made n.21 Dicembre 2023
LA RIPRESA DELLE OSTILITÀ
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Verbale Della Riunione 28 Ottobre 2020
(carta intestata) OMISSIS
redatto dal sottoscritto coadiuvante per l’attività culturale del gruppo “Incontri Relazionali”, intesa a favorire la socialità intramuraria di genere nell’ambito dell’Istituto Intestatario, per come regolata da decreto ministeriale.[1]
All’incontro nel locale televisione sito nel secondo piano del padiglione A–Sezione Femminile, sono presenti 9 (nove) detenute e 6 (sei) detenuti – elencati con dispaccio a parte.
Inizio riunione, ore 15.30 di mercoledì 28.10.

CAMILLO [2] — Salve. Scusate, ma prima di iniziare vorrei dire qualcosa su quanto stavamo discutendo qualche giorno fa nel cortile. Riguardava una citazione di Bordiga fatta nell’ultimo incontro. Mi era sembrata la parafrasi di un brano di Engels e ho voluto verificare se ricordavo bene.
Bordiga dice: «La natura sembra non lottare, ma in realtà anch'essa lotta. Quando avvenivano le grandi convulsioni telluriche del vulcanismo primitivo dovute al fuoco interno, era una lotta della natura contro sé stessa, come lo sono le lotte di classe all'interno della specie».  Ed ecco qui l’Engels dell'Antidühring: «…qui dobbiamo dimostrare solamente che nei due regni del mondo organico – animale e vegetale – la negazione della negazione ha realmente luogo. Inoltre, tutta la geologia è una serie di negazioni negate, una serie di successivi sgretolamenti di vecchie formazioni rocciose e di stratificazioni di nuove formazioni…. Durante milioni di secoli si formano in questo modo strati sempre nuovi, sempre di nuovo vengono in gran parte distrutti e sempre di nuovo impiegati come materiali per la formazione di nuovi strati. Ma si ha un risultato molto positivo: la costituzione di un suolo dove si trovano mescolati i più diversi elementi chimici in uno stato di sgretolamento meccanico che permette la vegetazione più copiosa e svariata. Altrettanto accade nella matematica...».
E ancora nell’Antidühring c’è qualcosa in più proprio sul nostro argomento: tre interi paragrafi sono dedicati alla Teoria della violenza.
E qui leggo: «…La cosa è già stata ormai dimostrata dal famoso peccato originale, allorché Robinson asservì Venerdì. Fu quello un atto di violenza, quindi un atto politico… e poiché su questo asservimento primitivo poggia del pari tutta la ‘proprietà privata fondata sulla violenza’ e rimasta vigente finora, è chiaro che tutti i fenomeni economici si devono spiegare partendo da cause politiche, cioè dalla violenza. E colui al quale ciò non basta è un reazionario travestito. »…

ANTONIO [3] — Scusa se ti fermo. Sì, in effetti la citazione di Bordiga ricalca quella di Engels e si utilizzerà per il lavoro. Ma la seconda citazione che hai letto in realtà è la tesi di Duhring, che Engels riporta solo per criticarla. Per Engels la violenza politica è un mezzo, mentre per Duhring è la causa prima da cui partire per spiegare l’economia e tutto quanto.

CAMILLO Sì … è così. Perdonate. Stavo per prendere un abbaglio … Difatti, poco più oltre dice: «L'idea che i drammoni politici siano l'elemento decisivo della storia... è la causa principale del fatto che tanto poco ci sia stato conservato di ciò che riguarda lo sviluppo realmente progressivo dei popoli, che si compie silenziosamente nello sfondo di questa scena rumorosa... fa di Duhring un reazionario travestito…». Ed in conclusione, ecco qui, poco più oltre, a pagina 195: «Per il signor Duhring la violenza è il male assoluto, il primo atto di violenza è per lui [e per i reazionari travestiti] il peccato originale, tutta la sua esposizione [della violenza] è una geremiade sul fatto che la violenza, questa potenza diabolica, ha infettato tutta la storia fino ad ora con la tabe del peccato originale, ed ha vergognosamente falsificato tutte le leggi naturali e sociali»… E inoltre solo adesso mi accorgo anche di essere stato in preda di un qui pro quo per molti anni. Ero convinto che nell'Antiduhring i paragrafi dedicati alla "teoria della violenza" erano nel capitolo sul "diritto", mentre in realtà Engels la colloca nell’"economia politica"... Ho unificato il diritto e l’economia politica come ambiti della violenza … magari sbagliavo, ma non del tutto.

