SENZA PROGETTO |
Raymond Roussel . 1914
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COME HO SCRITTO ALCUNI MIEI LIBRI
Mi sono sempre proposto di spiegare in che modo avevo scritto alcuni dei miei libri (Impressions d'Afrique, Locus Solus, L'Etoile an front e La Poussière de Soleils). Nella prima, lettres [lettere] era preso nel senso di «segni tipografici», blanc [bianco] nel senso di «gesso » e bandes [bande] nel senso di «sponde»: «le lettere tracciate col gesso bianco sulle sponde del vecchio biliardo». 1) Roue (nel senso di ruota di vettura) à caoutchouc [di gomma] (materia elastica); 1) Maison [edificio] à espagnolettes [con spagnolette] (maniglie di finestra); 1) Baleine (mammifero marino) à ilot (da isoletta); 1) duel [duello] (combattimento a due) à accolade [con abbraccio] (due avversari che si riconciliano dopo il duello e si danno l'abbraccio sul terreno); 1) mou [molle] (individuo fiacco) à raille [da burla] (qui pensai ad un collegiale pigro che i compagni deridono per la sua incapacità); 1) Revers (risvolto d'abito) à marguerite [con margherita] (fiore che si infila in un'asola, ad un risvolto di abito); 1) Métier [mestiere] à aubes [da aurore]. Ho pensato ad un mestiere che spinge ad alzarsi di prima mattina; 1) Cercle [cerchio] à rayons [con raggi] (linee geometriche); 1) Veste [vestito] à brandebourgs [con passamanerie]; 1) Parquet [pavimento] à chevilles [per caviglie]; 1) Etalon [metro campione] à platine [di platino] si sa che il metro campione è di platino; 1) Dominos [domini] (persone che indossano un domino) à révérences [con riverenze] (saluti); 1) Tronc [cassetta di chiesa] à ouverture (con fessura in cui si mette il denaro); 1) Postilions [cavalieri] à raccourci [da scorciatoia]; 1) Paravent [paravento] (mobile) à jour [a giorno] (buco esistente in un paravento); 1) Natte (treccia che una donna fa con i propri capelli) à cul [fino al sedere] (ho pensato ad una treccia molto lunga); 1) Favori [favorito] (ciuffo di barba) à collet (sul bavero); 1) Louche [mestolo] à envie [da voglia] (voglia di un goloso di fronte alla zuppa); 1) Melon [melone] à pincee [con pizzico] (di sale); 1) Suède [Svezia] à capitate [con capitale] (città); 1) Jardinière [giardiniera] (mobile da giardino) à œillets (per garofani); 1) Mollet (polpaccio) à gras [con grasso] (del muscolo); 1) Toupie [trottola] à coup de fouet [con frustata] (colpo che il bambino da alla trottola chiamata palèo); 1) Dragon [dragone] (animale favoloso) à élan [con slancio] (un dragone che prende lo slancio); 1) Pistolet [pistola] à canon [a canna]; 1) Sabot [zoccolo] à degrés [a gradini] (di una scala); 1) Aiguillettes [fette] à canard [di anatra]; 1) Théorie [teoria] (libro) à renvois [con note] (indicazioni tipografiche); 1) Phalange [falange] (di dito) à dé [con ditale] (per cucire); 1) Marquise [marchesa] à illusions [con illusion!] (una marchesa che abbia conservato delle illusioni); 1) Loup [lupo] à griffes [con unghie]; 1) Fraise [fragola] à nature [di natura] (la bella natura); 1) Feuille [foglia] à tremble [di tremula] (albero); 1) Marine [marina] (forze navali) à torpille [con siluro] (strumento militare); 1) Boléro [bolero] (giubbetto) à remise [con ribasso] (ribasso fatto sul prezzo di un giubbetto); 2) boléro (danza) à remise (in rimessa); da cui il bolero danzato da Séil-Kor e Nina. 1) Tulle (tessuto leggero) à pois [a pallini] (di una veletta); 1) Martingale [martingala] (striscia di stoffa) à tripoli [con tripolo] (sostanza che serve a pulire i