Rovesciamento della Prassi e Metodo Dialettico In una rivista che abbiamo ricevuto qualche settimana fa, abbiamo trovato scritto che: ( proiezione o grafici delle tavole I e VIII e descrizione di ognuna ) [2] Dal suo apparire sulla terra, l'umanità si è evoluta rispondendo essenzialmente alla domanda di cosa produrre per soddisfare determinati necessità e bisogni immediati, accumulando così di volta in volta abilità tecnica e conoscenza.Questa relazione tra bisogni materiali e azione pratica per soddisfarli, costituisce quello che Marx definisce un "processo storico naturale", corrispondente a un percorso determinato di apprendimento per via sperimentale, necessario per consentire alla specie di imparare a confrontarsi e a conoscere sempre meglio le circostanze naturali e anche sociali entro cui agiva. Ogni generazione umana non fa altro che acquisire e utilizzare gli strumenti, i materiali, le tecniche lavorative e anche le forme di pensiero che trova già belle e fatte, lascito ereditario di migliaia di generazioni precedenti. In questo modo, le condizioni economiche e sociali “iniziali” indirizzano e sostengono quelle successive, determinando una dinamica auto-organizzata che modella il mondo a venire in maniera precisa, perché il passato ha quella configurazione e non un’altra. Ne risulta un accumulo continuo e incontenibile della forza produttiva sociale teoricamente infinito che si scontrano, in determinati momenti, con i rapporti di proprietà che diventano un freno al loro ulteriore sviluppo. Occorreva attraversare ogni tratto di questa traiettoria prima di formulare la nuova domanda: come produrre e con quale scopo? Cominciamo con il definire tutta l'attività umana fin qui svolta come funzione di risultati futuri, per la quale pertanto gli uomini non hanno ancora gli strumenti sufficienti per comprendere pienamente le informazioni in essa contenute. Questo procedere causale oggettivo non opera alla cieca. Esso svolge una funzione precisa, un preadattamento della specie al comunismo tramite lo sviluppo incessante della forza produttiva sociale. A questa linea evolutiva continua e ininterrotta di “preadattamento” si sovrappone quella spezzata delle forme private di proprietà ma non interrompe lo sviluppo della prima, al contrario la rafforza: mantenendo il percorso in uno stato di criticità continua produce trasformazioni nel tempo. L'enigma che il marxismo svela consiste proprio nel considerare tutto il lascito tecnico, l'accumulo di memoria ed informazioni, ossia la dotazione collettiva di nozioni e conoscenze come un'unica e continua attività cumulativa organizzata su basi collettive. Le formazioni economiche sociali, corrispondenti, in un primo tempo, allo sviluppo della forza produttiva sociale, si organizzano secondo dinamiche indipendenti da quello che pensano e desiderano gli uomini, ai quali trasmettono, per via empirica, informazione e nuova conoscenza da aggiungere a quella precedenti. È la necessità che spinge in avanti, “spontaneamente”, la forza produttiva sociale, la quale risponde con un’azione informativa di ritorno sugli uomini. L'insieme di queste relazioni costituisce un sistema complesso, la cui trama si sviluppa in funzione di un divenire largamente inscritto nell'oggettività dei fatti storici, che prepara gli uomini, tramite la esperienza sociale pratica e la successiva elaborazione teorica a conoscere sé stessi e ad interagire sempre meglio con il resto della natura. “l‘intera storia è storia di preparazione affinché l’uomo divenga oggetto della coscienza sensibile e il bisogno dell’uomo come uomo divenga bisogno”. Del resto, una umanità dispersa ed isolata in piccoli nuclei familiari di cacciatori-raccoglitori, sovrastata da una natura ostile di cui ignorava i meccanismi elementari di funzionamento, in cui la tecnica, il darsi da fare dell'uomo, era troppo impari rispetto alla necessità, (Eschilo), quale cammino avrebbe potuto percorrere per potersi emancipare? Non avrebbe mai potuto darsi la condizione della formazione di una coscienza storica, fissata nel partito mondiale unico della rivoluzione, senza passare necessariamente per una serie di condizioni “iniziali” di preadattamento come quella, ad esempio, relativa alla formazione del proletariato in classe nazionale affinché esso potesse unificarsi con quello mondiale? Questa formazione implica la nascita del sistema di sfruttamento capitalista, il quale a sua volta rimanda all'esistenza dell'artigianato, del commercio mondiale e così via via, condizione dopo condizione, a ritroso fino alla comparsa del cacciatore-raccoglitore. Indotta da fattori naturali la specie si è ingegnata, per mezzo del lavoro, ad appagare i propri bisogni materiali ed elaborare, in seguito, i risultati