Verbale della Riunione del 28 maggio 2018
(carta intestata) OMISSIS
Rovesciamento della Prassi e Metodo Dialettico. (inizia a leggere ad alta voce) « Quello che intendiamo ribadire è che il marxismo per quanto estraneo ad ogni “finalismo umano”, nel senso che non attribuisce alla rivoluzione comunista, e al nuovo assetto che ne consegue, la fine della storia, attribuisce, però, alla vita associata della specie un percorso storico-naturale determinato, punteggiato da tappe e risultati obbligati e necessari. Il non raggiungimento di un punto di arrivo finale, una vetta storica, per così dire definitiva, non esclude che il cammino generale della comunità umana si snodi lungo direttrici fisse, linee di forza prestabilite naturalmente... LORENZO [4] — Scusa l’intromissione. Vorrei fare qui una breve ma opportuna annotazione per chiarire che con “finalismo” facciamo riferimento alla dottrina filosofica secondo la quale tutti gli eventi che si verificano nell'universo sono tra loro collegati e tendono insieme verso la realizzazione di un fine ultimo. L'espressione “fine ultimo” è già sufficiente per separare nettamente il marxismo dall'uso del concetto di finalismo. Ricordiamo la polemica Bordiga-Croce in cui quest'ultimo accusa i comunisti di voler "arrestare la storia". Bordiga risponde: «un certo Manifesto comincia col dire, la storia dell'umanità è una storia di lotte di classe. Un certo Engels scrisse poi che con la rivoluzione comunista finisce la preistoria umana. Dunque non abbiamo affatto la pretesa che la storia non possa allora continuare: all'opposto è la preistoria che finisce e la storia comincia soltanto allora!». Marx non "attribuisce", semplicemente “rileva” che la specie segue un percorso determinato. Credo dunque che l'espressione “determinismo economico” sia la più completa e immediatamente chiara, che, per il momento, abbiamo a disposizione. ADELE [5] — Concordo pienamente con l'osservazione di Lorenzo. Nella sbobinatura di una riunione fatta a Roma diversi anni fa ci sono spunti che possono tornarci utili. Se me lo permettete vorrei rileggerne con voi alcune parti: 1. In natura riscontriamo una serie di fenomeni che rispondono ad un principio di finalità che sono detti fenomeni sintropici o neg-entropici. La caratteristica principale di questi sistemi è che essi non disperdono la loro materia-energia nell’ambiente esterno, non tendono alla disorganizzazione (come accade per i sistemi isolati) bensì si sviluppano secondo una crescente complessità ed organizzazione, o meglio, conservando l’informazione in essi contenuta tendono continuamente a guadagnarne di nuova proprietà dei sistemi aperti). 2. Un esempio eccellente di fenomeni sintropici è quello degli organismi biologici che possono essere considerati una sorta di processori neg-entropici in grado di fornirsi di flussi di informazione provenienti dal futuro. 3. Una proprietà comune a tutti gli organismi biologici è la loro capacità di autorganizzazione, ovvero l’evoluzione che un sistema è in grado di assumere spontaneamente sulla base di una previsione implicita rispetto al proprio futuro. Il concetto di previsione implicita (Santa Fe) deriva dal fatto che gli organismi biologici nel loro processo evolutivo "imparano", attraverso l’analisi delle perturbazioni al loro interno, a conoscere l’ambiente in cui vivono e a comportarsi di conseguenza. L’autorganizzazione come previsione implicita di condizioni future avviene generalmente in modo inconsapevole per tutti gli organismi biologici, ad eccezione che per l’uomo che ha imparato a conoscere sé stesso ed a mettere in moto processi autoreferenziali che gli permettono di accedere a nuove fonti di energia-informazione, modificando la propria organizzazione in funzione dell’evoluzione del rapporto sistema-ambiente. I geni contengono il Dna, programma invariante che contiene il codice della vita. Per trasmettere il programma occorre che i geni codifichino un organismo adatto a sopravvivere secondo le aspettative che essi prevedono (implicitamente ed inconsapevolmente) di trovare. Tuttavia, dire che il programma è invariante non significa che esso è immobile e non subisce trasformazioni. A livello delle interazioni tra i suoi elementi costitutivi vi sono delle