LE FORME DI PRODUZIONE SUCCESSIVE

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NELLA TEORIA MARXISTA . 1960 - 1980
arteideologia raccolta supplementi
made n.17 Giugno 2019
LA RIPRESA DELLE OSTILITÀ
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FORMA SECONDARIA . CAPITOLO 3 . 2

3. LA VARIANTE GERMANICA DELLA FORMA SECONDARIA 

La storiografia tedesca ufficiale ha due facce, come Giano: una generazione considera gli avvenimenti con arroganza, l'altra con servilismo. Ma che porti il monocolo o che sbirci di tra gli occhiali che porta sul naso, essa non riesce ad afferrare la sua storia così com'è. La frazione arrogante vede in ogni tedesco un prode cavaliere, mentre l'altra vede in ogni Germano un piccolo-borghese tedesco. In entrambi i casi, a rimetterci sono i Germani "storici".
Di certo non è più possibile raddrizzare concezioni a tal punto deformate. Il marxismo non considera la forma sociale germanica come semplice parte della storia tedesca, ma come una variante della forma secondaria di produzione e di società. Essa rappresenta un punto culminante dell'umanità nel suo progredire verso il feudalesimo ed è essa stessa il prodotto della civilizzazione di interi continenti. Per un periodo molto breve si è domiciliata in Europa centrale e occidentale, e questa variante non è mai stata limitata al solo territorio "attuale" della Germania. I modi di produzione non sono il prodotto di un paese solo, ma di forme che sono il risultato dello sforzo di tutte le razze e paesi del globo per dominare la natura e far progredire le forze produttive per gradi successivi.
Anche la forma germanica ha trovato origine in India, da cui peraltro essa ha continuato a ricevere sempre nuovi apporti attraverso le successive ondate migratorie. Essa è entrata in stretta connessione con la forma classico-antica, giungendo a fondersi con questa per dar vita a un nuovo modo di produzione, il feudalesimo, che si è sviluppato non tanto in Germania quanto là dove la sintesi con l'eredità romana poteva effettuarsi materialmen­te tramite la storia e l'economia – in Francia. Una seconda ondata lo traghettò in Inghilterra, dove, importato e imposto dai conquistatori, il feudalesimo poté svilupparsi più nettamente e rapidamente in assenza degli elementi ibridi e impuri da cui altrove era gravato, e sfociare ben presto in una forma superiore: il capitalismo.
È pretesa assurda e democratica quella che tutti i popoli debbano traversare in eguai misura – pena lacune di ogni sorta – tutte le fasi di sviluppo. Ciascuna fase è solo un momento limitato e circoscritto e non può dunque nascere e declinare che localmente. Ma nondimeno essa è il prodotto dell'evoluzione generale poggiante su ben più vasti rapporti.
Possono quindi essere soltanto considerazioni ideologiche – che come tali devono essere trattate – che vogliono perpetuamente legare l'episodio germanico al popolo tedesco. Quel che importa loro dimostrare è che la Germania è e resta il paese della barbarie innata, in opposizione alla raffinata civiltà del Mediterraneo e dei popoli dell'Asia colta, e farne la culla del militarismo perché ha generato la società militarmente strutturata del feudalesimo, al cui cospetto le borghesie d'Inghilterra e di Francia appaiono come i simboli dell'età dei Lumi e della Ragione, e gli USA della democrazia.
Invero, non di altro si tratta che del riflesso delle mistificatrici ideologie dei campi occidentali che hanno riportato la vittoria (dimostrando con ciò di essere i più militaristi) nelle ultime due successive guerre imperialiste e ne hanno approfittato per consolidare il loro ordine sociale e perpetuare il dominio del capitalismo decadente. È forse il modo di produzione capitalistico la fonte delle disgrazie dell'umanità? Mai più. Colpevole è (guardate un po'! ) l'"anima" tedesca o diciamo, per l'Italietta mussoliniana, suscitatrice delle potenze oscure del feudalesimo irrazionale e del totalita­rismo fascista che precipita il mondo intero in un massacro periodico: pura mitologia basata sul più vieto razzismo. È curioso notare come questo antigermanismo poggi sulla classica opera dell'antico romano Tacito, Germa­nia, in cui i popoli germani sono descritti come orde di bestie selvagge perché hanno il torto di aver inflitto le prime disfatte militari a quegli orgogliosi romani fino ad allora sempre vincitori che volevano portare al mondo la pax romana (pacare = pacificare, sottomettere, assoggettare), dopo aver soggioga­to gli abitanti nel loro proprio paese. Ferito nell'orgoglio da questa prima disfatta, Tacito da libero sfogo alla sua arroganza di rappresentante di un popolo superiore, fino a quel momento imbattuto, e dacché è ripreso da tutti i tedescofaghi, degni rappresentanti dell'attuale civiltà.
Siffatta ideologia si riflette in tutti i commentatori del capitolo delle Forme successive di produzione di Marx, i quali assimilano né più né meno il modo di produzione germanico al feudalesimo. Quest'ultimo quindi anziché risultato dell'apporto delle tre varianti della forma secondaria, ovvero della fusione finale delle varianti classico-antica e germanica, sarebbe frutto della sola forma germanica, colpevole, dopo aver abbattuto la brillante civiltà di Roma, di aver precipitato l'umanità nella notte del feudalesimo, cancellando d'un colpo tutti gli anteriori contributi positivi dell'umanità nei vari stadii della produzione sociale.