a cui era pervenuta. Il lavoro, scienza compresa, non è solo uno strumento di adeguamento della natura ai bisogni umani ma anche adeguamento dell'uomo alla natura e della natura all’uomo. In fondo, questo duplice adattamento costituisce la scoperta essenziale su cui si regge tutto la teoria e il programma della rivoluzione comunista. Esso è l’elemento propulsivo che spinge avanti l'intero processo conoscitivo, che fornisce al marxismo la chiave di lettura per comprendere il comportamento sociale degli uomini, come esso si evolve nel corso del tempo e dove deve necessariamente sfociare come risultato storico. Non esiste l'uomo in astratto, ma l'uomo figlio e prodotto di una determinata società, che egli stesso, tramite il lavoro, contribuisce a formare. Per questo, egli è sì natura ma anche società e quindi storia. Di conseguenza, quando parliamo di ambiente dell'uomo occorre farlo nel senso largo del termine, considerare non soltanto l'ambiente naturale, ma anche e soprattutto il suo ambiente sociale. Processo naturale e processo sociale, natura e storia vengono a coincidere, a descrivere un unico, indivisibile percorso umano. Enigma storico Il marxismo è, in fin dei conti, “tutto qui”. Basterebbe il riconoscimento di “doppio adattamento” a caratterizzarne il contenuto innovativo, la ricchezza specificità nei confronti di tutto il millenario pensiero precedente. Non a caso nasce a metà dell’ottocento, periodo in cui i tempi erano maturi per permettere di svelare il vero enigma conoscitivo, che secoli di filosofia non erano stati in grado di sciogliere e spiegare correttamente. Marx, dimostrando che l'uomo conosce il mondo solo in quanto oggetto della propria esperienza e che, di conseguenza, la realtà non è, come sostenevano gli idealisti, una faccenda teorica, ma eminentemente pratica, risolve l'enigma millenario la cui soluzione, come sottolinea efficacemente Bordiga, taglia il nodo delle esasperanti antitesi tra natura e uomo, esistenza ed essenza, soggetto ed oggetto, individuo e genere, libertà e necessità. Ed ancora: pensiero ed azione, spirito e materia.... è la soluzione dell'enigma della storia: ed è consapevole di essere questa soluzione ! Sarà proprio questa soluzione, finalmente acquisita, a consentire alla specie di invertire i fattori della dinamica sociale: solo conoscendola è possibile governarla e trasformare la conoscenza da prodotto dell'azione sociale in fattore della stessa ed acceleratore di avvenimenti futuri. È chiaro, a questo punto, che Marx ha “solo” scoperto le dorsali sulle quali si sviluppa il processo storico. Ecco perché la Sinistra insiste tanto sul fatto che il marxismo non è solo un programma politico a disposizione della specie, ma una concezione organica del mondo, legata a una visione deterministica dei fatti da cui non si può prescindere nell'azione di partito. Allo stesso titolo, il concetto di “rovesciamento della prassi” viene ad assumere un aspetto cruciale e decisivo nel corpo complessivo della dottrina rivoluzionaria. Il marxismo nasce, e qui sta la sua ragione storica, per registrare e dirigere la liberazione degli uomini da millenarie impotenze legate al procedere “naturale” e lo fa spiegando come la teoria, parallelamente e in rapporto alla crescita della potenza sociale del lavoro, da prodotto diventa fattore, forza attiva in grado di capovolgere la prassi naturale. Il marxismo, quindi, non esclude gli uomini dalla storia per affidare alle “cose” il compito di fare e di camminare in una specie di contesa zoologica. Esclude soltanto che il corso storico dipenda da essi, dall'iniziativa soggettiva di pochi o di tanti. Lo ammette invece per le classi e i loro interessi economici. Forme che si auto-dissolvono Riassumendo: coscienza, pensiero, volontà, non sono cause, forze motrici del procedere storico ma effetti, neppure principali, derivati da altri effetti. Quando una forma storico-naturale raggiunge un certo grado di maturità, dice Marx, essa decade, lasciando il posto ad un'altra più elevata. Nel senso che subentra un conflitto fra lo sviluppo materiale della produzione e la forma sociale dominante. > |
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Il lavoro dellla Frazione Clandestina nel 1983
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Le leggi specifiche (storiche), che regolano nascita, esistenza, sviluppo e morte di un organismo sociale, negano il libero arbitrio dell'individuo e della società nel suo complesso, individuano gli interessi delle classi che hanno interesse al cambiamento di stato o alla conservazione di quello presente, considerano decisivo, in determinati momenti, l'intervento delle classi in senso largo e dei loro apparati ideologici-organizzativi, in senso stretto.
