IL PADRE DELLE METAFORE
- L’Arte veramente rimane il metodo per un mondo dei capri espiatori.
Un monte Moria verso cui avviarci col proprio sacrificale figlio, covando la certezza che lì, sulla vetta della montagna incantata, un attimo prima di vibrare il colpo mortale, un intervento divino ci trattenga il braccio indicandoci un equivalente da immolare senza dolore.
Abramo, che sotto l’occhio stesso di Dio sostituisce il proprio figlio Isacco con un caprone ripete l’Egitto dei simulacri e fonda ancora il sacro patto sull’inganno, poiché: tromphe-l’oeil tromphe Dieu.
Neppure per un momento il vecchio patriarca dubitò dell’Angelo che gli distoglieva lo sguardo - ossia il coltello - dal palpitante cuore della sua amata creatura.
Bisognava invece disobbedire alla troppo sospetta provvidenza di un comando che autorizzava lo scambio, e sacrificando l’innocente rompere quel vizio scellerato che ci lega con mille patetici fili alle estenuanti cerimonie delle metafore.
Quell’angelo indicatore difatti era Lucifero che cadendo volle giocare un tiro sublime a quel buon vecchio e alla sua progenie, facendogli smarrire per sempre l’occasione di rompere il cerchio allucinante dell’immaginazione per scendere finalmente dall’incanto della montagna incontro al mondo pesante ed immediato.
Ma anche quando infine proprio l’Innocente fu immolato, una nuova metafora venne disposta nella catena infinita delle sostituzioni e altre ancora la seguirono e seguiranno.
Allora ho da dirvi che in verità chiodo non scaccia chiodo.
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