IL BUND E IL DISCO DI LENIN |
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Massimo Massara . 1972
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11 . Gli ebrei in Russia prima della rivoluzione
Nel complesso della monumentale opera di Vladimir Ilic Lenin, la questione ebraica occupa un posto di grande rilievo e trova soluzioni qualitativamente nuove rispetto alla precedente elaborazione del pensiero marxista. Se, infatti, l'impostazione e la soluzione prospettate da Marx restano attuali e valide anche per Lenin, egli riesce da una parte a cogliere gli elementi di novità che la questione ha assunto rispetto ai tempi di Marx, e, dall'altra, affronta il problema in concreto e non più solo nei suoi termini più generali, rivalutando, per cosi dire, i problemi connessi all'attualità e quelli propri della fase di transizione che ancora ci separa dalla soluzione storicamente definitiva della questione ebraica (come da quella di tutte le altre questioni legate alla divisione della società ancora capitalistica in classi antagonistiche). Lenin è spinto ad occuparsi della questione ebraica non in astratto ma in concreto, sostanzialmente per un triplice ordine di motivi: – prima di tutto per la rilevanza acquistata nell'impero russo dal problema della presenza e della situazione degli ebrei, minoranza costretta a subire le peggiori vessazioni e le più feroci persecuzioni [1]; – in secondo luogo per il peso che il proletariato ebraico aveva acquistato nel movimento operaio dell'impero zarista e per la lunga lotta politica e ideologica che all'interno di questo movimento oppose Lenin e l'ala rivoluzionaria del Partito operaio socialdemocratico di Russia al Bund ebraico (Unione generale degli operai di Lituania, Polonia e Russia); – infine, nel quadro del dibattito sulla questione nazionale che investì nei primi lustri del secolo la socialdemocrazia europea e che nell'impero russo, Stato plurinazionale in sommo grado, raggiunse toni molto accesi. I temi relativi alla questione ebraica sono presenti nell'opera di Lenin in un arco di tempo molto ampio che si estende praticamente dai primi anni della sua attività politica fino a quelli successivi alla Rivoluzione d'Ottobre. Essi si presentano non divisi secondo i tre filoni che abbiamo indicato più sopra, ma strettamente intrecciati in un tutto organico e coerente che può essere ricondotto, come del resto tutta l'opera di Lenin, al problema fonda-mentale che e stato al centre di tutta la sua vita e di tutta la sua attività di teorico e di politico, il problema cioè delta rivoluzione proletaria e della instaurazione del nuovo ordine socialista. Di tutti i paesi dell'Europa, la Russia e praticamente il solo a non aver conosciuto insediamenti rilevanti di ebrei né nell'antichità, né nel Medio Evo [2]. All'VIII secolo risale la conversione al giudaismo del kazari (popolo di origine turca che abitava le steppe sudorientali della Russia e il Daghestan), e comunità ebraiche si incontrano nell'XI secolo in Ucraina, che era allora legata da rapporti di vassallaggio al regno di Polonia, e nel XV secolo a Novgorod, nella Russia moscovita. Ma, a parte il fatto che si trattava di territori che per lo più solo successivamente sarebbero entrati a far parte dell'impero russo, le comunità ebraiche vi erano poco numerose e comunque non paragonabili a quelle del regno di Polonia che rappresentavano un modello per quei tempi e che, a partire dalla fine del XVI secolo, godettero di una completa autonomia amministrativa. L'inizio di un feroce e radicato antisemitismo in questa zona coincide con la rivolta antipolacca del 1648 dei cosacchi del Dnepr, guidati dall'hetman Bogdan Chmielnitzki. I cosacchi facevano carico agli ebrei, che in molti casi erano intendenti e fattori dei feudatari polacchi, di essere responsabili dello sfruttamento e dell’oppressione dei signori polacchi nei loro confronti, e nella loro avanzata verso il cuore della Polonia massacrarono sistematicamente i membri delle comunità ebraiche, mentre, dal canto loro, i polacchi, nella speranza di evitare