perturbazioni (mutazioni genetiche) che consentono all’organismo di esplorare le diverse configurazioni possibili. La selezione naturale (futuro possibile) determina la scelta di un’organizzazione piuttosto che un'altra mettendo alla prova la previsione implicita nell’organizzazione primitiva. Come nota giustamente Stuart Kauffman del Santa Fe Institute, queste perturbazioni, fluttuazioni o mutazioni non provocano negli organismi biologici effetti "a cascata", non stravolgono la stabilità strutturale e morfogenetica dell’organismo. Le mutazioni veicolano delle differenze utili nelle diverse fasi del processo evolutivo stesso, il manifestarsi di tali variazioni (nuova informazione nel sistema) non è, come credono gli indeterministi, casuale, ma ferratamente determinata dal percorso necessario per giungervi, allo stesso modo in cui il percorso è stabilito dal futuro possibile. La secolare disputa tra finalismo e meccanicismo può essere risolta (ed è già stata risolta) non sul terreno della filosofia ma su quello della prassi umana. Il problema si risolve riferendoci al noto concetto del rovesciamento della prassi, gravida sintesi tra il procedimento causale e quello finalistico. L’attuazione della volontà secondo un progetto implica che si conoscano in partenza sia i meccanismi causali che determineranno l’oggetto, sia il fine, lo scopo per cui esso è stato progettato. L’uomo inteso come Uomo Sociale, processore neg-entropico per eccellenza, è in grado, e lo sarà ancor di più e meglio nella società comunista, di risolvere i problemi potendo scegliere se partire rispondendo alla domanda "come?" (causalità) oppure a quella "perché?" (finalismo). Questo dipenderà dal problema che si ha davanti. Si può costruire una macchina per un certo scopo, si dovrà in questo caso partire dal "come". Ma, di fronte a certi fenomeni complessi (come ad esempio la struttura dell’occhio, la psiche umana ecc.) si sarà pienamente in grado anche di capire per quale scopo una macchina si è formata. D’altronde, questo accade nello spionaggio industriale tra le grandi multinazionali. Si compra l’ultimo prodotto uscito sul mercato, lo si porta in laboratorio, si smonta cercando di capire a cosa serve ognuno dei suoi pezzi, perché sono sistemati proprio in quella posizione per farlo funzionare ecc. ecc. Esistono al mondo oggetti talmente complicati che se non si conoscesse in anticipo per quale fine sono stati costruiti, resterebbero quasi completamente oscuri. Il fatto di conoscere la funzione, lo scopo, il fine della loro esistenza, ci permette di spiegare attraverso una ingegneria inversa, la funzione delle loro parti costituenti ». ANTONIO — Grazie Adele. E’ sempre bene ricordare quanto si è già scritto. Ma citazioni troppo lunghe ci fanno perdere il filo del mio discorso, meglio tirarle fuori quando dovremo scriverne. (riprende a leggere) «… Dobbiamo considerare ogni tratto di cammino percorso dalla specie umana, dalla comunità originaria, passando dal modo di produzione schiavistico, quello feudale e capitalistico, come un unico tracciato obbligato, volto a conseguire un risultato predeterminato…. ADELE — Toglierei il “pre” per lo stesso motivo esposto sopra. La pre-determinazione è un concetto religioso, un percorso determinato è iscritto nella storia delle sue cellule …il DNA della storia… ANTONIO — (continua a leggere) «… Ovviamente introducendo il concetto di “finalismo” non indichiamo con esso una regìa umana che ne predispone volontariamente il decorso. Il richiamo è rivolto alla funzione oggettiva di un tracciato del tutto “naturale”, “istintivo”, che si svolge indipendentemente da essa. Questo “finalismo” è una funzione nella quale tutto accade secondo cause, in modo condizionato conforme a leggi naturali... ADELE — Eviterei il richiamo alle "leggi naturali". Ci infiliamo in un casino senza fine. Appena riesco, vi mando un sunto dell'argomento da cui si può capire come sia un argomento, come minimo, controverso. ANTONIO — (riprende a leggere) «… Del resto il marxismo è appunto la dottrina o la scienza che indaga e svela le cause di questo condizionamento degli uomini da parte di tali leggi naturali. La spiegazione che ne dà consiste nel porre il comportamento umano non alla base ma alla sommità