ANTONIO — Torniamo a noi. Oggi vorrei leggervi altri punti sintetici sul tema della violenza per capire se vanno bene e soprattutto se la tesi di fondo e lo svolgimento risulta chiaro. (inizia a leggere)
… Definire la violenza come una azione o un comportamento esercitato da un soggetto o da una classe sociale su un altro, in modo da determinarlo ad agire contro la sua volontà, risulta una delimitazione corretta ma un concetto ristretto che non tiene conto del significato generale adattativo che essa esercita nei confronti degli uomini e della natura.
… In senso lato, fenomeni violenti si manifestano da sempre, precedendo di gran lunga il sorgere della cosiddetta “civiltà”, dalla grande esplosione del Big Bang che ha dato origine al cosmo, ai movimenti delle lastre tettoniche che hanno dato forma al rilievo del pianeta, ai terremoti ed eruzioni vulcaniche che  accumulando e sgretolato successive formazioni rocciose hanno mescolato, in milioni di anni, i più diversi elementi chimici costruendo un suolo che permette la vegetazione più copiosa e svariata.
… Se riconosciamo in questi fenomeni manifestazioni di violenza, allora dobbiamo esaminarla non solo dal punto di vista politico e come prerogativa del regno animale ma come un fenomeno e una forza vitale che permea e modifica la materia tutta quanta
... “La natura sembra non lottare, ma in realtà anch'essa lotta. Quando avvenivano le grandi convulsioni telluriche del vulcanismo primitivo dovute al fuoco interno, era una lotta della natura contro se stessa, come lo sono le lotte di classe all'interno della specie” (Bordiga)
… Quindi se vita e lotta sono momenti fra loro inseparabili, l'aggressività, che fa parte del corredo biologica e istintuale del genere umano, non può essere un aspetto alternativo ma complementare e inseparabile dalla cooperazione, risponde al bisogno degli uomini di stare insieme
… Già Marx, in una rara intervista alla domanda del giornalista su cosa fosse la vita, rispose perentorio: la vita è lotta.
… Con più di un secolo di ritardo anche la scienza ufficiale sembra pervenire a conclusioni simili. Nell'ambito dell'etologia moderna, la disciplina scientifica che studia le abitudini e i comportamenti animali, non è raro trovare descrizioni relative alla aggressività come forme di comunicazione alla basa del rapporto fra individui della stessa specie. Lo zoologo Konrad Lorenz, suggerisce, ad esempio, che le relazioni sociali si hanno soltanto negli animali con un'aggressività intra-specifica.
… Come sappiamo le uccisioni all’interno della stessa specie animale sono eventi rari perché la lotta si arresta allo stato potenziale quando l’animale vinto emana un segnale convenzionale per comunicare al vincitore la propria resa. Essere aggressivi in modo flessibile, fermando l’escalation al momento giusto fa parte delle strategie evolutive e serve all'individuo a sopravvivere.
... Nell'uomo il riso o il sorriso non sono altro che ritualizzazioni del comportamento di minaccia che consisteva nel digrignare i denti e che, nel corso dell'evoluzione, perduta la primitiva carica di aggressività, ha acquisito una valenza pacificatrice
... All'inizio quando gli ominidi, scesero dagli alberi, non dovevano differire molto, in quanto ad aggressività intraspecifica, dai gruppi attuali di gorilla o di bonobo. Nello stesso tempo però anche la socialità si presentava come una risorsa per sfamarsi meglio, per essere maggiormente protetti e difesi in caso di pericolo.
... Molto probabilmente, gli ominidi stabilivano relazioni fra di loro sulla base di atteggiamenti aggressivi con i quali ogni singolo dava una rappresentazione intimidatoria di se agli altri sufficientemente efficace da stabilire un ordine sociale senza bisogno di lottare ogni volta che si incontravano e alimentavano.
… Se l'istinto aggressivo ancestrale fosse stato rimosso completamente o abbassato sotto una certa soglia di tolleranza il singolo sarebbe stato privato di quella difesa naturale basata sulla diffidenza e l'ostilità nei confronti degli altri predatori, senza i quali non aveva scampo nella lotta per la vita. Nello stesso tempo si trattava di non precludersi le possibilità, anch'essa vitali, di cooperare con altri individui della stessa specie, anch'essi attrezzati con le stesse aggressive modalità di sopravvivenza.
… In questo conflitto con se stessa la natura, da un lato, arma l'istinto, che spinge l'uomo in direzione del primate, dall'altra parte l'incalza con la forza della collettività che lo spinge in direzione opposta. Un controsenso che si risolve spostando il conflitto ad un livello superiore: trasformando la violenza cinetica in violenza potenziale.
… Conteso, in questa lotta della natura, l'ominide si è trovato a vivere lo strano conflitto in cui aggressività e altruismo, cooperazione e repulsione attirandosi e respingendosi allo stesso tempo, hanno dato luogo ad uno stato di natura, tanto fisico che mentale, lontano sia da un ordine immutabile e statico, dettato dal puro raziocinio, sia dal disordine incontrollabile del caos animalesco primordiale. È barcamenandosi intorno a questa condizione, in lotta fra il caos primordiale e il piano emergente di vita di specie, che si è andata formando la primordiale rete relazionare umana intrecciata su piccoli nodi stretti intorno a esigui raggruppamenti umani.
... È stato proprio questo stato di equilibrio instabile, puntellato da esibizioni muscolose, grida e fughe precipitose, la strettoia in cui la natura ha costretto gli uomini a imboccare la strada di una superiore complessità, obbligandolo ad assumere, nel tempo, una propria coerenza sociale interna.
... “L'animale uomo – scrive Bordiga – comincia a descrivere il suo ciclo non certo uniforme e continuo né privo di crisi e di ritorni, ma nel senso generale inarrestabile, dal primo stato di libertà individuale illimitata, di autonomia totale del singolo, alla soggezione sempre più estesa ad una rete sempre più fitta di vincoli che prendono il carattere e il nome di ordine, di autorità, di diritto”.