la furia dei cosacchi, erano ben felici di abbandonare loro gli ebrei. I massacri dei cosacchi ucraini di Chmielnitzki, che si protrassero per dieci anni provocando non meno di centomila vittime tra gli ebrei, segnarono l'inizio dell'esodo degli ebrei dalla Polonia verso l'Europa occidentale e verso l’America. Con il passaggio dell'Ucraina alla Russia (1654 e 1667) una popolazione ebraica di una certa importanza venne a trovarsi sotto il dominio degli zar. Fino ad allora i rari ebrei della Russia erano stati trattati con una certa tolleranza. L'aumento del loro numero nel XVII secolo provoca una serie di misure discriminatorie: agli ebrei è interdetta la residenza nei grandi centri urbani ed essi vengono costretti a esercitare attività marginali, come ad esempio quelle di locandieri e di bettolieri di campagna. Una vera e propria rivoluzione si registra tra il 1772 e il 1795 quando, a seguito delle tre spartizioni della Polonia (1772, 1793, 1795) e dell'annessione all'impero dei territori meridionali strappati ai tatari (Nuova Russia, Crimea e Tauride, 1783), la popolazione ebraica della Russia passa da poche decine di migliaia a circa un milione di unità. Si tratta di una massa ingente di persone completamente estranee alla cultura e ai costumi russi, la cui lingua e l'yiddish, e che, abituate da secoli a una radicale separazione dai non ebrei, a isolarsi e ad essere isolate nei ghetti, anche nella nuova situazione si tengono ai margini della vita russa favorendo così la politica di discriminazione e di esclusione del potere zarista, anche di quella degli zar più « liberali » nei loro confronti come Caterina II, Paolo I e Alessandro I. Sarà anzi proprio Caterina II, la zarina « illuminista », l'amica di Diderot, che fin dal 1791 istituirà, per impedire che i nuovi sudditi ebrei dell'impero potessero spargersi in tutto il paese, la famigerata «zona di residenza», un'area coatta di insediamento, dove solo potevano vivere gli ebrei. Questa zona comprendeva i vecchi territori polacchi e tatari e sarà ampliata a mano a mano che con le successive spartizioni della Polonia e le nuove conquiste entreranno a far parte dell'impero russo nuovi territori popolati da ebrei. Dalla «zona di residenza», che sarà mantenuta fino alla rivoluzione del 1917, potevano uscire eccezionalmente solo gli ebrei appartenenti a determinati gruppi della popolazione: per esempio, gli individui forniti di un titolo di studio universitario, i mercanti della prima corporazione e le prostitute [3]. Originariamente gli ebrei russi esercitavano un po' tutti i mestieri. In maggioranza, però, erano locandieri e venditori di alcolici [4]. Con la regolamentazione di Alessandro I del dicembre 1804, agli ebrei venne interdetto il commercio degli alcolici mentre venne incoraggiato il loro passaggio all'agricoltura e vennero favoriti quegli ebrei che si dedicavano all'artigianato e alle attività industriali. La riorganizzazione economica promossa da Alessandro I si rivelò pero impraticabile e, già nel 1808, venne messa da parte. Con il 1815 i pochi vantaggi e le ristrette libertà che erano stati concessi in precedenza agli ebrei vennero revocati, proprio in un momento in cui, con il Trattato di Vienna, la Russia si annetteva una gran parte della Polonia e la popolazione ebraica dell'impero raggiungeva i 2 milioni di persone. D'altra parte la discriminazione esercitata net confronti degli ebrei favoriva il loro isolamento nella società facendoli perpetuare come gruppo sociale ed umano a parte. Nel tentativo di inserire questa massa refrattaria nella vita russa, il dispotico zar Nicola I impose agli ebrei un durissimo servizio militare che, sottraendo i giovani ebrei fin dall'età di 12 anni e per la durata di 25 anni alle loro famiglie, aveva come obiettivo di infrangere tutti i legami che legavano gli ebrei tra loro e di distruggere le comunità israelitiche. Nel primo periodo del regno di Alessandro II venne abbandonata questa politica di assimilazione forzata. Tuttavia, verso la fine degli anni 60 del secolo, lo zar decise di porre