bottoni di una martingala); 1) Mousse [mozzo] à avant [a prua]; 1) Quinte [quintal (termine musicale) à resolution [di risoluzione] (termine musicale); 1) Pratique [cliente] à monnaie [con denaro]; 1) Guitare [chitarra] (titolo di una poesia di Victor Hugo) à vers [in versi]; 1) Meule [catasta] (termine agricolo) à bottes [di fastelli] (di fieno); 1) Portée [rigo] (termine musicale) à barres [con aste] (di misura); 1) Plante [pianta] (vegetale) à faux [da falce] (di falciatore); 1) Arlequin [Arlecchino] (personaggio carnevalesco) à salut (saluto); 1) Châtelaine [castellana] à morgue [con alterigia]; 1) Crachat [sputo] à delta [a delta] (formato dallo sputo come da un fiume); Ma non posso citare tutto; mi fermerò qui per quanto concerne la creazione basata sull'accoppiamento di due parole prese in due sensi differenti. 1) « Au clair de la lune mon ami Pierrots » [al chiaro di luna Pierrot amico mio]; Ecco un altro esempio dell'applicazione del procedimento evoluto. 1) « Napoleon premier empereur » (Napoleone I Imperatore); Usavo qualsiasi cosa. |
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Avevo visto in un album di Caran d'Ache una divertente serie di disegni intitolata: « Variazioni sul tema Patientez un peu » [Abbiate un po' di pazienza]. Uno di essi che aveva come titolo Antichambre ministerielle [anticamera ministeriale] mostrava un povero uomo in attesa (da moltissimo tempo, lo si indovinava dall'espressione) seduto non lontano da un usciere. Ne ricavai questo: 1) « Patience [pazienza, in rapporto all'attesa] à antichambre ministerielle » [da anticamera ministeriale], 2) « Patience (arnese per lucidare i bottoni) à entiche ambre mine hystérique » [da attira ambra mina isterica] (mina che si precipita verso... ambra, che si incapriccia di...); da cui l'apparecchio descritto in Nanon.
I quadri viventi sono costruiti su alcuni versi del Napoleon II di Victor Hugo. Ma a questo punto nella mia memoria ci sono molte lacune che mi obbligheranno a mettere dei punti di sospensione. 1. Oh revers oh lecon quand l'enfant de cet bomme [1. Oh sventura oh lezione quando il figlio di questo uomo Di qui gli Ensorcelés du lac Ontario, e Haendel écrivant sur sa rampe. 1) « Rideau cramoisi » [Tenda cremisi] (titolo di una novella di Barbey d'Aurevilly); 2) « Rif d'ocre a mois i» [ride di ocra con muffa], Questo procedimento, in fondo, è apparentato alla rima. Nei due casi c'è creazione imprevista dovuta a combinazioni foniche. So che aggiunsi a prétendant delle parole da cui ricavai tutto ciò che si riferisce al raitro; ricordo solo la prima: prétendant refusé [pretendente rifiutato], di cui feci rêve usé (sogno sfumato); di qui il sogno del raitro. Avec un parti pris de rudesse ses gens Qui tous seraient Si troverà nell'episodio del gallo Mopsus (pp. 246 sgg.): ailé [alato] (il gallo che vola) coma [coma] (immobile come nel coma); Saturne (messo in comunicazione con Saturno); poi la hotte élastique [la gerla con le bretelle elastiche], I'ave; e (alia fine della p. 251) la risata provocata in Noël da Mopsus che offre un fiore di sauge [salvia] a Faustine. Come ho già detto, i miei due libri L'Etoile au Front e La Poussière de Soleils sono costruiti secondo lo stesso procedimento. Ricordo specialmente che, nell'Etoile an Front, Ie parole « singulier » [singolare] e « plurielf » [plurale] mi hanno dato « Saint-]ules » [San Giulio] e « pelure » [buccia] nell'episodio del Papa San Giulio. (Si potrebbero del resto trovare tra le mie carte alcuni fogli