DAL MITO ORIGINARIO ALLA CONOSCENZA UNIFICATA

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Amadeo Bordiga . 1960
arteideologia raccolta supplementi
made n.12 agosto 2016
LA RIPRESA DELLE OSTILITA'
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L'INTUIZIONE, LA SCIENZA E L'ANTICIPAZIONE "REALISTICA"

Ora, questo concetto fondamentale – che ogni società ha un'ideologia determinata dagli interessi della classe dominante – comporta il fatto che tutte le sue manifestazioni siano ideologiche non solo nel senso filosofico, religioso e giuridico, ma anche nel senso scientifico. Quindi noi possiamo – e tanto meglio potremo e dovremo farlo in futuro – fabbricare con le nostre sole forze un'altra scienza completa, altrettanto completa, a partire dalla stessa ricchezza di risorse, dalla stessa impalcatura che sorregge i laboratori pagati dalle grandi industrie, dalle università, dalle varie associazioni, dalle varie accademie.
Ci si potrebbe obiettare: "Vediamo di farlo dopo che avremo compiuto la rivoluzione, dato che sarebbe pazzesco cercare di farlo adesso; non tentiamo nemmeno, non siamo in grado. Per ora ci occorre solo la diffidenza verso tutti gli appoggi ideologici della società attuale. E noi dobbiamo pensare che non è nemmeno necessario, oltre che nemmeno pensabile, fare questo sforzo di fabbricare la nostra scienza. Noi, in quanto partito, fabbrichiamo solamente la nostra teoria generale; non la fabbrichiamo con una rifinitura tale da [poterci dare tutte le risposte utili alla società futura], ma allo stato greggio, proprio allo stato dell'inizio [perché noi siamo prima di tutto i distruttori di questa società]".[1]
Tutto questo è vero e infatti poi parleremo del confronto fra la scienza e l'intuizione, opteremo per l'intuizione e non per la scienza, sapendo bene che la nostra intuizione è contro la scienza di cotesti signori.
Noi optiamo per quella lotta che conduce nella direzione di una società in cui l'uomo avrà veramente una scienza unica e completa, sia del mondo "esterno" che di sé stesso come specie: un punto d'arrivo, che, secondo certi passi di Marx e di Lenin, è [un punto al limite], vale a dire un punto che non è necessario pensare come raggiungibile, che potrà restare anche come traguardo a cui ci si avvicinerà indefinitamente senza raggiungerlo mai. Non bisogna pensare che nella società attuale siano presenti due scienze, una della classe dominante e una della classe dominata: è presente una sola scienza, quella della classe dominante.[2]
Quindi tutta la conoscenza è da tenersi in sospetto, tutta la scienza, non solo una sua parte. E non possiamo nemmeno risolvere il problema pretendendo che i proletari, prima di combattere per la rivoluzione ci rispondano, se interpellati, indicando gli errori di questa scienza ed esponendo le verità di una scienza proletaria. Sarebbe davvero uno sforzo immane, impossibile, se pensiamo a tutto il campo della tecnologia e della scienza. Sarebbe forse possibile qualche tentativo in un determinato settore.[3]
Io per esempio non sono specializzato in niente, ma per campare mi occupo un poco di costruzioni, di ossature in cemento armato, per cui potrei pigliare questo settore e dimostrarvi come, se costruisco sulla base di un trattato di cinquant'anni fa costruisco meglio che leggendo l'ultimo trattato uscito dall'università. È lì che ci sono le risorse insidiose imposte dalle imprese appaltatrici, quelle che provocano i crolli di Barletta, di Catania e di Milano, di quegli altri fabbricati che prima ancora di essere terminati sono crollati. Una critica positiva all'edilizia e dell'urbanistica borghese si può già fare, ma farla per tutta la scienza e la tecnologia sarebbe uno sforzo che oggi l'umanità non potrebbe affrontare.[4]
Naturalmente lo potrebbe in parte fare il partito rivoluzionario, se fossimo meno lontani dal potere. I partiti borghesi non lo fanno perché sono ormai assolutamente conformisti, si inchinano all'accademico, al professore, alla cultura, abituano il proletariato ad imbeversi di menzogne che corrispondono all'interesse della classe dominante, lo abituano a lasciar proiettare nel suo cervello l'ideologia, il modo di pensare che conviene alla classe dominante.
Questa è una polemica che io ho condotto fin da quando ero ragazzo e sono andato sempre alla caccia del brano di Marx che ricordavo (beh, non so se lo ricordavo, se era già pubblicato, o se l'avevo in testa per conto mio) e finalmente l'abbiamo trovato.