fine al « particolarismo ebraico », favorendo il terrorismo di massa contro gli ebrei. II giorno di Pasqua del 1871 si produsse un fenomeno fino ad allora sconosciuto in Russia. Un ferocissimo pogrom antiebraico venne organizzato a Odessa con l'aperta complicità delle autorità. Ma la vera svolta si ebbe nel 1881 con l'ascesa al trono di Alessandro III che inaugurò nell'impero zarista un periodo di feroce reazione politica del quale ebbero particolarmente a soffrire gli ebrei, indicati come responsabili e capro espiatorio di tutti i mali della società russa, privati dei modesti diritti che erano stati concessi loro nei decenni precedenti e di tempo in tempo sottoposti a ferocissimi pogrom. Gli ebrei di Russia vivevano a un livello di vita estremamente basso. A differenza degli ebrei dell'Europa occidentale, che in genere appartenevano alla borghesia, gli ebrei russi facevano parte degli strati più bassi della società, costituivano una massa misera e diseredata che viveva dei mestieri più umili. Particolarmente significativa appare la testimonianza lasciata a questo proposito da Isaac Deutscher: «Il carattere predominantemente borghese della comunità ebraica d'Occidente contrastava nel modo più palese con la situazione degli israeliti nei paesi dell'Europa orientale. È vero che anche noi dell'Est avevamo una borghesia, dei commercianti, dei negozianti. Ma di solito i nostri ebrei erano lavoratori nullatenenti, calzolai, sarti, falegnami, e quelli che venivano definiti grandiosamente "metallurgici": anche qui, pero, ci si guardi dal confonderli con i metallos francesi, per esempio, o con gli operai delle acciaierie britanniche. Così come li conobbi, quei "metallurgici" non erano che idraulici, stagnini, fabbri, i quali si riunivano in una sorta di lega chiamata Sindacato dei metallurgici. Gran cosa, per quella povera gente, appartenere a un sindacato dal nome così altisonante: ma rimaneva comunque povera gente. Immaginate una popolazione di milioni di ebrei indigenti, e tra essi una moltitudine di cosiddetti Luftmenschen [sognatori, ma anche uomini sospesi nell'aria, uomini che vivono d'aria], cioè gente priva di radici nella struttura sociale della città, disoccupata, senza una qualsiasi regolare fonte di guadagno: venditori ambulanti, straccivendoli, sensali di matrimoni interessati solo a pattuire la percentuale della dote che si sarebbero intascata»[5]. Per questa massa sfruttata, umiliata, offesa, l'unico mezzo di promozione sociale era rappresentato dall'istruzione. La regolamentazione sugli ebrei introdotta da Alessandro I nel 1804 aveva concesso loro il libero accesso in tutte le scuole russe di ogni ordine e grado, compresa l'università, e aveva riconosciuto il diritto di aprire scuole ebraiche. Dopo il 1815 vi erano state delle restrizioni con l'introduzione, per esempio, del numerus clausus, cioè di una limitazione del numero degli ebrei ammessi alle scuole, soprattutto a quelle superiori. Ma, nonostante tutte le restrizioni, gli ebrei si erano sforzati ugualmente dl migliorare la loro condizione sociale mediante l'istruzione. Si era trattato però, in definitiva, di un fenomeno che non aveva investito la massa degli ebrei che erano rimasti a livelli di vita inferiori a quelli delle altre nazionalità dell'impero russo. Da questa massa di oppressi e di sfruttati era venuto formandosi nella seconda meta del XIX secolo un proletariato ebraico numeroso e combattivo, a mano a mano che in Polonia, in Lituania e nella Russia Bianca, le regioni dell'impero zarista cioè a più densa popolazione ebraica, si era sviluppato il lavoro artigianale ed erano state gettate le fondamenta di una industria moderna. In queste regioni la percentuale di artigiani dipendenti e di operai ebrei era alta in virtù della concentrazione degli ebrei nei centri urbani dove, appunto, più diffusa era l'attività artigianale e industriale, e del fatto che a differenza degli ebrei d'Occidente quelli dell'impero zarista appartenevano ai ceti più bassi della popolazione ed erano quindi i primi ad essere proletarizzati in una fase di sviluppo delle moderne forze produttive borghesi. Sottoposti al peggiore sfruttamento, alla più feroce oppressione, alla segregazione e, di tempo in tempo, ai pogrom, « questi mostruosi massacri di pacifici ebrei, delle loro mogli e dei loro bambini », come li definì Lenin [6], era naturale che gli ebrei partecipassero in prima linea alla lotta rivoluzionaria contro l'autocrazia zarista. Gli ebrei, diceva Lenin alla vigilia della rivoluzione del 1917, hanno dato «.un'alta percentuale di dirigenti (in rapporto al numero totale della popolazione ebraica) al movimento rivoluzionario.»