con la spiegazione abbastanza chiara del modo in cui io ho scritto L'Etoile au Front e La Poussiére de Soleils. Si potrebbe trovare anche un episodio scritto subito dopo Locus Solus e interrotto dalla mobilitazione del 1914 in cui si paria specialmente di Voltaire e di un posto pieno di lucciole; questo manoscritto meriterebbe forse di essere pubblicato). E’ ovvio che gli altri miei libri: La Doublure, La Vue, e Nouvelles Impressions d'Afrique sono assolutamente estranei al procedimento. Vorrei segnalare una curiosa crisi che ebbi all'età di diciannove anni, mentre scrivevo La Doublure. Per alcuni mesi provai una sensazione di gloria universale di straordinaria intensità. II dottor Pierre Janet che mi ha curato per lunghi anni, ha descritto tale crisi nel primo volume della sua opera De L'Angoisse à I'Extase (pp. 132 sgg.); mi chiama con il nome di Martial, scelto a causa del Martial Canterel di Locus Solus. Vorrei anche, in queste note, rendere omaggio all'uomo di incalcolabile genio che fu Jules Verne. Bisogna ancora che parli qui di un fatto abbastanza curioso. Ho viaggiato molto. In particolare nel 1920-21, ho fatto il giro del mondo attraverso le Indie, l'Australia, la Nuova Zelanda, gli arcipelaghi del Pacifico, la Cina, il Giappone, e l'America. (Durante questo viaggio feci una sosta abbastanza lunga a Tahiti, dove trovai ancora alcuni personaggi del magnifico libro di Pierre Loti). Conoscevo già i principali paesi d'Europa, l'Egitto e tutto il Nord Africa; più tardi visitai Costantinopoli, l'Asia Minore e la Persia. Ma, da tutti questi viaggi, non ho mai ricavato nulla per i miei libri. Mi è sembrato che la cosa meritasse di essere segnalata tanto dimostra chiaramente che per me l'immaginazione è tutto. Alcune brevi note biografiche termineranno questo lavoro. Fui educato con mia sorella Germaine, più tardi duchessa di Elchingen, poi principessa della Moskowa dal 21 ottobre 1928, giorno in cui morì senza lasciare figli il fratello maggiore di mio cognato, Napoleon Ney, principe della Moskowa, sposato a S.A.I. la principessa Eugenia Bonaparte, discendente diretta del re Giuseppe e di Luciano Bonaparte. Fatto curioso: quasi tutti i nomi dell'Impero si trovavano riuniti nella famiglia di mio cognato: il fratellastro era principe d'Essling e duca di Rivoli; la sorella maggiore aveva sposato S.A. il principe Murat, pretendente al trono di Napoli; le altre sorelle erano: la moglie del principe Eugene Murat, la duchessa di Camastra, la duchessa d'Albuféra e la duchessa di Fezensac. Inoltre, il mio nipote ed unico erede Michel Ney, duca d'Elchingen e futuro principe della Moskowa, sposò, il 26 febbraio 1931, Hélène La Caze, nipote, da parte di madre, di Ferdinand de Lesseps e pronipote di Napoleone III e dell'imperatrice Eugenia. Al suo matrimonio fui testimone con il principe Murat.Nostro fratello maggiore Georges, morto nel 1901, era ormai un giovanotto quando noi eravamo ancora bambini. Ho conservato della mia infanzia un ricordo delizioso. Posso dire di aver conosciuto allora anni di perfetta felicità. Mia madre adorava la musica e, trovandomi dotato per questa arte, mi fece lasciare a tredici anni il liceo per il Conservatorio, dopo aver trionfato su una lieve resistenza di mio padre. Frequentai il corso di piano di Louis Diemer e ottenni un secondo poi un primo «accessit». Verso i sedici anni provai a comporre melodie di cui io stesso facevo i versi. I versi venivano sempre facilmente, ma la musica rimaneva ribelle. Un giorno, a diciassette