Almanacco 1970-1978
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interviste de IL QUOTIDIANO DI BARI, 25 Dicembre 1979 _.
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AL FONDO DELL'IMBUTO

Q - Arte, politica, utorizzazioni, giornali. Perché una serie così composta?
Tullio Catalano - Il battesimo dell'arte uno se l'aspettava dalla politica, ora magari è il contrario. Ma non possiamo ignorare i dieci anni passati, regredire alle diagnosi precedenti per smentire che per fare arte c'e bisogno della politica. Se uno ha capito che non bisogna avere il beneplacito di nessuno, l'autorizzazione di un qualche tribunale, per fare arte come per fare politica, allora si presume abbia anche capito che non deve neppure richiedere il beneplacito di un passato recente, recentissimo. Per cui l'orrore della tradizione dell'avanguardia si tramuta nell'orrore per il passato più recente, anche per quello del classico "quarto d'ora" di Warhol all'insegna della cronaca, della sua mistica. Quella che prima era ancora una cronaca eroica, il mitico inosservato, serpeggiante, ora è storia. Non si può più correggerla, metterla a posto, perché non coincide mai con la realtà. Non si riesce più a vivere neppure nella cronaca, allora bisogna prevenirla. Ecco che l'ansia di mettersi al passo con i tempi scava la fossa anche alla storiografia, allo storicismo. Questa non è una diagnosi, ma una prognosi; naturalmente non riservata.
Q - Quale è stata la situazione generale, dalla quale nasce AutTrib 17139, e per rispondere a quali esigenze?
T.C. - Da quando il complesso della politica e dell'arte si andava facendo sempre più incipiente, si è andato formando come un imbuto nel quale il confronto politico diretto, apparentemente incongruente, faceva acquistare codici separati. Magari paralleli. Tra questo parallelismo non si trattava di trovare uno convergenza, ma lasciarlo alla stessa distanza. Verificare questa distanza, la progressione di questi termini nel tempo, era un dato di rischio di cui però era previsto il fallimento del rapporto; che si sarebbe giunti a stigmatizzare il rapporto tra arte e politica. Allora preventivo perché tutto questo non era convogliato nella gestione culturale. 
Dopo aver introiettato tutto nell'arte e nella politica bisognava favorire, catalizzare un'opera di rigetto dalla quale i termini affrontati, sia illusoriamente sia maliziosamente, potessero risultare indenni. Il mio rapporto con AutTrib si colloca allo sbocco di questo imbuto. Dopo che tutto questo è stato filtrato bisogna impedire che tutte le carte rimescolate ritornino al posto di prima; questo era anche il programma degli "Uffici", il concetto di "immaginazione preventiva". Con AutTrib è riconfermato che si deve uscire dal rapporto stesso arte-ideologia, non tanto esautorandone uno dei termini ma svolgendo il senso proprio che i termini possono avere. 
Dopo aver mantenuto la stessa distanza tra arte e politica, dopo l'ironia sulla pretesa innocenza della cultura, uno può anche concedersi il vizio linguistico. Optare da una parte.
Q - In AutTrib [vi] è dunque  l'individualismo e in qualche modo il suo contrario, o almeno una diffidenza nei suoi confronti. Da cosa e da dove vi deriva?
T.C. - Tutto questo era nato quando ancora si parlava di "aree", per un sospetto verso l'individualismo e il gruppo, che ne era l'estensione in una forma punitiva. Mancando l'esperienza dell'ossessione ideologica, politica, adesso si rischia un reazionarismo di ritorno, facile. Perché l'individualismo è tuttora valido, ma come effetto di quell'esperienza, non come programma. Chi lo adotta a priori, chi se lo trova e vi si adegua, non è investito dalla possibilità di sceglierlo. Quest'individualismo propenso ad una diffusione massima, di clima, conta. E pur sapendo che l'individualismo può essere valido noi lo abbiamo in sospetto, perché divenuto un "ismo". Allora ci scambiamo e cambiamo continuamente tattiche, culturali e di gestione. A livello operativo le cose si complicano perché nell'ambito dell'arte domina l'individualismo. Ma, proteggerlo sotto una etichetta di impegno o di un "ismo" è pericoloso. Può essere utile solo dopo, per una ricostruzione in tempi più lontani. Ma adesso che tutti cercano di capire chi sono i padri, gli zii, per andargli contro, sconfessarli, ognuno si prende la propria responsabilità di essere solo. 
Q - Che senso ha per te AutTrib?
T.C. - Con il ritorno al pittoricismo intimo sotto tutte le forme in cui si nasconde, si rischia di perdere di vista i grossi problemi. Che poi possono essere quelli della pittura stessa. Non è detto che debbano appartenere all'ideologia come corpo separato dell'estetica. AutTrib sottolinea di nuovo che vi sono armi predilette; e che dopo aver sconfessato e sconvolto i ruoli, uno si ripiglia il proprio, ma se lo ritrova diverso da come lo aveva lasciato. Si può continuare a parlare di arte, ma solo dopo tutto ciò che è successo. Non si deve ripetere un rapporto morboso con l'arte, altrimenti si ripete lo stesso dualismo degli anni '50.
 

