Archivio (comunque indiziario) dell'Ufficio Tecnico
t e s t i

R . O . M . A . Preliminari per la novissima pianta dell'ospitalità giubilare . Verbali dell'Ufficio Tecnico 1993-1995 . Testo nel catalogo della mostra Ad Usum Fabricae (edizioni De Luca, Roma 1995) .

La verifica dei budini > Le due piante del Nolli > Velocizzazione delle piante e inerzia degli isolati > Lineamenti di bonifica urbana et Glossario
LA VERIFICA DEI BUDINI
La Società ha dei problemi. La Città ha dei problemi. E magari poi sono gli stessi. 
E problematica è diventata anche soltanto la possibilità di descriverli. Allora: se la verifica del budino avviene quando lo si mangia, anche la verifica della Città deve avvenire quando la si consuma, quotidianamente, seppure nell'indifferenza benjaminiana. 
E poiché abbiamo sempre a che fare con delle città determinate, ossia con budini già cotti e ricotti dentro i neri forni di asfalto al calore infrarosso dei vetri blindati delle Banche di Affari o al tepore confortevole delle cedole Fondiarie attizzate dalle Borse, possiamo ancora ragionevolmente sostenere di non conoscere l'origine delle disdette che manda tutte le cotture in vacca? 
Perché, se è vero che le strade dell'inferno sono lastricate di buoni propositi, allora non vi è alcun bisogno di allontanarsi dalla vita quotidiana per avere esperienza della dannazione. Basta aprire la finestra ed annusare lo zolfo prodotto dalla lagna e dal tedio delle città, sentire il rantolo polmonare degli aliti condominiali, subire il fiato mozzato all'immaginazione dalle angustie residenziali, ascoltare il lamento delle porte mentre girano sui cardini di sicurezza, e capire infine che ognuno ha trovato il proprio alloggio di contenzione e di tortura - seppure in affitto. 
Solamente dei volontari della compassione - di certo fidando sulla misericordia della Santa Rendita Fondiaria - possono ancora praticare l'accanimento terapeutico verso città da tempo sdraiate sopra lettucci terminali: "Consolati Maria, del tuo pellegrinare. Siam giunti! Ecco Betlemme ornata di Profeti..."
Non vedete? 
Una marmorea schiera di Architetti e Urbanisti sono disposti a corona sui colonnati berniniani! 
Per quanto tempo ancora tentare provvedimenti che lasciano di marmo tutti i problemi, e lasciano noi, invece, sempre più di stucco?
Per quanto ancora sgranare il patetico rosario dei rimedi sempre più spacciati per concreti e immediati quanto più si dimostrano immediatamente inconcludenti? 

Tuttavia, se ancora reclamate il realismo, le soluzioni compatibili con lo sviluppo economico e sociale (che poi di solito sono tutte ispirate alla vecchissima illusione di tenersi la botte piena e la moglie ubriaca), allora dovete ancora tenervi queste città come sono e come non ce la fanno proprio a non essere, data l'insostenibile pesantezza intestinale della proprietà immobiliare con tutti i suoi diverticoli puteolenti. 
Certo, potete pur continuare a dispiacervi delle vostre città; eppure così dovrete continuare a consumarle e ad esserne consumati, se proprio volete tenervi stretta la roba!
Mangiare la minestra o saltare. 
E anche se saltate dalla finestra, vi ritroverete pur sempre spiaccicati sull'informe budino del territorio devastato dalle intoccabili concretezze del diritto privato; certo coi piedi in terra, ma il contraccolpo vi infilerà le ginocchia fino alla gola. E come tanti grilli fiamminghi potrete popolare di tentazioni i deserti antoniani delle Facoltà di Architettura. 
Ed anche voi, amminestratori comunali negli Assessorati, di cosa state parlando? 
Cosa state cercando di fare con i vostri bei pastellini coloranti su quelle grandi tavole dei Piani Regolatori? 
A noi, che non siamo qui per discutere sugli ingredienti e i modi sociali ed economici che hanno generato le vostre città - poiché sempre e solo di Architettura vogliamo parlare - concedete almeno un'ultima occhiata in cucina per dire che quando la majonese impazzisce alcune massaie ricorrono all'espediente di passare l'impiastro al frullatore, e ricuperare così all'imperizia.
È da qui che nasce la domanda: si possono salvare in tal modo anche i budini mal riusciti? 

