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[un paio di sedie ]
Vincent - L’Edwin Drood era l’ultimo lavoro di Dickens e Luke Fildes, messo in contatto con Dickens attraverso quelle piccole illustrazioni, entrò nella sua stanza il giorno della sua morte e vide la sua sedia vuota; e così accadde che in uno dei vecchi numeri del Graphic apparisse quel commovente disegno: La Sedia Vuota... Sedie vuote – ce ne sono molte, ce ne saranno ancor di più e prima o poi non ci saranno che sedie vuote... [1]
Dur. 08' 23"
Sappiamo che la sedia con i braccioli su cui madame Ginoux si è messa in posa per i due pittori, era stata acquistata da Vincent unicamente per Gauguin: è il suo proprio posto nella casa gialla – aveva deciso Vincent.
Messa difatti alla prova della nuova scena apparecchiata da Vincent davanti quella sedia, la donna neppure si accorge della sostituzione delle sue cose personali con dei libri. Madame Ginoux qui è soltanto un vuoto motivo pittorico davanti quei libri, sistemati sul tavolo unicamente per la persona che di solito occupava - o avrebbe dovuto occupare - quella sedia.
Viene proprio voglia di proporre questa replica dell’arlesiana come l’altro ritratto occulto (o mancato) che van Gogh non ha mai osato fare al pittore che più ammirava [2] - il primo notoriamente essendo quella stessa sedia vuota con i libri e la candela poggiati sull’imbottitura del sedile.
L’arlesiana con i libri  sarebbe cioé solo un sembiante di Gauguin, a cui davvero Vincent offre quei libri, per trattenerlo o - se già è lontano - per inseguirlo con un rammarico:
“Le finestre – gli dice, come leggendo per lui dalle pagine di quei libri – son chiuse davanti ai viaggiatori, perché si credono obbligati a consigliare la partenza e il viaggio dovunque vadano; tutti sanno naturalmente che essi sono i nemici di quelli che sono capaci di fermarsi a lungo in una medesima stanza; gli esseri sono chiusi per loro come dei globi stagnati. Continuano ad andare avanti aspettando la felicità dalla benevolenza del caso, come se quella mescolanza di cause imbrogliate fosse un dio che distribuisse compensi: ma un uomo ostinato in cui l’amore spontaneo per un luogo e per un tipo particolare di azione e un metodo costante non distruggono le passioni, può essere efficiente nei confronti di quelle cause e sbrogliarle. Dunque deve FERMARSI; per dire ‘la mia dimora’ senza arrossire, bisogna amare la capacità vera. I viaggiatori sul serio, i veri ‘evasi’ sono i testimoni risibili di un’umana incapacità” [2] - conclude infine, prima di tornarsene indietro a riprendere il suo posto nella casa gialla.

Le cose possono pure stare in questo modo, ma solo a partire dalla convinzione che in quei due ritratti madame Ginoux stia seduta effettivamente sulla sedia di Gauguin. Il movimento del bracciolo sembra proprio lo stesso, anche se allo schienale manca il ricciolo - che però potrebbe essere stato omesso per effetto dell’asciuttezza e rapidità del suo dipingere. Un dubbio che non dovrebbe sorgere per la serie dei ritratti di madame Roulin[4]: la moglie del postino è senz’altro seduta sulla sedia di Gauguin.[5]     

Nel dicembre dell’88 Vincent aveva segnalato a Theo di aver dipinto la “poltrona di Gauguin rossa e verde, effetto notturno, muro e pavimenti pure rossi e verdi, sulla sedia due romanzi e una candela”[6]; e in una lettera successiva indicherà quest’opera come lo studio “di una candela accesa e due romanzi (uno giallo l’altro rosa, appoggiati su una poltrona vuota, precisamente la poltrona di Gauguin)”[7].
Per due volte Vincent riferisce di una candela accesa. Nel quadro però è presente anche una seconda fonte di luce; a sinistra, sul muro di fondo, il becco di una lampada accesa irradia un globo di chiarore giallo.
Due fonti di luce, dunque...
Un paio di astri solari, e il bagliore turchino delle ombre che capovolge il controluce della sedia…

(
…Sento di stringere in pugno qualcosa di molto simile a quegli indistinti pezzettini di carta che appena immersi nell’acqua prendono colori e contorni di figure ben definite e riconoscibili[8]. Allora, forse è meglio che io mi fermi qui, almeno per un po’, prima di allentare la presa e lasciar cadere questi pezzetti di carta in cerca della loro forma nella scodella umida dell’astrazione…)


