Archivio (comunque indiziario) di Aut.Trib.17139 | |||||||
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LA PITTURA DEL VICINO E' SEMPRE PIÚ VERDE . Anno 6, numero 7, Dicembre 1983 . Carmelo Romeo . Vedi qui tutti i brani dello studio sulla superficie (in pittura) . Scarica il Pdf 01.54 Unico e veridico dossier sulla mera superficie (in pittura), e i fascicoli Complementi e Mi fornisca una spiegazione .
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LA MERA SUPERFICIE (brani 01/33)
01 - Quando la pittura giunge ai limiti della non-percettibilità, raggiunta è la soglia della opposizione tra figura e sfondo. Consumata è la genealogia della figura, il suo procedere da compattezza a dispersione. 02 - La pittura (astratta)(concreta) respinto il feticismo della rappresentazione non poteva risolvere e liberarsi dal feticismo stesso. Necessario sarebbe stato prima dissolvere le condizioni materiali sulle quali ancora poggia ancora il feticismo. Piuttosto ha dato l'abbrivio ad un processo di spostamento che allora fonda il quadro in sé come feticcio, e lo spostamento successivo doveva necessariamente porre l'artista come feticcio. Puntualmente. (cfr. 26). 03 - I "poli opposizionali" di figura e sfondo -nella fase precedente ancora interni al quadro, tesi nella determinazione della figura in quanto "appariscenza"- sono andati progressivamente spostandosi prima verso l' esterno della figura, poi oltre il quadro medesimo, quasi come sotto l'effetto di una forza centrifuga; mossi, si potrebbe sospettare, come da una intima necessità di approssimarsi sempre più ad una tangibilità inequivocabile e irriducibile, verso una realtà definita e, al limite, fondamento stesso della pur inequivocabile realtà d'essere delle pittura. (cfr. 21) 04 - L'opposizione tra figura e sfondo, unica reciproca garanzia alla loro integrità di "segno", prende a vacillare e annuncia il precipitarsi dell'una nell'altro, o viceversa. Ma non preannuncia ancora un risolversi, bensì un coincidere di tutte le figure e della morfologia medesima. Allora un confondersi della genealogia [e del rango ]. Ovvio come l'incesto divenga anche una categoria linguistica, un precetto dell'immaginario moderno. Così la trasgressione e lo scarto mostrati quali segreti propri della creatività efficace (efficiente), divenute un cruccio per il soggetto istituiscono il più esteso e fortunato luogo comune, tanto realizzativo che prassiologico e soprattutto critico. [app.- coazione e impulso mimetico, imitativo...] 05 - Spostatasi l'asse dal prodotto al procedimento, la pittura si raccoglie nell'area del "dipingendo"; ma può riuscire a cogliersi per la prima volta integralmente come concetto solo quando si sofferma e intrattiene sul bordo dal "non-dipingendo". Quando, e là dove affermazione e negazione gli si svelano quale unità dialettica della sua esistenza pratica. Quando e là dove tutto è rimesso in gioco.(cfr. 18) 06 - (OMISSIS) 07 - L'approssimarsi della pittura verso l'area della non-pittura espunge progressivamente dal quadro le tracce della attività pittorica (cancellazione delle orme - le code di paglia servono a questo?) fino alla negazione dell'attività tutta, quando poi, entrata in questa area, vi precipita nel baricentro (vittoria della legge di gravità o delle leggi dell'ospitalità?). Dopo questo viaggio e precipitare non vi è però annichilimento dell'artista, ritorno alla coscienza ingenua, il viaggio essendo stato intrapreso nel nome stesso della pittura e dei suoi modi di simbolizzare e simbolizzarsi. Qui si attua [attuerebbe] quell'emancipazione della pittura dalla sensibilità retinica (Duchamp) che sarebbe [è] realizzazione del pensiero greco antico nella sua tendenza ad elevarsi dal visibile all'intelligibile? Nella contingenza della pittura, cioè immediatamente o in pratica, la compattezza di ogni figura, la sua stessa esistenza e sussistenza in quanto tale (restare figura) è qui pericolosamente minacciata: la soglia tra le due aree essendo una cuspide (punto) o una cresta (linea). Onde il precipitare incipiente di uno stato della pittura nel suo opposto (anche cambiamento delle particolarità dell'arte nella generalità dell'estetica). 