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[ Io penso, a te, o Ionia! Ma gli uomini Amano ciò ch’è presente [1] ]
Il lavoro oggettivato,  trasformato nel geroglifico sociale della merce, ha compiuto per proprio conto già gran parte del cammino per potersi agevolmente risolvere in un geroglifico estetico. La merce come arcano sociale si risolve breviter nell’opera d’arte come arcano estetico. E viceversa.[2]
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Sono forse da biasimare se mi torna su la malizia di un intento svalutativo da parte di Heidegger nei confronti dell’opera di van Gogh, in quanto esempio di pittura moderna da declassare?
Nella prima stesura dell’Origine (1931-32) non è citato van Gogh, ma una generica scarpa viene offerta quale esempio per illustrare un’idea sbagliata di opera d’arte. 
L’erroneo di questa interpretazione dell’essere-opera discende dalla stessa fonte della caratterizzazione affrettata e unilaterale dell’opera in quanto cosa approntata. Secondo di essa, l’opera è innanzitutto, e ciò significa sempre “autenticamente”, una materia formata, al pari di una scarpa o di una scatola.[3]

Mi chiedo se d’ora innanzi - praticamente fin dall'inizio - ogni volta che nell'Origine verranno nominate delle scarpe, queste non si portino appiccicata sotto le suole questa associazione con una idea sbagliata di opera d’arte.
Se poi proprio un paio di scarpe venissero addirittura raffigurate in un quadro che non rappresenta null’altro, non sarebbe forse questo quadro la raffigurazione esemplare di quell’idea errata, affrettata e unilaterale sull’arte e la pittura medesima?

Non si era detto che la domanda cruciale per la metafisica era: "perché vi è, in generale, l’essente e non il nulla?" [4]
Allora perché non rispondere con delle scarpe senz’altro, invece che con delle scarpe da contadino - che diventa immediatamente la formula per un’evocazione di fantasmi che impedisce (alle scarpe come alla pittura) di manifestare il loro essere null’altro che scarpe? null'altro che pittura?
Come non prevedere che delle scarpe da contadino avrebbero inevitabilmente richiamato altre scene e altri quadri[5], tutti risucchiati dal vuoto pneumatico prodotto da quel nient’altro dipinto da van Gogh?… Dunque: fermarsi alle scarpe senz’altro, avrebbe dovuto essere la giusta risposta-guida. 

Intorno a quel paio di scarpe da contadino non c’è nulla di cui potrebbero far parte… Un paio di scarpe da contadino e null’altro.[6]

Quando però in Germania il filosofo enuncia questo riduttivo “null’altrodi una scatola (vuota), da qualche altra parte del Mondo (in America e Russia [7]) questa medesima formulazione privativa si era già interamente sviluppata nelle affermazioni del “null’altro che ogni qualsiasi (mera) cosa[8] e del “null’altro che la (mera) pittura stessa”.[9]
Sarebbe bastato accogliere senz’altro quell’immagine sostantivache non rappresenta proprio nulla” per smettere di aggirasi nel Mondo e starsene forse eretti, se non nell’origine dell’opera d’arte in astratto, almeno nell'origine stessa dell’opera d’arte moderna.
Perché è probabile che con questo quadro parigino di van Gogh, nel 1886 la contemporaneità abbia fatto il suo primo passo - togliendosi le scarpe e in punta di piede; ossia in circostanze materiali e storiche non sufficientemente sviluppate, come invece lo saranno pienamente nel volgere di qualche decennio, negli anni che precedono la prima guerra mondiale.
E non è neppure detto che proprio qui ad Amsterdam nel 1930, prima di mettere le mani in pasta con affari di Stato, Heidegger non abbia avvertito, appena per un momento, il guizzo iniziale e le conseguenzialità dell’arte moderna. Solo che per mantenere aperto questo aprimento non valeva interrogarsi circa il destino spirituale dell’Occidente bensì capire la reale struttura materiale che ha generato e tuttora sorregge, genera e rigenera lo spirito e il destino dell’Occidente.
Detto ciò, nasce la curiosità di immaginare dove sarebbe andato a parare il filosofo tedesco se, invece di un’opera “che non rappresenta nient’altro che un paio di scarpe”, avesse fatto esperienza di opere d’arte che non rappresentano null’altro che un orinatoio o null'altro che una scatola di pezze saponate.