SCIENZA COME IDEOLOGIA SPECIFICA DELLA CLASSE DOMINANTE

Era nell'Ideologia tedesca, in uno dei manoscritti, e chiarisce questo fatto dell'ideologia di una determinata forma sociale.[5]
Quindi il proletariato non deve acquistare prima l'ideologia comunista e poi fare il comunista. Deve fare il comunista a calci nel sedere, a mazzate sul cranio, a cannonate se necessario, e solo dopo possiederà questa nuova forma di conoscenza, non può possederla assolutamente prima.
"Le idee della classe dominante sono le idee che dominano in tutte le epoche. Ciò significa: la classe che ha la potenza materiale dominante la società è nello stesso tempo la potenza spirituale della società. La classe che dispone dei mezzi di produzione materiale dispone anche, nello stesso tempo, dei mezzi della produzione intellettuale, cosicché le sono nello stesso tempo sottoposte, in media, le idee di coloro ai quali i mezzi di produzione intellettuale mancano. Le idee dominanti non sono altro che l'espressione spirituale delle condizioni materiali dominanti, le condizioni materiali dominanti sotto forma di pensiero. Perciò nelle condizioni che rendono precisamente dominante questa classe, dunque le idee della sua dominazione".[6]
Non bisogna credere che nel tempo capitalistico i capitalisti abbiano idea della loro stessa dominazione borghese, [e che i proletari aspirino alla propria dominazione proletaria]. Purtroppo capitalisti e proletari hanno tutti ficcata in testa l'idea, inculcata dalla dominazione capitalistica, di vivere in un mondo che non potrebbe essere diverso e che al massimo si può tentare di rattoppare. Quindi, se dovessimo attenderci l'assalto rivoluzionario attraverso una mobilitazione di idee non ci arriveremmo mai: all'assalto dobbiamo arrivarci con la forza e non con la ragione. Il che non toglie che il partito anticipi la soluzione della società futura. Non è una contraddizione: al solito si tratta di vedere tutto dialetticamente, ed anche questo anticipare non è frutto del pensiero ma di forze agenti materialmente.
" Gli individui che costituiscono la classe dominante hanno anch'essi coscienza e perciò pensano. Nella misura in cui dominano in quanto classe e determinano l'insieme di un'epoca storica, va da sé che essi lo fanno in tutta la sua ampiezza e perciò dominano, tra le altre cose, come idee, come produttori di idee, e regolano la produzione e la distribuzione delle idee della loro epoca. Le classi dominanti sono produttrici di idee e nello stesso tempo regolatrici della distribuzione delle idee della loro epoca. Perciò le loro idee sono le idee dominanti dell'epoca".[7]
Come vedete la nostra catena, la nostra sequenza, è assai diversa da quella borghese: la borghesia dice che l'uomo ha risolto il problema tecnologico – cioè il problema dell'azione dell'uomo contro la natura – ponendosi il problema e risolvendolo col pensiero razionale. La tecnologia sarebbe l'insieme dei metodi che l'uomo ha scelto di apprestare per aggredire la natura e arrivare alla produzione, al servizio della quale poi si mette la scienza ulteriore. [In realtà la sequenza borghese rappresenta in modo rovesciato, mettendo avanti il pensiero] quel tal sistema di mezzi descritto ieri, semplicissimo, che forse prima si riduceva alla bocca che addentava un frutto come nell'animale, poi alla mano che lo coglieva, poi ad una clava, ad un'ascia di pietra che prolungava la mano poi, pian piano, in una continua evoluzione, alla macchina moderna e alle necessità "scientifiche" da essa evocate nel ciclo complessivo della produzione.
È proprio in questa sequenza che balza evidente la costruzione ideologica; la tecnologia precede la costruzione delle forme sociali, la costruzione delle forme di proprietà, delle forme di potere. Solo in ultimo sorgono le ideologie, compresa la scienza attuale. Solo alla fine di tutto questo corso storico potremo avere una scienza completa a disposizione dell'umanità, in grado di esprimere quel tal risultato utile, sintesi di tutte le epoche passate di cui Marx parla. Se andiamo a chiedere lumi alla scienza oggi ufficialmente vigente e diffusa con le scuole, con le biblioteche, con i giornali, la radio, la televisione, ecc. ecc., non avremo altro risultato che di imbeverci noi stessi delle idee della classe dominante e quindi fare un'azione controrivoluzionaria.
Nulla abbiamo da attingere, e se proprio vi dobbiamo attingere lo faremo con estremo sospetto. Il sospetto dev'essere tanto maggiore quanto più l'epoca storica è vicina a noi. Allora, come ho detto, possiamo maneggiare con una certa fiducia la Bibbia; possiamo maneggiare con una certa fiducia Aristotele; possiamo maneggiare con una relativa fiducia Benedetto Croce; dobbiamo maneggiare con estremo sospetto proprio i trattati di scienze esatte, di chimica applicata o di scienza delle costruzioni perché lì c'è la magagna, ché il capitalismo deve fregare un'intiera società. Questo è il criterio da seguire nel lavoro di partito.