di tale processo. A differenza del materialismo borghese che pervenne a capire che il mondo esiste ben prima del pensiero che lo indaga e lo scopre, ma le mancava la forza di giungere alle stesse conclusioni per quanto riguarda le scienze della società umana. Il marxismo intende che anche la storia umana ha uno sviluppo e che, al pari della natura, si auto-organizza, trapassando da forme inferiori a forme superiori. Nega solo che tale trapasso avvenga tramite le idee… MARISA [6] — Quel "solo" rappresenta un salto conoscitivo e pratico per l'umanità, gigantesco, su cui dovremmo dilungarci un po'… ANTONIO — Vedremo come svilupparlo meglio. Ora fatemi continuare. (riprende a leggere) «… Alla radice di ogni grande mutamento il marxismo individua forze materiali che per quanto prodotte dalla comunità umana lo sono in modo del tutto inconsapevole per cui sfuggono al suo controllo e alla sua volontà. Stabilisce che non solo gli uomini non fanno quello che vogliono ma non sanno neppure che cosa fanno. Tutto ciò che essi sono, i risultati sociali a cui pervengono, dipendono non dalla loro volontà, ma dalla loro spontanea azione pratica condizionata tanto da ciò che producono quanto dal modo in cui producono. L'uomo è un essere naturale e perciò stesso un prodotto della natura che costituisce il suo ambiente. Ma, a differenza degli animali, non si limita solo ad adattarsi ad essa, si sforza anche di adattarla a sé stesso per soddisfare i propri bisogni. Questo duplice adattamento: dell'ambiente sull'uomo e dell'uomo sull'ambiente, determina il carattere dell'attività umana. “L'ambiente crea l'uomo nella stessa misura che l'uomo l'ambiente”. Di conseguenza l'ambiente dell'uomo non è soltanto l'ambiente naturale, ma anche e soprattutto il suo ambiente sociale. Possiamo parlare di un “finalismo oggettivo” per la semplice ragione che l'acquisizione e l'utilizzo da parte di ogni generazione degli strumenti, dei materiali e delle tecniche lavorative e anche delle forme di pensiero, li trova già belli e pronti quale lascito ereditario di tutte le generazioni precedenti. Per cui le condizioni precedenti della produzione indirizzano necessariamente quelle successive. L'artigianato produce la manifattura, eccetera… LORENZO — Le condizioni precedenti la produzione non sono “semplicemente” un prodotto del cervello sociale? che non è poi cosa per niente semplice… MARISA — Concordo con l'osservazione. Cerchiamo di non semplificare troppo certi nodi difficili da districare. Anche se poi non sarà opportuno dilungarci possiamo sempre segnalarli e passare oltre … ANTONIO — (continua a leggere) «… L'enigma che il marxismo svela, per la prima volta, consiste nel considerare tale lascito tecnico, tale accumulo di memoria ed informazioni e quindi tutta quanta la dotazione collettiva di nozioni e conoscenze, nel senso più largo, come un'attività continua organizzata su basi collettive, ma in formazioni economico-sociale la cui struttura e il controllo su di esse sfugge completamente agli uomini. In questo senso appare chiaro, come tutto il percorso tortuoso e sanguinario che l'umanità è stata costretta ad imboccare risulti conforme ad un risultato preciso, il quale consiste in un continuo adattamento ed integrazione della specie umana alla natura ambiente. Lo scopo è quello di permetterle di imparare ad interferire significativamente con la natura e con sé stessa. È il solo modo a disposizione della specie umana per poter accumulare esperienza ed informazioni sufficientemente utili affinché sia in condizioni di rovesciare la prassi naturale. Fino al raggiungimento di questo traguardo storico i cambiamenti sociali avvengono non perché qualcuno, o anche tutti, li vogliono, ma perché, ad un certo punto, gli apparati sovrastrutturali soffocano ogni ulteriore sviluppo delle forze produttive, minacciano lo stesso processo di adattamento sociale “naturale”. Del resto è proprio a questa mancanza di consapevolezza che sopperiscono le rappresentazioni religiose, i miti, le ideologie politiche, ecc.