[7]. A questo proposito appaiono estremamente significativi alcuni dati sulla partecipazione degli ebrei alla lotta contro lo zarismo, relativi al periodo 1870-1890, riportati in un suo scritto da Franco Venturi: «Se guardiamo a coloro che furono arrestati tra la metà del 1873 e il 1° gennaio 1877, gli ebrei costituirono il 7 per cento dei sorvegliati speciali, il 15 per cento dei deportati, il 4 per cento dei processati. Furono 76 persone in tutto. Nella Narodnaja Volija [8] il 14 per cento erano ebrei. Saranno il 15 per cento di tutti gli arrestati politici tra il 1884 e il 1890 (e cioè 579 persone). Aride cifre, che ci dicono tuttavia la crescente partecipazione degli ebrei al "sottosuolo", la sempre più ampia partecipazione degli ebrei al movimento socialista russo, proprio negli anni in cui esso sta preparandosi ad uscire dalle formazioni di élite per aprirsi ai movimenti di massa»[9]. 12 . Il Bund II proletariato ebraico fu anche uno dei primi che nell'impero russo si diede un'organizzazione su basi marxistiche. La prima organizzazione operaia ebraica che ebbe un ruolo importante nel movimento operaio russo fu l'«.Unione operaia ebraica di Russia e Polonia.» (in yiddish «Allgemeiner Yiddisher Arbeter Bund») chiamata in modo abbreviato Bund, che venne fondata a Vilna nel settembre del 1897. Nel Bund, che in un secondo tempo prese il nome di «.Unione generale degli operai ebrei di Russia, Polonia e Lituania.», confluirono nel congresso di fondazione dl Vilna numerose associazioni operaie ebraiche più o meno importanti. II 1° marzo 1898 si svolse clandestinamente a Minsk, per iniziativa dell'Unione di lotta per la liberazione della classe operaia, di cui era stato fondatore Lenin (allora deportato in Siberia), e del Bund, il congresso costitutivo del Partito operaio socialdemocratico di Russia (P.O.S.D.R.). Tre delle nove persone che parteciparono al congresso erano delegati del Bund. Secondo le decisioni adottate nel congresso di Minsk, il Bund entrava a far parte del P.O.S.D.R. come «organizzazione autonoma, indipendente solo nelle questioni che interessassero specificamente il proletariato ebraico ». Due conferenze del Bund si svolsero rispettivamente nell'ottobre del 1897 e nell'ottobre del 1898 con all'ordine del giorno problemi di ordine generale quali la necessità di creare un'organizzazione operaia ebraica, il nome da darle, i rapporti con le organizzazioni non ebraiche, la lotta e la propaganda politica, la lotta per i diritti civili degli ebrei, ecc. Fino a questo momento i rappresentanti del Bund non avevano sentito il bisogno di porre in primo piano il problema nazionale. Ma nel frattempo si era svolto a Basilea (1897) il primo congresso sionistico che aveva proclamato il fallimento della politica di assimilazione e si era posto l'obiettivo di provocare la rinascita del popolo ebraico attraverso la « creazione di un focolare nazionale ebraico in Palestina». II congresso di Basilea ebbe profonde ripercussioni non solo nelle file della borghesia ebraica ma anche tra i ceti popolari. Anche il Bund ne fu influenzato in quanto su di esso cominciarono a farsi sentire le pressioni e la concorrenza dei gruppi nazionalisti borghesi ebraici. |
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La terza conferenza del Bund che si svolse a Kovno nel dicembre del 1899 pose quindi all'ordine del giorno «.il problema nazionale nel nostro programma e le nostre rivendicazioni particolari in quanto ebrei.».
