Archivio (comunque indiziario) di Bunker
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FAX E CIRCOLARE SUL "FORMALISMO" . 1994 . Reprint in no.made n.5.2011 .
Per
Biro za Balkanizaciju Umetnosti
Da
Ufficio Tecnico per la Immaginazione Preventiva
Fax
Stara Pazova . copia: Savremena Galerija Umetnicke Kolonije Ecka Zrenjanin
Data
 ottobre 1994
oggetto
Bunker-Archivio Forniture PROT. N. 0314
pag.
 allegato 1: circolare interna Sul Formalismo

Cara Mira, Cara Grozdana,
quando ci sorge il sospetto che sia solo per dovere istituzionale che gli Uffici si debbano esprimere comunque in maniera appunto "preventiva", può insinuarsi facilmente anche il timore di risultare poi soltanto precipitosi. Allora è giusto abbandonare tutto alla critica impietosa dei topi di casa: che siano i loro incorruttibili stomaci a decidere in quali di questi due termini ( preventivi o precipitosi) si è incappati.
E' il caso di alcune considerazioni stimolate da una intervista ad una operatrice dell'arte, pubblicata su La Repubblica del 19 gennaio 1993 sotto il titolo "Siamo esteti delle belle forme". Ma poiché quel roditore del tempo non ha ancora polverizzato i fogli che ti alleghiamo, forse possiamo ancora correre il rischio di apparire – infine - solamente intempestivi. Dunque, se vi mandiamo la Circolare di febbraio '93 è perché i fatti non l’hanno smentita e tutto rimane come - appunto - preventivato. 
Un caro saluto a tutti voi.

