E-MAIL A UN COMPAGNO sui nostri compiti organizzativi

Apocrifo . settembre 2016 . 1902 . Lenin a compagno
arteideologia raccolta supplementi
made n.14 Ottobre 2017
LA RIPRESA DELLE OSTILITÀ
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Caro compagno,
soddisfo con piacere il tuo desiderio di avere da me una critica al progetto di "Organizzazione di una rete rivoluzionaria" (immagino che tu intenda l'organizzazione dell'attività della nostra rete).
 La questione sollevata è così importante che alla discussione devono partecipare anche tutti i nodi della rete, non solo gli hub. Innanzi tutto ti dirò che sono pienamente d'accordo sui motivi che ti inducono ad affermare che la precedente organizzazione non è adatta.
 Voi dite che gli operai mancano di una seria preparazione rivoluzionaria, tanto che discutono sul cosiddetto sistema elettivo, sostenuto con tanta fierezza e ostinazione dai fautori dell'attaccamento ai principi "democratici". Ma è l'estraniamento degli operai dal lavoro attivo che produce queste aberrazioni. Proprio così:
1) c'è mancanza di una seria preparazione rivoluzionaria (non solo negli operai, ma anche negli intellettuali),
2) c'è una inopportuna ed esagerata applicazione del principio elettivo,
3) l'estraniamento su base materiale degli operai dall'attivo lavoro rivoluzionario. È questo effettivamente il difetto più grave, non solo dei nodi principali, ma anche di molte altre organizzazioni locali della nostra rete.
Condivido pienamente la presa di posizione fondamentale sui compiti organizzativi e mi associo anche al vostro progetto organizzativo nella misura in cui i suoi tratti principali mi risultano chiari dalla vostra e-mail. E precisamente, sono del tutto d'accordo con voi nel ritenere che si debbano soprattutto sottolineare i compiti del lavoro riguardo la rete generale.
 Non lo dico io, lo dite voi quando nel primo paragrafo del progetto scrivete: "Centro direttivo dell'intera rete deve essere lo hub che già è oggettivamente predisposto con i suoi legami forti e deboli, la cui natura e funzione vedremo subito".
È difficile pensare che tale compito lo possa affrontare la sola redazione di un periodico. Questo nodo centrale può e deve essere il cemento teoretico della rete, ma non può sostituire i militanti. Sono questi che offrono le capacità di scontro con l'avversario, che possono essere diretti da un gruppo centrale o possono autodirigersi sulla base dei ben conosciuti caratteri dei network.
Un gruppo simile potrà funzionare come un protocollo di trasmissione in grado di veicolare disposizioni per tutte le attività generali del partito, per cui la diffusione dei messaggi tramite il network, la pubblicazione dei tweet, la distribuzione dei compagni che eseguono un regolare patrolling sulla rete, la designazione dei militanti che devono svolgere particolari compiti assumendosene la responsabilità, la preparazione di flash-mob , ecc.
 Internet è nata in campo militare per impedire che un attacco su qualsiasi punto potesse interrompere le comunicazioni. Per questo motivo è necessario garantire la più rigorosa non-tracciabilità dei nodi e assicurare la continuità della nostra rete sdoppiando alcune funzioni. Un nodo a legami forti sarà responsabile del programma, un altro si occuperà dei risvolti operativi, ma entrambi devono potersi trasformare all'occorrenza l'uno nell'altro. L'unità di azione e l'indispensabile solidarietà fra questi due nodi sono assicurate dal programma unico del partito, ma anche dalla formazione di un "ambiente" di condivisione e collaborazione.
[… tolta la lunga parte un po' burocratica e pedante su Comitato, gruppo di discussione e assemblee, parte funzionale alla situazione specifica russa e irriducibile in termini attuali al resto del documento]
È ovvio che con ciò non si vuole affatto impedire che gli operai organizzino incontri in gite, nei boschi, ecc. Forse sarebbe ancora meglio non parlarne nello statuto, in fondo l'eccesso di formalismi è sempre stato un metodo sospetto e stupido.