I partecipanti alla conferenza si divisero in due correnti: quella nazionalista, che rivendicava l'autonomia nazionale per la minoranza ebraica, considerata come una entità nazionale a sé, anche se gli ebrei erano minoranza dovunque, sparsi in mezzo a popolazioni di diverse nazionalità; e quella assimilazionista, che invece sosteneva la necessità per gli ebrei di assimilarsi alle popolazioni dei luoghi dove vivevano e la completa unità all'interno delle organizzazioni di classe. Per il momento riuscì a prevalere quest'ultima corrente anche se la questione di fondo venne lasciata aperta come dimostra la risoluzione adottata. «II Bund — vi si legge — nelle sue rivendicazioni politiche avanza solo quelle relative all'eguaglianza civile e non quelle dell'eguaglianza nazionale. Tuttavia, per offrire ai nostri compagni la possibilità di esprimere la loro opinione sulla questione nazionale è opportuno aprire sul giornale "L'operaio ebreo" una rubrica dal titolo "discussione" nella quale sarà affrontata, sotto la responsabilità di ciascun autore, la questione nazionale». Nei mesi che intercorsero fino alla quarta conferenza del Bund (Bialystok, maggio 1901) si registrò uno spostamento di posizioni a vantaggio della corrente nazionalista. Anche questa volta si arrivò a una soluzione di compromesso. II primo punto della risoluzione sulla questione nazionale affermava, infatti, che « uno Stato plurinazionale come la Russia deve divenire, in futuro, una federazione di nazionalità con una completa autonomia per ciascuna di esse, indipendentemente dal territorio sul quale vive ». Con quest'ultimo punto, che introduceva la cosiddetta autonomia extraterritoriale, i nazionalisti del Bund rivendicavano l'autonomia anche per la «.nazione.» ebraica che era l'unica alla quale si potesse applicare il principio dell'extraterritorialità. Comunque, perché non sussistessero dubbi, la risoluzione precisava che « la conferenza riconosce che il concetto di nazionalità è applicabile anche al popolo ebraico ». Gli assimilazionisti del Bund riuscirono a mitigare il carattere di questa risoluzione facendo approvare un secondo punto nel quale si affermava: «E’ prematuro, nelle condizioni attuali, rivendicare un'autonomia nazionale per gli ebrei». II compito più attuale veniva indicato nella necessità di « lottare per l'abrogazione di tutte le leggi speciali contro gli ebrei, di denunciare e di protestare contro ogni forma di oppressione della nazione ebraica, evitando di gonfiare il sentimento nazionale che può solo offuscare la coscienza del proletariato ebraico e condurlo allo sciovinismo ». La quinta conferenza del Bund, che si svolse in Svizzera, a Zurigo, nel giugno del 1903, poche settimane prima del secondo congresso del P.O.S.D.R. (Bruxelles-Londra, luglio-agosto 1903), segnò la rottura del Bund con il Partito operaio socialdemocratico di Russia. La questione nazionale venne lasciata da parte senza che venisse adottata alcuna risoluzione in merito, perché le due correnti — la nazionalista e l'assimilazionista — potevano contare su un eguale numero di voti. I nodi vennero pero al pettine quando fu affrontata la questione relativa al «.posto del Bund nel Partito operaio socialdemocratico di Russia.». La questione nazionale accantonata perché insolubile tornava così a proporsi per altra via. I dirigenti del Bund consideravano insufficiente l'autonomia concessa alla loro organizzazione nel 1898 e adottarono perciò una risoluzione che modificava in modo unilaterale i rapporti stabiliti al primo congresso del P.O.S.D.R. Questa risoluzione affermava: «1. II Bund è una parte federata del Partito operaio socialdemocratico di Russia; 2. II Bund e un'organizzazione socialdemocratica del proletariato ebreo; le sue attività non sono limitate a regioni territoriali; esso entra nel P.O.S.D.R. nella sua qualità di esclusivo rappresentante del proletariato ebreo; 3. II programma del Bund è quello del P.O.S.D.R., ma il Bund può aggiungervi dei punti specifici che risultino dalla situazione particolare del proletariato ebreo in Russia e dai rapporti che esistono tra le forze sociali della nazione ebrea; questi punti specifici non devono essere in contrasto con il programma generate del