anni, scelsi di abbandonare la musica per fare solo versi; la mia vocazione era decisa. A partire da quel momento fui invaso da una febbre di lavoro. Lavorai, per cosi dire, notte e giorno per lunghi mesi, durante i quali scrissi La Doublure, la cui composizione ha coinciso con la crisi descritta da Pierre Janet. Quando La Doublure fu pubblicata, il 10 giugno 1897, il suo insuccesso mi causò uno choc di una violenza terribile. Ebbi l'impressione di essere precipitato fino a terra dall'alto di un prodigioso vertice di gloria. La scossa giunse a provocarmi una specie di malattia cutanea che si manifestò con un arrossamento di tutto il corpo e mia madre mi fece visitare dal nostro medico, credendo che avessi la rosolia. Da questo choc derivò soprattutto una terribile malattia nervosa di cui soffrii per parecchio tempo. Mi rimisi all'opera, ma in modo più saggio che non all'epoca della mia grande crisi provocata dall'eccessivo lavoro. Per alcuni anni fu un lavoro di prospezione. Nessuno dei miei lavori mi soddisfece, tranne Chiquenaude che pubblicai verso il 1900. A venticinque anni scrissi La Vue. Questo poema fu pubblicato nel «Gaulois du Dimanche» e fu notato da alcuni letterati. Vi si fece una allusione, anche nel Sire de Vergy, un'operetta che era in scena allora al Théâtre des Variétés: uno dei personaggi, non so più quale, guardava dentro una penna recata da Eve La Vallière, una veduta che rappresentava la battaglia di Tolbiac. Dopo La Vue, scrissi Le Concert e La Source, poi mi dedicai di nuovo alla ricerca per parecchi anni, durante i quali pubblicai solamente (sul «Gaulois du Dimanche») l’Inconsolable e Têtes de Carton du Carnaval de Nice. Questa ricerca mi dava dei tormenti e mi è capitato di rotolarmi per terra in crisi di rabbia, sentendo di non poter riuscire a procurarmi quelle sensazioni d'arte cui aspiravo. Finalmente, verso i trent'anni, ebbi l'impressione di aver trovato la mia strada grazie alle combinazioni di parole di cui ho parlato. Scrissi Nanon, Une Page du folklore breton, poi Impressions d'Afrique. Impressions d'Afrique apparve a puntate sul «Gaulois du Dimanche» e passò del tutto inosservato. E anche quando apparve in libreria, nessuno vi fece attenzione. Uno solo, Edmond Rostand, a cui avevo inviato una copia, la capì immediatamente, se ne appassionò e ne parlò a tutti, giungendo a leggerne dei frammenti ad alta voce ai familiari. Mi diceva spesso: «Si potrebbe trarre uno straordinario lavoro teatrale dal vostro libro». Queste parole mi impressionarono. Inoltre soffrivo di essere incompreso e pensai che forse attraverso il teatro avrei raggiunto più facilmente il pubblico che non col libro. Trassi dunque da Impressions d'Afrique una riduzione teatrale che feci rappresentare prima al Théâtre Fémina, poi al Théâtre Antoine. Fu più di un insuccesso, fu un coro di proteste. Mi si trattava da folle, si «faceva il verso» agli attori, si gettavano monetine sul palcoscenico, lettere di protesta erano inviate al direttore. Una tournée fatta in Belgio, in Olanda e nel Nord della Francia non ebbe maggiore fortuna. Durante questo periodo scrivevo Locus Solus. Come Impressions d'Afrique l'opera apparve a puntate nel «Gaulois du Dimanche» e, come quella, passò del tutto inosservata. In libreria, risultato zero. Di nuovo volli ricorrere al teatro e chiesi a Pierre Frondaie di fare una riduzione teatrale di Locus Solus che feci rappresentare con grande fasto al Théâtre Antoine. Alla prima ci fu un tumulto indescrivibile. Ci fu una