LA CURIOSA INFATUAZIONE DI LENIN PER HEGEL

A grandi linee questo è il concetto da cui bisogna partire, e uno dei compiti del nostro partito sarebbe la ricostruzione di una storia [della conoscenza e della produzione materiale] per avere nello stesso tempo una storia del pensiero. Impresa che è stata già tentata più volte, e scritta, in ultimo da Hegel, che riteneva [la filosofia della natura come coronamento del percorso dello Spirito, dato che la natura materiale per lui è "l'Idea in forma di essere altro", cioè pura esteriorità, pura necessità senza quella libertà che solo è data dal pensiero. Perciò egli fece] in modo che l'ultimo capitolo della storia del pensiero fosse la filosofia naturale e che all'insieme delle sue opere non vi fosse altro da aggiungere, per cui i suoi seguaci filosofi hanno seguito una via errata, cioè han fatto la storia degli sforzi che i cervelli umani soggettivi si sarebbero imposti per risolvere il problema della conoscenza.
Invece è del tutto diversa la via intrapresa da Marx, quella che anche il movimento proletario e la classe devono seguire, man mano che lottano per la vittoria, che in un certo senso anche il partito potrebbe intraprendere fin da questo stesso momento.[8]
La nostra sequenza vede prima la storia dei rapporti tra l'uomo e la natura ai fini della produzione, perciò della tecnologia; poi la storia delle forme sociali; poi la storia delle ideologie – come è detto anche nel lavoro dei compagni francesi – ed infine si può arrivare alla formulazione della storia della scienza.[9]
Si tratta di un'idea enunciata anche in Lenin e da me sempre inseguita intuitivamente, perché so che nel partito a cui mi sono affidato questo si impara, e perciò lo dico anch'io con senso di appartenenza a questo partito. Non è importante che me ne debba convincere personalmente – la convinzione personale non conta un corno – io debbo essere solamente coerente con quella parte, con quella classe per cui mi sono schierato: il proletariato rivoluzionario. Che poi i suoi componenti individuali non "capiscano", neppure ciò importa, importa la lotta.
Dunque vi sono affermazioni simili anche in Lenin. Le trovo in un suo commento alla Scienza della Logica di Hegel, commento che studieremo; lo abbiamo solamente per il momento in inglese, e questo libro inglese lo dobbiamo restituire ai francesi, ma prima o poi lo tradurremo, noi o loro. È abbastanza interessante, però c'è un po' troppa ammirazione per Hegel. Secondo me è più severo Marx che non Lenin, tanto più che Lenin studiava la Logica, una parte dell'opera di Hegel criticata vigorosamente da Marx. È vero che Engels trasloca la logica e la dialettica dalla filosofia alla scienza, ma non allude direttamente a Hegel. Quindi tenete conto che Lenin nel momento in cui leggeva si esprimeva con un eccessivo entusiasmo. Dice perfino che nessuno può pretendere di capire il Capitale di Marx se non capisce prima la Logica di Hegel.[10]
Ora, Marx ammette di essersi servito del metodo hegeliano nella sua esposizione della materia che aveva lungamente elaborato, affrontando a sua volta le elaborazioni degli economisti, ma dice di essersene servito per comodità di presentazione, in quanto metodo più conseguente, più brillante, più accessibile.
Tolta questa "innovazione" di Lenin, leggiamo i suoi due passi, che convergono con noi sul bisogno di scrivere una storia della scienza e della tecnologia, che i borghesi hanno cercato di scrivere ma che non risulta ancora sia stata scritta da un marxista (non so i russi in che modo se la stiano cavando).[11]
Come vedete anche Lenin però non scherza con Hegel: addirittura "pedante" lo definisce:
"Se non erro, c'è molto misticismo e vuota pedanteria qui nelle conclusioni di Hegel ma l'idea di base è magnifica: connessione multilaterale e vivente di ogni cosa con ogni altra cosa, e riflessione di questa connessione – messo Hegel materialisticamente sui suoi piedi – nel concetto dell'uomo, che dev'essere così raffinato, articolato, flessibile, mobile, relativo, mutuamente collegato, essere unità nonostante le opposizioni tanto da poter abbracciare il mondo. La continuazione dell'opera di Hegel e Marx deve consistere nello svolgimento dialettico della storia del pensiero umano, della scienza e della tecnologia".[12]
Io al posto di Lenin avrei scritto la sequenza invertita: la storia della tecnologia, della scienza e del pensiero umano. Ma evidentemente l'idea di tecnologia ha colpito l'autore. E poi, s'intende, ciò che noi si continua è l'opera di Marx, non certo di Hegel.