Così alcuni commentatori antifascisti di questa generazione di vinti che leccano i piedi ai vincitori prima di divenire arroganti col ritorno della prosperità, affermano apertamente che i Germani, insieme al feudalesimo, hanno introdotto nella storia il sistema di classe (che la democrazia borghese pretende abolire): ''Il passaggio alla società di classe si è dunque effettuato in Germania, ad un'epoca e in un luogo in cui si allacciava un contatto più o meno stretto con la dissoluzione dell'ordinamento schiavista, nel quale le forze di produzione e i rapporti produttivi erano entrati in una insuperabile contraddizione, e addirittura questo passaggio si è operato in un diretto concatenamento causale con la dissoluzione dello schiavismo" [1].
La perfida Germania ha dunque ripreso tutti gli aspetti negativi dell'ordinamento schiavista in un "diretto concatenamento causale", senza che peraltro lo schiavismo romano abbia rappresentato l'ordinamento di una società di classe!!!
Simili enormità possono solo spiegarsi con l'ideologia dominante, il cui metodo consiste nel far totale astrazione dal reale contenuto economico e storico, dal marxismo teorizzato in leggi oggettive, per andare a caccia di citazioni avulse dal loro contesto. Così la maggior parte dei commentatori "antifascisti" ha assimilato la forma germanica al feudalesimo, riprendendo l'amalgama tra tedesco e barbaro germanico del Medioevo oscurantista, e rifacendosi per questo a una frase del manoscritto di Marx sulle Forme, non elaborato per la pubblicazione ma redatto per l'autochiarimento dell'autore: "Il Medioevo (periodo germanico) prende avvio dalla campagna come centro della storia; il suo ulteriore sviluppo avviene poi nella contraddizione fra città e campagna" (p. 460). Ora, gli altri numerosissimi ed espliciti passi, includono la variante germanica nella forma secondaria allo stesso titolo della asiatica e della antico-classica, delimitandola anche con estrema precisione nel tempo e nello spazio: Il suo equivalente, in occidente, è la comune germanica di data recente. Essa non esisteva ancora al tempo di Giulio Cesare e non esisteva già più quando le tribù conquistarono l'Italia, la Gallia, la Spagna, ecc.[2]. Inoltre, ed è qui l'essenziale, in tutte le descrizioni di Marx la variante germanica è distinta, come vedremo ora, dal feudalesimo.
Dopo quanto abbiamo detto delle due altre varianti secondarie, possiamo definire abbastanza brevemente la forma germanica. Nella sua forma pura, quest'ultima si apparenta con la variante antico-classica nel suo duplice aspetto del pìccolo contadino proprietario e dell'ager publicus collettivo, forma che in Grecia e a Roma è evoluta verso lo schiavismo e che tra i Germani è durata solo 120 anni prima di sprofondare in guerre e conquiste, nel corso delle quali si dissolse e si fuse con l'eredità di Roma. Proprio questa lenta dissoluzione preparò l'avvenire più fecondo.
Definiremo quindi la forma germanica non nella sua genesi dalla forma indiana, ma comparandola alla variante antico-classica, per afferrare le caratteristiche specifiche e rilevare al contempo i fattori più significativi per l'evoluzione alla successiva forma terziaria del feudalesimo.
Per l'edizione italiana abbiamo aggiunto alcuni sviluppi sulla genesi della forma germanica e antico-classica a partire dalla dissoluzione del comunismo primitivo in India sotto i colpi dei conquistatori ariani (cf. pagg. 110-147).
Queste forme derivano entrambe dalla stessa fonte, come unico fu il movimento che le condusse dall'Asia in Europa imprimendo loro una storia dinamica e feconda di molteplici sviluppi e predisponendo i rapporti sociali della variante germanica ad adattarsi, più agevolmente di tutti gli altri, alle nuove condizioni, si che poterono unificare gli apporti di Roma e convogliare tutte le conquiste della forma secondaria estesa al mondo intero verso la forma terziaria.
Tale dinamismo si accompagna a uno sviluppo estremamente contrasta­to e ineguale, testimonianza di profonde tragedie rivoluzionarie: Dopo il periodo eroico della migrazione dei popoli, la Germania, ormai esaurita, disparve dalla scena storica. Essa fu restaurata solo da Carlo Magno a partire dalla Francia [3]. È da qui, allora, che il feudalesimo venne introdotto nella Germania esangue: Il servizio militare, che tanto aveva accelerato la rovina del contadiname romano, fu anche il mezzo principale di cui si servì Carlo Magno per ridurre, in un processo accelerato, i liberi contadini tedeschi alla condizione di servitù [4]. 

Dinamica della variante germanica 

Nella sua lettera a Marx del 22.11.1882, Engels ci dà molti e preziosi chiarimenti sulla formazione del modo di produzione germanico, che si caratterizza fondamentalmente per un'estrema mobilità. L'esempio dei Cimbri testimonia che i Germani emigravano non in blocco né in un movimento ininterrotto; ma di anno in anno continuavano ad avanzare nella stagione buona e attraversavano il continente lottando e guerreggiando.
Questo modo di migrazione corrispondeva al modo di ripartizione del processo di lavoro: Dove si era trascorso l'inverno, in primavera si facevano le semine, e dopo il raccolto si andava avanti finché il nuovo inverno ingiungeva di fermarsi. Che essi non cessassero mai di coltivare i loro campi (anche se all'occasione non mancarono di saccheggiare), è cosa indubbia presso gente che aveva portato con sé l'agricoltura dall'Asia. Tra i Cimbri il processo di migrazione è ancora in atto, mentre in Cesare esso è terminato, poiché il Reno è diventato un confine insormontabile. Le due cose prese insieme spiegano quanto ci dice Cesare: non esistono ancora presso di essi campi privati e separati. Durante la migrazione era possibile soltanto coltivare la terra in comune sulla base dell'organizzazione per stirpi consanguinee, giacché la delimitazione di campi individuali sarebbe stata assurda data l'assenza di ogni legame fisso al suolo. Il progresso, o più esattamente il regresso, alla coltivazione individuale, benché continuasse a sussistere la proprietà comune, si ha poi all'epoca di Tacito.
