AL FONDO
DELL'IMBUTO
Q - Arte,
politica, utorizzazioni, giornali…Perché una serie così composta?
Tullio
Catalano -
Il battesimo dell'arte uno se l'aspettava dalla politica, ora magari è
il contrario. Ma non possiamo ignorare i dieci anni passati, regredire
alle diagnosi precedenti per smentire che per fare arte c'e bisogno della
politica. Se uno ha capito che non bisogna avere il beneplacito di nessuno,
l'autorizzazione di un qualche tribunale, per fare arte come per fare politica,
allora si presume abbia anche capito che non deve neppure richiedere il
beneplacito di un passato recente, recentissimo. Per cui l'orrore della
tradizione dell'avanguardia si tramuta nell'orrore per il passato più
recente, anche per quello del classico "quarto d'ora" di Warhol all'insegna
della cronaca, della sua mistica. Quella che prima era ancora una cronaca
eroica, il mitico inosservato, serpeggiante, ora è storia. Non si
può più correggerla, metterla a posto, perché non
coincide mai con la realtà. Non si riesce più a vivere neppure
nella cronaca, allora bisogna prevenirla. Ecco che l'ansia di mettersi
al passo con i tempi scava la fossa anche alla storiografia, allo storicismo.
Questa non è una diagnosi, ma una prognosi; naturalmente non riservata.
Q -
Quale è stata la situazione generale, dalla quale nasce AutTrib
17139, e per rispondere a quali esigenze?
T.C.
- Da quando il complesso della politica e dell'arte si andava facendo sempre
più incipiente, si è andato formando come un imbuto nel quale
il confronto politico diretto, apparentemente incongruente, faceva acquistare
codici separati. Magari paralleli. Tra questo parallelismo non si trattava
di trovare uno convergenza, ma lasciarlo alla stessa distanza. Verificare
questa distanza, la progressione di questi termini nel tempo, era un dato
di rischio di cui però era previsto il fallimento del rapporto;
che si sarebbe giunti a stigmatizzare il rapporto tra arte e politica.
Allora preventivo perché tutto questo non era convogliato nella
gestione culturale.
Dopo aver
introiettato tutto nell'arte e nella politica bisognava favorire, catalizzare
un'opera di rigetto dalla quale i termini affrontati, sia illusoriamente
sia maliziosamente, potessero risultare indenni. Il mio rapporto con AutTrib
si colloca allo sbocco di questo imbuto. Dopo che tutto questo è
stato filtrato bisogna impedire che tutte le carte rimescolate ritornino
al posto di prima; questo era anche il programma degli "Uffici", il concetto
di "immaginazione preventiva". Con AutTrib è riconfermato che si
deve uscire dal rapporto stesso arte-ideologia, non tanto esautorandone
uno dei termini ma svolgendo il senso proprio che i termini possono avere.
Dopo aver
mantenuto la stessa distanza tra arte e politica, dopo l'ironia sulla pretesa
innocenza della cultura, uno può anche concedersi il vizio linguistico.
Optare da una parte.
Q -
In AutTrib [vi] è dunque l'individualismo e in qualche modo
il suo contrario, o almeno una diffidenza nei suoi confronti. Da cosa e
da dove vi deriva?
T.C.
- Tutto questo era nato quando ancora si parlava di "aree", per un sospetto
verso l'individualismo e il gruppo, che ne era l'estensione in una forma
punitiva. Mancando l'esperienza dell'ossessione ideologica, politica, adesso
si rischia un reazionarismo di ritorno, facile. Perché l'individualismo
è tuttora valido, ma come effetto di quell'esperienza, non come
programma. Chi lo adotta a priori, chi se lo trova e vi si adegua, non
è investito dalla possibilità di sceglierlo. Quest'individualismo
propenso ad una diffusione massima, di clima, conta. E pur sapendo che
l'individualismo può essere valido noi lo abbiamo in sospetto, perché
divenuto un "ismo". Allora ci scambiamo e cambiamo continuamente tattiche,
culturali e di gestione. A livello operativo le cose si complicano perché
nell'ambito dell'arte domina l'individualismo. Ma, proteggerlo sotto una
etichetta di impegno o di un "ismo" è pericoloso. Può essere
utile solo dopo, per una ricostruzione in tempi più lontani. Ma
adesso che tutti cercano di capire chi sono i padri, gli zii, per andargli
contro, sconfessarli, ognuno si prende la propria responsabilità
di essere solo.
