Il volume è composto di foto non dell'autore del libro. Timbrate, vi è aggiunto un senso. Accade un'appropriazione indebita. Prima scattate da fotografi, presenti agli eventi, riprodotte in contesti di propaganda come comunicazioni di parte, quindi raccolte sotto forma piu' neutra di storia, di nuovo tolte dai contesti archeologici, tagliate, cioe' riviste secondo una nuova tesi, equamente divise tra i segni del linguaggio e l'uomo di quei segni, e riprodotte in sequenze che esprimono un'idea interpretativa in un modo linguistico, l'uso delle foto, solo apparentemente pacifico. "Language is war" discute del linguaggio in stato di guerra. E lo fa, criticamente aggressivo, con spirito linguistico, cioè' ideologico.