Allora: issate l'architrave, o carpentieri! Più in su, o muratori! Tipacci miei: pasticcieri delle inurbazioni, dottori immunodeficenti degli studi di fattibilità, curatori della lebbra planetaria delle lottizzazioni, moltiplicatori degli insediamenti verticali!
Non sapevate proprio delle profilassi radicali? 
L'improvvido Epimeteo avrebbe potuto diventar Prometeo: avesse soltanto scacciato dal vaso di Pandora l'ultima perfida criminale: la Speranza!
Certamente una società incapace di prevedere non potrà mai neppure essere capace di prevenire alcunché. Allora, non potendo fare Architettura Preventiva, ci rimane l'Architettura Successiva. 
"Successiva...a cosa?" chiedete con l'arguzia sollecita dei grilli parlanti nei deserti periferici della Tebaide. Naturalmente - rispondiamo - successiva allo scadere definitivo dei modi dominanti con i quali sono finora cresciute e pasciute le città nell'Urbi et Orbi. 
Ma non temete. È già passato il caldo torrido dei capovolgimenti annunciati ed imminenti; e tutto è tornato sotto il controllo delle pratiche di conservazione e restauro.
A tanto è valso lo sbollire della necessità di una Nuova Bastiglia, ulteriore e conseguente: appunto "successiva" alla prima storica Presa - che non mollate... e si capisce!

Adesso, però, se vogliamo sottrarci alle illusioni rabberciatrici, mettiamoci pure al lavoro sopra gli scartafacci, facendoci normalizzare dalla pedanteria, per ripartire, magari, da una città del tutto reale, come ROMA, appunto.

LE DUE PIANTE DI ROMA DI GIOVAN BATTISTA NOLLI . 1748 .

