L'INVENZIONE DEL SOGNO
- Faraone vegliò tutta la notte guardando il disco luminoso di una luna che non poteva nascondere la sua tristezza dietro montagne o nubi cariche di pioggia.
Nella terrazza, alta sopra il Nilo, frusciavano le erbe disseccate raccolte lì dal vento torrido delle lontane dune. E tuttavia quell'anno il raccolto s'annunciava abbondante. Ma l'anno appresso? e l'altro ancora dopo?
L'animo di Faraone era oppresso dai ricordi delle carestie trascorse, ma lui doveva essere un nume protettore per il laborioso popolo che voleva salvare dalla fame che spesso lo ghermiva.
- Quest'anno è trascorso senza lutti ed ecatombe d'uomini. L'anno che viene è già nutrito….ma cosa ci riserva il successivo e gli altri ancora dopo?.
Come una larva la Penuria avrebbe preso corpo per portarsi via i figli suoi più cari.
Solo quando il Sole si sistemò alto nel cielo Faraone rientrò nella sua stanza per convocare il sommo Sacerdote.
- Questa notte ho sognato di sette vacche grasse che venivano divorate da sette vacche smunte - prese a mentire davanti all'ecclesiasta. Ed ancora ho sognato di sette spighe piene che venivano ingoiate da sette spighe gracili e stente - aggiunse per potenziare la dose dell'inganno.
- Subito radunerò a consulto gli astrologi e i veggenti per pronunciare il giusto vaticinio - disse solerte il prete.
- Lasciali piuttosto nelle loro celle a trastullarsi pure con frattaglie di pollo o ciottoli di fiumi - lo contenne il dinasta. Invece diffondi tra il popolo le immagini del mio sogno... Intanto segretamente procurami un mago che interpreti le visioni come l'annunzio divino di sette anni di abbondanza ai quali seguiranno sette di carestia. E istruiscilo pure a minacciare che un Dio ci comanda affinché per ogni anno un quinto dei loro raccolti venga riposto nei granai dei templi. Precisamente questo dovrà vaticinare il millantatore, se ci tiene alla vita ed all'onore supremo di Sovrintendente al sigillo dei granai. Ma bada che il simulatore sia straniero, e tanto convincente d'apparire come un ospite inviato da un Dio provvidenziale al mio innocente popolo, da comandare senza le compassioni di un compaesano - ordinò il monarca.
Così per la seconda volta Giuseppe uscì dalla fossa inferiore, e come una rinata spiga lucente si presentò a quel popolo nella cui credulità Iddio aveva riposto persino la chiave della sua propria salvezza.
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