"Da una parte, dobbiamo approfondire la conoscenza della materia in conoscenza di sostanza (o nozione di sostanza) per trovare le cause dell'apparenza. Dall'altra, la conoscenza attuale delle cause è l'approfondimento della conoscenza dall'esteriorità dell'apparenza alla sostanza. Due tipi di esempi dovrebbero spiegare questo punto: 1) tipo di esempi tratti dalla storia delle scienze naturali; 2) tratti dalla storia della filosofia." (ecco che qui Lenin mette prima le scienze) "Più esattamente: non 'esempi' – comparaison n'est pas raison – ma la quintessenza dell'una e dell'altra più la storia della tecnologia".[13]
È interessante quel che Lenin scrive, prima che la fisica atomica avesse avuto tutti i suoi sviluppi, perché egli risponde a quell'obiezione che si è fatta sempre ai meccanicisti e ai materialisti: "Noi non abbiamo che un'apparenza; anche gli atomi a cui crediamo di essere arrivati, che tuttavia non sono afferrabili dai nostri sensi, sono ulteriormente composti e scomponibili. La loro sostanza ci sfugge.
La materia non ha per sostanza tanti pezzettini di materia più piccoli, palpabili, che si possono stringere tra le dita: questa era una illusione antropomorfa. Nell'interno dell'atomo c'è tutto un mondo di altre particelle con i loro moti, le loro energie, le loro cariche elettriche, le loro forze magnetiche, tutto quanto un mondo microscopico". >
Allora il discorso di Lenin significherebbe: "Dobbiamo arrivare veramente alla sostanza per spiegare l'apparenza". Quindi non dobbiamo accettare la materia come io la vedo in questo bicchiere... Interessante!…[14]

SCAMBIARE LA PROPRIA SCATOLA CRANICA PER L'UNIVERSO

Lenin ricorda sempre, in ultima istanza, che per risolvere un problema bisogna [analizzare e conoscere la prassi da cui il problema stesso è sorto]. Cos'è la storia della tecnologia? La storia è prassi, e allora la storia della tecnologia è [storia della prassi umana, cioè della produzione e riproduzione della specie in divenire].
Siamo arrivati sulla soglia della quistione fondamentale: se per risolvere il problema del sapere, del pensiero, della conoscenza, noi ammettiamo che ci sia questo rapporto di conoscenza entro la specie, ci siamo liberati del soggetto singolo, del pensatore-filosofo chiuso nel suo studio, che cerca più che altro nella sua testa (è Croce che dice che la scienza si trova solo cercando nella testa), e solo quando è costretto apre la finestra e guarda all'insieme del mondo chiamato, appunto, "esterno". Ci siamo liberati del pensatore che vuole trarre una completa elaborazione dei suoi sistemi dal rapporto tra cervello individuale e qualche occhiata fuori dalla finestra. Ci siamo tolti da questo primo equivoco dicendo: "No, non è il filosofo; è l'umanità che conosce, attraverso organi adatti".[15]
Gli organi che la umanità si è data per guardare, non solo fuori dalla finestra ma verso l'intera natura, sono organi di diversa percezione. Si modificano nel tempo delle varie epoche.
Oggi l'umanità possiede forse gli organi peggiori che abbia mai posseduto perché, per quanto fossero "primitivi" gli organi di cui disponeva [prima del capitalismo, essi erano pur sempre in armonia con il mondo circostante]. Marx in qualche sua citazione è troppo apologista delle conquiste borghesi.[16]
Si tratta di conquiste nel senso relativo non nel senso assoluto, mentre quelle realizzate dalle popolazioni primitive, benché fondate su iniziazioni conoscitive assolutamente ingenue (sciamanesimo, divinazione, astrologia, ecc.) hanno comunque un loro certo apparato [di penetrazione della realtà in grado di dare risposte sufficienti ad un dato sviluppo].
Altre epoche hanno prodotto un loro apparato specifico per la conoscenza. L'apparato perfetto non lo possiamo certo fabbricare ora, possiamo solo anticiparne qualche carattere, ma sappiamo di certo che la società capitalistica, specie allo stato ultramaturo di oggi, presenta l'apparato più fetente che la conoscenza umana abbia mai posseduto per muoversi. Questa è la tesi che mi preme enunciare.