IMPAGINIAMO MATRICI

Q- Cos'è AutTrib? Cos'è per un "pittore"? Il passaggio dall'oggetto alla sua comunicazione? L'estensione della fruizione?
Elvira de Luca - Ogni numero di AutTrib è parte di un oggetto, crea il tracciato di una pratica operativa che sarà oggetto solo quando cesserà. Se per oggetto s'intende produzione, AutTrib è produzione intellettuale. Ma passaggio alla comunicazione, giammai! Il termine comunicazione è vecchio, equivoco, pericoloso. La comunicazione è rituale, un rituale di scambio a livello molto basso. Pensi a cmunicazione di massa: comunicazione di povertà di comunicare, stimolo a banchettare, assaggiare, partecipare, fare finta, a diventare frettolosamente caverne (o dispense) dove la nocività fertilizza. Il problema è relazionare, relazionare respiro e pensiero, stadi di procedimento. Non è niente di melodico o di consumabile in piedi.
Q - Ma a livello personale, per lei donna e artista, la scelta di AutTrib significa una nuova forma espressiva?
E.de L. - Il curare una pagina di AutTrib (ha visto che ogni pagina ha un "responsabile"?) non è una nuova forma di espressione?. È impaginare (mimando la prima pagina di un giornale) il concavo dell'espressione, impaginare matrici, non forma espressiva. Per quanto mi riguarda io lavoro sempre  in matrici  e non su forme ultime (dico in  perché lì sono in campo io stessa). 
Q - E ciò ha anche una valenza politica?
E.de L. - Ma vivere la valenza politica, per chi si accorge di essere nato, vivere il fare artistico, vuol dire essere in campo rifiutando la Parola omologata che dà accesso alla scena temporale della società dello scambio. Come donna: ecco, come redazione interessa molto coinvolgere artiste donne. La donna in genere non ha voglia di parlare, vuole dire. Dire è gesto, non Discorso. 
Q - Come si concilia questa posizione con quelle degli altri protagonisti di questa impresa e col pubblico?
E.de L. - Ci avvaliamo delle nostre diversità (di espressione, psicosomatiche, quindi!)  per essere dei reali interlocutori, poli di energia in tensione. Credo che la verità di ogni operazione la dia il suo farsi, il suo "durante", il suo "come", e il farsi è dialettico e interferente, fonde e fonda, brucia e genera. Riesco a pensare a geometrie di tensione, non a strutture parlanti. Diciamo allora che in tutto questo non c'è un organismo pensante univoco, diciamo che il pensante è molteplice. 
Q - E gli altri, il pubblico?
E.de L.
- Quanto agli altri, al pubblico: se si è in consonanza o dissonanza con altri nel processo che ci contiene, questo il problema. Gli altri? Si richiede molta, molta attenzione a tutti. Voglio dire che il pubblico, se c'è dovrebbe mettersi gli occhiali e fare.

L'IMMAGINAZIONE E' AUTORIZZATA?

