sa perfettamente che tutte le discussioni a questo riguardo non sono nient’altro che chiacchiere borghesi e anarchiche; la società non deve intervenire in questi rapporti.
«Dal punto di vista socialista», nota il compagno Preobrazhenskij, «un membro della società, che considera il proprio corpo sua proprietà personale, sbaglia completamente: infatti l’individuo non è che un piccolo punto separato nell’evoluzione che compie una razza, dal passato verso l’avvenire. Ma ancora più assurda è l’analoga concezione concernente la discendenza dell’individuo».
Il compagno Preobrazhenskij esige «che vengano spietatamente colpiti coloro che propagano le malattie veneree senza assolutamente pensare al crimine che commettono sia contro gli altri membri della società che contro i loro stessi compagni di classe». Egli ammette «il diritto imprescrittibile della società d’intervenire nella vita sessuale allo scopo di perfezionare la razza con la selezione sessuale artificiale»
[34].
Il compagno Preobrazhenskij deve, quindi, riconoscere che avevo perfettamente ragione quando dichiaravo che la registrazione dei matrimoni, combinata alla piena libertà di divorzio, era necessaria sia allo Stato che alla società. La registrazione è una forma - la meno pesante - di regolamentazione dei matrimoni. Solo questa forma dà la possibilità di controllare le condizioni che la società - che si trova sulla via del socialismo, lo Stato dove la classe dominante è il proletariato - pone al cittadino, nell’interesse dello sviluppo della società (limiti d’età, salute fisica e psichica ecc.). Tutte queste condizioni non costituiscono che una minima parte delle norme dettate, secondo Preobrazhenskij, «dai problemi della conservazione della razza».
Oggi viviamo in un periodo di transizione, in cui la società evolve verso una società socialista. Abbiamo già realizzato le condizioni preliminari; il potere è nelle mani del proletariato e i principali mezzi di produzione si trovano nelle mani della società. Ma non abbiamo ancora realizzato il socialismo. Per realizzarlo ci vogliono ancora moltissimi anni.
La società socialista stessa non è che una prima fase dell’evoluzione verso il comunismo, sua fase superiore. Sotto il regime socialista noi ci libereremo di tutta una serie di norme giuridiche e non che ancora conserviamo nel periodo di transizione. Oggi non possiamo che attenuare l’effetto di queste norme, in modo che non siano nocive allo sviluppo del socialismo. Ma quando il socialismo sarà veramente realizzato, quando il potere dello Stato sarà ridotto al minimo e quando la resistenza delle classi vinte sarà definitivamente spezzata, alcune norme, costumi e differenze fra uomini, che abbiamo ereditato dall’antico regime, saranno ancora presenti. La proprietà privata non si trasformerà più in proprietà privata capitalistica, non sarà più un mezzo di sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo; ma ancora per molto tempo resterà in vita con il suo fondamento e con il suo completamento: la piccola economia. Bisogna attendere ancora molto tempo prima che questa scompaia; fino a quando una vasta rete di nidi d’infanzia e di cucine collettive libereranno la donna dal suo lavoro bestiale, fino a quando tutte le donne adatte al lavoro diventeranno membri dell’esercito dei lavoratori e la giornata lavorativa sarà ridotta. Solo allora saranno create le condizioni necessarie alla realizzazione del comunismo. Con la scomparsa dello Stato anche ogni potere oppressivo scomparirà. Ogni membro della società sarà così educato e così cosciente dei suoi doveri sociali, che questi obblighi diventeranno per lui bisogni naturali. Non ci sarà più bisogno di stimolare il lavoro con procedimenti quali i contratti, le ricompense per attitudini superiori. Ogni uomo [essere umano] sarà utile alla società secondo le proprie attitudini e sarà ricompensato secondo i suoi bisogni. Ogni dipendenza delle donne nei confronti degli uomini scomparirà; la donna non sarà più schiava del proprio «focolare».
In questa società superiore, la registrazione dei matrimoni verrà mantenuta? Sì. ma questa registrazione diventerà un dovere così naturale nei confronti della società come lo sarà il lavoro.
Il comunismo è inconcepibile senza la registrazione di tutte le forze produttrici e di tutti i bisogni della società; è l’uomo [essere umano] la forza produttrice più preziosa anche nella società comunista.
Nella risoluzione elaborata da Marx e adottata dal Congresso della Prima Internazionale, troviamo questo passaggio:
«La parte più cosciente della classe operaia comprende perfettamente che l’avvenire della classe, e di conseguenza quello dell’umanità, dipende dalla formazione della giovane generazione operaia. Comprende che i fanciulli e gli adolescenti devono essere liberati dall’influenza perniciosa dell’attuale sistema, e ciò può essere realizzato solo quando la ragione sociale diventerà forza sociale: nella situazione attuale possiamo fare ciò solo per mezzo di leggi generali messe in vigore con il potere dello Stato»
[35].