Q -
Che senso ha per te AutTrib?
T.C.
- Con il ritorno al pittoricismo intimo sotto tutte le forme in cui si
nasconde, si rischia di perdere di vista i grossi problemi. Che poi possono
essere quelli della pittura stessa. Non è detto che debbano appartenere
all'ideologia come corpo separato dell'estetica. AutTrib sottolinea di
nuovo che vi sono armi predilette; e che dopo aver sconfessato e sconvolto
i ruoli, uno si ripiglia il proprio, ma se lo ritrova diverso da come lo
aveva lasciato. Si può continuare a parlare di arte, ma solo dopo
tutto ciò che è successo. Non si deve ripetere un rapporto
morboso con l'arte, altrimenti si ripete lo stesso dualismo degli anni
'50.
"Tutto cio'
di cui si tratta mi riguarda"
GIÀ
SPUNTA L'UNICORNO
Q -
A quali bisogni risponde questa iniziativa?
Luciano
Trina - Una
volte sulle pareti d’una galleria d’arte romana ho scritto: “Tutto ciò
di cui si tratta mi riguarda”.
Ma il luogo
in cui questo “tutto” può intrecciarsi reclama prassi estetiche,
le uniche ancora capaci di trattarlo. L’arte, come bisogno primario di
espressione, si confonde con la politica come bisogno primario di libertà:
fino a preventivare la follia. In realtà non si riesce a vivere
nella cronaca perché viviamo in rapporto dialettico (o incestuoso)
con la storia. È fin troppo ricorrente oggi dare per spacciate le
esperienze delle avanguardie, intendo quelle storiche, per tornare frettolosamente
nelle alcove della cronaca, vale a dire nel formalismo estetico. E i cavalletti
dei pittori, come funghi d’autunno, tornano a farsi cogliere sulla sponda
sinistra del Tevere. Del resto anche questo era previsto. In questi ultimi
anni una pratica dell’arte ridotta a sport della meraviglia e dello choc,
con gli artisti in obbligo di erezione perenne, non poteva che preparare
il ritorno ai luoghi comuni dei procedimenti, a prassi svuotate, di tutto
riposo e più conviviali. E allora, avendo imparato la clandestinità
dell’immaginazione, ci serviva una sala d’attesa dove poter aspettare di
nuovo di diventare dei pazzi molto cattivi.
Q -
Quindi AutTrib per lei è questa anticamera del manicomio, o un campo
di concentramento per pericolosi socialmente?
L.T.
- Pericolosi? Non so. Secondo me, mutanti. Continuamente scopro sulle fronti
orribili protuberanze. Ma sono, secondo me, i segni della necessità
di riappropriarsi con interezza la vita. Questo segno che appare sempre
più frequentemente nel mezzo delle fronti di molti uomini e donne
è un altro occhio che lancia sguardi nel futuro; è la radice
dello splendente corno dell’unicorno. E se questi segnali appaiono mostruosi
è perché sono palesemente antieconomici, incongruenti
e imprevedibili. Ma allora la vita stessa è diventata una faccenda
immorale, e anche ogni futuro dà scandalo, in una società
inquieta, che si sente in pericolo perché sente di non avere più
futuro. Sotto la spinta delle trasmutazioni, invece, vita e arte tendono
a combaciare. In questa fusione ciò che si estingue è l’artista,
non l’arte.
Q -
In pratica allora non esistono più regole o quelle che vengono imposte
dal mercato o dalla società sono riesumazioni fossili?
L.T.
- Credo che nessuno possa autorizzare più nessuno. E tutti sono
autorizzati. Sappiamo che sai volare solo al momento che cadi: se tocchi
terra o ti sfracelli.
Q -
Non è un ritorno a un individualismo romantico?
L.T.