Nella sua carta di Roma del 1551 Leonardo Bufalini riporta anche alcune piante dei monumenti classici, palazzi signorili e chiese; ma di vaste zone edificate della città ci mostra solo i perimetri svuotati degli isolati, poiché risolve con un medesimo bordo tratteggiato sia le facciate degli edifici sia i muri di cinta, senza distinguere i volumi edilizi dai semplici confini sulla strada. 
Due secoli dopo il Nolli recupera questa carta del Bufalini, e oltre a ridurla e riorientarla con il nord in alto, campisce di nero l'interno degli isolati. 
Sembra non conoscersi bene la ragione di una tale ristampa; è certo però che la campitura uniforme degli isolati (una soluzione già adottata dal Nolli nella sua propria carta per le sole parti edificate) consente di cogliere immediatamente l'estensione della città urbanizzata all'epoca del Bufalini. Forse è possibile spiegare tale riedizione come il frutto di una "lettura" da parte del Nolli della carta di Bufalini; o anche come dell'applicazione, su questa, di una personale soluzione grafica al fine di verificarne l'efficacia descrittiva. O, ancora, di una omologazione grafica al fine di evidenziare l'ampliarsi dell'abitato durante i due secoli che separano le due carte. Fosse pure soltanto uno solo di questi il motivo che persuase Nolli a ristampare una propria versione della pianta di Bufalini, intanto la cartografia ne accoglierà la modernità dei suggerimenti, ispirati certamente dal secolo illuminista durante il quale Nolli lavora.
Ma il confronto tra le due piante ci spinge ad avanzare nelle riflessioni - anche forzate - per collocare la nuova pianta del 1748 in un ambito più implicante di quello meramente cartografico (sia pure a scapito di un rigore analitico - se questo non ci eccita!). 
Mentre nella riedizione della carta di Bufalini vediamo la vasta macchia dell'edificato appena solcata dai bianchi fili delle vie e da qualche pianta degli edifici più importanti, nella sua propria pianta il Nolli campisce con un tratteggio pieno solo le parti effettivamente costruite; e lasciando bianchi i vuoti edilizi vengono di conseguenza disegnati anche gli spazi architettonici presenti all'interno degli edifici. 
Superata la vaghezza grafica di Bufalini, il criterio ordinatore del Nolli non è stato però quello di scurire meccanicamente l'intera proiezione dei volumi edilizi, bensì (evitando la banalità dell'analogia tra il pieno del costruito e il pieno grafico) riempie col suo fitto tratteggio precisamente soltanto le parti private degli edifici, quelle inaccessibili al pubblico, sottratte all'uso civico: riservate, epperciò anche visivamente oscurate. Quanto rimane bianco sullo sfondo sono allora tutti gli spazi pubblici e i luoghi concessi all'uso pubblico, anche quando situati all'interno dei fabbricati, purché accessibili o variamente connessi con il tessuto viario dell'intorno. 
In tal modo viene a configurarsi di bianco l'intero sistema dei percorsi, composto da tutti i vuoti urbani ed edilizi che possiamo raccogliere e definire di prima e di seconda derivazione - nei due casi che tali vuoti siano esterni (tangenti), ovvero interni (secanti) rispetto agli isolati. 
Come l'insieme dei vuoti di prima derivazione risulta dalla distanza tra gli isolati (e costituisce il tacciato delle vie), l'insieme dei vuoti di seconda derivazione è conseguente alla scelta di Nolli di disegnare letteralmente l'uso pubblico degli edifici, rilevandone sia gli spazi scoperti (cortili, chiostri, giardini ecc.) che i vuoti propriamente architettonici, non visibili o non intuibili dall'esterno della scatola muraria. 
