L'ARTE RACCONTATA AI COMPAGNI |
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Tracce di Lavoro Comune 2 . 2017
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Immagini e preamboli Noi qui non tratteremo direttamente la categoria dell’immagine, davvero troppo ampia e carica di problematiche circa la sua natura e il potere che esercita su di noi. Ossia, parleremo anche dell’immagine in generale, ma occupandoci preferibilmente di quelle particolari manifestazioni dell’immagine tradizionalmente ritenute eccellenti e che il senso comune è in grado di ravvisare immediatamente quando si parla dell’Arte e della sua storia.
Così, come il pittore olandese è “felice” di non aver imparato a dipingere, anche noi siamo lieti di non aver imparato a parlare di arte e così non trascureremo gli effetti che scaturiranno da questa nostra incurante maleducazione. Questo enorme quadro di Gustave Courbet è stato esposto al Salon Parigino del 1850. Su una superficie di oltre 6 metri e mezzo per 3 è rappresentato un funerale di metà ottocento nel paese di Ornans. Sembra di aver di fronte l’immagine corrispettiva alle parole con le quali, visitando il Salon di quattro anni prima, Baudelaire aveva descritto “l’eroismo della vita moderna”: Arte e scienza Nell'epoca della rivoluzione borghese si nota di aver utilizzato finora un termine astratto di tipo metafisico - Arte - per indicare un procedimento scientifico e una prassi produttiva: una palese contraddizione. L'Enciclopedia nasce per risolvere simili confusioni e ci offre un chiarimento riguardo ciò che in quell’epoca veniva inteso con il termine di Arte.
L’esposizione illuminista della voce “arte” è molto engelsiana. Inizia col dire che “si incomincia con il fare osservazioni sulla natura ecc.” per proseguire sull'utilità, sull'impiego, sulle qualità degli esseri e sui loro simboli che permettono di mettere in relazione le osservazioni effettuate per formare un sistema di regole e strumenti che servono tutti al medesimo scopo, e attribuisce a tutto questo il nome di Scienza o di Arte. Nell’epoca della loro rivoluzione per i borghesi non c’è alcuna dicotomia tra scienza e arte; queste hanno in comune l’origine e lo scopo, e i 37 volumi dell'Enciclopedia mostrano la negazione della loro dicotomia già nel titolo: "Enciclopedia delle Arti, delle Scienze e dei Mestieri". Detto brevemente, le intenzioni del borghese Diderot sono di ridare dignità alle “arti meccaniche”, quelle che richiedono un’applicazione manuale, e così trasferisce l'Arte dall’Empireo dei cieli al basso scenario della cultura materiale, della vita e del lavoro dell'uomo.
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Egli ammette una sola distinzione tra le arti, ed è quella fra arte e scienza, tra téchne ed epistéme, ma solo in quanto hanno differenti "oggetti formali": per l'una la produzione materiale, per l'altra l'osservazione analitica.
Fra tutte le arti, liberali o meccaniche, non può esserci invece una gerarchia di valore, perché ognuna è una tecnica per moltiplicare i beni e le conoscenze, i cui eventuali valori specifici (es. il bello delle arti figurative) vanno commisurati alla loro reale capacità di accrescere la "civilisation", il progresso sociale. D’altra parte, nel periodo di passaggio dal mondo feudale a quello borghese, la pittura, ad esempio, dovette competere con altri tipi di produzione prima di poter realizzare un nuovo genere di pittura del tutto autonomo e specifico come il quadro, e il pittore avere una nuova concezione di quel che faceva. Attorno al 1400 possiamo vedere delle opere che ancora si misurano con l’oreficeria, la scultura o il libro miniato - produzioni artistiche più apprezzate della pittura, che iniziò ad essere prediletta dalla borghesia nascente. Sembra proprio che ciò che la borghesia nascente separò, la borghesia sviluppata tornò poi a riunire teoricamente. E’ stata una unificazione che l’Illuminismo riuscì a realizzare offrendo così anche una visione viva delle società che si succedono l'una all'altra; e che implica quella compenetrazione tra le società per cui l’antica produce elementi di anticipazione rispetto a quella futura, la quale adotterà e svilupperà forme i cui embrioni sono sorti nella società che la precede. E’ una concezione rivoluzionaria che poi la borghesia al potere non ha potuto far altro che avversare teoricamente ma subire praticamente. Sembra proprio che l’ideologia borghese prima di iniziare a capitolare davanti al comunismo ha dovuto iniziare a capitolare perfino davanti a sé stessa. Tenete comunque presente che anche noi quando parliamo di Arte ne parliamo nello stesso modo con cui parleremmo di scienza, di edilizia, di meccanica o di qualunque altra branca della conoscenza delle tecniche umane di produzione.