- Oggi nessuno è costretto a prendersi le responsabilità
di essere solo, costretto a restare nella propria cella, nell’individualismo,
se si vuole, per ventiquattro ore al giorno. Noi, al contrario, ci esercitiamo
ad evadere, a non lasciarci disorganizzare. In questo la nostra scelta:
rapporto dell’arte con la vita, coi bisogni reali, non come ideologia ma
come evento (politico). L’arte così è un’arma per la vita.
Non rapporto morboso con l’arte, ma rapporto d’azione con la vita.
L'IMMAGINAZIONE
E' AUTORIZZATA?
Q - AutTrib
17139 è l'abbreviazione per "Autorizzazione del Tribunale numero
17139", quella necessaria a tutta la stampa periodica. Perché avete
scelto questa sigla come testata per una pubblicazione d'arte?
Carmelo
Romeo - Forse perché ci divertiva l'idea di chiedere un'autorizzazione
per l'immaginazione. Forse perché segna la fine di un protocollo.
È un fatto esclamativo…E poi ci si autorizza da soli. L'autorizzazione
del Tribunale rimane come una testimonianza di cinismo, una citazione ironica.
Allora rimane come stimolo.
Q.-
La vostra pubblicazione ha un formato da giornale più che da rivista.
La testate è massiccia come nei quotidiani. Tutto fa pensare che
il modello di riferimento formale sia stato il giornale quotidiano.
C.R. -
Non è solo un fatto formale. Piuttosto il "quotidiano", come oggetto
e come concetto, ci si è imposto in modo del tutto conseguenziale.
E poi la nostra quotidianità, il nostro giorno, non segue la meccanica
celeste, ha fasi più lunghe, scadenze impreviste. Alloro ci serve
un giornale che abbia i nostri tempi.
Ma in AutTrib
ritengo vi si annidi anche un'altra idea. Se si potesse fare uno spaccato
del terreno culturale, così come fanno i geologi, troveremmo negli
strati inferiori, tra i fossili guida dominanti, anche le prime probabili
tracce di una mutazione organica che accenna ad uno sviluppo superiore.
Sviluppo che può essere confermato soltanto negli strati più
alti, recenti. Ma noi viviamo la contemporaneità, e a fianco a noi
le modificazioni "vere" possono assumere i caratteri della mostruosità.
Se la cultura modifica, in qualche parte del suo corpo, la propria forma,
sapremmo scoprirvi una potenzialità evolutiva a dispetto della mostruosità
con la quale immediatamente si presenta? Allora sia preso "il giornale"
come parte dissoluta della cultura, come "categoria" o sindrome che si
inscrive nella serie delle dissoluzioni estetiche storicamente avviate,
la forma delle poetiche moderno-imperiali, la potenza colonizzatrice a
livello planetario, dei miti e delle mistiche…..[è saltato un concetto]
Che in tutto questo vi sia una mostruosità.[è stato un luogo
comune]
Insomma il
problema è comprendere se la modificazione è patologica o
evolutiva. Il giornale è anche la forma di questi problemi, ne raccoglie
i dati ma per disperderli, nasconderli con astuzia nelle pieghe della quotidianità.
Ad ogni modo la forma che assume ogni problema si porta appresso anche
la sua soluzione. Ecco perché la "forma-sostanza" quotidiano.
Q.-
E l'arte?
C.R.
- Non me ne preoccupo. Da tempo l'arte ha preferito disperdersi sempre
più velocemente tra il grandissimo numero di particelle di cui è
composta la realtà. Che sia anche l'arte sottoposta al secondo principio
della termodinamica? Per rallentare tutto, tenerla a freno come Proprietà
Privata, non serve confinarla nei caratteri definiti di altre discipline;
nell'esoterico dell'alchimia o nel linguistico, nella scienza o nella mistica,
nell'antropologia o nella psicologia. E neppure confinarla in sé
stessa. Tutto ciò non è attivo ma reattivo. L'alternativa
[al rapporto con l'ideologia non può essere il rapporto] con l'ideologia
ridotta a brandelli, [quei brandelli che fondano poi i miti del privato,
del professionalismo ecc.] certo meno totalizzanti [perché totalizzati],
sicuramente più angusti. [L'apparente poeticità (libertà)
che tali rapporti producono è simile a quella che si può
ottenere (dicono) con canarini accecati.]