Infine, per quanto riguarda i nodi locali, sono pienamente d'accordo con voi nel ritenere che uno dei loro compiti più importanti sia una buona organizzazione della presenza su Internet. Penso che questi nodi debbano essere soprattutto degli intermediari fra gli hub e la massa di coloro che sono organizzati e soprattutto coloro che non lo sono. E quando dico intermediari, penso prevalentemente a dei trasmettitori. L'organizzazione discreta ma regolare della distribuzione di informazione che ogni hub predispone, deve essere il loro compito principale.
 E questo compito è estremamente importante, perché se un hub locale potrà, attraverso i diffusori, stabilire contatti regolari con tutti i luoghi di lavoro della zona, con il maggior numero possibile di potenziali organizzati, ciò avrà un'immensa importanza tanto per i flash-mob, le occupazioni, ecc. quanto per l'insurrezione.
 Avviare, organizzare una rapida e regolare attività su Internet attraverso siti, blog, social network, ecc., abituare a questa attività tutta una rete di fiduciari, significa fare più della metà dell'opera per preparare in avvenire le dimostrazioni e l'insurrezione. Nel momento dell'eccitazione degli animi, dello sciopero, del fermento non c'è più tempo per organizzare la diffusione del materiale informativo. Ci si può abituare solo a poco a poco, facendolo obbligatoriamente, sistematicamente.
 Se non funzionano gli hub, si possono e devono far funzionare i nodi locali senza aspettare indicazioni dall'alto; non si deve permettere in nessun modo a questa rete di rimanere inattiva. In una struttura organica ognuno sa cosa fare anche senza l'imboccata. Bisogna cercare di far giungere questa struttura a un tale grado di perfezione da poter informare e mobilitare in una sola notte tutta la popolazione di Pietroburgo. E non si tratta affatto di un obiettivo, utopistico, a condizione che l'informazione venga sistematicamente trasmessa dal centro ai più ristretti hub intermedi e da questi ai diffusori.
 A mio avviso non si dovrebbero allargare i limiti di competenza del nodo locale a funzioni che non siano puramente quelle di intermediario e di trasmettitore, o meglio, si dovrebbe farlo solo con estrema cautela perché ciò non può che danneggiare l'organicità del lavoro, specie quando non lo si dovrà svolgere alla luce del sole.
Occorre fare attenzione a non confondere i ruoli. Lo scambio di informazione fra i nodi, grandi e piccoli, è una prassi normale e l'aumento di informazione entro l'intero sistema avviene perché essa è in doppia direzione (gli hub principali raccolgono informazione e ne riverberano in base a quella raccolta ed elaborata, ma in questo scambio non vige affatto il principio democratico: lo hub locale non può avere la quantità e qualità di informazione che ha quello che presidia molti nodi, intermedi e locali. Solo con una organica concezione del centralismo e della disciplina è possibile superare il principio e il meccanismo democratico.
La composizione del nodo rionale deve essere stabilita dal comitato, esso nomina cioè uno o due suoi membri (o anche non suoi membri) delegati per un determinato rione e li incarica di costituire il mediacenter rionale, i cui membri a loro volta vengono, per cosi dire, convalidati dal comitato.  Il gruppo rionale è una filiale del comitato, che solo da esso deriva i suoi poteri.
 Passo alla questione dei nodi che si dedicano al patrolling. Non è possibile organizzarne uno in ogni nodo rionale, data la scarsità di forze propagandistiche, e non sarebbe nemmeno bene. La propaganda dev'essere svolta da tutto il comitato in un unico spirito e deve essere rigorosamente centralizzata, quindi io la concepisco cosi: il comitato incarica alcuni membri di organizzare interventi massicci sui network con diffusione di hashtag, voci wikipediche, post di Facebook, insomma, tutto ciò che serve a saturare la rete con nostro materiale facilmente individuabile, copiabile postabile ovunque. Se non bastano le forze locali, si recluteranno "amici" disponibili sui network e si fornirà loro il materiale da diffondere.  Tutto il lavoro dev'essere sotto il controllo del Comitato e degli hub.
[segue elenco dei siti sensibili da hackerare]
Tutta l'arte dell'organizzazione clandestina deve consistere nell'utilizzare tutto, nel "dar lavoro a tutti" conservando nel medesimo tempo la direzione di tutto il movimento e, ovviamente non farsi beccare.