Q - AutTrib 17139 è l'abbreviazione per "Autorizzazione del Tribunale numero 17139", quella necessaria a tutta la stampa periodica. Perché avete scelto questa sigla come testata per una pubblicazione d'arte?
Carmelo Romeo - Forse perché ci divertiva l'idea di chiedere un'autorizzazione per l'immaginazione. Forse perché segna la fine di un protocollo. È un fatto esclamativo. E poi ci si autorizza da soli. L'autorizzazione del Tribunale rimane come una testimonianza di cinismo, una citazione ironica. Allora rimane come stimolo. 
Q.- La vostra pubblicazione ha un formato da giornale più che da rivista. La testate è massiccia come nei quotidiani. Tutto fa pensare che il modello di riferimento formale sia stato il giornale quotidiano. 
C.R. - Non è solo un fatto formale. Piuttosto il "quotidiano", come oggetto e come concetto, ci si è imposto in modo del tutto conseguenziale. E poi la nostra quotidianità, il nostro giorno, non segue la meccanica celeste, ha fasi più lunghe, scadenze impreviste. Allora ci serve un giornale che abbia i nostri tempi. 
Ma in AutTrib ritengo vi si annidi anche un'altra idea. Se si potesse fare uno spaccato del terreno culturale, così come fanno i geologi, troveremmo negli strati inferiori, tra i fossili guida dominanti, anche le prime probabili tracce di una mutazione organica che accenna ad uno sviluppo superiore. Sviluppo che può essere confermato soltanto negli strati più alti, recenti. Ma noi viviamo la contemporaneità, e a fianco a noi le modificazioni "vere" possono assumere i caratteri della mostruosità. Se la cultura modifica, in qualche parte del suo corpo, la propria forma, sapremmo scoprirvi una potenzialità evolutiva a dispetto della mostruosità con la quale immediatamente si presenta? Allora sia preso "il giornale" come parte dissoluta della cultura, come "categoria" o sindrome che si inscrive nella serie delle dissoluzioni estetiche storicamente avviate, la forma delle poetiche moderno-imperiali, la potenza colonizzatrice a livello planetario, dei miti e delle mistiche?..[è saltato un concetto] Che in tutto questo vi sia una mostruosità.[è stato un luogo comune]
Insomma il problema è comprendere se la modificazione è patologica o evolutiva. Il giornale è anche la forma di questi problemi, ne raccoglie i dati ma per disperderli, nasconderli con astuzia nelle pieghe della quotidianità. Ad ogni modo la forma che assume ogni problema si porta appresso anche la sua soluzione. Ecco perché la "forma-sostanza" quotidiano. 
Q.-  E l'arte? 
C.R. - Non me ne preoccupo. Da tempo l'arte ha preferito disperdersi sempre più velocemente tra il grandissimo numero di particelle di cui è composta la realtà. Che sia anche l'arte sottoposta al secondo principio della termodinamica? Per rallentare tutto, tenerla a freno come Proprietà Privata, non serve confinarla nei caratteri definiti di altre discipline; nell'esoterico dell'alchimia o nel linguistico, nella scienza o nella mistica, nell'antropologia o nella psicologia. E neppure confinarla in sé stessa. Tutto ciò non è attivo ma reattivo. L'alternativa [al rapporto con l'ideologia non può essere il rapporto] con l'ideologia ridotta a brandelli, [quei brandelli che fondano poi i miti del privato, del professionalismo ecc.] certo meno totalizzanti [perché totalizzati], sicuramente più angusti. [L'apparente poeticità (libertà) che tali rapporti producono è simile a quella che si può ottenere (dicono) con canarini accecati.]
Come la produzione sociale ha superato il produttore singolo, così la pittura ha superato il pittore, la sua limitatezza e incapacità sociale. L'artista può continuare ad avere un senso proprio, solo riconoscendo le forme che lo negano; e ancora, deducendo da queste la forma storica che assumerà la sua emancipazione. Ma vivere anticipati nega all'azione ogni garanzia, aumenta il rischio e stanca. Però la verifica di ognuno, e anche si se stessi, si fa in queste condizioni. 
Q. - Ogni foglio di AutTrib 17139 è formalmente risolto come una "prima pagina", e ogni pagina è curata, di solito, da un singolo autore. È un fatto organizzativo, formale o altro?