Quanto ci sembra interessante notare è che per realizzare la continuità dei due insiemi dei vuoti Nolli ha dovuto lasciare bianchi anche tutti i passaggi dall'uno all'altro, come gli androni o i corridoi di accesso agli edifici, ai cortili o ai chiostri interni; e ha dovuto ignorare anche la presenza di portali, cancelli i quant'altro potrebbe rappresentare un ostacolo lungo i tragitti consentiti.
È procedendo con tali omissioni che è stato possibile disegnare la pianta di una città nella quale la vita civile stessa si è aperta dei varchi nelle masse murarie, e così intende esibirli: spalancati come per un continuo invito. 
La pianta del Nolli del 1748 apre gli edifici, toglie la maschera ai fronti stradali, fa emergere l'identità delle architetture e anticipa la presenza dell'uomo al loro interno, supponendolo, presupponendolo e richiamandolo otre e contro l'opacità massiva delle facciate. La città viene ad essere rappresentata dal punto di vista di chi vi si muove per abitarla; e difatti questa pianta ha la medesima chiarezza descrittiva della pianta di un appartamento, e si presenta proprio come ricavata dalla sezione orizzontale applicata ad un ideale pianoterra esteso all'intera città; per questo anche le emergenze orografiche (bene evidenziate in quella di Bufalini) vengono qui indicate appena da un tenue tratteggio obliquo. 
In definitiva Nolli ci mostra una città a portata di mano, dove gli innumerevoli episodi urbani sono offerti quali altrettante opzioni lungo gli itinerari di una città da vivere integralmente.
Una pianta così concepita non è solo la registrazione del già fatto e non è più una semplice mappa degli orientamenti; è la pianta di una città latente da portare a compimento abitandola realmente: allora è la configurazione di una macchina per l'ospitalità.
Qui tutto sembra disporsi per offrirci inaspettate emozioni spaziali; la limpidezza dei segni e la fluidità dei tragitti possibili è capace di produrre il bisogno delle visitazioni, di alimentare il desiderio e prefigurarne il godimento, di scuotere l'indifferenza e la noia della prevedibilità invitandoci ad entrare nei corpi cavi delle masse edilizie per comporre liberamente percorsi del tutto singolari, sempre nuovi e personali,eppeperò mai privati e riservati.
Ora che l'intera città ci si offre come una tavola sulla quale tutti gli oggetti del desiderio urbano sono stati disposti nello spazio combinatorio degli orientamenti non univoci, la pianta di Roma del 1748 ci si svela infine come un vero progetto da impugnare affinché la città intera diventi per ognuno un territorio da possedere, l'architettura un corpo caldo in cui penetrare. 
A noi importa sottolineare di nuovo che per raggiungere la forma di tale "progetto", Nolli ha dovuto prescindere dalla presenza di parecchi elementi di occlusione civica attraverso i quali la proprietà privata si manifesta per interdire agli abitanti l'alito interno della città; e tra gli elementi abrogati ci piace notare che rientrano anche portoni e porte, cancelli e barriere mobili. Che a tali elementi Nolli non abbia riconosciuto dignità topografica è probabilmente da ascrivere al fatto che sempre la pianta di una città la svela a sé stessa; ne è la coscienza dispiegata e storicamente determinata. E la pianta del Nolli, col suo netto discrimine tra i neri del privato e i bianchi dell'uso pubblico, è la rappresentazione rispondente ad una città percepita per come vissuta; ossia quando vi era un vasto tessuto di città ancora semipubblico o semiprivato che, con la imminente presa della Bastiglia, andrà scomparendo per venire ingoiato da una città cristallizzata e sdemanializzata, sempre più dominata e organizzata dalla proprietà privata dei suoli e degli immobili. E allora i portoni , i cancelli, le mura di cinta o addirittura gli immateriali confini censuari, proietteranno in terra la loro volontà di esclusione per bloccare gli edifici e rinsaldare gli isolati in una unica massa frigida e impenetrabile.