Nella forma germanica tutte le caratteristiche dell'appropriazione (proprietà) sono innanzitutto determinate dai legami sociali consanguinei che avevano già conosciuto in Asia uno sviluppo complesso e si erano staccati, nel corso della migrazione, dai rapporti della proprietà fondiaria per raggiungere un livello più elevato al tempo della sedentarizzazione in Europa. Non si tratta dunque assolutamente di fenomeni tedeschi:
Due fatti naturali spontaneamente sviluppatisi dominano la storia primitiva di tutti o quasi tutti i popoli: la strutturazione del popolo secondo legami di parentela e la proprietà comune del suolo. Così accade ai Germani. La stessa organizzazione per tribù, popoli e famiglie che essi avevano recato con sé dall'Asia, e che si ritrovava ancora all'epoca romana nella formazione delle loro schiere in battaglia in maniera che i parenti più stretti stessero sempre l'uno a fianco dell'altro, presiedette anche alla presa di possesso (appropriazione) di nuovi territori a Est del Reno e a Nord del Danubio. Ogni tribù si installava nella nuova sede non secondo il capriccio o il caso, bensì, come Cesare sottolinea espressamente, secondo la parentela familiare dei membri della tribù. Ai raggruppamenti più o meno imparentati toccava un determinato settore (Bezirk) nel quale a loro volta le varie stirpi abbraccianti più famiglie si insediavano con villaggi. Più villaggi imparentati costituivano una centena (Hundertschaft, antico alto-tedesco huntari, antico nordico heradh); più centene un paese (Gau); l'insieme di questi paesi era il popolo stesso [5].
Il suolo che non veniva preso in possesso dalla popolazione del singolo distretto rimaneva a disposizione della centena e quanto non veniva attribuito a questa andava al Gau; quanto poi restava ancora disponibile diventava possesso diretto di tutto il popolo, sempre come proprietà collettiva indivisa, in Svezia continuano a sussistere tutti questi diversi livelli di possesso comune. Ogni villaggio aveva beni comunitarii, cui veniva ad aggiungersi la terra collettiva delle centene, del Gau o del paese e infine la terra comune del popolo (Volksgemeinland), che il re rivendicava come rappresentante di tutto il popolo, detta pertanto Konungs almänningar. Ma tutte queste terre comuni, comprese quelle del re, si chiamavano, senza differenza, beni comunitarii, terre comunali [6].
Troviamo qui rapporti sociali già pienamente elaborati che organizzano sia la vita produttiva che sociale: Sul suolo germanico, questa comunità di tipo arcaico si è trasformata per sviluppo naturale in comune agricola, come l'ha descritta Tacito. Dai suoi tempi, noi la perdiamo di vista. Essa perì senza dubbio di morte violenta. In questa comune, la terra lavorabile appartiene in proprietà privata ai coltivatori, mentre boschi, pascoli, terre incolte, ecc. restano proprietà comune. Questa forma fu introdotta dai Germani in tutti i paesi conquistati.
Si vede come questa forma sia esattamente il contrario del feudalesimo, in cui la proprietà comune viene accaparrata dalla gerarchia per legare alla gleba il contadino asservito e non più libero e uguale.
Per definire la variante germanica della forma secondaria, Marx caratterizza come segue il suo modo di appropriazione: Un'altra forma di proprietà è quella germanica nella quale gli individui lavorano e soddisfano i propri bisogni possedendo le condizioni naturali del loro lavoro in quanto membri della comune (p. 457).
Dopo questa definizione essenziale, egli passa a descrivere i tratti caratteristici: Presso i Germani, i capi famiglia si stabilivano nelle foreste, separate l'una dall'altra da lunghe distanze. A volerla considerare solo dall'esterno, la comune non esisteva che in occasione delle riunioni periodiche dei suoi membri, sebbene la loro unità derivi da una genealogia, da una lingua, da un passato e da una storia comuni, ecc. (p. 460).
Ciò che fondamentalmente distingue le forme asiatica e classico-antica da quella germanica, è il fatto che nelle prime due i rapporti della proprietà fondiaria comportano la predominanza di forme collettive che assicurano la priorità allo Stato, essendo il possesso o proprietà privata basato sulla proprietà fondiaria di Stato, contrariamente alla forma germanica in cui la proprietà privata prevale sulla proprietà fondiaria collettiva che è al servizio della prima. È questo, sin dal primo momento, un formidabile balzo in avanti, che permetterà una totale usurpazione dei beni immobili collettivi da parte dei proprietari privati, ossia un nuovo sviluppo dei rapporti di classe e della produttività del lavoro umano. Nelle guerre di conquista, questa forma a predominanza privata nelle iniziative sociali dissolverà lo Stato romano, con i suoi affari pubblici che dominavano tutta la vita sociale sulla base della proprietà fondiaria. Ma non è tutto. I nuovi rapporti privati non si modelleranno che molto lentamente in rapporti statali, sicché, all'inizio della forma terziaria, una parcellizzazione generale consentirà alla forza individuale nell'agricoltura, nel commercio e nell'artigianato di attingere notevoli livelli di produttività e di tecnica.
Ma consideriamo più da vicino la differenza tra la proprietà collettiva delle varianti asiatica e classico-antica e quella della variante germanica. In quest'ultima la comunità appare non come una unità che tutto inglobi, ma come associazione e accordo di soggetti autonomi, i proprietari fondiari [7]. La variante germanica integra giovanilmente il movimento innescato dalla forma secondaria nelle sue due varianti che l'hanno preceduta, affermando immediatamente il primato della proprietà privata. La comunità, contraria­mente alla Grecia e a Roma, non vi esiste come Stato, sistema statale, poiché essa non esiste come città. Perché la comunità assuma un'esistenza reale, i liberi proprietari fondiari devono riunirsi in assemblea mentre a Roma, ad esempio, la comunità esiste al di fuori delle assemblee, basata com'è sulla città e sui funzionari preposti al suo servizio.