C.R. - Bisognava fare i conti, registrare anche l'individualismo come fatto reattivo a quanto era successo prima. Ma c'è anche l'isolamento, la polverizzazione, dovuti allo sviluppo sempre più unilaterale dei rapporti materiali e sociali. E il tentativo di superarlo volontaristicamente non ha prodotto altro che eclettismo culturale e formalismi organizzativi. Ovviamente AutTrib non tenta soluzioni a questo, non le ricerca volontaristicamente al di sopra e al di là delle condizioni stesse che scrivono la serie delle attuali contraddizioni. Piuttosto le mette in circolazione in una forma contratta: nella sua forma. 
Il segno ricorrente della testata in ogni pagina, la sua immutabilità di peso e percezione è una cesura, non allude neppure ad una successione ma segna un continuo reinizio. La separatezza di ogni intervento, gli sviluppi unilaterali dei singoli però lasciano le loro tracce anagrafiche su ogni pagina. Ma "la testata" non si pone come colei che intreccia. Tutto continua infatti a rimanere raggelato. Allora AutTrib non è neppure una collezione di "prime pagine" di cultura, ma per noi tiene ferme le questioni concettuali attorno ad un'unica prima pagina: quella che manca. Rimane però fermo che questa prima pagina mancante può essere solo il risultato di un'azione materiale, storica e sociale, non della volontà dei singoli. Se prima i termini da mantenere paralleli erano arte e politica, qui i termini sono individuo e società come termini interni sia all'arte che alla politica. 
Q. - Con quali criteri operate le scelte degli interventi, degli autori? 
C.R. - Le scelte sono state operate non da noi ma dagli eventi di questi ultimi anni. Le carte sono già tutte segnate, si tratta di raccoglierle. Da un punto di vista organizzativo la parte che AutTrib recita come rivista, non è una parte rigida; ma anche offrendosi come mediazione mantiene una propria sensibilità. Intanto si offre nella sua forma determinata e consente solo a mediare intenzionalità almeno affini linguisticamente. Questo è il presupposto minimo. Non si richiede un adeguamento formale a posteriori, ma quelle prassi e quei modi di porsi che, a priori, presuppongono AutTrib, la anticipano come risultato. E molte volte è stata la sua semplice forma a operare e porre delle discriminanti. Noi ci limitiamo a portare questa forma là dove ci rechiamo. Ma continuiamo a verificare che la forma non è immune dall'ideologia, anzi ne è l'espressione più astuta e squisita. E allora ecco che di nuovo le discriminazioni sono condotte da registri ideologici e politici. Se c'è selezione, insomma, avviene con un processo del tutto naturale e spontaneo. Non è più necessario essere d'accordo su tutto, neppure tra noi. AutTrib trasforma tutti e ognuno in una redazione totalizzante. 
Q. - Cosa significa per lei questa operazione?
C.R. - Come dice Tullio Catalano, dopo tutto questo possiamo concederci il "vizio" linguistico. E possiamo anche avvicinarlo quando è di altri. I percorsi di tutti noi sono stati sempre indenni dall'illusione della purezza politica del linguaggio dell'arte. Certamente nel nostro lavoro vi è stata e vi è premeditazione ideologica. Ma noi siamo le vittime; non dell'ideologia ma della necessità che la impone e piega l'arte nel suo verso. Le istanze formalistiche, anche quelle poste dalle avanguardie storiche, sono state tutte avanzate prematuramente. Prima della premessa storica che sola poteva indirizzarle a soluzione e compimento chiudendo il ciclo delle antinomie. Finché esiste la società di classi,  l'arte è condannata alla politica, la forma all'ideologia, il significante al significato. Concedersi anche il "vizio" linguistico, quindi, non può significare in alcun modo cancellare o ignorare il dato politico, ma saperlo, silenzioso, sotto il pelo del segno, del gesto. E proprio adesso più potente di prima. 
Da tempo l'arte cade sempre più fuori dai suoi oggetti storici, classificati e rassicuranti. Non coincide più con l'opera né con l'artista. È qualcosa di separato, forse già di seguente. Prende a risiedere in luoghi insospettati. La storia si fa sempre più ansiosa di sbarazzarsi dei suoi particolari divenuti inessenziali: e molte cose sono diventate troppo vecchie anche per l'arte. In queste condizioni la prassi dell'arte non può essere altro che una prassi dello sbaraglio. E per me AutTrib è una possibilità in più, accanto ad altre già state o in preparazione, per portare allo sbaraglio sé stessi e i propri oggetti.
GIÀ SPUNTA L'UNICORNO