08 - Essendo lo sfondo la più dispersa delle figure è la figura stessa della dispersione. In ciò è dunque l'ultima e la prima figura della pittura. In questa affermazione si potrebbe individuare una contraddizione in termini, se non fosse che nel linguaggio il primato della materia si manifesta come primato del significante. (cfr. 21) 09 - La pittura, emancipatasi lungo il cammino certamente non lineare delle anamnesi, da ogni figura intestina (forme della rimozione) e finanche dal colore, è fortemente propensa a risolversi interamente nella "mera superficie". Che non è ancora un dissolversi -sebbene ne abbia l'aria; invece in questa forma, trovando la figura della propria ansia, finalmente s'acquieta e su sé stessa riposa e conta. Che poi questa particolarissima figura sia stata determinata dal "disperdersi" (analitico) ovvero dal "dispiegarsi" (simbolico) delle figure (iconografia - iconologia) precedentemente egemoni, introdurrebbe un'ulteriore questione. In termini operativi si deve dunque pensare ad un approntare la superficie del quadro e tenerla (tenersi) in una sospesa fissità? La "mera superficie" non è da ravvisare tanto come un'opera o una famiglia di opere di pittura, quanto come la forma paradigmatica che assume la pittura in una sua determinata fase storica e sotto particolari condizioni. 10 - La "mera superficie" posta come compiuta pittura può apparirci a tutta prima, rispetto alle forme storiche che la precedono, come una manifestazione del tutto semplice e inadeguata, come primordiale, antica e da sempre presente nella pittura in ogni sua epoca perché condizione tecnica elementare, di partenza, quindi sottintesa, allora taciuta. E tuttavia, considerata in questa semplicità, dal punto di vista del sistema della pittura, "superficie" è una categoria tanto moderna quanto lo sono i rapporti che producono questa semplice astrazione. Questi rapporti potrebbero comprendersi nelle loro linee generali a condizione di seguire l'intreccio dello sviluppo particolare della pittura con lo sviluppo della produzione materiale in genere. 11 - Omissis (teoria della centrifuga) 12 - Dopo il primitivo separarsi delle attività lavorative (sviluppo storico della divisione sociale del lavoro) è la volta delle singole attività ad essere sottoposte ad ulteriori accelerazioni e scissioni interne (sviluppo tecnologico e organizzazione industriale del lavoro) che arrivano ad investire le singole fasi di un medesimo processo produttivo, e, ancora di un medesimo momento produttivo. - Omissis - La pittura sottoposta anche lei alla forza crescente della nostra ideale "centrifuga" sociale-economica, si ritrova alla fine come "superficie" interamente decantata dalle figure pesanti che ne impedivano il palesamento. 13 - Benché la "superficie" sia stata da sempre la conditio sine qua non della pittura, prima di assumere valore autonomo che solo poteva ottenere dall'opera emancipatrice dell'analisi naturale (materiale) delle separazioni (cfr. Imprinting, pag.75) e delle leggi di sviluppo (anche individuali) dei codici tutti e dei "modi" di codificare, essa rimaneva sussunta quale precondizione del tutto naturale in un paradigma di pittura che compattava delle molteplicità linguistiche che, a loro volta, solamente lungo il medesimo processo di scissione ci si sono svelate con le loro particolarità e possibilità autonome di sviluppo (endogenesi). Lungo questo processo di separazione si è svolto quel cammino storico che faceva corrispondere ogni separazione discreta con l'individuazione di altrettante e corrispondenti categorie estetiche che, allontanandosi tra di loro e sviluppando in questa separatezza la loro medesima separazione , sono andate di volta in volta determinando e fondando movimenti poetici e stili individuali come attualizzazioni di derive particolari, ma sempre ricostituendo l'unità indenne dell'opera. (cfr. 27) 14 - La "superficie" segna dunque un certo limite alle continue separazioni e agli spostamenti che proprio a partire dall'epoca capitalistica sono andate vieppiù moltiplicandosi e, data la celerità, sommandosi in una situazione che vede la compresenza di molti stili. Come una certa fisica fissa nell'atomo il proprio limite, una certa pittura fissa nella "superficie" il momentaneo limite della pittura. Oltre il cielo della "superficie" estendendosi il cosmo e le costellazioni dell'altra faccia, del retro: il cosmo dei significati (cfr."l'occhio verticale"). 