La difficoltà che ci si presenta è il peso dell'individualismo nella società attuale. Dato che noi abbiamo sostenuto tutta la spiegazione del divenire dei processi entro il mondo cosiddetto esterno negando – come ho ribadito anche nel giornale [17] – che lo si possa definire con quell'aggettivo, ecco che, nello stesso tempo, abbiamo anche criticato quel tal filosofo nella sua stanzetta, con la sua finestrucola aperta su tutto l'immenso ambiente che lo circonda.
Se quest'ultimo è l'esterno, allora l'interno non è nemmeno quello della stanzetta ma è quello della testa con cui il filosofo "elabora". [La faccenda cambia solo quando il singolo pensatore la smette di pensare per conto suo, o meglio di credere ciò, e capisce di essere parte di un tutto]. Se leggete tutto l'articolo,[18] vi troverete scritto che Marx dichiara di aver fatto il seguente ragionamento a proposito di sé stesso: "Io lavoro scientificamente, perciò non lavoro con la mia testa ma lo faccio con quella di tutta una determinata schiera". In questo momento io non lavoro con la mia testa, lavoro con la testa di Marx, con quella degli altri due morti, con tutte le teste di voialtri vivi che state in questa stanza e di tanti altri. Una volta che abbiamo acquisito un indubbio punto di vantaggio - quello di liberarci dal soggetto singolo --, il mondo che osserviamo non è più esterno, ne facciamo parte, è pieno di altri uomini che pensano come noi, è pieno di altre teste in relazione tra loro. Quindi non vi è più contrasto tra l'essere conoscitivo e la natura conosciuta: questo essere, essendo onnilaterale ed universale, come dice Marx, è esso stesso un pezzo inseparabile della natura. Si tratta della natura che conosce sé stessa e non di qualche viaggiatore in incognito che va a conoscere la natura.
Ci si dirà: "Se avete obiezioni di tal genere, più che risolverle, bisogna dimostrare che sono ingannevoli e che sono un risultato di idee preconcette rimaste nelle nostre teste – nelle vostre come anche nella mia – per effetto delle precedenti stratificazioni geologiche di forme sociali che si sono sovrapposte". Questo va bene. Comunque, per spiegarci un poco, data la limitazione di tempo a nostra disposizione, enunciamo la cosa banalmente così come la enuncerebbe uno qualunque che si dichiari, che creda di essere materialista.

DIALOGO COL MATERIALISTA DIMEZZATO

Egli ci dice: "Voi siete arrivati a questa soluzione, ché avete risolto l'antitesi tra prassi e pensiero. Anzi avete dato la preminenza alla prassi umana anziché al pensiero. Però avete detto che nel dissidio tra pensiero e materia la cosa non si può risolvere né dicendo che il pensiero comanda la materia né che la materia comanda il pensiero; insomma, che la loro collaborazione dialettica in tutti i momenti è costante".
"Se è così, allora tutti i problemi, tutte le ricerche, tutte le conquiste, li spiegate attraverso una lotta di uomini contro uomini, lotta che diventa poi una formazione di ideologie, di conoscenze, poi ancora un'elaborazione di queste conoscenze nell'uomo collettivo, sia pure cristallizzata di volta in volta in una forma di conoscenza che fa comodo a una determinata classe dominante. Quindi avete così risolto alcuni problemi: quello della divinità, di cui ormai fate a meno; quello della prassi umana, del rapporto tra essere e pensiero, del rapporto tra spirito e materia; quello dello spirito che, in certo modo, conosce la materia in quanto parte della stessa materia. Ciò che importa è l'azione degli uomini, che siano o meno pervasi da questo spirito, anche prima di aver potuto conoscere".
Dice ancora il tipo: "Allora la tua difficile presentazione – quella che io forse sto rendendo un po' antipatica nell'esporre per essere più perspicuo – non ci fa risolvere alcun problema. I rapporti individuo-pensiero-materia, cioè il problema generale della conoscenza che volete risolvere è insito ad un cervello pensante, sia pure collettivo, sia pure di tutta la specie di cui fanno parte tutti i cervelli degli uomini sparsi sull'intiero pianeta. Ha comunque per condizione primaria questa specie vivente dell'uomo che entri in rapporto col resto. Ma vi sono stati tempi in cui la vita non c'era. A più forte ragione non c'era il pensiero, e quindi non c'era l'azione di una specie vivente e pensante in rapporto con la natura "esterna". Quindi il vostro secondo elemento integrativo mancava. Eppure l'evoluzione correva, il mondo esisteva, la materia pensava. Che cosa dava la spiegazione di questa materia se l'evoluzione della materia è spiegabile soltanto con la presenza dell'uomo agente e pensante? Da dove veniva il programma evolutivo complesso necessario per la comparsa di quell'animale complesso che è l'uomo"?