P.O.S.D.R.». Pretendendo di essere non un'organizzazione del partito ma una sua parte federata, e di essere rappresentante esclusivo del proletariato ebraico, senza averne prima discusso con i membri del P.O.S.D.R., il Bund si poneva di fatto al di fuori del partito. Tanto più inammissibile appariva la pretesa del Bund in quanto, dedicandosi esclusivamente all'attività tra gli ebrei, esso sottraeva al partito nel suo complesso energie necessarie per la sua azione generale. II Bund, con i suoi 30.000 membri e una larga cerchia di simpatizzanti, costituiva una delle organizzazioni operaie più forti e disciplinate della Russia, e poteva contare su un consistente nucleo di operai d'avanguardia e di intellettuali rivoluzionari. D'altra parte, il Bund non organizzava tutte le forze proletarie ebraiche e molti operai e intellettuali ebrei aderivano al P.O.S.D.R. senza aderire contemporaneamente al Bund: in questa situazione si trovavano per esempio i maggiori e più autorevoli esponenti socialisti ebrei, da Martov ad Akselrod, da Deutsch a Trotski, ecc., che figuravano fra i dirigenti più in vista del P.O.S.D.R. ed erano decisamente contrari alla linea politica nazionalistica del Bund. Gia dopo la quarta conferenza del Bund, Martov ne aveva criticato gli orientamenti nazionalisti scrivendo sull'«.Iskra » (agosto 1901): «La quarta conferenza del Bund rivela lo sviluppo di un nazionalismo della socialdemocrazia ebraica. Noi consideriamo un grave errore politico questa tendenza a spingere, in modo del tutto artificiale, il movimento ebraico nella corrente del nazionalismo [.. .]. Gli operai ebrei non hanno bisogno di un partito separato, come non hanno bisogno di un partito separato gli operai della regione degli Urali o della Siberia». Al secondo congresso del P.O.S.D.R. si verificò la rottura quando la stragrande maggioranza dei delegati (45 voti contro i 5 dei bundisti) respinse le pretese federative ed esclusiviste del Bund, adottando la risoluzione unitaria presentata da Martov (per non urtare la suscettibilità dei bundisti, Lenin lasciò agli ebrei Martov e Trotski il compito di portare avanti la battaglia unitaria contro il separatismo del Bund). II capo della delegazione bundista, Liber, fece allora la seguente dichiarazione che sanciva la secessione dei bundisti: «.Dato che il congresso ha rigettato l'articolo 2, articolo di principio adottato dalla nostra quinta conferenza come condizione necessaria della presenza del Bund nel partito, abbandoniamo il congresso e dichiariamo che il Bund esce dal Partito operaio socialdemocratico di Russia». L'uscita del Bund dal P.O.S.D.R. non avveniva però solo sulla base di un conflitto statutario. Dietro questo conflitto vi era non solo una diversa concezione politica del ruolo e della natura del partito, ma una diversa concezione del mondo: da una parte vi era l'esclusivismo nazionalistico e dall'altra l'internazionalismo proletario, da una parte il sionismo e dall'altra il socialismo. Quale fosse il profondo risentimento dei sionisti e dei bundisti nei confronti degli esponenti del P.O.S.D.R., ebrei e non, è illustrato da quanto ha scritto nelle sue memorie il dottor Chaim Weizmann, che sarebbe poi stato il primo presidente dello Stato di Israele: « Le nostre simpatie andavano ai rivoluzionari; tuttavia, questi non volevano tollerare nella gioventù ebraica alcuna espressione di attaccamento separato al popolo ebraico, e nemmeno una determinata coscienza del problema ebraico. Tuttavia, il giovane ebreo non era essenzialmente "assimilazionista"; i suoi legami con la propria famiglia erano sinceri e profondi; solo facendo violenza alle loro inclinazioni e alla loro educazione questi giovani avevano voltato le spalle, per ordine dei capi rivoluzionari, alla sorte particolarmente amara degli ebrei. II mio risentimento nei confronti di Lenin, di Plekhanov e dell'arrogante Trotski fu provocato dal disprezzo col quale trattavano gli ebrei che si lasciavano commuovere dal destino dei loro correligionari e che erano animati dall'amore e dalla tradizione del popolo ebraico. Essi non giungevano a comprendere perché un ebreo russo desiderasse essere qualcosa di diverso da un russo. Essi accusavano sprezzantemente di arretratezza