Come la produzione
sociale ha superato il produttore singolo, così la pittura ha superato
il pittore, la sua limitatezza e incapacità sociale. L'artista può
continuare ad avere un senso proprio, solo riconoscendo le forme che lo
negano; e ancora, deducendo da queste la forma storica che assumerà
la sua emancipazione. Ma vivere anticipati nega all'azione ogni garanzia,
aumenta il rischio e stanca. Però la verifica di ognuno, e anche
si se stessi, si fa in queste condizioni.
Q. -
Ogni foglio di AutTrib 17139 è formalmente risolto come una "prima
pagina", e ogni pagina è curata, di solito, da un singolo autore.
È un fatto organizzativo, formale o altro?
C.R.
- Bisognava fare i conti, registrare anche l'individualismo come fatto
reattivo a quanto era successo prima. Ma c'è anche l'isolamento,
la polverizzazione, dovuti allo sviluppo sempre più unilaterale
dei rapporti materiali e sociali. E il tentativo di superarlo volontaristicamente
non ha prodotto altro che eclettismo culturale e formalismi organizzativi.
Ovviamente AutTrib non tenta soluzioni a questo, non le ricerca volontaristicamente
al di sopra e al di là delle condizioni stesse che scrivono la serie
delle attuali contraddizioni. Piuttosto le mette in circolazione in una
forma contratta: nella sua forma.
Il segno ricorrente
della testata in ogni pagina, la sua immutabilità di peso e percezione
è una cesura, non allude neppure ad una successione ma segna un
continuo reinizio. La separatezza di ogni intervento, gli sviluppi unilaterali
dei singoli però lasciano le loro tracce anagrafiche su ogni pagina.
Ma "la testata" non si pone come colei che intreccia. Tutto continua infatti
a rimanere raggelato. Allora AutTrib non è neppure una collezione
di "prime pagine" di cultura, ma per noi tiene ferme le questioni concettuali
attorno ad un'unica prima pagina: quella che manca. Rimane però
fermo che questa prima pagina mancante può essere solo il risultato
di un'azione materiale, storica e sociale, non della volontà dei
singoli. Se prima i termini da mantenere paralleli erano arte e politica,
qui i termini sono individuo e società come termini interni sia
all'arte che alla politica.
Q. -
Con quali criteri operate le scelte degli interventi, degli autori?
C.R.
- Le scelte sono state operate non da noi ma dagli eventi di questi ultimi
anni. Le carte sono già tutte segnate, si tratta di raccoglierle.
Da un punto di vista organizzativo la parte che AutTrib recita come rivista,
non è una parte rigida; ma anche offrendosi come mediazione mantiene
una propria sensibilità. Intanto si offre nella sua forma determinata
e consente solo a mediare intenzionalità almeno affini linguisticamente.
Questo è il presupposto minimo. Non si richiede un adeguamento formale
a posteriori, ma quelle prassi e quei modi di porsi che, a priori, presuppongono
AutTrib, la anticipano come risultato. E molte volte è stata la
sua semplice forma a operare e porre delle discriminanti. Noi ci limitiamo
a portare questa forma là dove ci rechiamo. Ma continuiamo a verificare
che la forma non è immune dall'ideologia, anzi ne è l'espressione
più astuta e squisita. E allora ecco che di nuovo le discriminazioni
sono condotte da registri ideologici e politici. Se c'è selezione,
insomma, avviene con un processo del tutto naturale e spontaneo. Non è
più necessario essere d'accordo su tutto, neppure tra noi. AutTrib
trasforma tutti e ognuno in una redazione totalizzante.
Q.
- Cosa significa per lei questa operazione [sic]?
C.R. -
Come dice Tullio Catalano, dopo tutto questo possiamo concederci il "vizio"
linguistico. E possiamo anche avvicinarlo quando è di altri. I percorsi
di tutti noi sono stati sempre indenni dall'illusione della purezza politica
del linguaggio dell'arte. [… ]. Certamente nel nostro lavoro vi è
stata e vi è premeditazione ideologica. Ma noi siamo le vittime;
non dell'ideologia ma della necessità che la impone e piega l'arte
nel suo verso. Le istanze formalistiche, anche quelle poste dalle avanguardie
storiche, sono state tutte avanzate prematuramente. Prima della premessa
storica che sola poteva indirizzarle a soluzione e compimento chiudendo
il ciclo delle antinomie. Finché esiste la società di classi,
l'arte è condannata alla politica, la forma all'ideologia, il significante
al significato. Concedersi anche il "vizio" linguistico, quindi, non può
significare in alcun modo cancellare o ignorare il dato politico, ma saperlo,
silenzioso, sotto il pelo del segno, del gesto. E proprio adesso più
potente di prima.