15 - Quello che è, e in definitiva rimane, presupposto immediato della pittura, dal quale questa sempre necessariamente riparte, sembra ritrovarsi allora anche come risultato ad un certo definito grado del proprio sviluppo. Ma dopo tutto questo la pittura ritrova solamente la forma della superficie, in realtà avendo raggiunto un risultato del tutto nuovo. Alla originaria negazione della superficie (dello sfondo) tramite la pittura (la figura) -prima negazione- è seguita le negazione della pittura (della figura) tramite la superficie (lo sfondo) -seconda negazione-. La doppia negazione ritrova il primo termine, ma stavolta non più come precondizione immediata e naturale, ma come affermazione della pittura senz'altro. Qui è stavolta una dialettica intesa non impropriamente come mediazione e conciliazione, bensì, propriamente, quale combattimento e risoluzione di un termine contro l'altro. 16 - Ferma restando la triade "figura" - "sfondo" - "pittura": - se prima della soglia o cuspide nella quale attualmente l'abbiamo posta, la pittura poggiava sul rapporto antinomico tra figura e sfondo (tra compattezza e dispersione, tra informazione e silenzio), ma in quanto pittura rimaneva una vaga astrazione -quando non rozzamente allegorica rappresentazione-, una volta soppressa l'antinomia tra i primi due termini è inevitabilmente il terzo termine della triade a giovarne, trovando nella forma di questa soppressione (la "mera superficie") il corpo per incarnarsi e divenire visibile. La "pittura" da questo momento non è più solamente un'astrazione concettuale ma inizia a possedere una propria morfologia stretta, sensibile. E se è vero che esistono solo "significanti", nello "sfondo" risolventesi in figura, cioè nella "mera superficie", è da ravvisare il significante dell'unico altro termine rimasto tra quelli messi in gioco nella triade: la "mera superficie" è allora la forma (figura) della pittura. 17 - Nella "mera superficie" tutti i termini della pittura si trovano serrati per reclamare a questa loro nuova forma ogni teleologia. Pericolosamente allora si profila l'avvento della banalità tautologica. - La tautologia mi ricorda tanto il catechismo, per il quale Dio è la definizione di Dio, quanto l'infingardaggine dei genitori che rispondono ai figli trasformando una loro interrogazione in una propria affermazione. In entrambe i casi questi modi avevano un solo merito: di rivelare senza dubbio alcuno l'inconsistenza del pallone teologico nonché l'alito cattivo del Parroco; e la malagrazia, a volte malevolenza dei genitori. Io non mi sento di assolvere questi sadici torturatori dell'infanzia e dell'intelligenza curiosa neppure in nome della logica formale. Ma questa è un'altra storia. 18 - Le figure (iconografia, iconologie) che genealogicamente precedono la "mera superficie" continuano a sussistere e persistere nel sistema della pittura non tanto come memoria e sapienza storica del soggetto quanto, stavolta, perché necessitanti condizioni a garanzia dell'evidenza figurale di questa pittura; vale a dire come "differenziali" che consentono, oltre che di riconoscere, anche di posizionare la "mare superficie" all'interno del sistema della pittura, di riconoscerla come una variabile discreta dell'opera d'arte ad un certo grado della sua propria genealogia. (cfr.24) 19 - Se il soggetto, l'artista cioè, nell'assecondare la genealogia delle "figure", nello svolgere la loro vocazione dispersiva, nell'aiutare la loro voracità spaziale non riesce a cogliere come lampante che la dissoluzione conseguente di tutte le vecchie antinomie pittoriche si capovolge in una compattezza per la quale le compattezze figurali che la precedono si svelano poggianti solamente su ingenuità referenzialiste...se questo capovolgimento non coglie non può neppure trovare nella "mera superficie" (e nelle sue particolari determinazioni) lo sviluppo e la soluzione integrale (sebbene momentanea) delle morfologie della pittura né può goderne. Quindi, giusto come anticipato, non sarà ancora un risolversi della pittura e del soggetto (della pittura nel soggetto e del soggetto nella pittura), piuttosto uno