Può succedere che alcuni dei nostri patroller o hacker non riescano a oscurarsi efficacemente e che rivelino così la nostra rete. In nessun caso ciò deve costituire un pretesto per far intervenire il voto democratico in affari così importanti, né si deve passare alla decentralizzazione. Democrazia e decentralizzazione sono nemici del movimento rivoluzionario.
I mezzi per evitare i danni non sono contenuti in nessuno, statuto, ma possono essere dati solo dall'influenza reciproca tra i nodi.
La rimozione di hub che sbagliano dev'essere l'ultima spiaggia.
Il comitato deve sforzarsi di applicare nel modo più completo possibile la divisione del lavoro, ricordando che per i diversi aspetti dell'attività rivoluzionaria in rete occorrono capacità tecniche notevoli, che talvolta chi non serve affatto come tecnico sarà un insostituibile agitatore, o chi non sa mantenere la più rigorosa riservatezza clandestina sarà un eccellente propagandista, ecc.
 A proposito, vorrei ancora dire qualche parola sui propagandisti, contro l'abitudine di sovraccaricare questo ramo d'attività di elementi poco capaci, con la conseguenza di abbassare il livello della propaganda.
 Da noi accade che ogni studente venga immancabilmente considerato un propagandista, e tutti i giovani chiedano che venga loro "affidato un mediacenter ecc.  Si dovrebbe lottare contro, questa abitudine, perché il danno che ne deriva è molto grande.
I propagandisti capaci e di principi effettivamente fermi sono molto pochi (e per divenirlo bisogna studiare parecchio e accumulare esperienza), e bisogna specializzarli, impegnarli integralmente e averne una cura gelosa. Bisogna organizzare loro dei corsi di hacker aggio in modo che a loro volta, dventati esperti, insegnino ad altri e così via.
Alla massa dei giovani principianti si devono invece affidare più che altro i compiti pratici, che di solito da noi sono trascurati, come il lavoro di data enter di post orientati sui network. Solo dopo, quando avranno imparato, passeranno a produrli.
Veniamo ai circoli d'officina.
Per noi essi sono particolarmente importanti: infatti tutta la forza principale del movimento risiede nell'organizzazione degli operai nelle grandi officine, perché nelle grandi officine (e fabbriche) vi è la parte della classe operaia che non solo prevale numericamente, ma ancor più prevale per la sua influenza, il suo sviluppo, la sua capacità di lotta.
Ogni officina deve essere una nostra fortezza, perciò la rete locale dev'essere protetta come e più di una VPN dell'azienda stessa.
E perché lo sia, l'organizzazione operaia "d'officina" deve essere tanto clandestina all'interno, quanto "articolata" all'esterno; nei suoi rapporti con l'esterno, deve, cioè, come ogni organizzazione rivoluzionaria, arrivare lontano con i suoi tentacoli e tenderli nelle più diverse direzioni.
 Sottolineo che il nucleo dirigente deve essere anche qui obbligatoriamente il gruppo dei rivoluzionari operai. Noi dobbiamo rompere del tutto con la tradizione delle organizzazioni di tipo puramente operaio o professionale. L'organizzazione operaia va impostata sul territorio, non per mestiere. E per questo non c'è niente di meglio che organizzarsi in rete. E così organizzati gli operai dovranno sentirsi parte di un esercito combattente.
[… Qui c'è un lungo, burocratico e noiosissimo pezzo sui comitati d'officina, sull'organigramma, ecc. Cancello]
Dobbiamo fare più attenzione alla raccolta e all'utilizzo dei cosiddetti Big data. Ciò è necessario sia perché il centro possa avere un quadro completo di tutto il movimento, sia perché si abbia la possibilità di scegliere fra una più vasta cerchia di persone coloro a cui devono essere affidate le diverse cariche di partito, sia perché da uno specifico gruppo ben preparato possano imparare (tramite il centro) tutti i gruppi di tipo analogo in tutta la Russia, sia per prevenire l'infiltrazione di hacker avversari: in una parola questo è sempre necessario, in tutti i casi e assolutamente.