VELOCIZZAZIONE DELLE PIANTE ED INERZIA DEGLI ISOLATI

Come possiamo parlare di un uso della città, anche per le piante della città possiamo dire di un loro proprio uso; e mentre quella del Nolli mostrava e sollecitava un uso sociale della città, le piante nate dalla vittoria del movimento della proprietà privata non possono far altro che registrare ed esortare ad un uso fondiario del territorio e ad un uso immobiliare dell'architettura. 
La campitura scura che in Nolli si limitava alle zone private degli edifici, adesso si estende su tutta la proiezione a terra del fabbricato, ne riempie l'area e, come corpo d'ombra che avanza, arriva a coprire per intero anche gli edifici propriamente civili -ormai persino questi blindati e corazzati e oscurati per esigenze di ordine pubblico (e dimostra che ogni cosa ormai viene insidiata). 
Aiutate dalla rapidità dell'occhio meccanico degli apparecchi fotopianometrici (non meno che dalle trascrizioni numerarie degli atti notarili) dalle piante urbane sparirà tutto quel tessuto che faceva della città un luogo da esplorare; le piante diverranno ben presto planimetrie per gli attraversamenti e mappe direttrici per transiti veicolari sempre più rapidi. 
E tanto più le piante si velocizzeranno per disbrigare il flusso dei tragitti senza riposo attorno ai singoli comparti edificati, tanto più l'isolato si farà inerte per venire infine messo a riposo come un tipo urbanistico del tutto nuovo: una specie di polder presidiato, circondato dai flussi agitati del traffico o dalle agonie isteriche degli ingorghi. 
Le porosità naturali dell'architettura vengono cementate dalle malte proprietarie e trasformano l'isolato in una massa levigata che lascia in strada tutti coloro che non sono riconosciuti innocenti e innocui dalle portinerie, dalle citofonie, o da tutte le altre combinazioni di sicurezza richieste per la vita segregativa negli alloggiamenti domestici o nei lager di travaglio salariale. 
Così, per quanto articolato, l'isolato potrà sempre venire ricondotto al tipo "compatto", simile in tutto a quelli costituiti da un unico fabbricato, che consentono soltanto una percorrenza pubblica esterna, perimetrale e risicata ai bordi della strada.
L'esperienza della città diventa un semplice star per via. Il passo e l'incedere viene soppiantato dallo scorrere sbrigativo; talché pure il turista si acconcia per le velocità con scarpette da footing e occhiali da parabrezza per ingollare particole fotografiche di città ordinaria da vedere sempre dopo, nella propria cella di contenzione e tortura, in un'altra città. 
Se fin dall'inizio abbiamo indicato l'isolato quale nostra tipologia di riferimento, è perché in queste enclavi senza respiro prende a ristagnare la vita domestica; qui dentro si addensano quelle forme condominiali della proprietà sub specie archica; ossia tutte quelle concrezioni e cristallizzazioni giuridiche e notarili che fanno degli isolati i ricettacoli prediletti delle improntitudini appropriative, i giacigli illusori delle piccole tracotanze possessive sui quali, gli iloti che vi albergano, avviliscono l'immaginazione con coniugali prospettive su tinelli marron. 
La marcia trionfale della Proprietà Privata ha segnato anche il passo della cartografia (la cui scientificità è stata ispirata proprio da esigenze chirurgiche per il calcolo delle fiscalità catastali, nonché ricuperata dai terreni di manovra del Diritto armato), che intanto si specializza a rappresentare la città come un dispositivo a terra dei traffici e delle allocazioni. 
Un passo ancora e la globalizzazione del Mercato -che non è un luogo ma uno svincolo- dinamizza le componenti urbane per immetterle nei tunnel di accelerazione telematica e trasformare la città in un sistema planetario di vettori veloci che consentono di intravederne la topografia solo nell'attimo di frenata digitale; vale a dire che la città viene resa visibile soltanto durante la crisi degli apparati ecumenici. 
Da adesso in poi la città avrà senso solo quando la si distrugge. Per questo Sarajevo è ancora una città non virtuale, e la Jugoslavia è il mondo? 
E dobbiamo ancora ritenere casuale che da diversi anni gli elenchi telefonici non sono più ordinati per strade? Quando ciò che si persegue è la dissoluzione della realtà fisica, certamente ai cittadini non si può consentire di condividere una medesima strada -cosa che li renderebbe prossimi, adiacenti e vicini l'un l'altro, con tutta la fisicità dei loro corpi immersi in luoghi del tutto concreti che mal si conciliano con il programma di trasformarli in utenti terminalizzati. 
Ma per quanti di noi volessero tuttavia abitare veramente una città reale, tornerebbe certo utile una pianta concepita a partire da quella del Nolli; ampiamente integrata da preziose informazioni circa i percorsi di seconda e magari terza derivazione -ossia fino a condurci dentro i domicili non coatti di coloro ben disposti all'ospitalità dei viandanti di una città senza limiti. 
Giacché, chi mai -in attesa della demolizione di ogni recinto proprietario, ma già in posseso della pianta che prefigura una consimile città- saprà sfuggire alla voglia di intraprendere con urgenza esplorativa "derives" di sapore situazionista, spingendosi ben oltre l'illecito riserbo dei sorci rintanati nel cacio avvelenato dei condomìni? 
Certo bisognerà disporsi ad effrazioni e scassi per entrare in tutti quei luoghi che al momento non è consentito usare -al più solo "visitare", fidando sulla benevolenza di rampolli nobiliari o rampanti redditieri, oppure sulla disattenzione dei signori portieri afflitti da doppi e tripli lavori condominiali remunerati fuori busta. 
Dunque, proprietari di fondi e latifondi, di prime e seconde case, di sgabuzzini o villette in riva al fiume, o anche soltanto di prelazione agli incanti immobiliari, non abbiatevene a male se questo Ufficio Tecnico si richiama al Nolli per mettere in non cale i vostri opachi perimetri e ridisegnare la pianta di Roma così come risulterebbe in seguito all'auspicata riappropriazione sociale del complesso intreccio dei rapporti urbani. 
Una pianta così concepita è una promessa, dunque un progetto
Dobbiamo però chiedervi: è forse il progetto di un crimine? Il piano di una congiura? 
Noi non lo crediamo. Difatti sempre di architettura successiva abbiamo parlato; e dentro questa intendiamo sistemare, e tenerci per il momento, il nostro Piano. 
Quindi non abbiate paura, solo la storia potrà portarlo ad un compimento non metaforico. 
Per il momento quello stato attuale delle cose economiche -che ha fatto a pezzi la polis e il demos, e ve ne ha dato tozzetti da ciucciare in privato- non si è ancora esaurito del tutto. 
Tranquilli, allora! 
Sì, ma poi non lamentatevi se ad esaurirsi non sono neppure le serie degli insuccessi delle pratiche di intervento sulle città, di controllo e pianificazione del territorio - sul quale non avvengono più incidenti: solo catastrofi (per non parlare di quanto si è saputo fare con l'aria stessa! nevvero?). 
Ma prima di apparecchiare i pantografi e i sismografi ai piedi delle Borse, vediamo di delineare il quadro della situazione e magari di anticipare alcune misure pratiche. 