… DANIELA [7] —Quest'ultima affermazione si dovrebbe sviluppare meglio… ANTONIO — Allora occupatene tu… (continua a leggere) «… É fin troppo semplice osservare come la natura ambiente in cui cacciava l'uomo di Neanderthal, così come quella che coltivava il servo della gleba, non esiste più. La storia, che non è altro che la pratica umana, la riforma continuamente, rimodellandola in funzione dei crescenti bisogni umani… ADELE — Invece che “pratica umana” troverei più corretto il termine "attività umana organizzata"… ANTONIO — Se preferisci… (continua a leggere) «… Di tale trasformazione gli uomini, per quanto “costretti”, ne sono comunque i principali protagonisti. Il lavoro, per quanto subordinato e alienato li obbliga a rafforzare la loro cooperazione, li spinge verso una integrazione sempre più solida e profonda. È la cooperazione, tramite il lavoro, a permettere la nascita del linguaggio, lo strumento indispensabile per trasmettere memoria e informazione. La scoperta della scrittura fu un salto ulteriore a vantaggio dell'integrazione, e sorse per risolvere il problema fondamentale di sopravvivenza della nostra specie quando si effettuò la transizione dalla caccia all'agricoltura e apparvero i primo conglomerati urbani. Poi nasce la stampa, ecc. - tutti risultati che rafforzano le istanze sociali nei confronti di quelle “naturali” … MARISA — Non capisco bene cosa vuoi dire con “a vantaggio dell'integrazione”. Comunque la prima forma di scrittura fu contabile (le famose cretule) per organizzare il fabbisogno e il surplus della comunità. Sull'argomento abbiamo molto materiale, già pronto. ANTONIO —Intendo che favoriva la socializzazione, anche nel senso che appunto inizia per contabilizzare le risorse primarie della comunità per distribuirle … Comunque, sia chiaro che l’impegno del relatore, anzi dei relatori, non consiste solo nel leggere la relazione che avremo preparata, ma anche quello di commentarla quando, leggendola, si sentirà la necessità di spiegare meglio, o addirittura di dover fare delle divagazioni per ampliarne il senso, la portata… insomma, metterci anche la passione. Mica siamo sulla cattedra. (riprende a leggere) «… Per quanto la trasformazione della natura, per mezzo del lavoro, si fonda su risposte immediate che di volta in volta si presentano sulla spinta di emergenti bisogni materiali, la loro risoluzione “costringe” l'umanità a raccoglie, organizzare e trasmettere informazioni su di essa, sistemarle per vie empiriche molto lunghe e travagliate, che comunque, devono poter costituire immagini sufficientemente buone della “realtà fisica”. È questo procedere per approssimazioni successive, punteggiato da salti di conoscenza, che ha condotto l'umanità a comprendere la ragioni dell'evoluzione della realtà dalla realtà stessa, negandola, con la scoperta del materialismo storico o dialettico, al pensiero e alla volontà soggettiva… ADELE — Nel percorso dell'attività umane non ci sono “approssimazioni successive” che, caso mai – e io lo nego – possono essere categorie usate nella teoria della conoscenza. Ci sono risposte finalizzate ai problemi che l'umanità si pone in un determinato momento a cui segue l'elaborazione e la trasmissione di quanto è stato fatto. ANTONIO — (continua a leggere) «… Tutto ciò ha condotto a predisporre l'attività umana in condizioni tali da poter acquisire gli strumenti pratici e teorici in grado di permetterle di compiere il “rovesciamento della prassi”. In effetti in millenni di accumulo di esperienza e soprattutto nell'accelerazione conosciuta negli ultimi secoli dalle forze produttive, la specie ha raccolto informazioni sufficienti tali da permetterle di elaborare una dottrina scientifica, il marxismo, in grado di predisporre gli strumenti necessari per indirizzare e dirigere il capovolgimento della prassi resosi finalmente possibile. La dottrina marxista dunque non rappresenta il suo fondatore. Marx ha solo espresso la linea del processo materiale che riguarda le generazioni umane in deterministica lotta contro forme e costruzioni del cammino sociale. Un tale risultato si è reso possibile perché le norme della tecnica lavorativa divenendo sempre più avanzate e perfezionandosi hanno reso sempre più potenti i mezzi di trasmissione delle informazioni, hanno arricchito il meccanismo di cooperazione-integrazione al punto che la potenza sociale, ad un certo punto, ha prevalso su quella casuale-naturale, reclamandone, tramite il marxismo, la sostituzione... |
