L'ASCENSIONE PROMETEICA |
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André Leroi-Gourhan . 1964
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L'unico settore direttamente chiamato in causa per lo sviluppo delle società civili è la metallurgia, che sarebbe però incomprensibile se non la si collocasse nel quadro delle arti del fuoco (ceramica, vetro, coloranti, calce e gesso) che costituiscono un complesso inscindibile. In materia di invenzione, sarebbe un errore credere al genio eccezionale, che trae dal niente un oggetto tecnico isolato.
È necessario un certo spazio affinché l'intelligenza individuale si eserciti sulla materia: in un complesso di tecniche che per secoli hanno mobilitato un numero rilevante di individui ha potuto avere origine la metallurgia. È impossibile datare l'uso del fuoco; sappiamo solo che i Sinantropi lo coltivavano e che i Paleantropiani lo possedevano. La prima applicazione tecnica che se ne conosca, a parte l'utilizzazione culinaria, risale all'alba del Paleolitico superiore, verso il 35000 a.C. Da quell'epoca, infatti, si hanno le prime testimonianze della calcinazione delle ocre ferruginose praticata allo scopo di ottenere tinte sfumate tra il giallo arancione e il rosso viola. Il trattamento dei coloranti ferruginosi col fuoco prelude di lontano alle altre applicazioni dato che nessun documento consente di pensare alla pratica della cottura dell'argilla, che tuttavia avveniva talvolta per caso nei focolari degli abitanti delle caverne. È solo verso il 6000, in Irak, che sembra siano stati cotti, casualmente ma di frequente, figurine modellate e forni fatti di argilla; ed è solo verso il 5000 che fa la sua comparsa e si diffonde nelle prime società agricole la ceramica propriamente detta. All’incirca nella stessa epoca compare per la prima volta lo stucco e, dalla Mesopotamia al Mediterraneo, la riduzione del gesso in stucco mediante il fuoco fornisce rivestimenti per il suolo e le pareti. Ceramica e fabbricazione dello stucco indicano una provata conoscenza delle temperature tra i 500° e i 700°, e la possibilità di superare 1000° in parti molto limitate e convenientemente aereate del focolare. Si può perciò ritenere che verso l'anno 4000 prima della nostra era numerosissimi vasai e fornaciai maneggiano il fuoco in modo che man mano riesce ad acquistare le qualità necessarie per ridurre gli ossidi metallici in metallo. Il trattamento della calce ricavata dai calcari adatti corrisponde per di più alla possibile presenza nel focolare di un elemento chimico riduttore, utile ad abbassare il punto di fusione del minerale. L'ambiente favorevole alla comparsa della metallurgia è, almeno in teoria, sicuro. Temperatura ed elemento riduttore costituiscono due dei tre termini dell'equazione metallurgica. Neppure il terzo, il minerale, manca perché tra i coloranti, oltre all'ocra ferruginosa la cui riduzione presenta qualche difficoltà, compare la malachite, ad alto contenuto di rame. Usata con tutta probabilità come belletto, è comune in Egitto, e se ancora non sappiamo niente di preciso sulla scoperta della riduzione del rame, sappiamo però che tra il 5000 e il 3000 gli elementi per ottenerla sono già presenti, che dopo il 3000 il rame è diventato comune, dall'Egitto alla Mesopotamia, e che nel 2000, epoca della nascita del ferro, il bronzo o il rame si sono diffusi a macchia d'olio dall'Atlantico alla Cina. Il coincidere della prima metallurgia con le prime città è qualcosa di più di un caso; è l'affermazione di una formula tecno-economica che ha già in sé tutte le conseguenze della storia delle grandi civiltà. Se considerata nei suoi elementi isolati, la civiltà è incomprensibile; decifrarla attraverso la evoluzione di una ideologia religiosa o politica significa rovesciare il problema, vedervi solo la combinazione di situazioni tecno-economiche sarebbe d'altronde altrettanto inesatto perché tra il vertice e la base si forma un ciclo: l'ideologia in un certo senso si cala nello stampo della formula tecno-economica e ne orienta lo sviluppo, così come, nei capitoli precedenti, abbiamo visto che il sistema nervosi si calava nello stampo del corpo. Ma al punto in cui si colloca il presente capitolo pare che la base tecno-economica sia l'elemento fondamentale. Potremo, in seguito, indagare come si scarichi la corrente ideologica nella quale l'individuo tenta di sfuggire alla presa del sistema materiale che sempre più lo trasforma in cellula spersonalizzata, ma afferreremmo solo la realtà epidermica se prima non ci formassimo una immagine reale dello scheletro e dei muscoli della società. I popoli che ci hanno conservato il ricordo di questo primo periodo delle società moderne ebbero coscienza del carattere ambiguo dell'organismo che nasceva e non è senza ragione se il mito di Prometeo riflette nello stesso tempo una vittoria sugli dei e un incatenamento, o se la Bibbia, nella Genesi, espone l'assassinio di Abele per mano dell'agricoltore Caino, fondatore della prima città e antenato del suo doppione Tubalcain, primo metallurgo. |
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Il tecnico è quindi padrone della civiltà perché è padrone delle arti del fuoco. Dal focolare (che alcuni secoli di ceramica gli hanno insegnato ad adoperare) esce lo stucco, e poco dopo il rame e il bronzo.
Dalle scorie e le loppe, residui della lavorazione dei metalli, ha origine il vetro. Ma l'artigiano è un demiurgo asservito. Abbiamo già visto che la sua posizione del sistema tecno-economico è una posizione di subordinazione: è lui a forgiare le armi usate dai capi, lui a fondere i gioielli portati dalle loro donne, lui a martellare il vasellame degli dei, Vulcano onnipotente, zoppo e ridicolizzato. È lui che, per cinquanta secoli, senza che ci sia stata una vera evoluzione dei livelli ideologici, ha posto tra le mani degli uomini «importanti» i mezzi di realizzare il trionfo del mondo dell'artificio su quello della natura. L'atmosfera di maledizione in cui, per la maggior parte delle civiltà, comincia la storia dell'artigiano del fuoco, non può considerarsi altro che il riflesso di una frustrazione, percepita intuitivamente fin dall'origine. |
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Immagine in alto: Tabella delle arti del fuoco che dimostra sulla scala delle temperature i legami tra le tecniche del metallo, della ceramica e del vetro. (p. 207)
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Da Andrè Leroi-Gourhan, Il gesto e la parola, Einaudi, Torino 1977, pag.206-210
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