 Come farlo? Mediante l'organizzazione di regolari sopralluoghi fisici e informatici; mediante regolari rapporti al hub di riferimento; mediante la comunicazione della maggior parte possibile della documentazione all'organo centrale; mediante la conservazione su cloud protetta delle informazioni generali della rete nel suo complesso.
Solo quando i collegamenti sono mantenuti e i rapporti sono comunicati si può ritenere che il membro del partito che fa parte di un determinato circolo abbia compiuto il suo dovere; solo allora tutto il partito nel suo complesso sarà in grado di imparare da ogni circolo che svolge il lavoro pratico; solo allora non dovremo temere attacchi distruttivi, perché ogni delegato del nostro Centro, avendo i collegamenti con vari circoli, potrà sempre facilmente evitare il blocco della rete o di sue parti e riorganizzare il lavoro.
 Allora il blocco di un hub non distruggerà tutta la macchina, ma ci toglierà solo dei dirigenti, di cui i sostituti sono già designati. E non si dica che la comunicazione dei rapporti e dei collegamenti non è possibile in condizioni di clandestinità: basta solo volere, e la possibilità di trasmettere le comunicazioni e i collegamenti esiste sempre e sempre esisterà finché avremo una rete organizzata sulla base di nodi, legami forti e legami deboli. Siamo così giunti a un criterio molto importante per tutta l'organizzazione e l'attività del partito.
Mentre per la direzione ideologico-pratica del movimento e quindi per la lotta rivoluzionaria è necessaria la maggior centralizzazione possibile, per la raccolta di dati, per l'informazione generale e per la catena di responsabilità che lega il partito al proletariato é necessaria la maggiore decentralizzazione possibile.
 Il movimento deve essere diretto dal minor numero possibile di gruppi quanto più possibile omogenei di rivoluzionari di professione, resi esperti dall'esperienza.
 Al movimento, deve partecipare il maggior numero possibile di gruppi quanto più possibile multiformi ed eterogenei, comprendenti i più diversi strati del proletariato (e delle altre classi del popolo).
 E il centro del partito deve avere sempre dinanzi a sé non solo i dati precisi sull'attività di ognuno di essi, ma anche i dati quanto più possibile completi sulla loro composizione.
 Dobbiamo centralizzare la direzione del movimento e per farlo, giacché senza informazione non è possibile la centralizzazione, dobbiamo decentralizzare quanto più è possibile la responsabilità di ogni singolo membro dinanzi al partito, di ogni partecipante al lavoro, di ogni circolo che entra nel partito o lo fiancheggia. Questa decentralizzazione è una condizione necessaria della centralizzazione rivoluzionaria e il suo indispensabile correttivo.
Niente meglio di un ben organizzato network può garantire un simile risultato. Proprio quando la centralizzazione sarà condotta sino in fondo e avremo l'organo centrale, ogni più piccolo gruppo avrà la possibilità di collegarsi a questi nodi fondamentali, non solo in caso di necessità ma nella regolarità di rapporti abituali, come abbiamo imparato dalla pratica di molti anni. Saranno così resi inoffensivi i cattivi risultati dovuti alla poco felice o fortuita composizione di questo o quel nodo.
Ora che ci dedichiamo interamente alla reale unificazione del partito e alla realizzazione di un vero network, dobbiamo assolutamente non dimenticare che il suo centro sarà impotente se nel medesimo tempo non procedessimo alla massima decentralizzazione, sia della responsabilità dinanzi a detto centro, sia del lavoro di informazione che gli deve far conoscere tutti gli ingranaggi, grandi e piccoli, della macchina del partito.
 Questa decentralizzazione non é altro che l'altra faccia di quella divisione del lavoro che, per riconoscimento generale, costituisce una delle esigenze pratiche più importanti del nostro movimento.
Nessun riconoscimento ufficiale di una determinata organizzazione come organo dirigente, nessuna costituzione di un centro operativo formale potrà ancora rendere il nostro movimento effettivamente unito se il centro del partito, sarà, come prima, separato da una barriera dal lavoro pratico immediato dei comitati locali e se questi conserveranno il loro vecchio tipo.
