Carissima...
[...] Piuttosto la questione si pone nei termini di come mantenere vive e attive queste ed altre istanze cruciali nell’attuale prolungata fase storica svantaggiosa. L'azione efficace (anche pittorica) non può attuarsi che fuori dell'illusione (e dall’allusione) dell’agire artistico unilaterale, e quando scaturisce organicamente da un basamento oggettivo su cui concretamente ergersi.
In assenza di un “nuovo” basamento sociale resta praticabile soltanto la cura (teorica) e la militanza pratica (partitica) in attesa che le forze sociali si mettano nuovamente in marcia per portare a compimento, con tutte le altre, anche quella non più metaforica (e non certo utopica) emancipazione del pittore dalla prigionia del quadrato. E’ forse questo un altro “sentiero interrotto”, oltre che della filosofia, anche della storia, quindi finanche della pittura? Si tratterebbe allora di mettere in forma la necessità dell’arte di calzare le scarpe sformate di van Gogh per approssimarsi alla realtà anche con un cruccio squisitamente linguistico?
Per questa via e con siffatte scarpe (che prima di essere un motivo pittorico sono un motivo sociale) c’è sentore di aver raggiunto un punto di crisi della modernità.
Ancora un passo su questo sentiero....