battaglia, poiché questa volta, se quasi tutta la sala era contro di me, avevo almeno un gruppo di ferventi sostenitori. II caso fece molto scalpore e il mio nome fu conosciuto da un giorno all'altro. Ma, lungi dall'essere un successo, fu uno scandalo. Poiché, a parte il piccolo gruppo di sostenitori di cui ho parlato, tutti si erano coalizzati contro di me. Secondo l'espressione di un giornalista, si trattò di «una levata di penne». Di nuovo mi trattarono da folle, da mistificatore; tutta la critica lanciò grida di indignazione. Ma finalmente un risultato era ormai ottenuto, il titolo di una delle mie opere era celebre. In tutte le riviste di varietà, quell'anno, ci fu una scenetta, su Locus Solus, e due riviste vi si ispirarono per il loro titolo: Cocus Solus (che, più fortunata del mio lavoro, suo padrino, superò la centesima replica) e Blocus Solus ou les bâtons dans les Ruhrs. Pensando che l'incomprensione del pubblico potesse dipendere dal fatto che fino ad allora gli avevo presentato a teatro solo adattamenti di libri, decisi di comporre un testo specificamente per la scena. Scrissi L'Etoile au Front che feci rappresentare al Vaudeville. Nuovo tumulto, nuova battaglia, nella quale però i miei sostenitori erano questa volta molto più numerosi. Al terzo atto l'agitazione crebbe a tal punto che fu necessario, a metà scena, abbassare il sipario per rialzarlo soltanto dopo un po' di tempo. Durante il secondo atto ad uno dei miei avversari che aveva gridato a coloro che applaudivano «Hardi la claque» - [forza con la «claque!»] -, Robert Desnos rispose «Nous sommes la claque e vous êtes la joue» - [Noi siamo lo schiaffo e voi siete la guancia]. – La battuta ebbe successo e fu citata da diversi giornali. (Nota divertente, invertendo la l e la j si ottiene «Nous sommes la claque et vous êtes jaloux» - Noi siamo la claque e voi siete gelosi -, frase che senza dubbio non era priva di una certa esattezza). Anche questa volta la critica si scatenò contro di me e, come sempre, si parlò di follia o di mistificazione. Chiamarono il lavoro L'Araignée sous Ie front [il ragno sotto la fronte] e qualche giornalista intervistò i miei attori per sapere se scrivevo i testi seriamente o se il mio scopo era quello di prendermi gioco della gente. Seppi che alla fine di una rappresentazione un gruppo di studenti per un po' di tempo, aveva atteso la mia uscita per fischiarmi. Comunque il numero dei miei sostenitori aumentava sempre più. Dopo L'Etoile au Front scrissi La Poussiére de Soleils che feci rappresentare al Porte-Saint-Martin. Ci si contese i posti per la prima e l'affluenza fu enorme. Molti venivano solo per il piacere di assistere ad una serata burrascosa e prendervi parte. Comunque lo spettacolo non fu disturbato. Solo una volta, ad un accenno di manifestazione ostile, uno dei miei sostenitori gridò; «Silenzio idioti!» II lavoro non fu capito; e a parte poche eccezioni la critica fu detestabile. Una serie di rappresentazioni date un po' più tardi al Renaissance non fu più fortunata. Quando il sipario calava, la gente gridava ironicamente «l'autore... l'autore...» Tuttavia ad ogni mio spettacolo vedevo gente nuova passare dalla mia parte. Per scrivere L'Etoile an Front e La Poussière de Soleils avevo interrotto la composizione di un'opera in versi iniziata nel 1915 [7]. In questo periodo ero tomato alla poesia, abbandonata da parecchi anni, e l'opera in questione era Nouvelles Impressions d'Afrique, portata a termine solo nel 1928. Si stenterebbe a