Certo, anche presso i Germani troviamo l'ager publicus, la terra comunale o terra del popolo, distinta dalla proprietà del singolo. È terreno di caccia, di pascolo, di legnatico, ecc., ossia la parte del suolo che non può essere divisa in quanto deve servire come mezzo di produzione in queste forme determinate. Ma questo ager publicus non rappresenta, come accade ad esempio presso i Romani, l'esistenza economica dello Stato separata da quella dei proprietari privati, di modo che costoro sono proprietari solo in quanto sono esclusi, privati, come i plebei, dell'uso dell'ager publicus.
Quell'ager publicus che presso i Greci e i Romani o gli Asiatici è la base, si presenta tra i Germani piuttosto come il completamento della proprietà individuale e figura come proprietà solo in quanto viene difeso come bene collettivo della tribù contro le tribù nemiche. Non è la proprietà del singolo che è mediata dalla comunità, ma è l'esistenza della comunità e della proprietà comune che è mediata dal rapporto di mutualità tra i soggetti autonomi.
La totalità economica è in fondo contenuta in ogni singola casa, che costituisce di per sé un centro autonomo della produzione (la manifattura costituisce esclusivamente un'attività domestica accessoria delle donne ecc). Nell'antichità greca e romana, la città, con la sua marca rurale, rappresenta la totalità economica; nel mondo germanico lo è invece la singola abitazione, che si presenta a sua volta solo come un punto nella terra che ad essa appartiene: non è una concentrazione di molti proprietari, ma una famiglia come unità indipendente (p. 461).
Nel suo sviluppo, la variante classico-antica si distingue da quella germanica per la dissoluzione della parcella (con la concentrazione della terra in grandi possedimenti) a livello economico e la susseguente crescente espansione dello Stato a livello politico:
Nella forma germanica, il contadino non è un cittadino dello Stato, cioè non è un abitante della città. Alla base c'è l'abitazione familiare, isolata ed indipendente, garantita dall'associazione con altre abitazioni simili della stessa tribù. Le assemblee convocate in occasione di guerre, di culto, di arbitrato ecc. rappresentano tale mutua garanzia. La proprietà fondiaria individuale qui non si presenta come forma antitetica della proprietà fondiaria della comunità né come mediata da essa, ma viceversa (p. 462).
L'apertura verso la proprietà privata dei singoli è la massima conquista e la caratteristica specifica della forma germanica, la cui proprietà comune non evolve in proprietà statale fin dall'apparire dei primi fenomeni di classe. Tale forma più individuale spiega come mai questa variante non abbia potuto assumere proporzioni e operare conquiste di ampiezza paragonabile a quelle della Grecia, di Roma e dell'Asia, ed abbia avuto vita estremamente precaria.
Tuttavia – e in ciò una proprietà notevolissima – questa sfera privata e individuale, nella forma germanica più che altrove, si fonda sul senso e sullo spirito comunitario. Ecco il paradosso della forma germanica: la proprietà privata fa leva sulla proprietà collettiva per svilupparsi:
La comunità esiste soltanto nella relazione reciproca dei proprietari fondiari individuali in quanto tali. La proprietà comunitaria non è che il complemento collettivo delle abitazioni individuali della tribù e della terra appropriata dai singoli.
La comunità non è più la sostanza in cui l'individuo appare solo come accidente, né è quell'insieme, che in quanto tale è una unità realizzata sia nell'idea, sia nell'esistenza della città e dei suoi bisogni distinti da quelli del singolo, o nel suo territorio urbano che ha un'esistenza propria, distinta dall'economia particolare del membro della comunità.

Maurizio Benveduti, Uffici Unificati, 1993
Nella forma germanica, la comunità è il prolungamento dell'individuo. Certo essa è ancora la comunità di lingua, di sangue ecc. presupposta all'individuo, ma, sul piano sociale, esiste concretamente nell'assemblea effettiva dei proprietari riunita per fini collettivi.
Questa assemblea è un'istituzione molto diffusa, che esiste sia tra gli Irochesi che tra i Greci e i Romani, dove agorà è sinonimo di res publica (repubblica), cosa pubblica. Presso i Germani si chiamava thing, la comunità, la cosa (dove la comunità è vivente) [8]. La parola nithing era al contrario un epiteto infamante: escluso dalla comunità, uomo da niente. Pervenuta a questa astrazione vivente, la comunità poté evolvere in associazioni costituite per scopi determinati (gilde, corporazioni) e basate sul reciproco soccorso ed assistenza.
Certo la comunità ha anche un'esistenza economica propria nei terreni comuni di caccia, di pascolo, ecc., ma ogni proprietario individuale li utilizza a titolo di proprietario individuale e non in quanto rappresentante dello Stato, come a Roma: è proprietà realmente comune dei proprietari individuali, non proprietà della società di questi che, nella città, hanno un'esistenza distinta da quella che possiedono in quanto proprietari individua­li (p. 462).
A Roma, la comune agricola dei liberi contadini, proprietari della terra che lavorano, si disgregò poiché una concentrazione anche relativamente debole della proprietà privata le assicurava un peso enorme nell'ager publicus e politicizzò i legami comuni al punto che il processo di dissoluzione economico provocò la disgregazione dei rapporti politici e sociali tradizionali.