La quistione è posta in modo insidioso perché contiene una presentazione non esatta di quello che dice il nostro sistema, di quello che dice Marx, di quello che diciamo noi.
Si potrebbe riassumere ancora: "Dal momento che per conoscere, per risolvere i problemi di questa eterna ricerca e di questa eterna lotta voi dite che avete bisogno di un naturalismo che sia al tempo stesso umanesimo, avete continuamente bisogno dello scontro tra l'uomo e la natura, come si è evoluto l'uomo? Come ha proceduto l'uomo quando non c'era pensiero nel cosmo e in nessuna parte? Come si sono formate le basi, le stratificazioni della nostra attuale costruzione biologica e sociale in quelle epoche durate milioni, miliardi di anni in cui la materia esisteva ed evolveva, si riscaldava, si raffreddava, si scomponeva, si atomizzava, si dissolveva in particelle nucleari, si riaggregava in corpi celesti, quando non era presente nessun rappresentante della nostra specie?".
"Quella tale società per azioni in cui noi stiamo trasformando l'umanità, non aveva mandato indietro nel tempo un suo rappresentante per portare il suo contributo a questa integrazione dialettica che voi fate ora. Perciò, evidentemente, la vostra analisi è artificiale, mentre la cosa diventerebbe pensabile se svincolassimo lo spirito dalla materia, se ne facessimo un assoluto, lo stesso che mistici, metafisici o idealisti hanno chiamato Dio, che Hegel ha chiamato appunto Assoluto e che Marx dimostra come sia lo stesso Dio di ritorno. Allora il pensiero prende una entità e una essenzialità sua propria che è indipendente alla materia. A un certo momento il pensiero, che è esistito ab eterno, ha stabilito di concretarsi in materia e quindi dar luogo alla creazione. Diventerebbe logica solo la ipotesi creazionistica. Invece la vostra ipotesi è ancora più assurda di quella dei materialisti duri e puri, i quali affermano crudamente che la materia c'era, per un certo tempo si è scaldata, si è raffreddata, si è condensata, poi, ad un certo punto, le ha fatto comodo di mettersi a pensare alla maniera umana".[19]

PROVA "SCIENTIFICA" DI PENSIERO PRE-ESISTENTE

[L'ultima frase del nostro interlocutore] in un certo senso è anche esatta, e non ce ne scandalizziamo. Ma a noi sembra che dovremmo rendere meno cruda questa maniera di collegare l'attività pensante e l'attività della materia e quindi avremmo escogitato una soluzione ben più difficile di quella degli antichi spiritualisti creazionisti, più difficile persino di quella dei moderni materialisti o positivisti borghesi. Siccome il problema è un problema che veramente ci assilla, cerchiamo di dare una risposta, ma naturalmente io non posso pretendere di [risolvere tutto da solo, perciò mi farò aiutare dagli scienziati nostri contemporanei che hanno avuto un'idea brillante].[20]
[Occorre premettere che] sistemi stellari lontani possiedono sistemi planetari fra i quali ve ne sono quasi certamente alcuni con pianeti su cui vivono umanità pensanti; le quali forse, quando il nostro sistema solare si è formato, già studiavano e già avevano percorso tutto il cammino, religione, scienza, filosofia comprese. Avevano perfino scoperto la telegrafia senza fili, e il loro sviluppo scientifico era tale che avevano già viaggiato, erano venuti sulla Terra e, a suo tempo, avevano poi potuto insegnare qualche cosa agli uomini. Ma allora è vero che il pensiero in certo modo è eterno quanto la materia. Noi sfuggiamo a questa obiezione contro la quale Marx ci ha messo nell'avviso dicendo: "Non lasciatevi imbrogliare dal problema delle origini perché possiamo rispondere che pensiero e materia si condizionano l'uno con l'altra; pensiero senza materia non ce ne può essere e neanche materia senza pensiero". A Marx si può adesso rispondere nel senso che una parte della materia, in un angolo del cosmo, ha sempre pensato: non eravamo noi uomini, erano altre specie che avevano allignato su un altro pianeta e che ora, naturalmente, saranno morte, ma in quelle epoche erano civilissime, erano avanzatissime e ci hanno trasmesso pensiero e conoscenza. Si tratta solo di un'ipotesi, è vero, e per costruirci su una tesi scientifica se ne dovrebbe pur dare qualche prova.
