home raccolta supplementi
[ i tre moschettieri ]
Adorno -  Ma io sarei comunque lieto, se in questi luoghi non ci si potesse senz’altro stabilire e vi venisse messo un cartello “Soltanto per adulti”. Cautamente gli ho scritto che saggi contro Heidegger, Jaspers e la filosofia come forma sono senz’altro indicati, ma anche che proprio qui sono competenti le più care e più difficili categorie filosofiche.[1]
Dunque: SOLTANTO PER ADULTI...
Tuttavia, noi, che non abbiamo preteso di tener dietro a categorie filosofiche ma siamo andati avanti per così dire “a fiuto”, annusando qui e là le orme lasciate dai tre professori, possiamo anche continuare a prenderci la libertà di rovistare a nostro piacimento nella querelle provocata – più o meno involontariamente – dal chiarimento di Heidegger circa le scarpe dipinte nel “famoso quadro” di van Gogh.
E’ possibile, allora, che Heidegger abbia esitato qualche giorno prima di rispondere alla lettera con la quale Schapiro si diceva interessato a conoscere lo specifico quadro di van Gogh citato nell’Origine Dell’Opera d’Arte.
E magari nel frattempo intuì pure che l’americano aveva in serbo un qualche personale affaruccio da sbrigare, un proprio conticino da saldare - fosse pure una semplice faccenduola concernente l’opera pittorica di van Gogh.[2]

Heidegger dunque ci pensò su...

Polemico
pensò di rispondere che quel dettaglio era del tutto irrilevante ai fini della comprensione del suo testo. “Si figuri che per me – poteva rispondergli - era del tutto indifferente riferirmi ad una scultura in pietra o ad un dipinto” - un argomento che avrebbe evitato a Derrida di escogitarlo lui, undici anni dopo le obiezioni di Schapiro;[3]

Schietto
si figurò di sguainare il salvacondotto rilasciato dal cardinal Richelieu a Milady de Winter e invece scaltramente impugnato da D’Artagnan per sfuggire dalle grinfie dello stesso cardinale che lo aveva concepito, redatto e firmato: E' per mio ordine e per il bene dello Stato che il latore della presente ha fatto quel che ha fatto."[4] - sarebbe però apparso poco cortese rispondere così ad un collega...

Sbrigativo
stava quasi per chiudere la partita indicando all’americano la natura morta con zoccoli, indubbiamente da contadino[5]; o anche, fossero o non fossero state esposte ad Amsterdam, una delle due paia di scarpe dipinte da van Gogh quatomeno ad Arles – diciamo pure in "campagna" - nell'agosto del 1888.[6]

Invece, con insolita ironia, e forse per ghiribizzo, il filosofo si decise infine di rifilare a Schapiro la stoccata di quel controverso paio di scarpe dipinte a Parigi nel 1886, e che l'americano accolse senza riserve, come fosse d'oro colato.
E’ quasi certo, difatti, che Schapiro ignorava che già una volta il filosofo tedesco aveva dissimulate le tracce del proprio cammino lungo i sentieri del bosco abbandonando busti marmorei per indossare scarpe di cuoio. Del resto “Un uomo che per tre anni è della stessa opinione, dimostra tutt’al più che da tre anni non gli hanno permesso di partecipare al gioco”, ci insegna quel trafficante da tre soldi di Macheath.[7]
Poteva d’altronde, il fiducioso professore americano, immaginarsi un filosofo della Verità con i lineamenti di quella popolare immagine europea che dipinge il contadino con scarpe grosse, sì, ma col cervello fino?

Nondimeno, i tre professori sarebbero dovuti arrivare a capire che

soltanto
una verità mendace
mantiene tutti in marcia, 
sempre però sui propri passi,
come in un labirinto spettrale.

[1] - Theodor Adorno, dalla lettera a Benjamin, Oxford l 6 novembre 1934; in Walter Benjamin, I “passages” di Parigi, cit..
[2] - Nella monografia su van Gogh Schapiro non fa alcun cenno ai diversi quadri che van Gogh ha dedicato al motivo delle scarpe. Le scarpe vengono appena nominate da Schapiro in un rapido elenco di soggetti vangoghiani a pag. 29.
[3] - Scarpe e Barbarina entrambe comunque opere di artisti olandesi.
[4] - Alexandre Dumas, I tre moschettieri.
[5] - Ossia l’opera F 63, veduta da  Heidegger alla esposizione di Amsterdam del 1930.
[6] - “Un paio di zoccoli di cuoio”, op. F 607. In una lettera a Emile Bernard, Vincent parla di una successiva opera raffigurante calzature (“une nature morte d’une paire de vieux souliers”) dipinta in agosto. Si tratta dell’opera F 461. Queste scarpe sono quasi le stesse delle F 255: viste dall’alto e di faccia, in una versione, diciamo così, arlesiana: più “morbida” nei materiali, luminosa e gialla nella luce, come un paio di girasoli. Anche di queste non si saprebbe di “chi” sono? Sembra però che le “proprie” scarpe Vincent preferisca ritrarle di faccia o di profilo, magari ne mostra anche la suola, ma come un commento. Mentre gli zoccoli di cuoio sono affiancati e visti da dietro (gli voltano le spalle perché non gli appartengono?) queste scarpe arlesiane potrebbero anche essere da contadino (come qualche traduttore ha voluto interpretare) e tuttavia c’è da credere ancora di Vincent. Contrariamente a quelle parigine, queste scarpe mostrano perfettamente “dove” sono: in terra, su di un pavimento mattonato, entrambe pronte, disponibili all’uso, “affidabili”, direbbe forse Heidegger.
[7] -  Bertold Brecth, Il romanzo da tre soldi (1934), Giulio Einaudi editore, Milano 1958, p.148.
Martin Heidegger guarda il monte Sainte-Victoire nel settembre 1968



PARAGRAFO successivo



Dall'alto:
- F 607 - Un paio di zoccoli; Arles, marzo 1888; olio su tela, cm.32.5x40.5; Amsterdam, V.G. Museum.
- F 461 - Un paio di scarpe; Arles, agosto 1888; olio su tela, cm.44.0x53.0; New York,  Metropolitan Museum of Art.
- F 255 - Un paio di scarpe; Parigi, seconda metà del 1886; olio su tela cm. 37.5x45.0; Amsterdam, V.G. Museum.
- F 63 –  Natura morta con  terraglia, bottiglia e zoccoli; Nuenen, settembre 1885, olio su tela su tavola cm. 39x41,5; Otterlo, Kröller-Müller Museum;
VALIGIE
parte seconda H.D.S. MAROQUINERIES