ALLEGATO: CIRCOLARE INTERNA del febbraio 1993

Come al solito sembra avere più ragione sempre l'ultimo arrivato al cambio della guardia.
Cosi, anche nell'arte, dopo le scelte edonistiche di tipo reaganiano stanno già arrivando le scelte sociologiche di tipo clintoniano?
Nell'intervista pubblicata su La Repubblica del 19 gennaio, per Ida Panicelli lo stato attuale dell'arte italiana è caratterizzato da una scarsa capacità di elaborare contenuti e da un eccesso di estetismo, di formalismo. Tra gli artisti italiani - è detto - manca il dibattito, l'osservazione, l'occhio sui problemi sociali; cosa che negli Stati Uniti e in Germania è molto forte. Allora, se (per dirla con l'intervistata) fino agli anni Ottanta la causa della messa al bando dell'Italia dal giro delle grandi mostre sarebbe stata l'insicurezza (ancora!) diffusa dal terrorismo degli anni Settanta, ora a mantenere isolata l'arte italiana dal dibattito internazionale più vivo sarebbe al contrario proprio quel raggiunto distacco dell'arte dalla realtà sociale, con il quale si era voluto appunto dar prova di lealtà verso le istituzioni, prendendo le distanze da ogni contenuto e da ogni prassi di carattere sociale e politico?
Dissociatisi da ogni implicazione politica, cos'altro restava agli artisti se non l'estetica? - ora dall'Intervistata giudicata quale un "pericoloso ritorno alle belle forme”.
Anche così stando le cose, Arte e Politica si sarebbero in realtà sincronizzate (fin dove si è spinto il consociativismo!) per seguire il medesimo processo che, con l'abbandono di storici programmi sociali, ha ridotto i Partiti Politici appunto a delle forme vuote.
Solo che mentre per l'Arte le forme - pur se vuote - ricadono sempre nell'ambito medesimo dell'arte, le forme vuote dei partiti cadono sicuramente fuori dalla politica per entrare - al massimo - nell'ambito dell'Amministrazione e della Gestione dello stato di fatto; e qui decisive non sono più le forze sociali, piuttosto quelle ordinarie della Magistratura, civile o penale che sia: ecco perché prima o poi si dovevano infine incontrare!
Se non è bastato neppure aver abbandonato alle ortiche gli storici programmi politici, sottomettendo ogni autonomia di critica teorica e pratica a quelle misure di Ordine Pubblico che - certo in ultima analisi - hanno collaborato a preparare una nuova generazione di “artisti talentosi dalle straordinarie capacità tecniche", cos'altro ancora occorreva fare per presentarsi sul Mercato mondiale come uno spazio espositivo con garanzie di sicurezza e climatizzazione adeguate agli standard internazionali?
Forse occorreva non mostrarsi cosi sfacciatamente subalterni e proni alle esigenze normalizzatrici del Mercato, ma oculatamente lottizzare la complessità del sociale in diversi statici orticelli sociologici da affidare alle cure della sensibilità artistica - purché compia percorsi sempre interni alla persona; purché sempre individuali; in definitiva purché sempre privati (poiché è appunto nel "privato" che il Mercato riconosce una sua precondizione, essenziale per la messa in vendita di tutto, ma proprio di tutto!).
E anche qui sembra confermarsi un qualche sincronismo che, a posizioni politiche e sociali ridotte ad opinioni personali (dunque scambiabili - voto di scambio?), ossia vendibili, fa corrispondere posizioni artistiche ridotte a questioni di stile. E poiché sul gusto non si discute, ecco raggiunta finalmente la terra promessa nella quale tenersi al riparo da ogni eventuale ed ulteriore intolleranza poliziesca - invece poi viene l'intolleranza di una economia in crisi mondiale, e pure l'Estetica inizia a vacillare come ogni altra cosa.
Anche essendo certi che non è stata e mai sarà l'Arte neppure a scalfire le basi materiali sulle quali poggia l'attuale stato delle cose sociali e pur continuando a ritenere non corrisponderci una visione e una attività meramente formalistica dell'arte, non appaia contraddittorio se a questo punto diciamo che è sempre meglio esteti piuttosto che bidellini nei corridoi delle classi sociali.
Comunque, seppur ridotta dalle contingenze sfavorevoli di questi ultimi anni, per quanto costretta a ritirarsi nelle nicchie del “personale”, per come negletta dalla dilagante pratica degli “omissis”, la preoccupazione per i contenuti sociali e politici - ma anche estetici - ha sicuramente continuato ad agire nell'arte italiana; e una critica che non accetti la condanna di registrare soltanto i colpi di coda degli eventi appariscenti dell'arte, potrà, e forse dovrà, metterlo in evidenza e riscrivere altre storie.
Perché le code si vanno accorciando sempre di più, e qualcuno dovrà prima o poi occuparsi dell'intero corpo - anche se magari puzzano le ascelle.
Ognuno ha continuato a prendere atto solo di quello che gli interessava, tacendo preferibilmente proprio sul lavoro di quanti hanno riflettuto e riflettono - in modi vari ma non decorativi - appunto sul rapporto tra Arte e Società, tra Arte e Ideologia, tra Arte e Critica dell'arte.
Non si possono esaurire tutti i discorsi avviati negli anni Settanta con l'Arte Povera e la Transavanguardia; come se prima, durante e dopo non sia accaduto altro.
Bisogna chiedersi quali sono state le riflessioni precedenti e successive più conseguenti - anche se magari non hanno potuto dare gli esiti sperati dalle esigenze del mercato.
Perché, senza attendere autorizzazioni a procedere o suggerimenti da parte di artisti statunitensi e tedeschi, dibattiti e opere che fanno "precisi riferimenti a quella che è la realtà storica" ci sono state e ci sono anche in Italia.
Possono essere poche, ma ci sono.
Se poi uno non le conosce, è perché non ha voluto e non vuole conoscerle e riconoscerle (disinformazione o autocensura?). Ma le opere ci sono.
Magari possono anche non piacere, specialmente quando hanno l'alito cattivo della critica alla ideologia e alla politica dominanti.
Ma, allora:, chi è l'esteta?
Però adesso si dicono tutti decisi a voltare pagina. Ma per cambiare realmente registro bisognerebbe prima rendere conto almeno di tutto quanto è veramente accaduto, non solo nelle amministrazioni della cosa pubblica, ma anche in quelle dell'Arte. E per farlo bisognerebbe riannodare i fili critici (politici ed estetici) spezzati da una visione dell'arte che si è lasciata ispirare ad una società soddisfatta di sé stessa; e per questo resa incapace anche soltanto di prevedere (figuriamoci dunque della possibilità di prevenire!) gli effetti disastrosi - ma fisiologici e strutturali - delle sue ricorrenti crisi economiche che, breviter, divengono crisi politiche e culturali.
Dunque, dalla Intervistata ci aspettiamo un'attività del tutto conseguente al rammarico da lei espresso; un'attività che sappia offrire occasioni per quel dibattito, per quell'osservazione sui problemi sociali che certo il suo occhio saprà trovare - e ritrovare - anche nell'arte italiana attuale.
Vi ringraziamo per l'attenzione ed inviamo i nostri più cordiali saluti. cr

(corsivo: Ti invio anche "Il piccolo Hans ha fatto l'uovo". Te ne avevo parlato. È sempre per Bunker. E, naturalmente, anche questa lettera troverà  un posto nell'archivio. Ciao. Lillo)


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