Allora la "prova" l'hanno tirata fuori gli scienziati russi, naturalmente. Che cosa hanno raccontato? Che in tempi antichissimi una nave astrale, partita da chissà quale di questi pianeti, ha attraversato tutti quanti gli spazi ed è venuta a sbarcare sulla Terra. Tra le altre cose quegli scienziati hanno spiegato che questi appartenenti ad una umanità del pianeta lontano erano straordinariamente evoluti e hanno anche insegnato molte cose agli uomini; che non erano ancora in grado di capirli perché erano ancora primitivi. Tuttavia conoscevano a fondo l'astronomia dato che – così ci spiega lo scienziato russo – certe nozioni astronomiche erano state apprese direttamente dai visitatori spaziali (per esempio egli pretende che si sapesse già dei satelliti di Marte).
Poi che cosa è successo?
Qui lo scienziato ve lo racconta e vi dimostra che le prove scientifiche si troverebbero anche nella Bibbia.
Ora vi leggo la notizia.
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[1] -  La frase, poco comprensibile nell'originale parlato, è stata da noi integrata con il classico riferimento caro a Bordiga: ogni rivoluzione che avanza non "costruisce" ma abbatte barriere al costruire, libera potenzialità già esistenti. Il verbo "fabbricare", che nella frase dell'obiezione è usato provocatoriamente più volte, ci ricorda che prima viene l'istinto rivoluzionario, e solo in seguito la vera "costruzione" razionale, pensata, cioè il rovesciamento della prassi a tutti i livelli della società.
[2] -  Come si vedrà in seguito, non esisterà mai una "scienza proletaria", dato che la nuova scienza esploderà quando non esisteranno più classi; esiste però un'anticipazione di questa scienza del futuro nel programma rivoluzionario e in alcune avvisaglie riscontrabili entro la stessa scienza borghese, vere e proprie capitolazioni di fronte al comunismo.
[3] -  Uno dei temi tipici del lavoro specifico di Bordiga nell'ambito della Sinistra Comunista fu la ricerca delle "capitolazioni ideologiche della borghesia di fronte al marxismo". Sulla base dell'affermazione di Marx, secondo la quale la peggiore contraddizione del capitalismo è il Capitale, così a livello ideologico la sua peggiore contraddizione è dovuta allo sviluppo delle forze produttive che impone di demolire vecchi ostacoli sulla via della conoscenza, fenomeno che provoca all'interno della borghesia delle frazioni di veri e propri transfughi potenziali.
[4] - Su quest'argomento, negli articoli Decostruzione urbana e La dimora dell'uomo, apparsi sui nn. 8 e 9 di questa rivista (n+1), abbiamo utilizzato molti dati reperiti nei lavori pubblicati dalla Sinistra comunista o dedotti dai medesimi.
[5] - La prima traduzione in italiano fu pubblicata dagli Editori Riuniti nel 1958, poi rivista nella successiva pubblicazione nelle Opere Complete del 1972. Qui Bordiga prega un compagno presente (Bruno Maffi) di leggere dal francese.
[6] -  Karl Marx, Friedrich Engels, L'Ideologia tedesca, Opere Complete, vol. V, Editori Riuniti 1972, pag. 44.
[7] -  L'Ideologia tedesca cit. pag. 44.
[8] - La notevole differenza fra il verbo "seguire" attribuito alla classe e al movimento rivoluzionario e il verbo "intraprendere" attribuito al partito rende necessaria una breve spiegazione: in precedenza è detto che il partito è il solo organo collettivo che possa anticipare il futuro, a differenza delle classi, e ciò ribadisce il concetto che solo attraverso il partito è concepibile, in senso comunista, la manifestazione di "volontà" storica (rovesciamento della prassi). Infatti, nella storia del partito, da Marx in poi, la Sinistra ha sempre rivendicato una continuità, nonostante la terribile controrivoluzione e i suoi effetti politici, quindi una capacità di portare avanti il lavoro di Marx. Il partito perciò non "segue" ma "intraprende" tale lavoro secondo la sua natura di cervello sociale, capace di rovesciare la prassi (ovviamente nei limiti consentiti dai reali rapporti di forza). Nelle Tesi di Napoli, del 1965, Bordiga attribuisce al partito di allora, piccola manifestazione formale del grande partito storico, proprio la capacità di "intraprendere" l'elaborazione scientifica del patrimonio marxista precedente secondo le leggi d'invarianza (ciò che chiamava "scolpire sempre più chiaramente", "ribattere i chiodi", contrapponendosi alla galassia di "aggiornatori". Nelle Tesi è detto chiaramente che questo significa acquisire capacità di elaborazione in base alla dinamica storica senza tradire l'invarianza. Infatti c'è una grande differenza fra i testi del primo dopoguerra, che segnano la battaglia contro la socialdemocrazia e la degenerazione dell'Internazionale Comunista, e quelli del secondo, che sono decisamente orientati ai bilanci e al futuro del movimento. Questa precisazione è necessaria perché l'opportunismo ha sempre avuto la pretesa di "elaborare" secondo presunti "fatti nuovi", o "situazioni" contingenti, sempre tradendo l'invarianza della teoria.