Nella forma germanica la comunità non era invece che il prolungamento dei singoli, e nella misura in cui aveva esistenza economica propria nei territori di caccia, di pascolo, di legnatico, si opponeva per le sue caratteristiche fisiche all'appropriazione individuale: essa non era utilizzabile che per fini individuali immediati, il che implicava una sorta di collaborazione e di mutuo consenso. In altri termini, il valore d'uso e l'utilizzazione dell'ager publicus germanico si opponevano alla sua trasformazione in proprietà privata parcellare. È vero che esso fu accaparrato dalla gerarchia feudale, ma questa rappresentò l'ager publicus non in un processo di crescente accumulazione nelle sue mani della proprietà privata della terra, ma adempiendo una funzione collettiva indispensabile a tutti, in primo luogo ai contadini: garantire la sicurezza collettiva contro le incursioni esterne che mandavano in rovina il contadiname. Questo processo si manifesta concretamente nel fatto che i contadini, anziché essere espropriati e cacciati dalla loro parcella dai grandi proprietari fondiari che si accaparrarono la loro terra, furono, al contrario, legati alla gleba. Conseguenza ne fu non un accresciuto dominio della proprietà fondiaria, ma un'evoluzione dei rapporti sociali oltre la proprietà fondiaria stessa a foggiare nuove sfere di produzione, con l'autonomizzazione dell'artigianato nelle città. Ormai le nuove condizioni economiche, politiche e sociali non erano più concentrate esclusivamente nelle mani dei proprietari fondiari, né dominate in maniera assoluta dalla produzione agricola o dalla proprietà fondiaria.
I rapporti sociali della forma germanica che uno sviluppo più complesso e tumultuoso aveva per così dire autonomizzati, poterono adattarsi a meraviglia alle nuove condizioni materiali, senza ripercorrere tutto il lungo cammino che fu necessario per conquistarle: essi erano i soli in grado di spingere le conquiste tecniche e produttive dell'Asia, della Grecia e di Roma a un livello sociale superiore come piedistallo per un nuovo traguardo.
La forma classico-antica, la cui evoluzione a partire dalla proprietà privata era stata direttamente determinata dal correlativo processo economico di concentrazione e di espropriazione, viveva racchiusa negli angusti rapporti della proprietà fondiaria propri della forma secondaria e, lungi dal far evolvere in forme nuove le sue pesanti determinazioni economiche, ne era al contrario, schiacciata. Partita da condizioni economiche infinitamente più basse, la forma germanica era suscettibile di evoluzioni più complesse, poiché i suoi rapporti sociali si erano fin dall'inizio fortemente autonomizzati nei confronti della proprietà fondiaria.
Leggiamolo in Engels, che sottolinea appunto come il carattere astratto e generale dei rapporti della forma germanica ne permetta l'adattamento alle più svariate condizioni:
Come i membri della comunità avevano lotti uguali di terra e uguali diritti di uso, così essi avevano originariamente anche stessa compartecipazio­ne alla legislazione, all'amministrazione e alla giustizia nell'ambito della marca. In epoche determinate e, se necessario, con più frequenza, essi si radunavano all'aperto per decidere sulle questioni della marca e per giudicare sui delitti e le controversie. Era, in piccolo, l'antichissima assemblea popolare germanica, la quale originariamente era stata anch'essa solo una grande assemblea di marca.
Venivano promulgate leggi, anche se soltanto in rari casi di necessità; si sceglievano i funzionari e si controllava la loro gestione, ma soprattutto si faceva giustizia. Chi presiedeva doveva solo formulare le questioni, il giudizio era espresso dall'insieme dei membri presenti [9].
Ed Engels prosegue mostrando come la costituzione della marca fosse suscettibile di adattarsi a tutti i cambiamenti intervenuti nell'organismo sociale e a diverse gerarchie in seno ad esso, e come le condizioni materiali ne determinassero l'evoluzione:
Nei tempi preistorici, la costituzione di marca era praticamente l'unica organizzazione delle tribù germaniche che non aveva ancora re; l'antica nobiltà della tribù, scomparsa al tempo delle grandi invasioni o poco dopo, si inseriva facilmente in essa, come del resto tutto si adattava agevolmente a questa costituzione. Così, per esempio, la nobiltà di clan celtica si inserì nella comunità terriera irlandese (ibid).
Tale straordinaria capacità di adattamento deriva alla costituzione della marca dal fatto che essa può collegare la produzione dell'individuo con quella di tutti gli altri, e che fin dall'origine essa regola le controversie mediante accordi (contratti) personali tra singoli. Questi rapporti di mutua dipendenza delle persone culminano nella gerarchia feudale, in cui, dalla base al vertice della scala, ciascuno è infeudato e vincolato all'altro. Sono rapporti che ben si adattano ad un forte aumento delle capacità produttive individuali e sono perciò al servizio dello sviluppo generale delle forze produttive della società. 

Dissoluzione della variante germanica 

Dal punto di vista economico, i rapporti della costituzione della marca germanica erano in grado di adattarsi allo sviluppo delle forze produttive solo finché i rapporti sociali potevano progredire per effetto dell'aumento di produttività del lavoro umano, in altri termini solo finché i produttori detenevano i loro strumenti di lavoro e non erano ancora sottomessi a quella forza sociale concentrata di carattere assolutamente materiale che è il capitale, il quale si impone inesorabilmente a tutto e a tutti. I rapporti sociali possono essere di carattere personale e ricalcare la costituzione della marca solo finché la forza lavoro si sviluppa. Ciò che non può più verificarsi allorché il capitale nelle sue installazioni fisse, procedimenti di fabbricazione, attrezzaggio e macchinario si integra tutti i beneficii derivanti dall'aumento della produttività del lavoro e della tecnica a danno del lavoro vivo.