LINEAMENTI DI BONIFICA URBANA ET GLOSSARIO

Mentre per la "Nuova Pianta di Roma" di Nolli possiamo ancora utilizzare le denominazioni usuali per indicare, individuare e descrivere le strutture, le parti e gli oggetti che costituiscono una città non ancora impaludata nell'impluvio giuridico-catastale causato dalle successive ricadute planimetriche dovute allo sviluppo della proprietà privata), per le piante attuali dobbiamo corredarci di una terminologia che già di per sé sia capace di orientare gli interventi verso terapie non virtuali, ossia del tutto compatibili con le previsioni di fattibilità storica connesse alle questioni urbane e territoriali. 
Muovendo da tale proposito nomenclatorio, definiamo paludi catastali quelle vaste aree del territorio (normalmente definite "urbane") quando presentano una elevata densità di muri stagnanti, di cancellate e reticoli e altri impianti di esiguo, medio od elevato spessore, che vengono denominate briglie catastali. 
Queste "briglie" sono andate disponendosi tra le masse edificate nei singoli comparti edilizi per rinsaldarsi nel comune programma di occupazione territoriale frazionata (così come viene evidenziato nelle rappresentazioni in scala 1:1000) e ripartirli sul campo come corpi trincerati, ovvero isolati. 
L'estendersi della rete costituita dai vari "isolati" serrati dalle briglie, ma soprattutto la loro "verticalizzazione" -che causa la formazione dei corridoi urbani- , impedisce il deflusso degli umori tiepidi che trasudano dalle pareti domestiche e colano giù lungo le scale condominiali per raccogliersi infine ai piedi di codeste briglie, ove ristagnano in diverticoli putridi e maleodoranti definiti pozze notarili, nei quali si sviluppano degli organismi di ordine inferiore del tutto particolari tra cui alligna il rovinoso dittero classificato come "meschino urbano", dal ventre molle e proboscide perforante. 
Nella stagione calda, con l'aumento della pressione e l'incremento dei trasudi domiciliari, dalle "pozze" esalano delle fermentazioni e dei miasmi infetti che generano un malessere che si manifesta sottoforma di febbri intermittenti e perniciose. 
A causa della scarsità solidale che sbriciola i terreni, le aree emerse rapidamente degradano in polveri estremamente volatili ad ogni pur lieve spirar di vento; così il suolo urbano non produce e non offre che scarsissimi servizi e occasioni civiche di conforto; e quelle poche sono di arida e bassa qualità sociale ed umana, talché i vasti acquartieramenti ne vengono pressoché desolati. 
Le popolazioni che ivi risiedono -e persino quelle che si trovano in posizione defilata rispetto alla direzione dei venti dominanti- dimagriscono a vista d'occhio ogni anno che passa. Gli abitanti vi risultano fiacchi e accasciati; hanno volti pallidi, sparuti, verdastri, ventri eccessivamente rigonfi che producono offe tributarie particolarmente nefaste ai salici e ai tigli, i quali ne soffrono visibilmente e tristamente defoliano. 
E se uno volesse uscire dal proprio domicilio -incensato spesso con odori di fritture e cavoletti lessi- per poter controllare con occhi non catodici le felicità dei glicini appesi ai cancelli, subito la visione di quelle coloriture costipate e stanche gli procura eruzioni multiple sull'epidermide; e soltanto con antipiretici specifici -neppure previsti dal prontuario della Sanità Pubblica- è possibile arginare appena l'avanzata inarrestabile delle allergie. 
In tale situazione (qui sommariamente profilata lungo la linea di minor ribrezzo) interviene la bonifica catastale, che principalmente sul "trattamento" delle briglie poggia la propria prassi; vuoi procedendo con abbattimenti sistematici di quelle concrezioni proprietarie, secondo un piano esecutivo di interventi effrattivi che prevedono varchi, brecce, scavalconi ecc.; vuoi con altri rimedi ingegnosi atti a consentire il deflusso delle stagnate marcescenti dagli isolati e dai comparti, per convogliarle tutte entro opere d'arte predisposte per lo smaltimento rapido e definitivo delle ganghe notarili