...La caccia ha contribuito a rinsaldare i legami sociali.  Il singolo si è adattato a vivere interiorizzando e rispettando regole e norme senza bisogno di mediazioni o interventi aggressivi: l'attività cooperativa si è fatta ormai abbastanza potente da orientare naturalmente tutti i componenti il gruppo verso una condivisione che presuppone armonia e complicità reciproca fra i componenti il gruppo sociale. Le regole ormai sono dettate dal lavoro comune e dal tipo di collaborazione che richiede, a cui nessuno ha più interesse a sottrarsi e vi si adatta spontaneamente
… “Il senso generale dell'evoluzione è quello di rendere statisticamente meno frequenti i casi in cui la violenza tra uomo e uomo viene consumata nella forma cinetica, con la lotta, la sanzione corporale, l'esecuzione capitale, ma nello stesso tempo di rendere più frequenti in raddoppiata ragione i casi in cui la disposizione autoritaria viene eseguita senza resistenza poiché l'oggetto di essa sa, per esperienza, che non gli conviene sottrarvisi” (Bordiga).
... A queste prime aggregazioni comunistiche non era permesso di domiciliare a lungo nello stesso luogo, altrimenti non avrebbero dato il tempo ad animali e frutti di riprodursi e maturare, dovevano poter restare gruppi esigui per potersi spostarsi alla ricerca o all'inseguimento di sempre nuove fonti alimentari.
...Lungo il paleolitico era consuetudine che quando due comunità entravano in contatto ne scaturisse, il più delle volte, un conflitto sanguinoso il cui esito, generalmente, consisteva   nell'annientamento indiscriminato di tutti i componenti la comunità che aveva la peggio.
… Per sostenersi, al fine di preservare un equilibrio fra le risorse disponibili nel territorio e un numero limitato dei cacciatori-raccoglitori che l'abitavano, la lotta intra-specie restava il solo tratto storicamente percorribile. Non aveva niente a che vedere con un serie indiscriminata di atti crudeli e casuali, come comunemente viene accreditato.
... Secondo le parole di Marx, la violenza è la levatrice di ogni vecchia società gravida di una nuova, è lo strumento con cui si compie il movimento della società, e che infrange forme politiche irrigidite e morte
... Il comunismo è stato il punto di partenza ma non costituisce il punto d'arrivo assoluto della storia. Piuttosto un approdo sicuro e provvisorio, su cui l'umanità si appoggia per prendere slancio dopo avere conquistato nuove condizioni sociali sulle quali poter imbastire un progetto globale relativo al proprio divenire.
...In questo senso, la dittatura del proletariato non potrà essere che l'ultima manifestazione di violenza socialmente organizzata.
...i comunisti, pur non essendo partigiani della violenza sempre e in ogni caso, sanno che essa è un mezzo di rinnovamento indispensabile tanto al movimento della materia quanto di ogni risultato umano. Qualsiasi cambiamento è ostacolato dall'inerzia dell'ambiente e il rinnovamento non può realizzarsi se non attraverso uno sforzo tanto più violento tanto più intensa è la resistenza esercitata.
... Se la violenza resta un elemento indispensabile nell'epoca del trapasso dalla condizione pre-umana a quella decisamente umana della società comunista è anche perché, oltre a fiaccare le resistenze della borghesia, è il solo modo con il quale le classi dominate potranno scrollarsi di dosso le vecchie e stantie categorie borghesi.
… In Marxismo e persona umana, Bordiga scrive: “La liberazione delle coscienze dagli ammassi delle vecchie superstizioni non è affare di educazionismo propagandistico ma soprattutto di forza. La violenza non solo è un agente economico, ma un professore di filosofia”. Anche per questo motivo il partito non dissimulerà i suoi scopi e rivendica apertamente l'uso della forza.
... Eliminato il capitalismo ogni cambiamento sociale sarà previsto, messo al vaglio, valutato e programmato nel suo sviluppo ulteriore secondo i consigli e le coordinate elaborate dal partito, il quale venuta meno la sua funzione politica con l'estinzione degli antagonismi di classe, avrà assunto i connotati di un organismo che rappresenta e coordina la prassi della specie umana. Nel senso di salvaguardarne la continuità salendo ad un gradino superiore della lotta. Quella diretta a prevenire disastri naturali, cambiamenti climatici e epidemie ...  risolvendo quelli che oggi sono problemi di salute ma che possono anche configurarsi in futuro come controllo e salvaguardia dei processi evolutivi.
... La lotta della natura con se stessa non ha termine e non può arrestarsi, ma perviene a nuovi e inediti risultati. Se l'uomo è la natura che prende coscienza di se stessa (Élisée Reclus), con il comunismo lo farà in modo appropriato essendosi dotata anche di un proprio organo di senso: il partito di specie.