La società comunista sarà retta dalla ragione sociale, che sarà forte dell’autorità morale che la società eserciterà sull’individuo.
La registrazione del matrimonio sarà una delle norme adottate nell’interesse dello sviluppo della società. La libera disciplina del lavoro e la libera obbedienza alle norme stabilite collettivamente condurranno alla realizzazione delle direttive della ragione sociale.
Bisognerà fare ancora grandi sforzi per annientare le ignobili vestigia del passato, di cui la prostituzione, la forma più disgustosa dello sfruttamento dell’uomo, è la più infame.
Vedete ciò che accade da noi, nello Stato dove il potere è esercitato dal proletariato. Ci vergogniamo amaramente nel vedere che, dopo dieci anni dalla rivoluzione proletaria, esiste ancora la profonda umiliazione delle donne costrette a vendere il loro corpo e la loro anima per vivere.
Solo il comunismo, che abolisce la proprietà privata e ogni sua ideologia, che abolisce tutte le distinzioni sociali all’interno della società, porterà al trionfo dell’umanità sulla bestialità e alla definitiva liberazione della donna.
A sinistra, JOHN HEARTFIELD, retro copertina del romanzo "Petrolio" di Upton Sinclair, ed. Malik Verlag, Berlino 1927 (un esemplare è nelle collezioni del Museo di Belle Arti di Strasburgo); a destra, verso della cartolina di FABIO MAURI del 1974 (cm.10x15, collezione redazionale).
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[1] - Cfr. F. Engels, La situazione della classe operaia in Inghilterra, 1844, in Marx-Engels, Opere complete, Editori Riuniti, vol. IV; F. Engels, L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato, Fasani Editore, Milano 1945; A.Bebel, La donna e il socialismo, Ed. Savelli, Roma 1971; K.Marx-F.Engels, Manifesto del Partito Comunista, Einaudi, Torino 1962, pp. 153-154.
[2] - David Rjazanov (1870-1938), ucraino, nato a Odessa, diventò marxista molto giovane; viaggiò all’estero più volte, e scontò diversi anni di prigione e di lavori forzati per la sua attività politica tra i rivoluzionari populisti ; aderì al partito bolscevico nell’agosto del 1917. Grazie alla sua profonda cultura e alla sua vasta conoscenza dei testi marxisti, nel 1918 organizzò gli archivi marxisti e due anni dopo divenne direttore del nuovo Istituto Marx-Engels (che divenne Istituto Marx-Engels-Lenin nel 1931) iniziando la pubblicazione delle opere complete dei padri del socialismo scientifico. Nel 1931 Stalin lo accusò di avere implicazioni con il «centro menscevico», dovette perciò interrompere il suo lavoro, e, accusato di tramare per ristabilire il capitalismo in Russia, cadde vittima delle purghe staliniane e fu mandato in esilio.
[3]  Vedi «Il marxismo e la donna», Edizioni il Formichiere, Milano 1977, pp. 127-157. Non potendo recuperare il testo originale russo, la traduzione è stata fatta sul testo francese pubblicato nel 1929 su «Les revues» sotto la direzione del Pcf. I traduttori avvertono che alcuni termini possono essere non precisi, dato che il Pcf era stalinista come tutti i partiti comunisti dell’epoca, ma che in generale il testo non ha perso la sua efficacia e la sua corretta impostazione.
[4] - Cfr. Marx-Engels, Opere complete, vol. II, Editori Riuniti, Roma 1973, p. 101.
[5] - Ci si riferisce a due articoli: Il manifesto filosofico della scuola storica del diritto, e Il progetto di legge sul divorzio, entrambi in K.Marx, Scritti politici giovanili, Einaudi, Torino 1950, pp. 157-168 e pp. 241-248.
[6] - Vedi Marx-Engels, Opere complete, cit., vol III, pp.3-143.
[7] - Si tratta dei Manoscritti economico-filosofici del 1844. Cfr. Marx-Engels, Opere complete, cit., vol. III, pp. 249-377. Sui Manoscritti del 1844 il partito fece un lavoro che presentò nella Riunione generale di La Spezia del 25-26 aprile 1959, nella sua terza seduta, intitolato Cardini del programma comunista, e pubblicato nei nn. 15, 16, 17 e 18 del 1959 de «il programma comunista», all’interno dei temi presentati sotto il titolo generale La struttura economica e sociale della Russia e la tappa del trasformismo involutivo al XXI Congresso. Il tema fu ripreso successivamente alla Riunione generale di Milano del 17-18 ottobre 1959, nella parte intitolata Tavole immutabili della teoria comunista di partito, il cui resoconto scritto fu pubblicato ne«il programma comunista» n.5 del 1960.