intellettuale, di sciovinismo e di immoralità, il desiderio che provava ogni ebreo di occuparsi delle sofferenze e del destino degli ebrei. Si considerava con estremo sospetto un uomo come Chaïm Zhitlovsky, che era contemporaneamente rivoluzionario e nazionalista ebreo. E quando fu create il Bund – il ramo ebreo del movimento rivoluzionario – Plekhanov schernì i bundisti dicendo che si trattava di sionisti con la paura del mal di mare »[10]. Manca qui ogni tentativo di comprendere le motivazioni profonde che erano alla base dell'atteggiamento dei socialdemocratici russi. Tuttavia il Weizmann rende bene l'atteggiamento di avversione dei marxisti russi per ogni inclinazione nazionalistica e particolaristica che avrebbe naturalmente finito col corrompere il fondamento internazionalistico del loro partito e del socialismo. Una testimonianza altrimenti ricca e approfondita ha lasciato Shimon Dimanshtein, rivoluzionario ebreo che fu uno dei più stretti collaboratori di Stalin al Commissariato del popolo alle nazionalità e che fu direttore del Commissariato centrale per gli affari ebraici nei primi anni del potere sovietico: « Nel corso dei primi anni del movimento operaio e fino alla svolta degli anni 1911-12, il ruolo degli operai ebrei d'avanguardia e degli intellettuali proletari fu molto considerevole. II movimento operaio russo soffriva di una grande mancanza di funzionari e cominciò a lottare contro il Bund, per togliergli gli elementi internazionalisti che vi militavano e utilizzarli tanto per il lavoro generale del partito che per il lavoro in mezzo agli operai ebrei, un gran numero dei quali ha sempre militato nei nostro partito [cioè nel partito bolscevico], ma in mezzo ai quali non eravamo in grado di lavorare nella loro lingua materna [l'yiddish], sia per mezzo della propaganda orale sia per mezzo della stampa. « Piu importante ancora fu la lotta ideologica condotta contro le tendenze nazionaliste a proposito della questione nazionale, perché qui si trattava del problema dell'indirizzo nazionalistico o internazionalistico a proposito della forma del movimento operaio della Russia. La tattica del Bund tendeva a dividere il proletariato della Russia in tante sezioni nazionali quante erano le nazionalità del paese, cosa che avrebbe condotto il partito sulla stessa via della socialdemocrazia austriaca, con tutti i suoi aspetti negativi, e avrebbe rafforzato il nazionalismo piccolo-borghese. « II Bund non disponeva di una stampa forte né di una grande influenza, ma contava su numerosi intellettuali, e perciò Lenin fu costretto ad occuparsi sovente di esso e della sua politica nazionale. Nella socialdemocrazia lituana e lettone, si faceva sentire fortemente l'influenza del Bund, e tutta la frazione menscevica della socialdemocrazia russa accettava più o meno le idee del Bund sulla questione nazionale. A parole, il Bund si proclamava partigiano dell'internazionalismo, ma nei fatti conduceva una politica nazionalista. Esso non dava alcuna risposta diretta alla domanda se il giudaismo doveva impegnarsi sulla via del separatismo o dell'assimilazionismo. Esso riteneva di non dover appoggiare nessuna di queste due tendenze. Perciò Lenin paragonava questa tattica a quella dell'asino di Buridano e affermava che essa condannava il Bund all'inattività o al ristagno, mentre in realtà esso era favorevole al separatismo e contrario all'assimilazione. Solo l'assenza di lavoratori ebrei nella grande industria, il loro contatto permanente col mondo piccolo-borghese della piccola produzione e l'oppressione nazionale dell'assolutismo zarista permisero al Bund di mantenere la sua influenza sugli operai ebrei della zona occidentale [cioè delle regioni occidentali dell'impero zarista].»[11]
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1] . Alla fine del XIX secolo gli ebrei dell'impero zarista costituivano la più numerosa comunità israelitica del mondo. Secondo The Jewish Encyclopedic, X (1905), voce «Russia», pag. 529, essi erano 4.874.636 per l'insieme dell'impero alla vigilia della prima rivoluzione russa. 2.148.059 ebrei erano concentrati nei Governatorati del Sud-Ovest e del Sud, corrispondenti all'Ucraina del periodo precedente la prima guerra mondiale.