MARIO [4] — Il lavoro mi sembra che abbia una sufficiente coerenza e un suo peso specifico. Col procedere dell'elaborazione si potrebbero anche individuare gli argomenti da sviluppare successivamente – vedi dittatura del proletariato.

LORENZO [5] — Si. Mi pare buono. È stata raggiunta una qualche coerenza di fondo e non è cosa da poco. Vengono aperti capitoli enormi, come la dittatura del proletariato – che ovviamente non sono approfonditi e che ci impegnano a farlo. Ma per quanto generico mi sembra un primo passo per proseguire. 

ADELE — Concordo con quanto detto da Lorenzo. Ci sono però due inesattezze sul testo, non essenziali ma comunque da correggere.
All'inizio. quando gli ominidi, scesero dagli alberi, non dovevano differire molto, in quanto ad aggressività intraspecifica, dai gruppi attuali di gorilla o di bonobo. I bonobo non sono un buon esempio, sostituiamoli con gli scimpanzé. Wrangham, nel libro Il paradosso della bontà spende circa 50 pagine per dimostrare come i bonobo, al contrario degli scimpanzé, siano un esempio di domesticazione che ha per effetto la diminuzione dell'aggressività reattiva. Al di là delle sue conclusioni, tutto il discorso è suffragato da forti indizi sulla tesi sostenuta.
E poi la citazione di Élisée Reclus, che “l'uomo è la natura che prende coscienza di se stessa”, non è corretta. Reclus afferma che "l'uomo è un espediente della natura per pensare se stessa".  Non è una differenza da poco; non c'è una presa di coscienza (termine fuorviante) ma un'interazione che trova un terminale per trasmettere maggiore informazione. Ci sono parecchie cose che si potrebbero aggiungere al riassunto che, ripeto, mi sembra ben centrato. 

CAMILLO — Trasmettere maggiore informazione alla natura!!! … Che la natura possa avere necessità di conoscersi e si mette in cerca di espedienti mi sembra un’assurdità veramente ridicola. Ed Élisée Reclus non era mica un cabarettista... e poi, anche un lombrico potrebbe fare da espediente…. 

ANTONIO — Sulla citazione di Reclus le traduzioni in italiano sono diverse ma comunque il senso è lo stesso. Quella che ho trovato in francese: “L’homme est la nature prenante conscience d’elle meme”. Dove l’homme  si può tradurre come uomo o umanità. Comunque avremo occasione di discuterne meglio.
Sull’altro punto faccio una brevissima considerazione. La differenza fra scimpanzé e bonobo non è tanto da ricercare, a mio parere, nel grado di aggressività fra le due specie, piuttosto in una diversa strategia per trasformare la violenza cinetica in violenza potenziale. Trasformazione che è alla base di quasi tutte le specie animali. Mi sembra di capire che i bonobo esercitano una specie di alleanza, soprattutto da parte delle femmine nei confronti dei maschi aggressivi. Insomma gli menano se fanno i bulli…È un modo “intelligente” per tenere sotto controllo i comportamenti sociali.

LORENZO — Violenza cinetica e violenza potenziale!? … In un nostro testo fondamentale si fa riferimento alla “forza” e non alla “violenza” come cinetica o potenziale. Mi sembra un modo piuttosto disinvolto di manipolare l’argomento. Forse che gli ultimi arrivati hanno delle ragioni più buone rispetto alle nostre classiche definizioni? Se Marx fosse partito dal più recente paradosso della bontà invece che dalla vecchia teoria della selezione naturale, con Darwin o Morgan, sarebbe forse arrivato a risultati migliori? Beh, io non lo credo. Si sarebbe ritrovato con le solite robinsonate degli economisti politici del capitalismo di sempre.

