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[ il guanto e il pertugio ]
Heidegger - Qui il nulla si incontra col nulla, e non c’è nulla, nemmeno un pertugio. Non rimane che scuotere, rassegnati, il capo.[1] 
Dur. 09' 00"
Anche la metafisica, entrando in società, corre rischio d’imboscata.
Pare proprio che non riesca a starsene buona nel suo luogo prediletto, santificato dal silenzio e dal vuoto.

Allora, indossando le galosce del “tuttavia” si muove silenziosa e cauta come presso la soglia di un ostile: e qui, mentre conferma il nulla, eccola far la mano morta per rotolarsi tra le dita qualche boccolo dell’essere.[2]

Precisamente questo avviene:

- quando un quadro non rappresenta proprio nulla e tuttavia mostra ricche scene di vita agreste; [3] 

- quando scarpe che non hanno un luogo né un proprietario tuttavia appartengono ad un preciso luogo dove qualcuno le custodisce amorevolmente; [4]

- quando un vuoto totale senza neppure un pertugio viene tuttavia invaso dalle acque rumorose del mare.[5]

Trionfi della dialettica o colpi di mano della metafisica?
Il nulla, il niente e il vuoto, che negli enunciati hanno goduto della precedenza, vogliono mantenere un certo vantaggio (e il primato) sull’essere, proprio come nella corsa la tartaruga lo manterrebbe su Achille (al netto però del calcolo infinitesimale).
Troppo spesso il nulla fa affidamento sui favori del “tuttavia”, pertugio e galoscia profilattica, senza cui la metafisica non riuscirebbe proprio a spingersi oltre le parole per azzardare il contatto carnale con l’oggetto dei suoi pensieri.
Ma per questa via non è piuttosto l’essere a saltare addosso al nulla?
Lo stringe a mani nude alitandogli contro il suo finalmente ti ho preso.
Volevate veramente sapere perché vi è, in generale, l’essente e non il nulla?[6]
Semplicemente perché in generale e in particolare non c’è assolutamente null’altro che l’essere.
E alla metafisica - se ne stia pure seduta fra le proprie orecchie o ficcata nelle proprie scarpe - non rimane altro che scuotere, rassegnata, il capo.

[1] - Heidegger, Introduzione…,cit. p.37-38 (vedi qui la nota 4).
[2] - Sebbene continuamente sedotta dal “nulla”, la filosofia tuttavia tiene tanto all’essere quanto all’avere, ad esempio, incarichi universitari.
[3] - L’immagine non rappresenta proprio niente, tuttavia “vi è qui qualcosa in cui vien fatto subito, spontaneamente, di ritrovarci, proprio come se noi stessi, in una tarda sera d’autunno, quando si consumano gli ultimi fuochi destinati ad arrostire le patate sotto le braci, tornassimo a casa, stanchi, con la zappa sulle spalle.”[Heidegger, Introduzione alla metafisica, cit.,p.45-46]. Ancora: il quadro rappre-senta un paio di scarpe da contadino e null’altro, e tuttavia… “nell’orificio oscuro dell’interno logoro si palesa la fatica del cammino percorso lavorando”[Heidegger, L’origine,cit, p. 19].
[4] - Nel quadro di van Gogh non potremmo mai stabilire dove si trovino, né di chi sono quelle scarpe.  E tuttavia  “questo mezzo (scarpe) appartiene alla terra, e il mondo della contadina lo custodisce. Da questo appartenere custodito, il mezzo si immedesima nel suo riposare in sé stesso” [Heidegger, L’origine..., cit, p. 19].
[5] - Nella Introduzione alla metafisica (cit. p. 37-38), Heidegger riporta un brano di Knut Hamsun: “Il poeta dice “Egli sta seduto fra le sue orecchie e sente il vero vuoto. Una cosa veramente pazzesca, fantastica. Sul mare (Augusto ha viaggiato sovente sul mare) si muoveva (tuttavia) qualcosa, c’era come un brusio laggiù, qualcosa di udibile, come un coro delle acque. Qui il nulla si incontra col nulla, e non c’è nulla, nemmeno un pertugio. Non rimane che scuotere, rassegnati, il capo”. Heidegger ha sentito la necessità di intercalare il brano del poeta con un “tuttavia”, con ciò stesso aprendo un pertugio all’irrompere dell’essere (seppure allo stato liquido).
[6] - Heidegger, Introduzione…, cit., p. 49.



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