[1] - Vincent a Theo, L’Aia 11 dicembre 1882 (n. 293-252).
[2] - Il primo dicembre 1888 sembra che Vincent abbia fatto un tentativo di ritrarre Gauguin come prendendolo di nascosto mentre gli volge le spalle (Uomo con il berretto rosso, F 546, Arles, dicembre 1888, olio su iuta, cm. 37x33, Amsterdam, Van Gogh Museum). Dell’uomo (Gauguin?), che dipinge una tela dominata da un giallo, si intravede appena il profilo. Ancora nel settembre 1889, da Saint-Rémy, van Gogh, riferendosi a Gauguin, confida a Theo: “Spero sempre di fargli il ritratto.”
[3] - Nizan, Aden Arabia, cit. p. 103.
[4] - Van Gogh, ritratti di madame Augustine Roulin, ovvero La berceuse (“una donna vestita di verde coi capelli arancioni si stacca contro lo sfondo verde dei fiori”), dipinti dal novembre 1888 al marzo 1889.
[5] - Van Gogh, La sedia di Paul Gauguin (la sedia vuota) dipinta nel dicembre 1888, alla vigilia della fuga di Gauguin da Arles. Sulle sedie vuote vedi qui sotto.
[6] - Vincent a Theo, Arles 19 novembre 1888 (n. 721-563). Vedi Tav. XIII, p. 326.
[7] - Vincent a Theo, Arles 17 gennaio 1889 (n. 736-571). “Io vorrei che de Haan vedesse il mio studio di una candela accesa e due romanzi (uno giallo l’altro rosa, appoggiati su una poltrona vuota, precisamente la poltrona di Gauguin) tela di 30 in rosso e verde. Sto lavorando ancora al pendant, la mia sedia vuota, una sedia di legno bianco con una pipa e un cartoccio di tabacco”.
[8] - E' il gioco giapponese descritto da Marcel Proust in "La strada di Swann” - Giulio Einaudi editore, Torino 1963, pag. 52:
"...come in quel gioco in cui i giapponesi si divertono a immergere in una scodella di porcellana dei pezzetti di carta fin allora indistinti, che, appena immersi si distendono, prendono contorno, si colorano, si differenziano, diventano fiori, case, figure umane consistenti e riconoscibili, cosi' ora tutti i fiori del nostro giardino e quelli del parco di Swan, e le ninfee della Vivonne e la buona gente del villaggio e le loro casette e la chiesa e tutta Combray e i suoi dintorni, tutto quello che vien prendendo forma e solidità , è sorto, città e giardini, dalla mia tazza di tè."





PARAGRAFO successivo



Il motivo delle sedie vuote è presente a Vincent fin dal 1882; ne aveva parlato in una lettera a Theo l'11 dicembre 1882 (n. 293-252) in questi termini:
“L’Edwin Drood era l’ultimo lavoro di Dickens e Luca Fildes, messo in contatto con Dickens attraverso quelle piccole illustrazioni, entrò nella sua stanza il giorno della sua morte e vide la sua sedia vuota; e così accadde che in uno dei vecchi numeri del Graphic apparisse quel commovente disegno: La Sedia Vuota (fig. sotto). Sedie vuote – ce ne sono molte, ce ne saranno ancor di più e prima o poi non ci saranno che sedie vuote al posto di Herkomer, Luca Fildes, Frank Holl, William Small, ecc. Eppure gli editori e i rivenditori, senza ascoltare una profezia di H. Herkomer, continueranno ad assicurarci, in parole identiche a quelle del giornale che ti accludo, che tutto va benissimo". 
Solo sedie vuote e tavoli apparecchiati in attesa dei commensali nell’interno di un ristorante parigino sono il soggetto di un quadro del giugno-luglio 1887 (F 342). E ad Arles sedie vuote sempre in primo piano ci sono nei quadri della sua stanza, nei caffè di notte (F 463 e F 467) e nei due interni del ristorante Carrel  dipinti nell’agosto del 1888 (F 549 e F 549a). Non piedistalli per uomini illustri, ma semplici sedie per accogliere gente di passaggio (fossero pure panchine di pietra messe giù come piani di biliardo...)
Luke Fildes, The Empty Chair, in The Graphic, Londra, Natale 1870
Due illustrazioni di Luke Fildes per The Mystery of Edwin Drood

ALTRE FIGURE ESISTENTI (dall'alto in senso orario)
1. Interno di un ristorante (F 342); Parigi giugno-luglio 1887; olio su tela cm.45.5x56.5; Otterlo, Kröller-Müller Museum.
2. Interno del ristorante Carrel a Arles (F 549); Arles, agosto 1888; olio su tela cm.54.0x64.5; Coll. privata.
3. Interno di un ristorante di Arles (F 549°);  Arles, agosto 1888; olio su tela cm.65.5x81.0; Coll. privata.
4. Panchina di pietra nel giardino dell'Ospedale di Saint-Paul (F 732); Saint-Rémy, novembre 1889; olio su tela cm.39.5x47.5; Sao Paulo, Museu de Arte de Sao Paulo
5. Il caffè di notte ad Arles (F 1463); Arles, settembre 1888; acquarello; Berna, Coll. H.R. Hahnloser.
6. Reparto dell’ospedale di Arles (F 646); Arles, aprile 1889; olio su tela cm.74.0x92.0; Winterthur, Oskar Reinhart Collection 'Am Römerholz'.
7. La camera da letto di Vincent ad Arles (F 482); Arles, ottobre 1888; olio su tela cm.72.0x90.0; Amsterdam: V.G. Museum.
GUANTI DISPARATI OGGETTI PERSONALI IN PELLE E OSSA
parte terza H.D.S. MAROQUINERIES