Una volta individuate sulle mappe catastali (scale più basse dell'1:1000) i singoli polder edilizi da sottoporre a bonifica, si predispone il sistema già sussistente dei "corridoi urbani" in guise tali da utilizzarli quali colatori e diversivi di vario ordine e grado, sfocianti tutti in un collettore primario, e ancora in un canale allacciante nel quale si riversano tutti i tributi dei corridoi, per infine convogliare (con l'ausilio di macchine idrovore, opportunamente individuate e/o predisposte) il flusso fetido verso le vasche di scolata, dalle quali finalmente le torbide laterizie (ferrose o cementizie che siano) tutte così raccolte, sublimeranno da quei siti per evaporazione o assorbimento diretto nelle viscere della terra, senza inquinare le falde sottostanti. 
Le operazioni conclusive per la sistemazione del polder urbano bonificato solitamente prevedono una fase ulteriore con messa in opera di specifici manufatti che possano in vario modo agevolare la trasformazione delle barriere residuali (eventualmente persistenti in forma di macerie) in membrane osmotiche capaci di regolare e facilitare la percorribilità sul territorio al passaggio dei desideri lungo sentieri che si fanno da soli; impedendo, con ciò stesso e altresì, il riformarsi dell'intrico di briglie con il conseguente ristagnare delle fetide notarili, che tanta insanità inducono negli stanziali. 
Una volta ultimata la bonifica, celermente interi comprensori e quadranti topografici interessati, sopravento o sottovento che siano, ne trarranno benefici immediati. Ed ulteriore salubrità incrementale potranno apportare altre sistemazioni integrative. Come quella che affronterà la rovinosa invasione delle porte blindate - le quali si incistano fin dentro le architetture dominiali e condominiali, scavandovi sacelli e alvei tanto profondi da risultare inaccessibili alle ventilazioni naturali che giungono dalle cime gelide dei monti lontani o dalle vette temperate dei campanili. 
I vantaggi apportati dalla bonifica integrale si estenderanno rapidamente all'intero territorio regionale e nazionale, trasformandolo in un unico spazio sabàtico che stimola e potenzia le opzioni dell'andare e del venire senza scopo e senza termine alcuno; dove la città scivola perennemente dietro un orizzonte che si spinge in avanti o indietreggia ad ogni avanzare o indietreggiare di quanti liberamente vi si muovono. 
Gli abitanti stessi, finalmente risanati dal meschino urbano, e finanche liberi dai laceramenti piagnucolosi degli antifurti elettronici, ritroveranno la limpidezza dello sguardo accidioso che moltiplica le vie e gli obiettivi in un labirinto interminabile di emozioni architettoniche ed umane sempre rinnovabili nelle intersezioni tettoniche dei paesaggi al cocomero, dei refoli mentolati, o dei raggi solari non più ulceranti. 
Una tale città diviene presto il luogo degli incontri e dei siti in tempo reale. Qui ogni oggetto si rende imprendibile, poiché ogni passo è esso stesso l'oggetto agognato, mèta e bersaglio ogni volta colpito e preso in premio, e subito rimesso in gioco. Allora la città coincederebbe con la Polis; e se in tale città ognuno è sempre raggiunto dall'altro, allora essa coinciderebbe anche con il Demos. 
Se infine -per coronare il tutto- eventi storici di portata epocale spazzassero via per sempre l'avvilirsi delle necessità sul Mercato, in questo completo spazio dell'ozio e dello sbafo ogni cosa riavrebbe indietro il proprio valore, e ricadrebbe su sé stessa congiungendosi per sempre con il desiderio e rinnovandosi nel godimento. Talché ognuno terrebbe sottoscacco l'utile con il dilettevole. 
Allora, difronte alla vastità di una città capace di crescere senza divorarsi gli abitanti, il più incallito dei "flaneurs" vedrebbe impallidire la propria golosa immaginazione nell'andirivieni continuo di inattesi scorci prospettici e incorsi monumentali; e persino potrebbe anche stupirsi nel provare l'apnea dell'angustia sottoscalare o l'agorafilia altimetrica delle vastità dall'alto di attici aventini. 
E da tutto questo l'intero Paese trarrà sommo giovamento, e sarà d'esempio dirompente anche nell'Oltr'Alpe.


Sezione 6
 Ufficio Tecnico
 Sfoglia Testi 

Home Page