Se, da una parte, ci saranno cioè comitati in cui entra un mucchio di persone ognuna delle quali dirige tutto, non si dedica a singoli settori del lavoro rivoluzionario, non risponde di particolari iniziative, non porta a termine dopo un'accurata riflessione e preparazione ciò che ha cominciato, spreca una grande quantità di tempo e di forze agitandosi alla maniera dei radicali, e, dall'altra, esisterà tutta una massa di circoli studenteschi e operai, per metà del tutto sconosciuti al comitato, per metà anche loro ingombranti, non specializzati, i quali non elaborano un'esperienza professionale, non utilizzano l'esperienza degli altri e sono impegnati, esattamente come il comitato, in interminabili riunioni "su tutto", in elezioni e nella redazione degli statuti.
 Perché il centro possa lavorare bene, è necessario che i comitati locali si trasformino, divengano organizzazioni specializzate e più "pratiche", raggiungano un'effettiva "perfezione" in questa o quella funzione pratica.
 Perché il centro possa non solo consigliare, convincere, discutere (come si è fatto sinora), ma dirigere effettivamente l'orchestra, è necessario si sappia con esattezza chi suona il violino, dove lo suona e quale violino suona, dove e come e quando ciascuno ha imparato o impara a suonare il suo strumento, chi stona e dove, perché stona e come, dove e chi si deve spostare per correggere le dissonanze, ecc.
 Oggi – bisogna dirlo chiaro e tondo – dell'effettivo lavoro interno del comitato o non conosciamo nulla, oltre i manifestini e le corrispondenze generali, oppure siamo informati da amici e da buoni conoscenti personali.
Non è forse ridicolo pensare che un immenso partito che sa dirigere il movimento operaio, russo e prepara l'assalto generale contro l'autocrazia possa limitarsi a ciò? Ridurre il numero dei membri del comitato, assegnare, possibilmente, a ciascuno di essi una precisa e particolare funzione di cui debbano rendere conto le di cui rispondano, creare uno speciale centro molto ristretto che dia le disposizioni, preparare una rete di fiduciari esecutivi che colleghino il comitato con ogni grande officina e fabbrica, diffondano regolarmente la stampa e forniscano al centro un quadro esatto di questa diffusione le di tutto il meccanismo del lavoro: ecco in che cosa deve consistere la nostra riorganizzazione, ed ecco perché la questione dello statuto ha cosi poca importanza.
Ho incominciato dall'esame dell'abbozzo dello statuto per indicare con maggiore chiarezza a che cosa tendono le mie proposte. E, come risultato, al lettore è divenuto chiaro – almeno lo spero – che, in sostanza, si potrebbe fare a meno dello statuto, sostituendolo, con relazioni regolari su ogni circolo, su ogni settore del lavoro.
 Che cosa si può scrivere nello statuto che non sia già chiaro nel funzionamento pratico della rete di lavoro? La redazione di un simile statuto è tanto più inutile nel momento attuale in quanto il partito quasi non ha una informazione generale sull'attività di questi diversi gruppi e sottogruppi, e per ottenerla non é lo statuto che occorre, ma l'organizzazione, se così ci si può esprimere, dell'informazione di partito.
Gli statuti sono inutili non perché il lavoro rivoluzionario non può avere sempre una struttura ben definita. No, la struttura è necessaria e noi dobbiamo cercare di dare a tutto il lavoro, nella misura del possibile, una struttura. Ed è possibile darla su scala molto più vasta di quel che comunemente si pensi, ma non con gli statuti, bensì solo ed esclusivamente con l'esatta informazione al centro del partito: solo allora si tratterà di una reale struttura legata a una reale responsabilità.
 E chi non sa che i dissensi e i conflitti seri si decidono in sostanza non già con le votazioni "secondo lo statuto", ma con la lotta politica? Di questa lotta interna è piena la storia della maggior parte dei nostri comitati negli ultimi tre o quattro anni di vita di partito.
E solo quando, avremo imparato ad applicare largamente questo criterio, elaboreremo veramente l'esperienza del funzionamento di questa o quella organizzazione. Solo sulla base di questa larga e pluriennale esperienza si possono elaborare statuti che non rimangano sulla carta.
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Lenin, Opere complete, vol.6, Lettera a un compagno sui nostri compiti organizzativi, Settembre 1902.