Dunque, per il rivoluzionario borghese Diderot, come per il rivoluzionario proletario Bordiga, le arti e la scienza fanno parte integrante e attiva di ciò che in altro modo il teorico dell’era digitale Kevin Kelly ha preferito definire come technium, nella cui descrizione si riverbera, estesa dai due secoli trascorsi, l’unificazione illuminista tra arti, scienze e mestieri.
Più avanti, avremo modo di constatare come in effetti le arti visuali contemporanee si siano andate configurando sempre più come processi piuttosto che come prodotti; ed è considerando l’arte come processo che la sua estetica diviene facilmente spiegabile e accessibile, poiché come tale non intende rispondere alla vecchia domanda: che cosa significa questa opera? ma più semplicemente distrugge la domanda stessa in quanto non trascendente dall’oggetto, ma lo tiene fermo e lo interroga soprattutto circa i suoi rapporti con tutti gli altri elementi del suo proprio ambiente.[11] Vediamo ad esempio come l’illustre conservateur e curatore di mostre d’arte Jean Clair riassume con queste parole una gran parte dell’arte moderna:
Sono dichiarazioni tautologiche, ma hanno il merito di affermare i limiti del “sè stesso”, dell’opera d’arte e dell’artista... – passaggio obbligato prima della definitiva rottura dei rispettivi limiti. Mentre per l’accademico francese questa descrizione è frutto di un’afflizione nel constatare lo stato dell’arte attuale, per noi è piuttosto conferma che l’arte visuale della piena maturità borghese ha già rotto le catene che la tenevano avvinta alla narrazione, alla letteratura, al sacro, alla mimesi della natura e con ogni altra faccenda che esorbita dalla sua determinatezza oggettuale; e con ciò ha liberato anche il nostro sguardo su di lei da ogni interpretazione digressiva che ci allontana dalla presa sensibile sull’opera per farci smarrire nelle nebbie immateriali delle idee, della “cultura”, delle “opinioni” e consegnarci così alle autorità della cultura dominante e dell’ideologia. Un noto artista italiano della corrente Fluxus degli anni sessanta proclamava che “l’arte è facile”. [14] Noi non abbiamo nessuna ragione per non prendere in parola questo enunciato e precisare: facile da fare come da capire, e constatare così che la rivoluzione, anche in assenza della sua azione diretta, provvede immancabilmente ad erodere, quale vecchia talpa, tutte le forme consolidate che sbarrano il futuro: sta a noi avvedersene e trarne auspici. Teoria addomesticata del battilocchio Ad un livello più circoscritto della specie umana, c’è anche il singolo e la sua persona, o, per noi adesso: l’artista e il sommo artista, ossia: il Genio.[15]Riguardo questo elemento sociale che torna sempre ad impallare l’ampiezza dell’intera scena, ricordiamo che in una lettera inviata a Ottorino Perrone, Amadeo Bordiga gli riferisce che in occasione della pubblicazione del Dialogato con Stalin, i compagni tutti soddisfatti e decisi a farne una grande diffusione, gli avevano chiesto di autografare le copie. La cosa lo aveva mandato in bestia: “Ma come – gli risponde Amadeo - stiamo facendo un’azione di studio sulla faccenda del battilocchio e voi volete l'autografo sul libro? Ma non vi do neanche il libro!". Amadeo riferisce a Perrone e scherzarono un po' su questo fatto; ma presto la discussione prese una brutta piega e i compagni cominciano a sostenere che erano d'accordo con la teoria del battilocchio per quanto riguarda la politica dei grandi uomini, i Napoleone o Giulio Cesare, ma riguardo i Michelangelo, Raffaello o Fidia, la genialità conta e la teoria del battilocchio si ferma e non ha più la potenza sufficiente per spiegarli. Il fenomeno artistico insomma uscirebbe dai canoni marxisti e andrebbe affrontato in modo diverso rispetto alla generale teoria del battilocchio. Ottorino Perrone gli