[8] - Cfr. Manoscritti economico-filosofici del 1844, cit. Opere complete, cit., vol. III, pp. 322-323.
[9] - Cfr. Manoscritti economico-filosofici del 1844, cit. Opere complete, cit., vol. III, p. 327.
[10] - Cfr. Manoscritti economico-filosofici del 1844, cit. p. 329.
[11] - Cfr. Marx-Engels, La sacra famiglia, ovvero Critica della critica-critica Contro Bruno Bauer e soci, 1844, in Opere complete, cit., vol. IV pp. 3- 234.
[12] - Cfr. Marx-Engels, La sacra famiglia..., cit., in Opere complete, cit., vol. IV, cap. VIII, pp. 218-219.
[13] - Cfr. F. Engels, La situazione della classe operaia in Inghilterra, in Opere complete, cit., vol. IV pp. 235-514.
[14] - Cfr. F. Engels, La situazione della classe operaia in Inghilterra, cit., cap. Risultati, pp. 358-359.
[15] - Cfr.K. Marx, Tesi su Feuerbach, in Opere complete, cit. vol V, tesi undicesima, p. 5.
[16] - Cfr.K. Marx - F. Engels, L’Ideologia tedesca, vol I, cap. III San Max, in Opere complete, cit., vol V, , pp. 174-5.
[17] - Cfr.F. Engels, Principi del comunismo, 1847, in Opere complete, cit., vol VI, pp. 360-377.
[18] - Cfr.F. Engels, Principi del comunismo, cit., in Opere complete, cit., p. 375.
[19] - Cfr.Marx-Engels, Manifesto del partito comunista, Einaudi, Torino 1962, pp. 153-154.
[20] - Cfr.K. Marx, Istruzioni per i delegati del consiglio centrale provvisorio. Le singole questioni, punto 4. Lavoro dei giovani e dei fanciulli (dei due sessi), in Marx-Engels, Opere complete, cit., vol. XX, p. 192.
[21] - Cfr.K. Marx, Il Capitale,Libro I, cap. XIII, paragrafo 9. Legislazione sulle fabbriche e sua generalizzazione in Inghilterra, Edizioni UTET, Torino 1974, p. 638.
[22] - Cfr.K. Marx, Il Capitale,Libro I, cap. XIII, paragrafo 9, cit. p.639.
[23] - Cfr.F. Engels, L’orine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato, cit., cap. II. La famiglia, p.64.
[24] - Engels precisa: «La monogamia fu un grande progresso storico, ma contemporaneamente inaugurò, a lato della schiavitù e della proprietà privata, quest’epoca che si prolunga ai giorni nostri, nella quale ciascun progresso è nello stesso tempo un regresso relativo, dove la felicità e lo sviluppo degli uni si attuano a prezzo dell’infelicità e dell’oppressione degli altri», L’origine..., cit. p.78.
[25] - Cfr.F. Engels, L’orine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato, cit., cap. II. La famiglia, pp. 88-89.
[26] - Cfr.F. Engels, L’orine della famiglia ..., cit., pp. 89-90.
[27] - Cfr.F. Engels, L’orine della famiglia ..., cit., p. 90.
[28] - Cfr.F. Engels, L’orine della famiglia ..., cit., p. 90.
[29] - Cfr.F. Engels, L’orine della famiglia ..., cit., p. 91.
[30] - Cfr.F. Engels, L’orine della famiglia ..., cit., p. 96.
[31] - Il matrimonio sindiasmico - in vigore nell’epoca della barbarie - subentra gradatamente alla famiglia punalua (matrimonio a gruppi); «a questa tappa - scrive Engels - un uomo vive con una donna, ma in maniera tale che poligamia e infedeltà occasionale rimangono un diritto dell’uomo, mentre normalmente la più stretta fedeltà è pretesa dalle donne per la durata della vita in comune, e il loro adulterio è punito crudelmente. Tuttavia il legame coniugale è, dalle due parti, facilmente resolubile, e dopo come prima i figli appartengono unicamente alla madre» (L’origine..., cit., p. 58).
[32] - Cfr.F. Engels, L’orine della famiglia ..., cit., p. 96-97.
[33] - Vedi K. Kautsky, La questione agraria, Giangiacomo Feltrinelli Editore, Milano 1978, cap. V, ultimo paragrafo, pp.502-3.
[34] - Se pensiamo oggi alla propagazione dell’aids e alle ben più tragiche conseguenze rispetto alle malattie veneree conosciute all’epoca in cui Riazanov scriveva questo articolo, si capisce quanto sarà necessario l’intervento della società, dunque dello Stato rivoluzionario, nella vita sessuale delle persone.
[35] - Cfr. «Istruzione sulle diverse questioni ai delegati del Consiglio centrale provvisorio», in Le Conseil général de la Première Internationale 1864-1866, Moscou, Editions du Progrès, 1972, p. 294.
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