[sorvegliare e custodire]
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Foucault - Nella misura in cui l’apparato di produzione diviene più importante e più complesso, nella misura in cui aumentano il numero di operai e la divisione del lavoro, i compiti di controllo divengono più necessari e più difficili. Sorvegliare diventa allora un funzione precisa, ma che deve essere parte integrante del processo di produzione; lo deve doppiare in tutta la sua lunghezza. Diviene indispensabile un personale specializzato, costantemente presente e distinto dagli operai.[Michel Foucault – Sorvegliare e punire, ed. Einaudi, Torino 1995, p. 191]
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Avrei tanto voluto lasciarmi andare e limitarmi a delle immediate impressioni panoramiche. Invece nel paesaggio si è insinuato un demone del prolisso che continua a sussurrare frasi smozzicate delle quali occorre poi darne conto ad ogni fondo pagina….
Adesso, ad esempio, questo noioso ha preso a tormentarmi con questa frase:
E quando poi gli chiedo da chi sarebbe popolato questo mondo che deve decidere le forme della propria oppressione, ecco che mi strizza l’occhio e mi dice - come se parlasse d’altro:
…Certo che così è descritto solamente lo specifico mondo dell’opera d’arte… Ma forse non dovrei proiettare i caratteri di questo particolare mondo sul mondo in generale – cioè sul mondo vero, reale e abitudinario. E tuttavia…. Rischio proprio di smarrirmi in questa foresta nera….
…Si diventa, cioè, “l’opposto”: un mondo alla rovescia… Se ora provo a chiedermi da dove potrebbe nascere questa bizzarria di una produzione da mantenere perennemente ad una “distanza oculare”; e ancora: da dove trarrebbe le ragioni del suo sussistere tra gli uomini reali, mi verrebbe da tentare una parafrasi da una frase di Marx, e dire che:
Il contegno contemplativo del salvaguardante sarebbe alimentato e mantenuto dal suo non fare, cioè dalla sua insipienza rispetto al prodotto e al suo intero processo realizzativi. Custodita e conservata per sé stessa l’opera sarebbe ascetismo e devozione: ossia nulla per l’uomo reale. Ma cosa è, o cosa potrebbe essere, realiter, “questa” cosa che tiene l’uomo in sua mercè? Insomma, con indosso “queste” scarpe (da contadino) inciampo in troppe categorie mondane per non nutrire il sospetto che “queste” scarpe (da contadino) si siamo messe in marcia per fare da puntello d’ordine ad un determinato Mondo, che non intende per nulla andarsene all’altro mondo.[11]
Allora torniamo sul sentiero; e facendo una piccola deviazione dalla metafisica verso la realtà fisica di orti e campi di patate custoditi proprio dalla vecchia contadina, proviamo a verificare contadinescamente il dire del filosofo:
Va bene forse cosi!? “Piuttosto, alla patata e ai coltivatori di patate sono coessenziali i mangiatori di patate! ” – confuterebbe Vincent – che non avrebbe mai fatto il ritratto a dei sorveglianti di patate, “coessenziali” solo alla divinità del tubero. |
[1] - Heidegger, Origine, Ni68, p. 47.
[2] - Ivi, p. 55. Nella traduzione di V. Cicero i “salvaguardanti” (die Bewahrende) sono stati soppiantati dai “verecondenti” (Origine Bo06, cit. p. 66 e p.71), connotati come “riservati”, “venerabili”, “rispettosi”, “timorosi”, “osservanti”, “sorveglianti”, “custodi”, “guardiani” (cfr. voce Verecondere in glossario, ivi p. 701). - Come non vedere, mi chiedo, che con tale sottigliezza filologica si delineano figure più grottesche di quanto sarebbe stata capace la mia incompetenza e, se volete, malafede? Sagome tanto più impietose e sferzanti se poi le si contrapponge ai “facenti” (die Schaffende) della vecchia traduzione di Chiodi; in quella di Cicero questi ultimi sarebbero i “creanti”… o si sarebbe dovuto dirli “inverecondenti”? Gonfi di vergognoso pudore e rassegnati gli uni quanto svergognati, sfrontati e senza ritegno gli altri, a chi, tra i due, rivolgereste la vostra simpatia e riconoscenza? - Vedi in Materiali (qui sotto) le due versioni. – Nell’edizione Marinotti (2000, cit. p. 117) die Bewahrende viene tradotto come “gli inveranti” (non credo nel senso di realizzatori, attuatori, ma da intendere come “partecipanti” (coloro che divengono partecipi della concretezza attuata dai “creanti”). [3] - Ivi, Origine, Ni68, p. 55. [4] - “Santo cielo! Che graziosa riforma sociale è quella delle casse di risparmio e degli istituti di beneficenza. Casse di risparmio! E perché no anche salvadenari? Davvero la società non è ancora abbastanza infetta dall’avarizia e dall’usura