risponde che anche lui è d'accordo con quelli che hanno la teoria del battilocchio artistico. In seguito Amadeo gli risponderà per lettera, confidandogli che "Antonietta mi ha pregato di aspettare un paio di settimane prima di risponderti, altrimenti avrei fatto un macello e ti rispondo con la massima calma possibile"… e invece lo insulta, gli fa una sfuriata tremenda, e la faccenda si chiude così. L'aneddoto è utile per capire quanto siano talmente radicate certe convinzioni da poter resistere inalterate anche nel convincimento di compagni che avevano approfondito l’argomento collaborando alla stesura della serie dei “fili del tempo” sul battilocchio. L’immersione in un ambiente borghese esercita una influenza sottile ma così tenace da far cadere anche i più preparati nella falsa convinzione che Michelangelo sia un po' diverso da Giulio Cesare.[16] Ma noi sappiamo come questo non sia vero, e non ci metteremo a ripeterlo ancora una volta in questa occasione. [17] .
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NB: Molte note di fondo pagina sono frammiste con appunti di carattere interlocutorio, mantenuti solo in funzione di promemoria di temi o argomenti da svolgere o approfondire eventualmente in seguito. Ma, a ben vedere, anche l’intero lavoro finora prodotto non è molto più che un registro di annotazioni precauzionali per l’esame di uno specifico campo: quasi un brogliaccio estemporaneo.
[1] - Amadeo Bordiga, relazione di Bordiga, registrata a Firenze il 20 marzo 1960, ora nella rivista n.15-16 del 2004, con il titolo "Dal mito originario alla scienza unificata del domani”. [2] - V. van Gogh, lettera a Theo, Nieuw-Amsterdam domenica 28 ottobre 1883 (n. 400-335). [3] - Prendete pure questa presentazione come un invito ad intenderci, ma contiamo sul vostro intuito per far sì che il nostro parlare vi indirizzi rapidamente al giusto senso delle parole, evitandoci troppi scrupoli e pedanti delucidazioni circa i termini utilizzati, e forse improvvisati, di volta in volta. Ma soprattutto contiamo su voi per non “straparlare”, cioè per non uscire dai binari che ci appartengono. [4] - Vedremo più avanti che le avanguardie storiche del 900 si sono poste e misurate quasi tutte con la questione di superare la divisione tra arte e vita; e forse oggi (ultima fase del capitalismo) questa divisione non esisterebbe neppure più del tutto come allora (nel comunismo primitivo), non fosse per il valore che l’attuale marasma sociale capitalistico è “abituato” ad assegnare tradizionalmente a queste particolarissime merci (di rappresentanza, lusso e intrattenimento) che si aggirano ancora attorno a noi come fantasmi spettacolari, o se ne stanno rattrappite come salme nei caveau delle banche… D’altronde gli uomini non sono mai stati estranei al culto dei morti (poiché ostinata è la memoria personale di quando il loro corpo si aggirava vivo tra noi…). [5] - Nel classico procedere dall’inizio dei tempi (preistorici) per giungere infine ad oggi, vi si può anche scorgere l’idea di una visione evolutiva gradualista, lineare e sinuosa, che con l’abitudine si fissa ideologicamente in opposizione a quella delle “catastrofi” e dell’improvviso capovolgimento della prassi. Il classico procedere cronologico dall’epoca antica alla moderna, è solo apparentemente conveniente, ma del tutto inadeguato per la comprensione dell’oggetto della nostra analisi. Ricordiamo quanto dice Marx per la forma denaro: “benché la categoria più semplice possa essere esistita storicamente prima di quella più concreta, essa può appartenere nel suo pieno sviluppo intensivo ed estensivo solo ad una forma sociale complessa, mentre la categoria più concreta era già pienamente sviluppata in una forma sociale meno evoluta” (Lineamenti fondamentali…, cit.. vol. I, pag. 30). Dunque: l’arte appartenente ad una