credere, infatti, quanto tempo esiga la composizione di versi simili. Provo a darne un'idea. Le Nouvelles Impressions d'Afrique dovevano comprendere una parte descrittiva. Si trattava di un minuscolo binocolo a tracolla, in cui ciascuno del tubi, largo appena due millimetri e fatto per essere applicato contro l'occhio, racchiudeva una fotografia su vetro, uno quella dei bazars del Cairo, l'altro quella di un viale di Luxor. Io feci la descrizione in versi di queste due fotografie. (Si trattava, in sostanza, di una ripresa esatta del mio poema La Vue). Terminato questo primo lavoro, ripresi l'opera dal principio per la messa a punto dei versi. Ma dopo un po' di tempo ebbi l'impressione che una vita intera non sarebbe bastata per questa messa a punto e rinunciai a portare a termine il mio compito. Il tutto mi era costato cinque anni di lavoro. Se si ritrova il manoscritto tra le mie carte, forse può interessare, così com'e, qualche mio lettore. Ora, se, dai tredici anni e mezzo che passarono tra l'inverno del 1915 e l'autunno del 1928, tolgo i cinque anni di cui ho parlato, più il tempo in cui ho scritto L'Etoile au Front e La Poussière de Soleils, mi accorgo che ci sono voluti sette anni per comporre le Nouvelles Impressions d'Afrique, così come le ho presentate al pubblico. Concludendo questo lavoro ritorno sul sentimento doloroso che provai ogni volta vedendo come le mie opere urtavano contro una incomprensione ostile quasi generale. (Non ci vollero meno di ventidue anni per esaurire la prima edizione di Impressions d'Afrique). Posso dire di aver conosciuto veramente la sensazione del successo solamente quando cantavo accompagnandomi al piano e soprattutto grazie alle numerose imitazioni, che facevo di attori o di persone qualsiasi. Ma allora, almeno, il successo era enorme e unanime. E mi rifugio, in mancanza di meglio, nella speranza che ci sarà forse una postuma fioritura di interesse nei confronti dei miei libri. |
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[1] . In parentesi quadre si danno Ie traduzioni letterali dei singoli termini; Ie indicazioni in parentesi tonda figurano nel testo di Roussel.
[2] . C'era talvolta una lieve differenza tra le parole, come qui, per esempio, dove ilot differisce un po' da ilote. [3] . [tour (torre) + billon (antica moneta di bronzo)] [4] . [Raitro: nel Cinquecento, soldato tedesco a cavallo. Etimologia: attraverso il fr. reître, che è dal ted. reiter ‘cavaliere’] [5] . Ho scoperto dopo la pubblicazione del mio libro che esiste sul pianeta Marte un lago chiamato Solis Lacus. [6] . In seguito, l'autore fece distruggere questo primo pezzo di composizione. I Documents pour servir de canevas sono i primi sei di una serie di trenta «documenti» che dovevano seguire nel testo postumo. |
[7] . Poiché mi occupo qui della parte poetica della mia opera, vorrei citare quattro versi che, giovanissimo, mi ero divertito ad aggiungere a quella poesia di Victor Hugo che comincia così: « Comment, disaient-ils, / Avec nos nacelles / Fuir les alguai-ils? / - Ramez, disaient clles». [- Come, essi dicevano / con le nostre navicelle / Fuggire gli alguazils? / - Remate, esse dicevano -]. Ecco i quattro versi che dovevano seguire gli ultimi della poesia: «- Comment, disaient-ils / Nous sentant des ailes / Quitter nos corps vils? / - Mourez, disaientelles» [- Come, essi dicevano / sentendoci le ali addosso / abbandonare questi corpi abietti? / - Morite, esse dicevano -].
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