[ i tre moschettieri ]
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Adorno - Ma io sarei comunque lieto, se in questi luoghi non ci si potesse senz’altro stabilire e vi venisse messo un cartello “Soltanto per adulti”. Cautamente gli ho scritto che saggi contro Heidegger, Jaspers e la filosofia come forma sono senz’altro indicati, ma anche che proprio qui sono competenti le più care e più difficili categorie filosofiche.[1]
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Dunque: SOLTANTO PER ADULTI...
Tuttavia, noi, che non abbiamo preteso di tener dietro a categorie filosofiche ma siamo andati avanti per così dire “a fiuto”, annusando qui e là le orme lasciate dai tre professori, possiamo anche continuare a prenderci la libertà di rovistare a nostro piacimento nella querelle provocata – più o meno involontariamente – dal chiarimento di Heidegger circa le scarpe dipinte nel “famoso quadro” di van Gogh. E’ possibile, allora, che Heidegger abbia esitato qualche giorno prima di rispondere alla lettera con la quale Schapiro si diceva interessato a conoscere lo specifico quadro di van Gogh citato nell’Origine Dell’Opera d’Arte. E magari nel frattempo intuì pure che l’americano aveva in serbo un qualche personale affaruccio da sbrigare, un proprio conticino da saldare - fosse pure una semplice faccenduola concernente l’opera pittorica di van Gogh.[2] Heidegger dunque ci pensò su...
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[1] - Theodor Adorno, dalla lettera a Benjamin, Oxford l 6 novembre 1934; in Walter Benjamin, I “passages” di Parigi, cit..
[2] - Nella monografia su van Gogh Schapiro non fa alcun cenno ai diversi quadri che van Gogh ha dedicato al motivo delle scarpe. Le scarpe vengono appena nominate da Schapiro in un rapido elenco di soggetti vangoghiani a pag. 29. [3] - Scarpe e Barbarina entrambe comunque opere di artisti olandesi. [4] - Alexandre Dumas, I tre moschettieri. [5] - Ossia l’opera F 63, veduta da Heidegger alla esposizione di Amsterdam del 1930. [6] - “Un paio di zoccoli di cuoio”, op. F 607. In una lettera a Emile Bernard, Vincent parla di una successiva opera raffigurante calzature (“une nature morte d’une paire de vieux souliers”) dipinta in agosto. Si tratta dell’opera F 461. Queste scarpe sono quasi le stesse delle F 255: viste dall’alto e di faccia, in una versione, diciamo così, arlesiana: più “morbida” nei materiali, luminosa e gialla nella luce, come un paio di girasoli. Anche di queste non si saprebbe di “chi” sono? Sembra però che le “proprie” scarpe Vincent preferisca ritrarle di faccia o di profilo, magari ne mostra anche la suola, ma come un commento. Mentre gli zoccoli di cuoio sono affiancati e visti da dietro (gli voltano le spalle perché non gli appartengono?) queste scarpe arlesiane potrebbero anche essere da contadino (come qualche traduttore ha voluto interpretare) e tuttavia c’è da credere ancora di Vincent. Contrariamente a quelle parigine, queste scarpe mostrano perfettamente “dove” sono: in terra, su di un pavimento mattonato, entrambe pronte, disponibili all’uso, “affidabili”, direbbe forse Heidegger. [7] - Bertold Brecth, Il romanzo da tre soldi (1934), Giulio Einaudi editore, Milano 1958, p.148. |
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Martin Heidegger guarda il monte Sainte-Victoire nel settembre 1968
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Dall'alto:
- F 607 - Un paio di zoccoli; Arles, marzo 1888; olio su tela, cm.32.5x40.5; Amsterdam, V.G. Museum. - F 461 - Un paio di scarpe; Arles, agosto 1888; olio su tela, cm.44.0x53.0; New York, Metropolitan Museum of Art. - F 255 - Un paio di scarpe; Parigi, seconda metà del 1886; olio su tela cm. 37.5x45.0; Amsterdam, V.G. Museum. - F 63 – Natura morta con terraglia, bottiglia e zoccoli; Nuenen, settembre 1885, olio su tela su tavola cm. 39x41,5; Otterlo, Kröller-Müller Museum; |
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VALIGIE |
parte seconda H.D.S. MAROQUINERIES
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