forma sociale complessa (per quanto può apparirci in forme screditate o repellenti - e forse proprio per questo) è la chiave per comprendere l’arte delle forme meno evolute. - Cfr. qui, nota 6 della seconda parte. [6] - Il testo della relazione è in n+1 n.15-16, giugno-settembre 2004, e nella rivista cartacea da pag. 68. [7] - Encyclopédie ou dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers, Tomo III parte II, pag, 474 seg. [8] - Riunione di Firenze, 20 marzo 1960, ora in N+1 15-16, pag 109 e seg. [9] - Kevin Kelly, Quello che vuole la tecnologia, 2010; ed italiana Feltrinelli, Torino 2013. – Cinque anni prima di Kelly, WJT Mitchell (un autorevole studioso dell’arte), si era chiesto “Cosa vogliono le immagini?” (What do pictures want?). [10] - L’arte è una “tecnologia” con un suo specifico “artenium” nel quale muoversi ed evolversi? (il suo coevolvere con l’uomo) – In questo caso, quale sarebbe il suo scopo “pratico”? – La formalizzazione verso la “bellezza” (e la bellezza stessa) è cioè null’altro che una tecnica fattuale, costruttiva, progettativa e riprogettativa ?… di cosa particolarmente, in verità? [11] - (Il feticismo dominante del mondo delle merci, consente di riconoscere all’immagine delle virtù proprie: lo soggettivizza – d’altra parte solo così, dandogli libertà, l’uomo può liberarsi dalla sua presa). [12] - La minimal art è la principale tendenza che negli anni sessanta fu protagonista del radicale cambiamento del clima artistico, caratterizzata da un processo di riduzione della realtà, dall'antiespressività, dall'impersonalità, dalla freddezza emozionale, dall'enfasi sull'oggettualità e fisicità dell'opera, dalla riduzione alle strutture elementari geometriche. [13] - Jean Clair, L'Inverno della Cultura, ed. Skira, settembre 2011, pgg. 14-15. |
[14] - Si tratta di un’opera grafica (cm. 100 x 70) del 1973, di Giuseppe Chiari, ripresa dall’autore negli anni ottanta per esprimere la nuova situazione dell’artista che torna in sella aggiungendo: …ma per dire questo devo fare un gesto di arte difficile.
[15] - Marx - Engels, L’Ideologia tedesca - San Max III, 2.Organizzazione del lavoro, cit., pag. 381. "Anche qui, come sempre, Sancio (Stirner) ha la sfortuna con i suoi esempi pratici. Egli pensa che nessuno potrebbe "fare al posto tuo le tue composizioni musicali, eseguire i dipinti da te abbozzati. Nessuno può sostituire i lavori di Raffaello". Ma Sancio dovrebbe sapere che un altro, e non Mozart, ha composto e steso la maggior parte del 'Requiem' di Mozart, che Raffaello ha "eseguito" personalmente la minor parte dei suoi affreschi. Egli immagina che i cosiddetti organizzatori del lavoro vogliano organizzare l'attività totale di ciascun individuo, mentre proprio essi distinguono fra il lavoro direttamente produttivo, il quale va organizzato, e il lavoro non direttamente produttivo. Ma in questi lavori essi non pensano, come immagina Sancio, che ciascuno debba lavorare al posto di Raffaello, bensì che chiunque abbia la stoffa di un Raffaello debba potersi sviluppare senza impedimenti. Sancio immagina che Raffaello abbia eseguito i suoi dipinti indipendentemente dalla divisione del lavoro che esisteva a Roma al suo tempo. Se confronta Raffaello con Leonardo da Vinci e Tiziano, vedrà come le opere del primo fossero condizionate dal fiorire della Roma dell'epoca, giunta al suo pieno sviluppo sotto influenza fiorentina, come le opere di Leonardo fossero condizionate dalla situazione di Firenze e quelle di Tiziano, più tardi, dallo sviluppo affatto diverso di Venezia. Raffaello, come ogni altro artista, era condizionato dai progressi tecnici dell'arte compiuti prima di lui, dall'organizzazione della società e dalla divisione del lavoro nella sua città e infine dalla divisione del lavoro in tutti i paesi con i quali la sua città era in