[2] . Parlando dell'insediamento di ebrei nelle terre situate a Nord dei Carpazi e del Mar Nero, il Baron scrive: «Tutto quello che si può attualmente affermare, è che degli ebrei hanno vissuto in queste regioni per molti secoli precedentemente alla loro prima apparizione in annali più o meno degni di fede». BARON, Hisfoire d'lsrael. Vie socials et religieuse, Tome III, Héritiers de Rome et de la Perse, Paris, P.U.F., 1961, pag. 250. [3] . Nel 1905, all'epoca della prima rivoluzione russa, la «zona di residenza», in alcuni centri della quale gli ebrei costituivano fino al 18 per cento della popolazione, comprendeva i seguenti quindici distretti: Bessarabia, Vilna, Vitebsk, Volinia, Grodno, Yekaterinoslav, Kovno, Minsk, Moghilev, Podolia, Poltava, Tauride, Kherson, Cernigov, Kiev, una fascia cioè larga da 200 a 400 km che si estendeva da Nord a Sud, all'incirca dall'altezza di Kovno a Odessa. All'interno stesso della «zona di residenza» gli insediamenti ebraici erano limitati alle città e ai centri urbani. [4] . Cfr. RENEE NEHER-BERNHEIM, Htstoire juive. Faits et documents. De la Renaissance à nos jours. Tome I, XVI e, XVII e et XVIII e siecles, Paris, Editions Klincksieck, 1971, pag. 252. [5] . ISAAC DEUTSCHER, «La rivoluzione russa e il problema ebraico», in DEUTSCHER, L'ebreo non ebreo, cit., pagg. 76-77. |
[7] . V.I. LENIN, Op. cit., pag. 250.
[8] . Narodnajd Volija, Volontà del popolo, società segreta populista fondata nel 1879 per la lotta rivoluzionaria contro l'autocrazia zarista. Venne liquidata dalla polizia zarista poco dopo l'uccisione di Alessandro II da parre dei narodovoltsy (1 [13] marzo 1881). [9] . FRANCO VENTURI, «Appunti per una storia degli ebrei in Russia», in Gli ebrei nell'URSS, a cura di « Nuovi Argomenti», Milano, Garzanti, 1966, pag. 17. [10] . CHAÏM WEIZMANN, Naissance d'lsrael, Paris, Gallimard, 1957, pag. 68. (Tr. It. La mia vita per Israele, Garzanti 1950, pag.50). [11] . Cit. in HELLER, Op. cit., pagg. 212-213. Per le successive vicende del Bund si confronti più avanti nota 3 pagg. 493-4. Shimon Dimanshtein, ebreo, vecchio bolscevico, fu uno dei più stretti collaboratori di Stalin nel collegium del Narkomnac (Commissariato del Popolo alle Nazionalità). Membro del primo comitato militare rivoluzionario del Kazachstan, diresse il Commissariato provvisorio agli affari nazionali ebraici creato nel 1918 che successivamente (1920) prese il nome di Yevsektsia (Sezione ebraica) del Narkomnac, e fu fra i promotori della creazione della Regione socialista autonoma ebrea nel Birobigian. Autore di numerose importanti opere sulla questione nazionale e sul problema ebraico, scomparve nella purga staliniana del 1936 insieme ad altri antichi dirigenti della Yevsektsia e della Geserd (Società per l'installazione di lavoratori ebrei nelle campagne dell'URSS). |
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