smarrimento e una disperazione per entrambe, quando muniti di una bussola esclusivamente logica, cioè poveramente e disagevolmente logica. (cfr. 29) 20 - La superficie venuta alla luce dal disperdersi delle particolarità contingenti della figura, lungi dall'essere il trionfo univoco della dispersione è al contempo il trionfo della compattezza. La "mera superficie" essendo la figura nella sua generalità, o l'eccellente figura senza mancare d'essere l'eccellente disperdersi della figura. É quindi la forma della sua stessa definizione? Così la pittura appare come in uno stato di santità che gli fa dire: per carità, non affliggetemi con l'iconografia! 21 - Proprio qui e quando la pittura sembra perdere ogni consistenza è da cogliere invece, forse per la prima volta, la sua massima consistenza. Perdute per strada le proprie particolarità inessenziali, i pregiudizi naturalistici, l'attrezzatura difensiva del decorativismo, la pittura ammette solo sé stessa, si mostra ostile e deride i tentativi di legittimarla dal di fuori. Contrariamente al luogo comune che attribuisce suggestioni spiritualistiche o metafisiche a teorie artistiche fondate su istanze autonome, è proprio quando la pittura e l'arte in genere non riconoscono altri contenuti che i propri, cancellata è ogni trascendenza, affermata di contro è l'immanenza, la propria [insopprimibile] sostanza sensibile con le proprie intime ragioni. E quanto caratterizza il pensiero materialista è appunto l'essere della materia al di fuori dell'esistere. E del fatto che attraverso concezioni spiritualistiche molti artisti siano giunti ad esprimere [Kandinskij, Mondrian], nonostante e contro loro stessi, questo materialismo nella pratica delle loro opere, non se ne può trarre altro insegnamento oltre quello che tali fatti ci propongono ulteriori problemi di interpretazione e di indagine sui rapporti e le derive tra teorie e prassi, tra "necessità" dei codici e "risorse" del soggetto. Quello che la tentazione idealista vorrebbe far passare come prova vivente del cammino dell'idea di pittura verso l'autocoscienza che si fa forma, o la forma autocosciente, allora ci si svela all'inverso come un cammino dell'idea verso l'esseza materiale della pittura, un andare (o riandare) della coscienza verso la base materiale sulla quale trova fondamento; e l'essenza materiale di ogni cosa è la materia senz'altro. 22 - Giacché non esiste la materia in astratto, ma sempre abbiamo a che fare con le sue particolari determinazioni, è del tutto ovvio che tale astrazione ci si presenti in pittura in una forma determinata. Così nella "mera superficie" l'astratto concetto di "materia" risulterebbe del tutto concreto e coincidente con l'astratto concetto di "pittura". 23 - (Economia) - La pittura nella sua specie di "mera superficie" è la pittura nella sua forma eccellente. E' la pittura per eccellenza essendo della pittura l'equivalente generale, il sostitutivo simbolico di tutte le particolarità figurali; vale a dire il valore di scambio proprio al sistema della pittura tutta. Infatti in questa sua forma solo ora gli è consentito mediare ogni possibilità particolare della pittura, e finanche rimettere in gioco la sua propria storia, la serie delle sue determinazioni e soluzioni storiche (la "mera superficie" come supporto). In questo senso essa non è solamente il luogo (lo spazio) della pittura, ma ne è anche il tempo. In tutto questo ci si conferma come materia medesima della pittura; quasi cioè nel senso che se prima togliendo alla pittura lo "sfondo" (lo spazio) rimaneva pur sempre la "figura" (il tempo), ora togliendo la "mera superficie" (la materia) si toglie anche lo spazio e il tempo, quindi la pittura medesima. 