    

Eccole qui assieme la scarpa e la scatola presenti nella prima stesura dell’Origine! - Non intravedete forse, tra la scarpa e la  scatola, far capolino anche la testa di marmo della Barbarina?...
Proseguendo con  questo passo temo di aggravare sempre più la mia posizione aggiungendo, all’imprudenza delle scorribande, l’insolenza verso l’autorità dei maestri - che però, da parte loro, non ne dimostrano certo meno della mia nel lasciarci nel mezzo della strada.
Dopo aver tanto parlato dell'arte, Heidegger ci dice:
Le considerazioni che precedono concernono l’enigma dell’arte, quell’enigma che l’arte stessa è. Esse sono ben lontane dalla pretesa di sciogliere questo enigma. Ciò che conta è vederlo.[10]
Dalla lettura dell’Origine io non mi aspettavo certo lo sciogliersi dell’enigma dell’arte, che con ogni probabilità neppure sono riuscito a vedere - assorbito com’ero dalla curiosità di comprendere come mai le scarpe di van Gogh sono state pre-sentite e pre-destinate al contadino.
Errando per improvvisati sentieri, qua e là inciampando, pestando le schifezze del sottobosco, distratto da certi scorci o incalzato dai latrati dei cani, tutte le sagacie dell’aggirarsi metafisico del filosofo tedesco nel suo proprio bosco sono certamente rimaste fuori della mia modesta portata .
E lì, fuori portata, volentieri le lascio.

Invece adesso prendo un foglio; ci scrivo sopra null’altro che

quaderno  M

e me lo metto in cornice, alla mia portata, con tanto di passe-partout, proprio come fosse una stampa d’altri tempi.
Cosa c’è da vedere in questa farsa di disegno?
Null’altro che la visione di un enigma limpido come un semplice paio di scarpe sdrucite...

[1] - Hölderlin, Die Wanderung (la Migrazione, 1801), cit.
[2] - Abaco delle esortazioni (critiche), in Aut-Trib 17149, n. 1, Roma, ottobre 1978.
[3] - Heidegger, prima stesura, in Dell’origine dell’opera d’arte e altri scritti, cit., p. 42.
[4] - “La domanda: Che cosa ne è dell’essere? Si trova, come domanda preliminare, inclusa nella nostra domanda-guida: Perché vi è, in generale, l’essente e non il nulla?” [Heidegger, Introduzione…(1935), cit. p. 49]
[5] - Mi chiedo se nella mostra ad Amsterdam del 1930, insieme alle scarpe era esposto anche il dipinto I mangiatori di patate (V. van Gogh, Nuenen, aprile 1985, olio su tela, 81,5 x 114,5 cm, F 82).
[6] - Heidegger, Origine Ni68, p. 19.
[7] - Che sono proprio le ganasce della morsa in cui la Germania si sente presa.-Cfr Heidegger, Introduzione, cit. p. 47-48.
[8] - Marcel Duchamp, Fountain, New York 1917; opera rifiutata all’esposizione della Society of Independent.
[9] - Aleksandr Rodcenko, Puro colore rosso, puro colore giallo, puro colore blu; olio su tela, 62,5 x 52,5 cm ciascuno; mostra 5x5=25, settembre 1921.
[10] - M. Heidegger, Origine Ni68, (dalla conclusione, p. 62).
- Figure, da sinistra: van Gogh, vecchie scarpe con lacci (1886); Marcel Duchamp, Fontana (1917); Handy Warhol, Brillo box (1963).



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