Q - A quali bisogni risponde questa iniziativa?
Luciano Trina - Una volte sulle pareti d'una galleria d'arte romana ho scritto: "Tutto ciò di cui si tratta mi riguarda". 
Ma il luogo in cui questo "tutto" può intrecciarsi reclama prassi estetiche, le uniche ancora capaci di trattarlo. L'arte, come bisogno primario di espressione, si confonde con la politica come bisogno primario di libertà: fino a preventivare la follia. In realtà non si riesce a vivere nella cronaca perché viviamo in rapporto dialettico (o incestuoso) con la storia. È fin troppo ricorrente oggi dare per spacciate le esperienze delle avanguardie, intendo quelle storiche, per tornare frettolosamente nelle alcove della cronaca, vale a dire nel formalismo estetico. E i cavalletti dei pittori, come funghi d'autunno, tornano a farsi cogliere sulla sponda sinistra del Tevere. Del resto anche questo era previsto. In questi ultimi anni una pratica dell'arte ridotta a sport della meraviglia e dello choc, con gli artisti in obbligo di erezione perenne, non poteva che preparare il ritorno ai luoghi comuni dei procedimenti, a prassi svuotate, di tutto riposo e più conviviali. E allora, avendo imparato la clandestinità dell'immaginazione, ci serviva una sala d'attesa dove poter aspettare di nuovo di diventare dei pazzi molto cattivi. 
Q - Quindi AutTrib per lei è questa anticamera del manicomio, o un campo di concentramento per pericolosi socialmente?
L.T. - Pericolosi? Non so. Secondo me, mutanti. Continuamente scopro sulle fronti orribili protuberanze. Ma sono, secondo me, i segni della necessità di riappropriarsi con interezza la vita. Questo segno che appare sempre più frequentemente nel mezzo delle fronti di molti uomini e donne è un altro occhio che lancia sguardi nel futuro; è la radice dello splendente corno dell'unicorno. E se questi segnali appaiono mostruosi è perché sono palesemente antieconomici, incongruenti  e imprevedibili. Ma allora la vita stessa è diventata una faccenda immorale, e anche ogni futuro dà scandalo, in una società inquieta, che si sente in pericolo perché sente di non avere più futuro. Sotto la spinta delle trasmutazioni, invece, vita e arte tendono a combaciare. In questa fusione ciò che si estingue è l'artista, non l'arte. 
Q - In pratica allora non esistono più regole o quelle che vengono imposte dal mercato o dalla società sono riesumazioni fossili?
L.T. - Credo che nessuno possa autorizzare più nessuno. E tutti sono autorizzati. Sappiamo che sai volare solo al momento che cadi: se tocchi terra o ti sfracelli. 
Q - Non è un ritorno a un individualismo romantico?
L.T. - Oggi nessuno è costretto a prendersi le responsabilità di essere solo, costretto a restare nella propria cella, nell'individualismo, se si vuole, per ventiquattro ore al giorno. Noi, al contrario, ci esercitiamo ad evadere, a non lasciarci disorganizzare. In questo la nostra scelta: rapporto dell'arte con la vita, coi bisogni reali, non come ideologia ma come evento (politico). L'arte così è un'arma per la vita. Non rapporto morboso con l'arte, ma rapporto d'azione con la vita.