[9] -  La sequenza è: animismo, totemismo, feticismo, religioni strutturate delle società classiste, filosofia e scienza; la tecnologia riguarda l'evolversi degli strumenti di produzione (compreso il linguaggio) e del loro uso in tutte le fasi della storia.
[10] -  Lenin, Quaderni filosofici, Opere complete, Editori Riuniti, vol. 38 pag. 167: "Aforisma. Non si può comprendere appieno Il Capitale di Marx, e in particolare il suo primo capitolo, se non si è studiata e capita tutta la logica di Hegel. Di conseguenza, dopo mezzo secolo, nessun marxista ha capito Marx!". Bordiga, come si evince dal testo, non era d'accordo con questa sopravvalutazione di Hegel e così terminò, per esempio, il ciclo di riunioni oggi raccolte in Riconoscere il comunismo: "Rimesso l'uomo nella natura come sua parte integrante, ci sono diventati tanto inutili la religione, che afferma Dio, quanto l'ateismo che lo nega. In pensione Dio, e la sua Negazione! Con entrambi, dal 1844, in pensione Hegel".
[11] - Gli stalinisti dell'epoca avevano come testo di riferimento non un testo russo ma uno, allora assai celebre, dell'inglese John D. Bernal, una sintesi del percorso scientifico umano scritta con taglio empirista-progressista e socialeggiante (J.D.B, Storia della scienza, Editori Riuniti, 1956, pagg. 1.100).
[
12] -  Lenin, Quaderni filosofici cit. pag. 137.
[13] -  Lenin, Quaderni filosofici cit. pag. 148.
[14] -  È in fondo il problema principale che la scienza di oggi deve ancora risolvere: la fisica dello stato solido, quella "a misura d'uomo", cioè quella attinente al mondo accessibile ai nostri sensi (apparenza), sembra essere in contraddizione con quella inerente alla composizione intima della materia (sostanza), cosa logicamente impossibile, dato che la materia macroscopica è fatta della materia microscopica.
[15] - Non si può resistere alla tentazione di dare al lettore una lampante prova di regressione, non solo di filosofi come Croce, ma di molti scienziati, rispetto ad "artisti" vissuti secoli fa, che rappresentavano autentici "organi adatti del conoscere". Dice per esempio Leonardo da Vinci: "Nessuna umana investigazione si può dimandare vera scienza, se essa non passa per le matematiche dimostrazioni. E se tu dirai che le scienze che principiano e finiscono nella mente, abbiano verità, questo non si concede, ma si nega per molte ragioni; e prima, che in tali discorsi mentali non accade esperienza, senza la quale nulla dà di sé certezza" (Leonardo da Vinci, Trattato della pittura, in Tutte le opere, Rusconi, 2002, pag. 20).
[16] - Per esempio nel Manifesto, al capitolo "Borghesi e proletari": "La borghesia ha dimostrato per prima ciò che può fare l'attività umana. Ha compiuto ben altri portenti delle piramidi egizie, degli acquedotti romani e delle cattedrali gotiche; ha condotto ben altri movimenti delle migrazioni di popoli o delle crociate…". Nel Capitale Marx riconoscerà alle società antiche, ancora libere dalla legge del valore, la capacità di aver costruito opere che fanno meraviglia ancor oggi, nonostante la povertà incomparabile dei mezzi di produzione (Libro I, cap XI, Cooperazione).
[17] - Alcuni dei temi qui trattati, come quello del superamento dell'individuo come soggetto, sono anche in "Elementi della quistione spaziale", ricordato all'inizio e pubblicato in Il programma comunista n. 4 del 1960.
[18] - Nell'articolo citato il passo non c'è, ma si tratta comunque di argomento più volte ripreso in altri lavori. Probabilmente l'autore confonde con l'articolo "Tavole immutabili della teoria comunista del partito", dove vi è una bella ricostruzione del percorso teorico del diciannovenne Marx, e che è tratto da un rapporto tenuto nella stessa riunione in cui vi fu l'esposizione sulla questione "spaziale" (Il programma comunista n. 5 del 1960).
[19] -  È fin troppo evidente che tale modo di argomentare anticipa teorie fisiche moderne tipo quella del Big Bang originario per spiegare la "nascita" dell'universo; e questo prima che tali teorie fossero formulate e divenute "popolari".
[20] - In questo punto del nastro c'è una lunga interruzione, per cui non ci è stato possibile ricostruire meglio di così l'importante collegamento fra il quesito dell'interlocutore e la soluzione prospettata dagli "scienziati" moderni, presentata da Bordiga con voce ironica, ridacchiando.
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