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Il lavoro della Frazioane Clandestina nel 1983
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LORENZO — Perdonatemi. Fermiamoci un momento. Sono un po’ perplesso dalla contrapposizione continua che si fa tra istanze sociali e naturali. E a livello di intuizione quindi non so se riesco a darne anche una caratterizzazione di contenuti. Il passaggio al comunismo è per Marx altrettanto "naturale": ...il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. E fin dal Manifesto è già distillato il concetto di rovesciamento della prassi: ".... dal punto di vista della teoria i comunisti hanno un vantaggio sulla restante massa del proletariato per il fatto che conoscono le condizioni, l'andamento e i risultati generali del movimento proletario. Lo scopo immediato dei comunisti è la formazione del proletariato in classe, il rovesciamento del dominio borghese, la conquista del potere politico da parte del proletariato." L'intuizione iniziale di Marx è la società futura come sbocco necessario della successione dei modi di produzione. Il programma comunista è l'essere umano. Quello che fa veramente la differenza è che la disumanizzazione del proletariato, che Marx rileva, ne fa "una classe della società borghese che non è una classe della società borghese, una classe che è la dissoluzione di tutte le classi, una sfera che possiede un carattere universale a causa delle sue sofferenze universali, e non rivendica nessun particolare diritto perché nessuna particolare ingiustizia gli è stata fatta, ma l'ingiustizia per antonomasia, una sfera che non può appellarsi a nessun titolo storico ma solo a un titolo umano. Il proletariato non fonda la sua azione nella storia sul possesso dei mezzi di produzione o comunque sulla possibilità di liberazione parziale dell'uomo, ma sul bisogno di riappropriarsi della natura umana in quanto la propria vera, totale miseria del proletariato è di essere privato della natura umana. Il proletariato rappresenta la perdita totale dell'uomo colmabile solo attraverso la riconquista totale dell'uomo." L'urto è tra l'essere umano e l'ostacolo che si frappone lungo il raggiungimento del fine: lo Stato capitalista. Ma il proletariato non può riappropriarsi di questo essere, non può ricongiungersi con la natura umana senza il tramite di tutto il percorso storico cristallizzato nel partito che è appunto la rappresentazione di questo essere. Il movimento verso il comunismo è quindi movimento verso la riscoperta dell'uomo.
La borghesia cerca continuamente di ridurre il proletariato a classe di questa società facendole abbandonare il programma rivoluzionario. Anche questo riconferma la necessità dell'organismo cosciente. La borghesia ha fatto una rivoluzione essenzialmente politica rivendicando un potere all'interno dello Stato che ristabilisse un equilibrio con il ruolo predominante che essa già aveva nella società e nella produzione. La rivoluzione del proletariato sarà politica solo nella distruzione delle istituzioni esistenti, non avrà bisogno di una nuova forma politica che organizzi i singoli individui nella società, in quanto il programma è proprio quello di abolire la separazione fra individuo e specie e tra uomo e natura che attualmente è di dominio o di sottomissione che è la contraddizione su cui posa la necessità dello Stato esistente. Il proletariato quindi non esiste se non quando è rivoluzionario, perché solo in quanto rivoluzionario rappresenta l'urto del bisogno di umanità contro la società borghese. ANTONIO — Ok. Ne discuteremo a parte, nei prossimi incontri.. (riprende a leggere) «… Ecco perché la Sinistra insiste tanto sul fatto che il marxismo non è solo un programma politico ma una concezione organica del mondo, legata ad una concezione deterministica dei fatti da cui non si prescinde. E il concetto di “rovesciamento della prassi” viene ad assumerne in questa concezione un aspetto centrale. Il marxismo nasce, e qui sta la sua ragione storica, per registrare e dirigere la liberazione da millenarie impotenze, e lo fa spiegando come il pensiero diventa strumento, fattore, forza attiva in grado di capovolgere la prassi quando si costituisce in dottrina, in corpo teorico come cristallizzazione