24 - Ma ecco che la "mera superficie", questo segno pericolosamente irrilevante all'occhio e ai sensi, può mantenere la sua integrità e posizione all'interno del sistema della pittura e dell'arte a condizione di individuare il proprio termine differenziale. E di contro al suo essere forma materiata di una categoria astratta quale "la pittura" non può esservi che un'altrettanta categoria astratta quale "la non pittura", cioè tutto il resto.La reciproca evocazione è necessaria ad entrambe, i due termini avendo i bordi in comune. Dopo che la "mera superficie" ha eliminata l'antinomia figura/sfondo ecco apparire e fondarsi una nuova coppia antinomica: pittura/non pittura. E di nuovo si preannuncia anche per questa diade il destino della prima: precipitare e confondersi, sovrapporsi e scontrarsi dei due nuovi termini pittura/non pittura. (cfr. 26) 25 - Il destino delle figura del quadro, così come lo abbiamo visto agire all'inizio di queste note, si ripropone all'interno del quadro e della figura stessa, cioè della "mera superficie" (perché adesso abbiamo a che fare solo con questa forma della pittura, vale a dire con la forma della pittura stessa). Gli spostamenti che prima riguardavano la figura e lo sfondo, le pulsioni feticizzanti l'oggetto e il soggetto, il piacere della messa a punto del prodotto e/o del procedimento ecc., adesso investono i termini di pittura e non pittura, di prassi e silenzio dell'arte. 26 - Lo sfondo ha fatto vacillare la figura per prenderne il posto quale prima figura della pittura nella forma di "mera superficie"; la non pittura fa vacillare la pittura, e l'insidia per scalzarla dall'ultimo suo posto e dissolverla nella vaghezza del proprio primato sui fenomeni retinici. E già per mantenere la "mera superficie" (e i suoi analogon) nell'ambito dell'opera d'arte, necessitano asserti mistici autodelucidanti (declaratorie di stampo notarile, deposizioni testimoniali ecc.) e sistemi di segni delucidanti (materiali tradizionali, firma, didascalizzazioni, spazi per l'arte, riviste specializzate, collezionismo, mercato ecc.). Ovvio come in questa situazione solo le stimmate, la tonsura o similie, prendano a distinguere l'artista dal pubblico [come la pittura dalla non pittura, l'arte dalla natura]. Ma i segni della genialità, come tutti i segni, sono suscettibili di falsificazione -altrimenti, si dice, non sarebbero segni. Allora ecco che la genialità può venire simulata dal successo -sempre perseguibile, ma non attraverso certi dettami-, ossia dal talento dell'astuzia efficacemente linguistica, cioè efficientemente economica. Così, che il cerchio si chiuda o no, l'attuale continuo parlare di simulacri e imposture è del tutto scontato quando non risulta altro. (cfr. 30) 27 - Il conseguimento dell'autonomia della "pittura" tanto desiderato si capovolge nel contrario, nella dipendenza [della pittura] da apparati di difesa e controllo. Comprensibile allora l desiderio di tornare sui propri passi verso pratiche storicamente riconosciute e riconoscibili anche dal senso comune. In fondo a qualcuno piace calda [transavanguardia]. Per il momento è sufficiente annotarsi che le opere possono anche avere "massa" e "peso" linguistico differente, ma rimangono sempre delle unità. Vale a dire che, ad esempio, Leonardo come Yves Klein hanno trattato delle unità non segmentabili prima e durante un'esecuzione che avviene in una medesima unità di tempo non scomponibile. Nel senso che, -svolgendo metaforicamente l'esperimento galileiano- se noi, trascurando la resistenza dell'aria, rilasciassimo allo stesso istante in caduta libera la "Vergine delle rocce" di Leonardo e un monocromo di Klein, cadrebbero entrambi con la stessa accelerazione verso il centro dell'occhio, cioè lo raggiungerebbero contemporaneamente nella loro integrale unitarietà. E questa non vuole essere una considerazione concettuale che riguarda una supposta natura mistica dell'opera d'arte (qualità, quantità) ma una considerazione del tutto pratica che costruisce anche storicamente il modo reale con il quale da sempre si fronteggiano l'opera e l'artista. Le segmentazioni dell'opera e dei tempi e momenti esecutivi della pittura (disegno, colore, spazio, ecc.) sono operazioni successive che competono problemi di attribuzione; nascono da esigenze descrittive e opposizionali di sistematizzazione di queste unità, ma che non rispecchiano neppure l'andamento dei momenti procedurali e processuali di modi di codificare congruenti a determinate fasi storiche, che tutti hanno in comune un medesimo seppur determinato e irreversibile "sentimento unitario" che non può svolgersi nella coesione e saturazione del proprio oggetto senza prima pervadere e regolare un paradigma percettivo comune a tutta un'epoca, superata la quale un modo di codificare smarrisco con il proprio "sentimento" ogni occasione di attualizzarsi [in forme che non siano parodistiche, farsesche]. (E' auspicabile e possibile una "Storia della percezione"?). Allora è del tutto inutile l'affannarsi attorno a dei modelli pittorici già sistematizzati, quando non si può più ottenerne altro che l'imitazione di una massa ma non la massa senz'altro, un erudito aggregato di segni ma non la viva unità del segno. 