ANTONINO [6] — Io sto continuando la lettura del testo di Wrangham, che trovo molto interessante. La tesi di fondo che sostiene è che, ad un certo punto, attraverso la soppressione degli individui più aggressivi, si sia innescato nell'Homo Sapiens un meccanismo evolutivo che ha modellato corpo e cervello dei membri della specie, fino a renderlo una creatura normalmente molto più docile degli stessi bonobo, a cui egli ritiene noi siamo più affini rispetto agli scimpanzé. Per lui le specie addomesticate tra cui l'uomo, che si è autoaddomesticato, hanno caratteristiche "pedomorfiche", cioè giovanili. È un concetto un po' simile a quello della neotenia, secondo me. 
Il paradosso della bontà è che essa è stata ottenuta grazie a Caino, per usare una metafora. 
Quello che l'autore ad un certo punto si chiede è come l'omicidio sia diventato parte delle abitudini della specie, anche in un contesto pre-agricolo (e quindi comunistico). In base a quanto sostiene, ciò è stato possibile grazie alle crescenti abilità cognitive, che consentivano agli uomini di organizzarsi, di parlarsi al fine di spettegolare e cospirare, un po' come avvenuto per Giulio Cesare. 
C'è quindi un'interazione continua tra sviluppo delle abilità cognitive (la neocorteccia), soppressione della violenza reattiva (quella istintiva, che i lupi non perdono mai, anche se vengono ammansiti) e incremento delle interazioni sociali, indispensabili allo sviluppo di società sempre più complesse.
Mi viene da dire che la violenza reattiva, istintiva, resterà sempre parte degli strumenti di cui la specie è dotata per affrontare le avversità della vita: quella che invece lui chiama proattiva (quella che muove la mano di chi fa una guerra organizzata o un omicidio premeditato) è qualcosa che scomparirà, in una società senza famiglia, proprietà e Stato.  Sintetizzando: la società futura sarà un mondo senza galere ma con più onore, dato che nessuno verrà a salvarti se meriti delle mazzate. >
Il lavoro degli Uffici Unificati nel 1991
Voglio proporvi qui un'interessante citazione: «L’insieme delle prove – cranio e scheletro, complessità culturale, cervello – suggerisce che i Neanderthal non avessero un linguaggio così come lo intendiamo noi. In base a ciò, possiamo concludere che prima della separazione tra Homo sapiens e Neanderthal, tra 275000 e 765000 anni fa, il linguaggio dei nostri antenati del Pleistocene Medio fosse molto meno sofisticato del nostro. Ne consegue che nei nostri antenati diretti il linguaggio divenne sempre più efficace a partire da 765000 anni fa, anche se è impossibile stabilire con quale ritmo.
È quindi molto probabile che nella linea di Homo sapiens le abilità linguistiche fossero migliorate notevolmente rispetto a tutti gli altri Homo. Quel miglioramento fu accompagnato dalla capacità degli individui di formare coalizioni che escludevano od ostracizzavano un membro del gruppo nel momento in cui diventava un aggressore dominante. Le coalizioni favorirono la selezione contro gli uomini troppo aggressivi. Il risultato fu una modificazione continua, diretta verso una specie tollerante, pedomorfica e con il cranio più leggero; in altre parole, verso l’autodomesticazione ».