concettuale di eventi, come rottura della materiale vita sociale. Il marxismo non esclude gli uomini dalla storia per affidare alle “cose” il compito di fare e di camminare, (materialisti della materia) esclude soltanto che il corso storico dipenda dall'iniziativa e dal controllo soggettivo di tanti o di pochi. Lo ammette invece per le classi e i loro interessi sociali. Dialettica, dunque, ma fra forze materiali, fra leggi fisiche che non escludono i collettivi umani, le classi sociali. Esclude il pensiero e le relazioni che si vogliono stabilire per suo tramite. Per questa ragione la famosa triade tesi-antitesi-sintesi, che costituivano il centro del sistema idealistico di Hegel, sono da rigettare come costruzione artificiale del pensiero... LORENZO — A questo proposito leggiamo da Sul metodo dialettico: «La dialettica afferma che le stesse leggi e connessioni valgano per la presentazione del processo naturale e di quello storico. Nega ogni presupposto idealistico, come pretesa di trovare nella testa dell'uomo regole irrevocabili da premettere alle ricerche in ogni campo. Vede nell'ordine causale le condizioni fisiche e materiali della vita dell'uomo e della società determinarne e modificarne senza posa il modo di sentire e di pensare. Ma vede anche, nell'azione di gruppi di uomini in condizioni materiali analoghe, forze che influiscono sulla situazione sociale e pervengono a mutarla. Qui il vero senso del determinismo di Marx. Non un apostolo o un illuminato, ma un partito di classe, può, in date situazioni storiche, avere "trovato", non nella testa, ma nella sociale realtà, le leggi di una formazione storica futura che distruggerà quella presente »… e scusate l’interruzione. ANTONIO — La prossima bozza terrà conto di tutte le osservazioni che stiamo facendo, ma non fatemi ripetere che durante l’esposizione relatori e correlatori troveranno necessariamente il momento ed i modi giusti per vitalizzare, diciamo così, quella che per l’appunto definiamo come “traccia”. (riprende a leggere) «… Nell'Ideologia Tedesca – ricorda Bordiga – Marx ed Engels, nel chiarire a loro stessi il nuovo procedimento scientifico di interpretazione dei fatti umani, non fanno mai cenno a tale triade. Una considerazione simile la fa anche un giovane Lenin in “che cosa sono gli amici del popolo”, in cui osserva come nell'esposizione del metodo dialettico che fa Engels nel testo “l'evoluzione del socialismo dall'utopia alla scienza”, e Marx, in varie note al capitale e in miseria della filosofia, delle triadi non si parla neppure. Lenin non ha dubbi nel ritenere che non si può nemmeno parlare di dimostrare una cosa qualsiasi con esse. “il metodo dialettico non consiste affatto nelle triadi, ma consiste per l'appunto nella negazione dei metodi dell'idealismo e del soggettivismo in sociologia“. Riporta anche, a dimostrazione di ciò, il famoso poscritto della seconda edizione del capitale, in cui Marx dice che l'esposizione del suo metodo dialettico fatta in un giornale russo (1872), esprime precisamente e molto chiaramente il suo punto di vista e cita anche l'articolo. «Per Marx – scrive il pubblicista russo – una cosa sola importa, e precisamente: trovare la legge dei fenomeni che sta indagando, e per lui è importante soprattutto la legge del loro mutamento, del loro sviluppo, del trapasso dei fenomeni da una forma nell'altra, da un ordinamento dei rapporti sociali nell'altro, in conseguenza di ciò Marx si preoccupa di una cosa sola: comprovare attraverso una indagine scientifica precisa la necessità degli attuali ordinamenti dei rapporti sociali, constatando nel modo più completo possibile quei fatti che gli servono come punti di partenza o come punti di appoggio. A questo scopo è del tutto sufficiente dimostrare, insieme alla necessità dell'ordine esistente, la necessità di un ordine nuovo, nel quale il primo deve trapassare inevitabilmente, del tutto indifferente rimanendo che gli uomini vi credano o non vi credano, che essi ne siano o non ne siano coscienti. Marx considera il movimento sociale come un processo di storia naturale retto da leggi che non solo non dipendono dalla volontà, dalla coscienza e dalle intenzioni degli uomini, ma che, anzi, determinano la loro volontà, la loro coscienza e le