28 - Il coronamento delle morfologie e genealogie della pittura ha i caratteri di una forma assoluta, quasi esclusivamente mentale; priva di qualità particolare essa tende ad assumere un valore puramente differenziale quale segno della cognizione stessa di pittura. E' la pittura come categoria resa tangibile epperò ancora incapace di risolvere l'impasse tautologico, di superare i suoi propri limiti e rompere l'incanto consolatorio, la tranquillità nella quale il pensiero rigoroso la appaga dopo tanto raffinato, storico accecamento. 29 - Ma il valore della "mera superficie" in quanto determinazione attuale della pittura, non è solo e non può essere solamente quello di segnare il grado di analiticità raggiunto dalla pittura medesima o il grado di coscienziosità dell'artista, ma è quello di introdurre e rendere egemoni in arte questioni che investono le strutture della contemporaneità. Quanto a tutta prima poteva apparire come un mordersi la coda segna invece l'inizio di una fase del tutto originale, l'assegnazione di un compito non ancora eseguito, la sua incipienza e premere. E' il contenzioso di un dilemma. E con chiarezza potrebbe presentarsi tale se oltre a trovare la forma del contendere trovasse anche, fuori di sé, operanti quei presupposti materiali per la suo soluzione. Allora è il contenzioso di un dilemma in una forma ancora enigmatica. (cfr. 33) 30 - La "mera superficie" è la pittura che senza preavviso vuole passare ad altro, e inizia a porre il soggetto nella sua integrità, quindi anche socialmente. Con ciò vene portato a compimento anche un "genere" particolare: l'auto/ritratto. (cfr. 2) 31 - La "pittura" per poter carpire la sua propria sostanza concettuale è stata costretta ad aggirare le sue comodità, a rischiare la propria sicurezza e finanche tangibilità. E allora, proprio come Orfeo Euridice, solo un momento prima di perderla può coglierla di sorpresa con un coup d'œil. La pittura e il suo contrario per accertarsi di sé stesse tramite l'altro, scoperta l'illusione dell'antinomia, gemendo s'arrestano in posizione tragica (la mera superficie come ospite). - Proprietà gorgonica della lampanza sullo sguardo diretto: Euridice essendo lo stesso Orfeo, le reciproche ombre altere. (Per la posizione patetica della superficie tenere presente la nozione di supporto). 32 - Sebbene la pittura tenti continuamente il varco che la facesse uscire dal cerchio stringente della metafora, rimane pur sempre il problema della sua specificità. La sua riduzione concettuale ambisce di nuovo alla particolarità della materia, a propri differenziati tratti e somatismi. La mera superficie inizia così a separarsi nei due rami del "supporto" e dell’ospite", avviata e accompagnata in questo divaricarsi da posizioni patetiche e/o tragiche. "Posizioni" perché ancora non si svolge "azione", per la quale necessita un punto d'appoggio che trovasi sempre altrove dagli oggetti da sollevare, smuovere o avviare a movimento. Allora è il successo (cfr.26) la "leva" che col passo dei tempi porta in trionfo l'opera d'arte; avendo trovato il punto d'appoggio nel chiodo d'appensione, ossia nel retro, là dove giusto risiedono i significati (cfr 14). Senza l'ossessione ad essere calzanti, anche stavolta si profila una conferma materialista attraverso una forma "bassa", seppure più salutare e splendente, che ci porta ad adottare la considerazione per la quale se la pittura ha senso mentre la si fa, il quadro ha senso quando lo si vende. Ma dov'è l'altrove di tutto questo? 33 - Ora e qui l'aporia fondamentale dell'arte e dell'artista non potrà più essere legata solamente alle sfere dell'estetica e dell'arte, bensì determinata dall'adesione a paradigmi più estesi e implicanti di ordine sociale e gnoseologico, ossia, praticamente, politico. |
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