CAMILLO — Vi chiedo scusa, ma il mio spirito non sempre è pronto ai miei comandi, e spesso ha bisogno di riposare prima di rispondere. Sì, è più simile allo spirito delle scale che a quello dell'ascensore! Così solo adesso si decide a "provare" ad esprimersi (concisamente, mi prometto, ma non credo di riuscirvi) con qualche considerazione riguardo la violenza, o quantomeno attorno alla piega che sta prendendo la sua trattazione da parte nostra.
Per prima cosa devo dire che mi pare – non lo metto tra virgolette ma lo sottolineo marcatamente. Dunque: mi pare che una certa narrazione "evolutiva" circa l'uomo e la violenza sembra condotta ad iniziare dall'uomo isolato; ossia come da un singolo che sviluppa gradualmente una capacità organizzativa, collaborativa e solidale secondo un processo che da uno stadio originale di "violenza" individuale lo porta a contenerla, a controllarla, per convogliarla all'esterno della specie o dei gruppi della specie.
Se ho inteso male ... poco male. Mi scuso e proseguo il ragionamento.
È questa una narrazione che “credo” di avere riscontrato anche in Bordiga. Ma ciò forse non dovrebbe intimidirci, perché magari lui aveva ben altre rogne da pelare che mettersi a sottilizzare più di tanto.
Ora voglio riflettere sul fatto che se noi facciamo partire tutto da un originario stato pre-comunistico primitivo abitato da individui violenti, si suppone con ciò stesso non tanto una semplice e insignificante "fase"... ma, credo, una vera e propria rottura nella continuità della specie homo con ogni altra specie... Possiamo forse dire che il lupo è "violento" nei confronti della pecora, senza con ciò fare dell'antropomorfismo alla Disney?
E poi, come si renderà possibile sostenere che nel comunismo-superiore la violenza, che è un mezzo, uno strumento, venga a cadere se la diciamo presente in quello più primitivo, o, peggio, fin dalle origini?
Parlare di “violenza biologica” – come è stato detto – credo sia del tutto fuorviante…
Insomma, nel comunismo primitivo la violenza non dovrebbe essere presente se non vogliamo ritrovarcela poi anche in quello sviluppato… Non so se mi spiego.
Intendo dire che mi sembra chiaro che dall'impasse se ne uscirebbe solo prendendo del tutto letteralmente – ad esempio – la vecchia definizione dell'uomo come "animale sociale”; in quanto specie che fin dall’inizio, originariamente, è sociale, collaborativa, solidale e consorziata eccetera, e non che “lo sarà”… o meglio, che lo sarà di nuovo, pienamente umana, quando uscirà dal regno preistorico della necessità, nel futuro regno storico della libertà. Eccetera.
E che dunque la "violenza" per come è "oggi" comunemente intesa e sottintesa, è propriamente un mezzo, uno strumento ecc. che viene forgiato soltanto nella "lotta" delle società divise in classi, per come le scandisce la nostra dottrina. La violenza è una nozione normativa, storica, che se la vede, e la si vede, con il Diritto… Prima c’è solo uno scambio organico immediato, un fluire biologico con la natura; poi tale scambio si perfezionerà (tramite le socializzazioni produttive) in direzione del rendimento di vita…   Solo così, allora, usciti dalla preistoria, ritroviamo – stavolta come specie consapevole eccetera – quell'invarianza della specie che già è stata senza "violenza".... piuttosto solo in rapporto (dialettico? …in lotta? ... scambio energetico?) con la natura...
Dunque, la "narrazione" che mi balena è che la socialità (e non la bontà, ad esempio) è un tratto distintivo della specie Homo – in analogia, ad esempio, con api e formiche… comunismo primitivo? – che si sviluppa e si evolve fino ad un certo punto, prima di essere travolta dalla Forma di Produzione secondaria, e poi terziaria e quaternaria,  per come descritto dalla nostra dottrina dei modi di produzione … È in questa lunga epoca successiva alla prima, che la "violenza" nasce, agisce ed accumula energia ... ma per saltare e tirarsi fuori, infine, dalle società di classe. Fatto il salto, non serve più....
E non è poi per niente troppo diverso da come ci siamo detti essere stati lo svolgimento e la conclusione.
L'altra cosa che si risolverebbe con questa descrizione, e non credo sia cosa da poco, è che così fin dall'inizio non si presenterebbe neppure il “singolo” – per come è inteso ora, ovvero il singolo e la coscienza, la persona e l’ego, con la sua volontà quale fattrice di storia, e in definitiva il nostro spernacchiato Battilocchio… che forse nasce solo dopo quel “crollo della mente bicamerale” ipotizzato da Jaynes …
Basta. Mi ero promesso di essere breve, ma proprio non riesco e magari rimando tutto al prossimo incontro, o anche prima, se volete. Ma credo che prima di andare avanti dovremmo avere, e dare, una visione chiara e più adeguata di certi aspetti fondativi. 
Marx, come Darwin, dice esplicitamente che l'anatomia dell'uomo serve a spiegarci l'anatomia della scimmia. Ma temo che noi stiamo facendo il contrario... e, per di più imboccando controversi sentieri antropologici, etologici, psicologici, spesso infestati dall’immaginazione e dai fantasmi di tutte le culture di ogni specie e provenienza.  Per questa via magari ci ritroveremo a vedercela da capo pure con i “mirmidoni”, un antico popolo della Grecia di cui si narra discendesse dalle formiche, trasformate in uomini da Zeus per ripopolare l'isola di Egina devastata da una pestilenza… e spiegare così lo “zoon politikon” … L’uomo portato a unirsi ai propri simili per formare delle comunità non implica forse la vita di singoli non ancora portati? …  
Il fatto è che partire dalla violenza nel capitalismo, ossia dalla violenza come trattata nella nostra letteratura, significherebbe quanto meno fare i conti con i tre paragrafi della "teoria della violenza" – piuttosto che con Lorenz o Gould – e poi da qui risalire l'arco storico che lega la violenza delle società di classe al loro medesimo destino di estinzione.... eccetera. Solo per questa strada Lorenz o Gould, Leroi-Gourhan o Wilson possono eventualmente ricadere sotto la nostra critica. Forse che questa via sia meno attraente della loro? Scusate davvero. Basta così.

ANTONIO — Non capisco bene con chi e con cosa te la prendi. Innanzi tutto nello scritto che ho letto non si fa mai menzione della violenza nel comunismo primitivo, se mai si accenna alla guerra fra comunità comuniste fra di loro … La violenza semmai ha agito per stabilizzare la struttura comunitaria e una volta conseguita diventa non necessaria.

CAMILLO — Giusto. Allora, forse ciò che oggi chiamiamo “guerra” originariamente era un fenomeno diverso dalla “violenza”. Se quest’ultima si presenterebbe per stabilizzare la sua base presuppone forme organizzative ovviamente di per sé instabili, quindi non omeostatiche, cioè non originarie, non biologiche … allora, invece, si presenterebbe sulla base materiale di forme successive, storiche, come lo sarà appunto la forma monogamica della famiglia o quella dello Stato, del Diritto eccetera, ad esempio.