Da tempo l'arte
cade sempre più fuori dai suoi oggetti storici, classificati e rassicuranti.
Non coincide più con l'opera né con l'artista. È qualcosa
di separato, forse già di seguente. Prende a risiedere in luoghi
insospettati. La storia si fa sempre più ansiosa di sbarazzarsi
dei suoi particolari divenuti inessenziali: e molte cose sono diventate
troppo vecchie anche per l'arte. In queste condizioni la prassi dell'arte
non può essere altro che una prassi dello sbaraglio. E per me AutTrib
è una possibilità in più, accanto ad altre già
state o in preparazione, per portare allo sbaraglio sé stessi e
i propri oggetti.
IMPAGINIAMO
MATRICI
Q- Cos’è
AutTrib? Cos’è per un “pittore”? Il passaggio dall’oggetto alla
sua comunicazione? L’estensione della fruizione?
Elvira
de Luca - Ogni numero di AutTrib è parte di un oggetto, crea
il tracciato di una pratica operativa che sarà oggetto solo quando
cesserà. Se per oggetto s’intende produzione, AutTrib è produzione
intellettuale. Ma passaggio alla comunicazione, giammai! Il termine comunicazione
è vecchio, equivoco, pericoloso. La comunicazione è rituale,
un rituale di scambio a livello molto basso. Pensi a cmunicazione di massa:
comunicazione di povertà di comunicare, stimolo a banchettare, assaggiare,
partecipare, fare finta, a diventare frettolosamente caverne (o dispense)
dove la nocività fertilizza. Il problema è relazionare, relazionare
respiro e pensiero, stadi di procedimento. Non è niente di melodico
o di consumabile in piedi.
Q -
Ma a livello personale, per lei donna e artista, la scelta di AutTrib significa
una nuova forma espressiva?
E.deL.
- Il curare una pagina di AutTrib (ha visto che ogni pagina ha un “responsabile”)
non è una “nuova forma di espressione”. È impaginare (mimando
la prima pagina di un giornale) il concavo dell’espressione, impaginare
matrici, non forma espressiva. Per quanto mi riguarda io lavoro sempre
in matrici e non su forme ultime (dico in perché lì
sono in campo io stessa).
Q -
E ciò ha anche una valenza politica?
E.deL.
- Ma vivere la valenza politica, per chi si accorge di essere nato, vivere
il fare artistico, vuol dire essere in campo rifiutando la Parola omologata
che dà accesso alla scena temporale della società dello scambio.
Come donna: ecco, come redazione interessa molto coinvolgere artiste donne.
La donna in genere non ha voglia di parlare, vuole dire. Dire è
gesto, non Discorso.
Q -
Come si concilia questa posizione con quelle degli altri protagonisti di
questa impresa e col pubblico?
E.deL.
- Ci avvaliamo delle nostre diversità (di espressione, psicosomatiche,
quindi!) per essere dei reali interlocutori, poli di energia in tensione.
Credo che la verità di ogni operazione la dia il suo farsi, il suo
“durante”, il suo “come”, e il farsi è dialettico e interferente,
fonde e fonda, brucia e genera. Riesco a pensare a geometrie di tensione,
non a strutture parlanti. Diciamo allora che in tutto questo non c’è
un organismo pensante univoco, diciamo che il pensante è molteplice.
Q -
E gli altri, il pubblico?
E.deL.
- Quanto agli altri, al pubblico: se si è in consonanza o dissonanza
con altri nel processo che ci contiene, questo il problema. Gli altri?
Si richiede molta, molta attenzione a tutti. Voglio dire che il pubblico,
se c’è dovrebbe mettersi gli occhiali e fare
Insomma,
è proprio autorizzato ma...
Fabio Mauri
-
La vita delle riviste d'arte "d'avanguardia" è necessaria e breve.