Ma consideriamo come evolse l'organizzazione della marca al momento del dissolvimento della variante germanica. Le stesse cause che avevano generata quest'ultima: migrazioni, guerre e conquiste provocarono la sua dissoluzione. Nei lunghi secoli di contese e di lotte contro Roma, la forma germanica si appropriò TUTTI I RISULTATI DELLE DUE ALTRE VARIANTI DELLA FORMA SECONDARIA sul piano economico e sociale [10], creando così i presupposti per la transizione rivoluzionaria alla forma terziaria del feudalesimo.
Riassumiamo: la dissoluzione della variante germanica, la quale era caratterizzata nella sua fase di espansione oltre-Reno da un vigoroso dualismo tra terra privata e terra comunitaria oltre che dal loro legame armonioso a profitto della prima grazie all'organizzazione collettiva della Marca, si espresse in una prima mutazione allorché i Germani occuparono i paesi dell'Impero romano: la parcella divenne proprietà privata esclusiva del contadino, che fu spogliato dei legami di garanzia della marca. Ciò, se da un lato accentuò il carattere privato della parcella, dall'altro indebolì considerevolmente il contadino: tale evoluzione favorì al polo opposto l'autonomizzazione della terra comunitaria e preparò il suo accaparramento — a titolo di plusvalore per il lavoro di servizio militare — da parte della gerarchia militare formatasi e consolidatasi nel corso dei lunghi periodi di insicurezza e di guerre.
Le ultime vestigia di legami consanguinei tra terra privata e terra comunitaria furono definitivamente distrutte con l'immigrazione in territorio romano:
Anche se c'era l'intenzione di insediarsi secondo tribù e stirpi, ciò non era realizzabile. Le lunghe migrazioni avevano mescolato non solo tribù e stirpi ma addirittura interi popoli. Solo a fatica era possibile tenere ancora in vita l'associazione di tipo consanguineo delle diverse comunità di villaggio: esse erano pertanto divenute le effettive unità politiche di cui si componeva il popolo. I nuovi "paesi" (Gau) in territorio romano divennero fin dall'inizio distretti giudiziari più o meno arbitrarii – o determinati dalle condizioni trovate sul posto; o evolsero comunque rapidamente in questo senso [11].
Le forme di proprietà privata e comune che risultarono dalle conquiste furono quindi il PRODOTTO COMUNE delle varianti classico-antica E germanica. Tuttavia, nei secoli di declino dell'Impero romano, la Città, in quanto residenza dei proprietari della campagna, aveva perduto il suo effettivo predominio su quest'ultima e non era più capace di riconquistarlo. Questo declino della città corrispondeva alla dissoluzione dello Stato e dell'impero "mondiale" di Roma. Sul piano economico, questa decadenza divenne irrimediabile poiché i coloni, indebitati e ridotti in schiavitù, non potevano più coltivare i loro campi, e la produttività agricola precipitò paurosamente, a cominciare dai grandi possedimenti schiavisti dei patrizi. Non restava che un mezzo per aumentare la produttività: smembrare i latifondi in parcelle da ripartire tra i contadini a titolo di proprietà privata, per dar modo all'agricoltura di svilupparsi in maniera intensiva e non più estensiva. Un tale provvedimento permetteva di compensare l'handicap agrario della forma classico-antica rispetto all'agricoltura intensiva della forma asiatica, in cui i lavori d'irrigazione diretti dallo Stato consentivano ai piccoli contadini possessori di dedicarsi ad una orticoltura sommamente feconda per lo sviluppo della primissima forza produttiva: una popolazione molto numerosa che lavorava più o meno in cooperazione.
Il confronto colla variante asiatica dimostra così che a questo stadio di sviluppo l'agricoltura è più produttiva se il contadino è legato alla terra e la coltiva intensivamente. La sua debolezza, soprattutto in Medio Oriente e nell'Africa del Nord, è stata di non poter impiantare – come il feudalesimo farà in modo esemplare – una forza e una organizzazione militare in grado di difendere la continuità del lavoro del piccolo contadino. Ma a Roma il fallimento su questo piano fu ancora più lampante: lo sviluppo delle forze produttive agricole fu compromesso e rovinato non solo dallo schiavismo e – a questo stadio – dalla folle concentrazione della proprietà fondiaria, ma altresì dalle distruzioni "ecologiche" della natura provocate da un'economia agricola aberrante. Nella sua opera su L'origine del Cristianesimo, Kautsky riporta una lunga lista di disastri causati dall'economia schiavista nel paesaggio d'Italia e nei paesi del Mediterraneo in generale, disastri di cui questi paesi soffrono ancora oggi. Il capitalismo decadente ha di nuovo rotto il fragile equilibrio nel rapporto degli uomini con la Natura che il medio evo aveva reintrodotto [12].
La forma germanica pervenne a superare gli antagonismi della forma schiavista in campo agricolo, il cui sovraprodotto consentì di nutrire e di approvvigionare di materie prime diverse gli artigiani che lavorano nel settore manifatturiero e industriale. In ciò la chiave del paradosso per cui i Germani arrivarono a sciogliere le contraddizioni dell'economia romana, che solo poteva spezzare il dominio egemonico della proprietà fondiaria risolvendo la questione agraria, ossia aumentando la produttività del contadino. Contraria­mente a quanto pensano gli immediatisti, le forze produttive si accrebbero non aumentando la libertà e il benessere immediato, bensì aggravando ulteriormente il carattere alienato e disumanizzante dell'anteriore società di classe, poiché solo estorcendo una maggiore quantità di plusvalore si giunse a creare i nuovi settori produttivi: l'artigianato e la manifattura.