ANTONIO — Non capisco neppure a cosa ti riferisci quando menzioni un presunto individuo isolato a cui sarebbe stato, addirittura, attribuita la facoltà di fattore di storia. Se così fosse si tratterebbe di un evidente e gravissimo errore di teoria. L’uomo è un essere sociale e nessuno può sostenere il contrario. Mi sembra che nello scritto sia ben sottolineato, con la precisazione che con la socialità nasce anche l’aggressività e che l’una è complementare all’altra.  (questa eventualmente è la tesi da rifiutare)
L’anatomia dell’uomo serve…eccetera, eccetera. E’ evidente che per “raccontare” il percorso umano, dobbiamo avere un criterio preciso e che questo parte dalla storia “conclusa”, dal risultato che conosciamo in anticipo: la società senza classi, senza mercato, senza concorrenza, ecc. Se non conosciamo il risultato storico (anatomia dell’uomo), come facciamo a ricostruire il percorso e l’inizio degli ominidi (anatomia della scimmia)?
Va beh, ne riparleremo. Tanto abbiamo occasione di riprendere meglio gli argomenti.

CAMILLO Intanto, non è detto che l’aggressività sia lo stesso che la violenza…  Io me la prendo con qualcuno solo se ci sto litigando. E tra compagni non è il caso. Non ho detto che si è parlato di violenza nel comunismo primitivo. Ma non è sufficiente non parlarne per escluderla. E nella visione generale offerta oggi è sottaciuta una fase pre-comunistica in cui dominerebbe il caos e il singolo. Rapiti dal racconto forse non ve ne siete accorti. Non mi piace fare la parte del pedante, ma mi sono annotate certe frasi. “È barcamenandosi intorno a questa condizione, in lotta fra il caos primordiale e il piano emergente di vita di specie, che si è andata formando la primordiale rete relazionale umana intrecciata su piccoli nodi stretti intorno a esigui raggruppamenti umani”… e quindi: “Il singolo si è adattato a vivere interiorizzando e rispettando regole e norme…”. E, ancora: “A queste prime aggregazioni comunistiche non era permesso di domiciliare a lungo nello stesso lungo…” eccetera.
Dunque: prima di queste “prime aggregazioni comunistiche” cosa c’era?
È ovvio che qui il soggetto è il “singolo” che agisce, infatti: si adatta … al divieto di restare – … nel Paradiso? – , e addirittura porta avanti “il piano emergente della specie” (questo concetto mi piace, andrebbe solo definito). Che questo ipotetico “singolo” sia messo lì al posto di “tutti i singoli”, non credo cambi la sostanza del punto da chiarire. Per cui la domanda sostanziale da porre credo sarebbe quella di chiedersi se questo “singolo” sia mai potuto esistere sin dall’inizio realmente come tale invece che come tardo prodotto storico, e quindi come tale svilupparsi e infine morire.      
Certo. Lo nomina anche Bordiga: “L'animale uomo comincia a descrivere il suo ciclo … dal primo stato di libertà individuale illimitata, di autonomia totale del singolo, alla soggezione sempre più estesa ad una rete sempre più fitta di vincoli che prendono il carattere e il nome di ordine, di autorità, di diritto”. Ma queste supposte primordiali “libertà individuali illimitate” e “autonomie totali del singolo” mi sembrano più appropriate alle illusioni della “persona” civile nelle sviluppate società classiste piuttosto che al singolo corpo dell’animale homo habilis che “comincia” … Comincerebbe cioè come singolo totalmente autonomo? Allora spunterebbe il Dio creatore di un uomo già bell’e fatto… così come bell’e fatti sono il violento Caino e il buono Abele, … L’uomo, inteso come singolo, insomma, non diventa un animale sociale, ma inizia come “animale sociale”… e dunque solo così potrà risolversi come animale universalmente sociale… Non so se mi sono spiegato.
Ma se Bordiga aveva ben altre rogne da pelare, quelle non pelate da lui dovrebbero spettare a noi, e non adagiarci sulle sue parole. E forse le parole di Bordiga andrebbero comprese meglio e diversamente collocate nel suo argomentare. Ci sarebbe altro, ma va beh… Come non detto. Vediamo di andare avanti comunque.