loro intenzioni. Se l'elemento cosciente ha una funzione così subordinata nella storia della civiltà, è ovvio che la critica che ha per oggetto la civiltà stessa men che mai potrà prendere a fondamento una qualsiasi forma o un qualsiasi risultato della coscienza». Tuttavia – e qui un’altra differenza fondamentale con il materialismo borghese – per quanto gli uomini procedono a tentoni, senza mai pervenire ad immaginare le loro relazioni come rapporti storici e sociali particolari, non bisogna dedurne che tutto lo svolgimento storico proceda come una contesa fra “cose” fisiche, da cui viene esclusa la natura umana. Ben sappiamo, infatti, che le idee, le norme giuridiche, religiose, ecc. si incarnano e si esprimono in saldi istituti, in rigide convenzioni, in precise forme mentali, che costituiscono spietati vincoli di reazione, che non si autodissolvono da sé, ma devono essere spazzati via per mezzo di violenti rivolgimenti pratici. Nessuna civiltà “naturale”, anche quando appare del tutto superflua, è mai perita di morte naturale, il suo mandato non cessa automaticamente con l'esaurirsi delle sue ragioni storiche, è sempre stato necessario un omicidio sociale, inconsapevole e ideologicamente mistificato fin che si vuole… LORENZO — Difatti le società, o civiltà, non vengono uccise, né si suicidano. Dire l'una o l'altra cosa crea una nuova separazione concettuale non corrispondente ad un fenomeno complesso, organico che vede il coinvolgimento di mille fattori a 360°. Le fasi rivoluzionarie presentano tre elementi fondamentali: la maturazione strutturale delle condizioni di una transizione di modi di produzione, la crisi dissolutiva della sovrastruttura politica, militare e di conservazione dell'esistente, la sincronizzazione della teoria rivoluzionaria con l'attore numericamente insostituibile del processo: la classe rivoluzionaria. Il suicidio esclude completamente il terzo fattore. L'omicidio, in una accezione prettamente volontaristica, si propone di fare a meno di tutti e tre i fattori. È quindi evidente, (forse ovvio?) ma è bene riaffermarlo, che i tre processi sono basilari. La teoria rivoluzionaria cristallizzata nell'organismo collettivo partito è solo in grado, a volte, di accelerare (rovesciamento della prassi) un processo rivoluzionario quando tutte le altre condizioni siano già rilevabili. Anche il caso della crisi dell'Impero romano (presunto passaggio pacifico e indolore) tutto sommato vedeva la presenza di questi fattori: maturazione strutturale, crisi sovrastrutturale (con l'emersione di civiltà concorrenti), teoria rivoluzionaria (cristianesimo). Un'altra cosa va tenuta presente. Parlando di rovesciamento della prassi, di partito, di necessità della dittatura è importante sottolineare che l'applicazione della violenza rivoluzionaria, per quanto necessaria durante l'affermarsi del potere comunista, lo sarà maggiormente per spezzare l'inerzia conservatrice. Se ricordo bene, in Marxismo e Persona Umana possiamo leggere che la liberazione delle coscienze dagli ammassi delle vecchie superstizioni, non è affare di educazionismo propagandistico, ma soprattutto di forza. La violenza non solo è un agente economico, ma un professore di filosofia. ANTONIO — Certamente approfondiremo anche questo. Adesso abbiate pazienza, ho quasi finito. (riprende a leggere) «… Il valore scientifico del marxismo sta nella spiegazione delle leggi specifiche (storiche) che regolano nascita, esistenza, sviluppo e morte di un organismo sociale da parte di uno superiore. Ciò comporta l'azione degli uomini, che siano o meno pervasi di questo spirito prima ancora di conoscere. Ne risulta che la dialettica non è null'altro che un metodo scientifico che consiste nel considerare la società come un organo vivente, con una vitalità propria in continuo sviluppo che non ammette, per conseguenza, ogni sorta di combinazioni arbitrarie degli elementi che compongono il sociale. Il che non vuol dire che il pensiero o gli istituti umani non si riverberi in cause del processo storico, lo fa ma non con il pensiero del singolo e delle moltitudini, ma “nell'intervento, in tempo maturo, delle classi, in senso largo, e del partito di classe in senso più stretto » – troviamo scritto in Struttura economica e