La soluzione per far uscire la proprietà fondiaria dal vicolo cieco nel quale essa si era cacciata fu trovata dal reale movimento storico e non dal genio di un qualsivoglia Spirito (nazionale o individuale). Le guerre e le conquiste avevano reso ancor più drammatica la condizione delle masse umane, che, per trovare la pace e la sicurezza necessarie a produrre e vivere, furono disposte ad alienare la loro "libertà" ai conquistatori, i quali, nello, stesso tempo, videro i loro rapporti sociali trasformarsi in rapporti di classe: l'ager publicus romano come la terra comunitaria germanica vennero usurpati dalla gerarchia militare dei conquistatori, mentre i contadini per accedere alla terra (al proprio lotto e alla terra comune del signore) furono obbligati a effettuare delle corvées (sopralavoro) per le classi dominanti. Vediamo come si operò il passaggio alle forme feudali.
Nei territori romani conquistati dai Germani, l'appropriazione dei campi e dei pascoli si fece subito mediante l'allodio, libera proprietà ereditata dagli antichi Germani, ossia sottoposta soltanto agli obblighi comuni della marca. Dobbiamo ora esaminare come sulla base di questo allodio si sia sviluppato un'ordinamento sociale e politico, che, con l'abituale ironia della storia dissolse infine lo Stato (per introdurre un nuovo modo di produzione che presuppone la distruzione delle sovrastrutture politiche del modo precedente), e distrusse l'allodio nella forma classica.
Con l'allodio si dava non solo la possibilità ma anche la necessità che l'originaria uguaglianza della proprietà fondiaria si mutasse nel suo opposto. Dal momento del suo costituirsi sul suolo romano, l'allodio divenne ciò che era stata da tempo la proprietà fondiaria romana che gli si trovava occasionalmente a fianco: una merce [13].
Come abbiamo già detto, proprio dalla fusione delle forme romana e germanica nascerà la nuova forma di proprietà fondiaria, che accentuerà l'ineguaglianza e l'estorsione di plusvalore.
È una legge imprescindibile di tutte le società basate sulla produzione e sullo scambio di merci – Engels prosegue – che la ripartizione del possesso diventi sempre più ineguale e la contrapposizione di ricchezza e povertà sempre più grande; in altri termini, la proprietà si concentra in un numero sempre minore di mani essendo le masse sempre più radicalmente espropriate (ibid.).
Allo stadio della forma secondaria si può essere espropriati solo della terra, che comprende anche gli strumenti e i prodotti del lavoro, i mezzi di sussistenza immediati. Perché gli strumenti si sviluppino autonomamente e sia possibile in seguito, nel corso dell'accumulazione originaria del capitalismo, espropriarne i produttori, bisognerà arrivare alla forma terziaria. Gli strumenti di lavoro diverranno allora proprietà delle nuove classi dominanti per sfruttare la nuda forza lavoro, cui i nuovi espropriati saranno stati ridotti. Per ottenere questo risultato, che corrisponde a un progresso formidabile delle forze produttive, sarà necessario passare attraverso il feudalesimo.
Ma torniamo alla genesi delle forme feudali, che coincide con la dissoluzione della forma secondaria, soprattutto germanica. Al polo opposto dei rapporti economici e sociali della proprietà privata del suolo si delineò un energico processo di autonomizzazione della terra comunitaria e della costituzione di marca, laddove se la prima andò apparentemente a beneficio dei piccoli contadini, la seconda si fece a profitto effettivo della gerarchia militare. Tale processo era legato ai fenomeni sovversivi dell'urto di popoli e tribù entrati nel movimento della storia:
I primi sintomi del deperimento della costituzione di marca affiorano già subito dopo le grandi invasioni. I re franchi, come rappresentanti del popolo, si impadronirono delle enormi estensioni, in particolare dei boschi, appartenenti collettivamente all'insieme del popolo, per dissiparle in donazioni alla gente del loro seguito (corte feudale prolungamento del signore), ai loro condottieri, a vescovi e abati. Essi gettano così le prime basi della futura grande proprietà fondiaria della nobiltà e della Chiesa [14].
La forma germanica, come le altre varianti della forma secondaria, era incapace di evolvere direttamente, senza una rivoluzione nei rapporti sociali, verso il feudalesimo, che doveva permettere al lavoro artigianale e manifattu­riero di emanciparsi dalla proprietà fondiaria. Il feudalesimo fu il RISULTATO di lotte e rivolgimenti che abbracciarono secoli e portarono a un totale sovvertimento dei rapporti sociali fra gli uomini.
La dissoluzione degli Stati del periodo germanico non si concluse con l'assoggettamento ai Normanni e ai Saraceni, ossia con una stagnazione nei rapporti consanguinei di parentela, bensì con l'impianto del feudalesimo mediante l'istituzione del beneficio e del patto di alleanza tra il libero contadino e la nobiltà armata che garantirà al primo la sicurezza sufficiente per organizzare in maniera continua la riproduzione del suo processo di lavoro. Con lo sviluppo delle forze produttive così create la popolazione si accrebbe rapidamente, tanto che solo due secoli più tardi poté essere sopportato senza danno il salasso delle Crociate (ripresa dei legami con l'Oriente).


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[1] . Cf. H. Bericke, Forza produttiva e rapporti di produzione nel feudalesimo, in Zeitschrift für Geschichte XIV/2 Berlin 1966, p. 922.
[2] . Cf. Marx, Terzo abbozzo della lettera a Vera Zasulic, 8.3.1881.
[3] . Cf. Engels, Manoscritti su La Riforma e la Guerra dei contadini in Germania, in Marx-Engels-Lenin-Stalin, Contributo alla Storia tedesca, Berlino 1952, vol. I, p. 279. Nei  tre grossi volumi di questa raccolta si trovano numerosi dati davvero preziosi sull'evoluzione economica, politica e sociale della Germania.
[4] . Cf. Marx, Il Capitale I, sez. VII, cap. XXIV, 2.
[5] . Cf. Engels, La Marca, cit., p. 158-59.