INSOMMA, E' PROPRIO AUTORIZZATO, MA...

Fabio Mauri - La vita delle riviste d'arte "d'avanguardia" è necessaria e breve. Vi è contenuto il "big bang" di un pensiero, un momento prima che si organizzi, e che, all'interno della rivista, un editing rigido e collettivo non costringa ad un eccesso di ragione delle ragioni. Si tratta in fondo di raccolte di pensiero prettamente anonimo, spesso geniale, esibito con perentorietà privata, sulla scorta propulsiva del fastidio e del desiderio. Tali liberi tagli possiedono un valore sintomatico molto forte, non partecipano che raramente alle distorsioni del gruppo, o se ne correggono per reciproca  estraneità del non "combinato disposto" che ne consente l'affiancamento. Sono pagine di libera università. Personalmente da sempre favorevole a questa editoria, mi accorgo di aver partecipato alla fondazione di più riviste d'avanguardia, (alcune divenute poi famose), come Il Setaccio (1942), Officina (II ed. 1959), Quindici (1967), La città di Riga (1976). Nel tempo, la storia artistica, è istruttivo, si affida più a loro che alle grandi riviste istituzionali, o, di tutte, considera il periodo iniziale, eroico, che precede il successivo, di affermazione teorica e pratica. La brevità della loro vita sembra proporzionale alla loro funzione, che è quella di infliggere impulsi al di fuori o contro l'inerzia dei fatti: iniziali colpi di storia. Come si vede, una necessità.

Luca Patella- AutTrib è un giornale autorizzato ma? Ricomincio: il lavoro artistico ha, storicamente, a che vedere con: intelligenza, cultura, sensibilità e moralità. Sempre più apertamente si configura oggi come lavoro antisettario e antisettoriale, in senso vastamente interdisciplinare, anzi: extradisciplinare! Al contrario: i mondi & modi di queste società esigono organizzazione, produzione, prodotti, sostenuti da pressioni economiche e psicologiche. AutTrib è un giornale autorizzato ma? Continuo: un giornale che credo autorizzi artisti o intellettuali ad assumere in prima persona le sue pagine per operazioni che non implichino gravi supporti di opere e di mercato (di opere, cioè, per il mercato: prodotti di cui sia più studiata la confezione che la semantica profonda) agisce quindi per istituire collegamenti e lo fa con adeguata precisione. Il mondo ha bisogno di respirare. In questo senso, quel che volevo dire è che AutTrib si presenta come un giornale autorizzato non dall'Autorità.

Teresa Montemaggiori - AutTrib: una possibilità per "dare la parola all'artista"?...Non l'ho intesa né ho cercato di utilizzarla così. Non si trattava, per me, avendo a disposizione un'intera pagina di giornale, di sprecarla né per una dichiarazione di poetica, né per un'auto un'intervista, né per pubblicizzare il mio lavoro. Questo riguardo alla scrittura. Riguardo all'immagine, non volevo che lo spazio a mia disposizione servisse alla riproduzione fotografica dei miei lavori. Piuttosto, la composizione dei caratteri, straniata rispetto all'uso consueto, poteva essere uno dei veicoli della comunicazione estetica. Queste mi sono parse le possibilità più significative da cogliere e utilizzare in conseguenza: un tipo di comunicazione più fruibile, sia più facilmente fruibile rispetto all'opera, sia più adatta a sollecitare una disposizione attiva, critica nell'utente; più diffusa rispetto al consueto pubblico delle mostre; più immediata e comprensibile. In sostanza un tipo di intervento insieme etico-politico, al di là di queste distinzioni stesse, che mirasse a un'incidenza diretta nella realtà, rispetto agli spazi consueti riservati all'arte. 

Suzanne Santoro - L'arte non è un servizio sociale; esula dagli schemi e dalle strutture tipiche del commercio, propaganda o addirittura pubblicità. Non credo inoltre che la sua validità si misuri dalla partecipazione di pubblico. Se l'intuizione della singola persona ("artista") si darà al di fuori di quelle strutture "sociali" come innegabile e globale, allora il lavoro diverrà "opera d'arte". Non prima. Perciò per me AutTrib è un "non giornale", laddove riesce ad essere sé  stesso.


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