APPENDICE alla Nota 13 § [ paesaggio con bosco e due figure (spaiate)]
|
||||
Friedrich Engels, Ludwig Feuerbach e il punto d’approdo della filosofia classica tedesca (1886-1888), in Ludwig Feuerbach, Editori Riuniti, Roma, 1950 (II edizione, II ristampa: marzo 1976), p. 17-21 | ||||
Questo scritto [1] ci conduce a un periodo che, cronologicamente, è lontano da noi una buona generazione, ma è diventato così estraneo alla generazione attuale in Germania come se fosse già vecchio di un secolo intero. Eppure fu il periodo della preparazione della Germania alla rivoluzione del 1848, e tutto ciò che è accaduto tra di noi dopo di allora è soltanto una continuazione del 1848, è soltanto l'esecuzione testamentaria della rivoluzione. Come in Francia nel secolo XVIII, così in Germania nel secolo XIX la rivoluzione filosofica aprì la strada alla rivoluzione politica. Prendiamo un esempio. Orbene, la realtà, secondo Hegel, non è per niente un attributo che si applichi in tutte le circostanze e in tutti i tempi a un determinate stato di cose sociale o politico. Al contrario. La repubblica romana era reale, ma l'impero romano che la soppiantò lo era ugualmente. La monarchia francese era diventata nel 1789 così irreale, cioè cosi priva di ogni necessità, cosi irrazionale, che dovette essere distrutta dalla grande Rivoluzione, della quale Hegel parla sempre col più grande entusiasmo. In questo caso dunque la monarchia era l'irreale, la rivoluzione il reale. Ma la vera importanza e il carattere rivoluzionario della filosofia hegeliana (alla quale, come conclusione di tutto il movimento da Kant in poi, ci dobbiamo qui limitare) consistevano appunto nel fatto che essa poneva termine una volta per sempre al carattere definitivo di tutti i risultati del pensiero e dell'attività umani. La verità che la filosofia doveva conoscere era per Hegel non più una raccolta di proposizioni dogmatiche bell'e fatte, che, una volta trovate, non vi è più che da mandare a memoria; la verità risiedeva ormai nel processo della conoscenza stessa, nella lunga evoluzione storica della scienza, che si eleva dai gradi inferiori della conoscenza a gradi sempre più alti, senza però giungere mai, attraverso la scoperta di una cosiddetta verità assoluta, al punto in cui non può più avanzare e non le rimane da fare altro che starsene colle mani in grembo e contemplare la verità assoluta raggiunta. E ciò tanto nel campo della filosofia come nel campo di ogni altra conoscenza e in quello dell'attività pratica. Allo stesso modo della conoscenza, la storia non può trovare una conclusione definitiva in uno stato ideale perfetto del genere umano; una società perfetta, uno «Stato» perfetto sono cose che possono esistere soltanto nella fantasia; al contrario, tutte le situazioni storiche che si sono succedute non sono altro che tappe transitorie nel corso infinito dello sviluppo della società umana da un grado più basso a un grado più elevato.
|
[1] - Engels sta facendo riferimento al libro di C. N. Starcke, Ludwig Feuerbach (Dr. Phil., Stoccarda, Ferd. Enke, 1885). Engels scrisse questo testo come recensione critica al libro dello Starcke su Feuerbach su invito della redazione della Neue Zeit, che lo pubblicò nei fascicoli 4 e 5 dell’anno 1886. In seguito, avendo ritrovato in un vecchio quaderno di Marx le 11 tesi su Feuerbach, Engels le ripropose in appendice alla riedizione del 1888.
[2] - Allusione allo scritto del celebre poeta tedesco Heinrich Heine: Per la storia della religione e della filosofia in Germania
|
|
||
|
|
|
||
|
||||
|
|
|
||
|
VALIGIE |
parte seconda H.D.S. MAROQUINERIES
|
||