relazione. Che un individuo come Raffaello possa sviluppare il suo talento dipende dalla divisione del lavoro e dalle condizioni culturali degli uomini che da essa derivano. [16] - Dalla Lettera di Engels a Walther Borgius, 25 gennaio 1894: "Gli uomini fanno essi la loro storia, ma finora non con una volontà generale e secondo un piano generale, neppure in una data società limitata. Le loro aspirazioni si contrariano; ed in ogni simile società prevale appunto per questo la necessità, di cui l'accidentalità è il complemento e la forma di manifestazione. Ed allora appaiono i cosiddetti grandi uomini. Che un dato grand'uomo, e proprio quello, sorga in quel determinato tempo e in quel determinato luogo, è naturalmente un puro caso. Ma, se noi lo eliminiamo, c'è subito richiesta di un sostituto, e questo sostituto si trova, tant bien que mal, ma alla lunga si trova. Che Napoleone fosse proprio questo corso, questo dittatore militare che la situazione della repubblica francese, estenuata dalle guerre, rendeva necessario, è un puro caso, ma che in mancanza di Napoleone ci sarebbe stato un altro ad occuparne il posto, ciò è provato dal fatto che ogni qualvolta ce n'era bisogno l'uomo si è trovato sempre: Cesare, Augusto, Cromwell, ecc." - (citata in Il battilocchio nella storia, Programma Comunista n.7 1953). [17] - Non credo si possa negare la particolarità (diversità) del prodotto individuale nel quadro complessivo dei prodotti messi a confronto – così come Marx non la negava a Balzac o a Shakespeare - bensì l’eccezionalità d’azione del singolo isolato dalla società e l’enfasi celebrativa che si attribuisce alla persona che, trasformata in battilocchio, fa si che la visione del processo reale di produzione si restringa appunto alla sua figura, come colta nell’istante da una camera fotografica che scatta sul singolo (statico) ed impedisce di vedere tutte le forme e le forze (cinematiche) che sono al lavoro… [la staticità è un limite dell’immagine che può essere colmato solo dalla didascalizzazione (wb) e/o dalla critica]. Nell’episodio ricordato, il lavoro di Bordiga era lavoro del Partito, e che questa potesse emanare da un singolo (a cui si richiede l’autografo) è una contraddizione. - Certo, un conto è una mera raccolta e classificazione dei prodotti artistici, altro è coniugare i loro produttori con la genialità della persona, la privata dotazione eccezionale e il suo culto ecc. fuori da un piano generale “finora” seguito dalla specie... Detto questo, date le condizioni attuali di sbandamento teorico, non si farà mai abbastanza per smontare l’illusione del protagonismo, mai abbastanza per ridare alla società tutto ciò che la società ha prodotto sempre collettivamente, e continuerà a produrre nella società futura con la completa comunanza delle sue risorse di specie.
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IMMAGINI
In alto - Foto di scena dal set del film The Woman in the Window, di Fritz Lang del 1944. Colonna 1: - Gustave Courbet 1850. Funerale a Ornans (Un enterrement à Ornans). olio su tela. cm.315x668, museo d'Orsay, Parigi; Colonna 2, dall'alto: - Jan van Eyck, databile 1436, Madonna del canonico van der Paele, olio su tavola cm.122,12x57,8, Museo Groeninge, Bruges; - Barnett Newman, Cathedra, olio su tela cm.243x543, Stedelijk Museum, Amsterdam; - (da sinistra): Robert Morris 1961, Scatola con rumori della realizzazione dell'opera stessa, cubo di legno con banda magnetica, cm.24,8 , Seattle Art Museum; - Tony Smith, 1962(68), Die, cubo in ferro cm.182,9, di , Whtney Museum, - Andy Warhol 1964, Brillo box, pittura sintetica e serigrafia su legno, cm.43.3x43.2x36.5, Museum of Modern Art, New York; - Giuseppe Chiari 1973, grafite su carta cm.100x701973, archivio Fondazione de Marchis, L'Aquila. |
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