Vi è contenuto il "big bang" di un pensiero, un momento prima che
si organizzi, e che, all'interno della rivista, un editing rigido e collettivo
non costringa ad un eccesso di ragione delle ragioni. Si tratta in fondo
di raccolte di pensiero prettamente anonimo, spesso geniale, esibito con
perentorietà privata, sulla scorta propulsiva del fastidio e del
desiderio. Tali liberi tagli possiedono un valore sintomatico molto forte,
non partecipano che raramente alle distorsioni del gruppo, o se ne correggono
per reciproca estraneità del non "combinato disposto" che
ne consente l'affiancamento. Sono pagine di libera università. Personalmente
da sempre favorevole a questa editoria, mi accorgo di aver partecipato
alla fondazione di più riviste d'avanguardia, (alcune divenute poi
famose), come Il Setaccio (1942), Officina (II ed. 1959), Quindici (1967),
La città di Riga (1976). Nel tempo, la storia artistica, è
istruttivo, si affida più a loro che alle grandi riviste istituzionali,
o, di tutte, considera il periodo iniziale, eroico, che precede il successivo,
di affermazione teorica e pratica. La brevità della loro vita sembra
proporzionale alla loro funzione, che è quella di infliggere impulsi
al di fuori o contro l'inerzia dei fatti: iniziali colpi di storia. Come
si vede, una necessità.
Luca Patella-
AutTrib è un giornale autorizzato ma… Ricomincio: il lavoro artistico
ha, storicamente, a che vedere con: intelligenza, cultura, sensibilità
e moralità. Sempre più apertamente si configura oggi come
lavoro antisettario e antisettoriale, in senso vastamente interdisciplinare,
anzi: extradisciplinare! Al contrario: i mondi & modi di queste società
esigono organizzazione, produzione, prodotti, sostenuti da pressioni economiche
e psicologiche. AutTrib è un giornale autorizzato ma… Continuo:
un giornale che credo autorizzi artisti o intellettuali ad assumere in
prima persona le sue pagine per operazioni che non implichino gravi supporti
di opere e di mercato (di opere, cioè, per il mercato: prodotti
di cui sia più studiata la confezione che la semantica profonda)
agisce quindi per istituire collegamenti e lo fa con adeguata precisione.
Il mondo ha bisogno di respirare. In questo senso, quel che volevo dire
è che AutTrib si presenta come un giornale autorizzato non dall'Autorità.
Teresa
Montemaggiori - AutTrib: una possibilità per "dare la parola
all'artista"?...Non l'ho intesa né ho cercato di utilizzarla così.
Non si trattava, per me, avendo a disposizione un'intera pagina di giornale,
di sprecarla né per una dichiarazione di poetica, né per
un'auto un'intervista, né per pubblicizzare il mio lavoro. Questo
riguardo alla scrittura. Riguardo all'immagine, non volevo che lo spazio
a mia disposizione servisse alla riproduzione fotografica dei miei lavori.
Piuttosto, la composizione dei caratteri, straniata rispetto all'uso consueto,
poteva essere uno dei veicoli della comunicazione estetica. Queste mi sono
parse le possibilità più significative da cogliere e utilizzare
in conseguenza: un tipo di comunicazione più fruibile, sia più
facilmente fruibile rispetto all'opera, sia più adatta a sollecitare
una disposizione attiva, critica nell'utente; più diffusa rispetto
al consueto pubblico delle mostre; più immediata e comprensibile.
In sostanza un tipo di intervento insieme etico-politico, al di là
di queste distinzioni stesse, che mirasse a un'incidenza diretta nella
realtà, rispetto agli spazi consueti riservati all'arte.
Suzanne
Santoro - L'arte non è un servizio sociale; esula dagli schemi
e dalle strutture tipiche del commercio, propaganda o addirittura pubblicità.
Non credo inoltre che la sua validità si misuri dalla partecipazione
di pubblico. Se l'intuizione della singola persona ("artista") si darà
al di fuori di quelle strutture "sociali" come innegabile e globale, allora
il lavoro diverrà "opera d'arte". Non prima. Perciò per me
AutTrib è un "non giornale", laddove riesce ad essere sé
stesso. |