Transizione Bisogna precisare che, mentre il trapasso da una forma sociale classista ad un’altra, o dal comunismo originario alla forma classista, poteva verificarsi per via di “stimoli naturali”, ossia: le leggi di necessità si facevano comunque valere sugli uomini anche in mancanza della teoria della classe che aveva interesse a trasformare i rapporti di proprietà (schiavi, servi della gleba, borghesi); queste rivoluzioni “naturali” potevano permettersi di fare a meno di tale organicità. Anzi, il passaggio fra il comunismo originario e le società classiste si è verificato, forse, senza rivoluzione “politica”. Lo stesso si può affermare per quanto riguarda il cristianesimo, che non ha avuto bisogno di rivoluzione politica per imporsi nel passaggio tra modi di produzione. Questo lusso non è concesso al passaggio fra la forma capitalistica e quella comunista. Innanzi tutto la transizione comunista, a differenza del passato, non comporta un frazionamento degli individui con una maggiore divisione del lavoro, al contrario rappresenta la maggiore socializzazione del lavoro. Non si tratta più di cercare nuovi espedienti per rendere più produttivo il lavoro, come avveniva per via “naturale”, ma di capovolgere questo processo di accumulo quantitativo organizzando la produzione in senso qualitativo. È un rovesciamento di prospettiva storica reso fattibile da una produzione e una distribuzione altamente socializzata. A differenza degli interessi classisti del passato, fortemente ideologici che non arrivavano alla potenza di prevedere e di difendere il futuro, la lotta rivoluzionaria odierna necessita non solo di una conoscenza definita dei compiti futuri ma, sulla scorta di tutta l’esperienza organizzata, richiede anche una relazione precisa fra azione di classe e teoria rivoluzionaria, affinché la consapevolezza del fine possa inscrivere pienamente nel suo percorso anche le relazioni, la tattica e gli strumenti necessari per poterlo realizzare. È probabile che la necessità del comunismo finirebbe per prevalere anche senza la presenza formale del partito di classe ma, a differenza dell'impero romano, l'umanità così com'è strutturata e armata oggi, difficilmente riuscirebbe a sopravvivere a secoli di conflitti, di guerre civili generalizzate senza sopprimere sé stessa e l'ambiente circostante. Insomma la consapevolezza del “che fare” e “come farlo” è un requisito essenziale a garanzia e direzione del passaggio dal regno della necessità a quello della intenzionalità (libertà). Ovviamente, la transizione non sarebbe realizzabile se la forza produttiva sociale, evocata dal capitalismo, non dissolvesse nel proprio movimento interno il capitalismo stesso. La rivoluzione politica non è che l'esecutore di questa sentenza di morte che il capitalismo stesso ha emesso. Anche in questo caso il movimento materiale ed economico precede la intenzionalità determinandone le finalità e, a differenza delle rivoluzioni passate, non può più prescindere da essa. ( proiezione dei diagrammi delle ideologie e descrizione di ognuno ) [3] « Nel lavoro di Marx – si chiarisce nella medesima rivista nominata all’inizio della nostra comunicazione di oggi – la classe operaia non compare mai come motore della trasformazione. Essa non è affatto santificata e nemmeno è fatta partecipe di alcun fronte interclassista. Il proletariato è l'unico strumento adatto, il becchino che seppellirà il capitalismo e tutte le classi. Il Capitale vive della forza del proletariato, del suo lavoro, non ne muore affatto: ma il limite del modo di produzione capitalistico è un limite oggettivo, e questo fatto non è modificato dalle rivendicazioni soggettive della somma degli operai, della massa proletaria, che sono sempre entro questo sistema. Il soggetto dell'uccisione del capitalismo non può essere quindi il proletariato, ma il "movimento reale" verso la società nuova, cioè il comunismo. Solo entro tale quadro la classe esprime l'elemento soggettivo, la volontà, attraverso il suo organo politico. Quest'ultimo, anticipatore della società futura, potrà dirigere il proletariato nella distruzione del presente proprio perché sarà il protagonista cosciente di quel fenomeno che abbiamo chiamato rovesciamento della prassi, antitesi pura rispetto alle precedenti organizzazioni naturali ».
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[1] . N.d.R. – Unico documento cartaceo precedente la traccia, non pervenuta, realmente utilizzata dai relatori nel corso dell’evento. Al riguardo cfr. video dell’evento in Archivio di Videosorveglianza Circondariale / Attività Culturali e sportive | Incontri Relazionali domenica 23 settembre 2018.
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[2] . N.d.R. – Vedi grafico e commento, in nømade n°16, cit., pag.154. Vedi tutti i diagrammi al link della nota successiva.
[3] . N.d.R. – Vedi grafici delle ideologie in Supplemento-pagine gialle di Aut.Trib17139 n° 7, dicembre 1983. |
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