ADELE — Per pelare la nostra rogna magari servirebbe pure qualche ricerca più scientifica e aggiornata. Io ho provato a estrapolare dei pezzi dal recente libro dell’antropologo Richard Wrangham, Il paradosso della bontà, che vi consiglio di leggere. Ci sono molti spunti interessanti che vanno al di là dell'argomento che cerchiamo di trattare e in particolare residui che non hanno trovato una funzionalità nei meccanismi evolutivi ma che rimangono presenti nell'anatomia delle specie. Un esempio per tutti: i capezzoli maschili. Ma questa è un'altra storia. Nel libro, tutte le tesi sostenute vengono spiegate e corredate da "prove" – metto il termine tra virgolette, perché parlando di frammenti consumati dal tempo, si dà evidentemente un buon spazio all'interpretazione di chi li esamina – e reperti sostanzialmente indiscutibili.  Nella mia estrapolazione, scelta per dimostrare una serie di affermazioni contenute nei nostri punti, non ho messo anche la spiegazione per non allungare troppo il brodo. Il linguaggio non è il nostro ma si intende bene cosa si vuole sostenere.
Ora voglio leggervi qualche brano da una rassegna che ho fatto di questo libro, che poi vi darò completa in fotocopia.[7]. Ecco qui, ad esempio…
… La docilità andrebbe considerata come un principio fondante del genere umano, non perché è insolita ma perché probabilmente è un prerequisito indispensabile per la cooperazione e l’apprendimento sociale di livello avanzato.
… Per capire come si comportavano i cacciatori-raccoglitori nel Pleistocene, quando le loro capacità erano alla pari con quelle dei vicini, dobbiamo cercare casi moderni in cui più società di cacciatori-raccoglitori vivevano ancora l’una accanto all’altra, senza agricoltori o pastori nei dintorni. Conosciamo solo sei aree di questo tipo: Australia, Tasmania, isole Andamane, Terra del Fuoco, Alaska occidentale e regione dei Grandi Laghi in Canada. In ciascuno di questi casi la situazione che emerge è la stessa: le relazioni tra vicini erano spesso pacifiche, in particolare se i diversi gruppi condividevano la lingua e l’etnia. Tuttavia a volte si verificavano degli scontri. In quelle occasioni, la violenza iniziava tipicamente sotto forma di imboscate, incursioni, attacchi a sorpresa. Le aggressioni proattive coalizionarie erano la tecnica principale, e lo scopo era uccidere.
Ancora oggi assistiamo ad accese discussioni sulla frequenza di tali conflitti, sul contesto in cui avvenivano e sul tasso di mortalità che causavano. Secondo una scuola di pensiero, prima dell’avvento dell’agricoltura le battaglie e la «guerra vera» erano eventi rarissimi. I sostenitori di questa idea affermano che fin dalla notte dei tempi i cacciatori raccoglitori nomadi avevano sempre avuto un tasso di violenza ridotto nelle relazioni con gli altri gruppi, finché non comparvero gli agricoltori e sorse la necessità di difendersi da loro. Questi studiosi tendono a suggerire che prima della rivoluzione agricola non ci fosse bisogno di combattere: se nasceva un conflitto tra due gruppi di cacciatori-raccoglitori, uno dei due poteva spostarsi altrove. A volte dietro questa tesi c’è un esplicito motivo politico.
L’antropologo Douglas Fry, per esempio, scrive: «Un importante contributo generale dell’antropologia è quello di aver messo fine alle bugie sulla “piaga della guerra” dimostrando che la guerra non è una componente naturale e inevitabile della natura umana».
… La tipologia più rilevante dal punto di vista evolutivo è la guerra semplice, che si verifica nelle società prestatali su piccola scala ed è più simile alle aggressioni tra gruppi tipiche di alcuni animali. Le schermaglie sono così brevi, e l’organizzazione così poco militaresca, che alcuni antropologi evitano di usare la parola «guerra» per questo stile di violenza. Consiste per lo più in brevi attacchi a sorpresa. La guerra semplice è l’unica tipologia presente nelle società in cui gli uomini hanno relazioni egualitarie (anche se di solito si tratta solo dei maschi adulti sposati, quelli che Gellner chiama «i cugini») e in cui nessuno lavora per gli altri o ha autorità sugli altri. Tutti sono guerrieri, a eccezione degli infermi, e non c’è una gerarchia militare. Quando sorge un conflitto con un altro gruppo, i guerrieri possono discutere un piano insieme, ma nessuno costringe un altro a partecipare. Ciascuno decide se unirsi all’attacco o starsene a casa. Questi modelli di comportamento si trovano sia nei cacciatori-raccoglitori nomadi sia in alcune popolazioni di agricoltori itineranti, come i mundurucu in Brasile e gli yanomamö in Venezuela....

CAMILLO — … Docilità, aggressione, sorpresa, domesticazione, selvaggi buoni e cattivi… Sono queste le parole con cui dovremmo dilettarci? Io avevo capito che prima di tutte avrebbero dovute essere forza, violenza, o dittatura nella lotta di classe…
E va beh. Come non detto. Staremo a vedere dove ci porteranno queste delizie psicologiche.
La riunione si conclude alle ore 18.10 di mercoledì 28.10
 
(il verbalizzante) OMISSIS
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[1] . Cfr. Piano ministeriale della Performance per il triennio 2018-2020 approvato con D.M. in data 2 marzo 2018.
[2] . [ DI MEO Camillo ]
[3] . [ MILANESI Antonio ]
[4] . [ DEL PRÀ Mario ]
[5] . [ DI FILIPPO Lorenzo ]
[6] . [ PARTANNA Antonino ]
[7] . N.d.R. – Qui sono riportati solo tre brani della rassegna effettivamente letta nell’incontro; l’intera rassegna è tra i Materiali in Dossier “Incontri Relazionali – 2018-2020” dell’archivio circondariale. 



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