[6] . Cf. Marx, I e III Abbozzo di risposta a Vera Zasulic, 8.3.1881.
[7] . Questo fatto non è in contraddizione con il modo di appropriazione in base alla stirpe. Ma è testimonianza soltanto della notevole evoluzione avvenuta dopo la sedentarizzazione. Nella sua lettera del 25.3.1868, Marx scriveva ad Engels: "Come anche i migliori geologi, ad esempio Cuvier, hanno interpretalo esattamente al contrario certi fatti, così i filologi della portata di un Grimm hanno tradotto male le più semplici frasi latine, perché erano dominati dall'ideologia di un Moser, ecc. (che era entusiasmato dal fatto che non fosse mai esistita presso i tedeschi la "libertà", ma al contrario che "l'aria rende ivi servi"). Così, ad esempio, il noto passo di Tacito: "arva per annos mutant et superest ager" che significa: scambiano (mediante sorteggio, dal che più tardi sortes in tutte le leges barbarum) i campi (arva) e rimane la terra comune (ager è qui in contrapposizione ad arva in quanto ager publicus), in Grimm è tradotto così: "ogni anno coltivano campi nuovi, e rimane sempre ancora della terra (non coltivata)"!
Allo stesso modo il passo: "Colunt discreti ac diversi" dovrebbe dimostrare che i Germani hanno sfruttato da sempre poderi come i nobilotti vestfalici. Ma nello stesso passo si dice più avanti: '"Vicos locant non in nostrum morem connexis et cohaerentibus aedificiis: suum quisque locum spatio circumdat (formano i villaggi non a modo nostro, con edifici annessi ed attaccati l'uno all'altro: ognuno circonda il proprio luogo con uno spazio libero, non coltivato), e tali villaggi germanici esistono ancora qua e là in Danimarca".
[8] . La THING, assemblea popolare germanica, eleggeva in origine i suoi rappresentan­ti in ragione soprattutto delle loro capacità militari (età, coraggio, successi già riportati) data l'importanza per tutti della questione della guerra e della conquista. Si trattava evidentemente di una funzione temporanea. È solo più tardi che del tutto naturalmente, in presenza di circostanze di crescente insicurezza, i "principi" (rappresentanti dei distretti) e il re (rappresentante della confederazione) divennero stabili e divenne regola l'uso di prestazioni in bestiame o cereali versate dalla popolazione inizialmente per la guerra, in seguito per la funzione di chi era preposto alla guerra. Il verbo tedesco verdingen (che ha stessa radice di thing) significa "prendere servizio", "concludere un contratto con l'esecutore", e ricorda i rapporti di dipendenza, dapprima reciproci, conclusi tra Germani.
[9] . Cf. Engels, La Marca, cit, p.  167.  La Marca designa il territorio di una data comunità, poi, per estensione, con l'evoluzione sociale, il territorio in proprietà comune che circonda abitazioni e dipendenze individuali delle famiglie costituenti la comunità. Come si è visto, questa comunità poteva essere un villaggio, un gruppo di villaggi (Bezirk, cantone), un paese (Gau) e originariamente tutto il popolo, ciascuno con la propria marca, caratteristica che preparava il terreno alla gerarchia feudale dei baroni, duchi, conti e re.
In una forma leggermente modificata (territoriale), l'organizzazione gentilizia si è mantenuta nella costituzione della Marca per secoli. All'epoca della conquista germanica, la costituzione o organizzazione di marca si caratterizzava per la proprietà comunitaria dei pascoli e dei boschi e, all'origine, per il controllo dell'associazione della Marca sulle terre distribuite: controllo usurpato in seguito dai signori feudali. I membri dell'associazione della marca avevano diritto all'inizio a lotti uguali di terra coltivabile, possedevano uguali diritti d'uso sui pascoli e sui boschi, partecipavano in condizione di uguaglianza alla amministrazione della Marca, compreso l'esercizio della giustizia nelle assemblee di villaggio, di cantone o di paese, secondo la natura delle controversie.
[10] . I Germani diedero prova di un ammirevole spirito di adattamento alle conquiste economiche e tecniche della forma classico-antica. Il lettore troverà uno studio di Engels sui progressi compiuti dai Germani nel campo produttivo ed artistico a contatto con Roma nel capitolo: Sulla protostoria dei Germani, in Storia e lingua dei Germani, cit, p. 35-94.
[11] . Cf. Engels, L'epoca francone, in Storia e lingua dei Germani, cit., p. 98.
[12] . All'inizio del capitalismo i risultati di questa brillante agricoltura del medioevo sono, in breve, i seguenti: mentre gli Stati Uniti (che non hanno conosciuto il feudalesimo) non coltivano che il 21% del suolo agrario non forestale, l'Italia ne coltiva il 73% e la Francia il 64%. La Francia ha percorso tutto il cammino storico d'avanguardia dell'umanità (specie sotto la monarchia assoluta che unificò precocemente questo paese), arrivando a coltivare 350.000 dei suoi 550.000 Kmq. di territorio, foreste a parte (altri 114.000 Kmq). L'Italia ha una superficie agraria e forestale pari al 92,2% del suo accidentato territorio: quasi 28 milioni di ha. su 30 milioni di superficie (277.880 Kmq. su 301.180 Kmq). Il nostro 92% sta contro il basso 45% americano! E il rendimento europeo per ettaro sorpassa quello americano. Sulla necessità di dividere i latifondi in parcelle per accrescere il rendimento generale della forza lavoro e della terra, cf. Il programma agrario di transizione al socialismo (Marxismo e questione agraria), in Il Comunista, 1921.
[13] . Cf. Engels, L'epoca francone, in Storia e lingua dei Germani, cit, p. 99.
[14] . Cf. Engels, La Marca, in Storia e lingua dei Germani, cit, p. 169.
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