perché non ci sia bisogno di istituire queste specie di uffici per spilorci. No! No! Quel che si risparmia poi va in fumo, vale a dire: quanto più noi limitiamo le nostre esigenze tanto meno veniamo pagati. Chi non osa consumare qualcosa è disposto anche a non guadagnare niente. E poi gli istituti di beneficenza! Non sei orgoglioso tu o tedesco! Istituti di beneficenza, quella specie di enti per distribuire un pezzo di pane sotto la tutela dei funzionari e dei dotti. Case per i poveri! Ma insomma un libero popolo con case per i poveri: questo è un assurdo signor Wirth!” [W. Weitling, da Junge Generation, riportato in Franz Mehring, Storia della socialdemocrazia tedesca, Editori Riuniti, III edizione, Roma 1974, vol. 1, p. 210]. [5] - Magari l’essenza dell’opera d’arte si manifesta prevalentemente o esclusivamente nella sfera delle circolazioni delle forze di scambio di questo movimento, dove si realizzerebbe la sua particolarissima “usabilità” (e consumo), che magari include una conservazione… delle eredità – sempre che uno le accetti. [6] - Heidegger prende in considerazione il consumo della cosa (che avverrebbe nell’usabilità del mezzo) ma intanto ne parla come devastazione, consunzione, deperimento, (Origine Ni68, p. 20) tradendo un celato rammarico per questo inconveniente cui andrebbe incontro l’Essere nelle sue incarnazioni. E intanto, da dietro la vaneggiata incorruttibilità dell’opera (e dell’Essere) intravedo il capolino di una materia realmente incorruttibile come l’oro a fronte ai suoi predicati: il denaro con le svariate forme che assume come Capitale, sempre soggetto a deperimenti improvvisi: bancarotte, svalutazioni e crisi economiche – non saranno mica poi questi gli eventi minacciosi che si riverberano come “abbuiarsi del mondo, fuga degli dèi, distruzione della terra”? (Introduzione alla metafisica, cit. p. 48) – La metafisica se l’è proprio vista brutta… (L’introduzione è di poco successiva all’iperinflazione tedesca del ’23 seguita e rinvigorita dalla grande depressione del ’29). [7] - Vincent a Theo, Nuenen 16 dicembre 1883 (n. 414-347). [8] - Parafrasi da Karl Marx, Opere filosofiche giovanili (1844), Editori Riuniti, Roma 1969, pag, 205. - Questa frase di Marx è riportata anche nel mio Abaco delle esortazioni (critiche), in Aut.Trib 17149, n. 1, Roma, ottobre 1978. [9] - Heidegger, Origine, Ni68, p. 55 - Tanta sollecitudine nei confronti di costoro (che appartengono all’opera, sorgono con l’opera dall’opera e si mettono subito all’opera, ecc) colloca il filosofo dalla stessa parte della barricata di quelli che guardano per salvare o salvano per guardare… [10] - Per altro, e sia detto una volta per tutte, queste separatezze dell’uomo, come quella in facente e salvaguardante, in artista e osservatore ecc., sorgono solo nella e durante la descrizione a cui sono necessarie per scandire il rapporto del soggetto con diversi momenti di un unico processo organico; nella realtà questi termini non sussistono separatamente; ognuno è al contempo l’uno e l’altro: produttore e consumatore, artista e pubblico, creatore e custode. Così, ad esempio, mentre van Gogh produce un’opera raffigurante un paio di vecchie scarpe, nel fare osserva anche l’opera, ossia di quell’opera è anche il pubblico, e magari pure il salvaguardante. La stessa considerazione vale per un calzolaio che produce scarpe consumando scarpe, ad esempio, per recarsi sul posto di lavoro…[ [11] - Engels, Ludwig Feuerbach, Editori Riuniti, Roma 1976, p. 19: “La repubblica romana era reale, ma l’impero romano che la soppiantò lo era ugualmente. La monarchia francese era diventata nel 1789 così irreale, cioè priva di ogni necessità, così irrazionale, che dovette essere distrutta dalla grande Rivoluzione, della quale Hegel parla sempre col più grande entusiasmo. In questo caso dunque la monarchia era l’irreale, la rivoluzione il reale. E così nel corso della evoluzione tutto ciò che prima era reale diventa irreale, perde la propria razionalità; al posto del reale che muore subentra una nuova realtà vitale: in modo pacifico, se ciò che è vecchio è abbastanza intelligente da andarsene senza opporre resistenza alla morte; in modo violento, se esso si oppone a questa necessità.” |
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MATERIALI § [ sorvegliare e custodire ] - Nota 2 Confronti tra le edizioni Nuova Italia e Bompiani.
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VALIGIE |
parte seconda H.D.S. MAROQUINERIES
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