sociale…eccetera. E per il momento è tutto. * MARIO [8] — Concordo con quanto detto finora. Aggiungerei qualche considerazione. La dinamica fondamentale è quella per così dire autodistruttiva – l'unica barriera al capitale è il capitale stesso; l'ultimo imperatore romano d'Occidente che esercita una parvenza di autorità reale è colui che uccide fisicamente l'ultimo generale romano degno di questo titolo. Oggi abbiamo una massa di capitale di dimensioni enormi che si aggira per il globo cercando solo occasioni di realizzazioni con risultati sempre più catastrofici costituendo così l'elemento più destabilizzante. L'impossibilità di assemblare qualsiasi forma di ricomposizione di un interesse generale produce una dinamica di scontro intestino alle varie frazioni della borghesia ma soprattutto pone in feroce competizione le strutture portanti stesse del modo di produzione capitalistico, il capitale sempre più insofferente a qualsiasi controllo e quello che dovrebbe essere il suo strumento per regolare l'insieme dei rapporti sociali: lo stato nazionale. Qui siamo nell'ambito del suicidio che però si manifesta più come una tendenza autodistruttiva generalizzata trascinando tutta la società in una dinamica catastrofica, (crisi, carestie, guerre ecc.). L'elemento da mettere in risalto è il carattere sempre più cieco e privo di una direzione che il capitale vuole imporre a tutto l'insieme dei rapporti sociali. Ne consegue che in diversi settori della società la percezione di questa condizione si diffonde sempre di più. Spinte dalla forza oggettiva del collasso di questo modo di produzione si delineano forze che in qualche maniera cercano di affrontare la realtà riproponendo una sorta di riformismo adatto ai tempi. Senza dilungarci in descrizioni abbiamo un vasto campionario di "soluzioni", dall'Isis passando per Hezhbollah e la nuova destra americana. Tutti però devono fare i conti con le dure condizioni materiali e il "loro" riformismo è connotato comunque da un forte grado di scontro che rimanda in un modo o nell'altro a varie forme di guerre "civili". Seguendo il filo dei ragionamenti esposti in quanto scritto più sopra, ogni frazione della borghesia non è più minimamente in grado di interpretare correttamente la realtà e quindi men che meno di operare una qualsivoglia forma di rovesciamento della prassi. È da questo "gioco al massacro" che si determinano le condizioni materiali per cui diventa possibile operare il salto complessivo verso un nuovo modo di produzione. Ma tutto questo non ha niente di pacifico e/o indolore, anzi – e neppure è mai stato così. Se un italico del sesto secolo ci potesse raccontare la sua esperienza della guerra goto-bizantina non sarebbe sicuramente ben disposto verso qualcuno che descrivesse la sua epoca come pacifica e indolore. La violenza è e sarà sempre di più un marchio di tutto questo trapasso. Ciò che deve distinguerci dalle interpretazioni terzointernazionaliste "ortodosse" è che questa violenza sia concentrata e diretta dal partito rivoluzionario. Purtroppo la violenza non sarà assolutamente monopolio della nuova società nascente, perlomeno per un periodo sicuramente non breve. CAMILLO — Ad ogni modo dovremmo trovare fin dall’inizio la maniera di “avvisare” – diciamo così – quanti non ci conoscono circa la particolarità che distingue il nostro lavoro da quello degli altri gruppi che partecipano alle manifestazioni di Incontri Relazionali. Voglio dire che le nostre relazioni in realtà sono solo dei comunicati per far conoscere il lavoro che stiamo facendo qui dentro, non argomenti di conversazione da dibattere, da discutere … Non so se mi spiego. ANTONIO — Sì, capisco cosa intendi dire. Dovremo assolutamente ricordarci di chiarirlo, ma è meglio farlo verbalmente, nella presentazione, là per là. Fine riunione, ore 17.45 di martedì 28.05 |
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[1] . N.d.R. – Cfr. nømade n°16, ottobre 2018, pgg. 151-54, e Qui nel sito... e seguito.
[2] . Cfr. Piano della Performance del Ministero per il triennio 2018-2020 approvato con D.M. in data 2 marzo 2018. [3] . [ MILANESI Antonio ] f.s. [4] . [ DI FILIPPO Lorenzo ] |
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Verbali e materiali relazionali 2018 [1] | ||