LE FORME DI PRODUZIONE SUCCESSIVE

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NELLA TEORIA MARXISTA . 1960 - 1980
arteideologia raccolta supplementi
made n.20 Giugno 2023
LA RIPRESA DELLE OSTILITÀ
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FORMA QUINARIA: IL COMUNISMO . CAP. 6 . 2

La rivoluzione nei paesi sviluppati 

A differenza delle misure economiche post-rivoluzionarie, che nei paesi sviluppati faranno leva su condizioni di produzione arci-mature, e dunque favorevoli, la rivoluzione stessa sarà invece più difficile che mai, in quanto dovrà scontrarsi con tutti gli ingombri accumulati dall'ultratotalitario o superarmato Stato borghese, che, pronto a tutto e senza scrupoli, utilizzerà tutte le astuzie delle diverse classi dominanti successive della storia. Essa sarà infinitamente più difficile da portare a termine che non all'inizio del capitalismo o nei paesi attardati, come dimostra chiaramente la storia dell'Europa occidentale del XIX e XX secolo.
Per questo motivo, dal punto di vista politico, le parole d'ordine di preparazione alla rivoluzione devono basarsi su una critica feroce, fin nei suoi aspetti più quotidiani, dell'intero modo di vita borghese, che incatena giorno dopo giorno le masse. Gli ultimi scrupoli paralizzanti, suggeriti dai pretesi valori della moderna civiltà che la rivoluzione farà volare in aria, saranno sradicati definitivamente dalle trasformazioni economiche e sociali del periodo di transizione al socialismo. Il partito deve dunque imperniare proprie parole d'ordine sulla denuncia spietata della democrazia (coesistenza delle classi), onde dare al proletariato la sua assoluta autonomia di classe che ne promuova la radicale opposizione alla società borghese e alle classi che la sostengono; quanto al delicato problema dell'alleanza, col contadiname, bisogna prima ribadire che i braccianti agricoli salariati sono parte integrante del proletariato, e se i contadini, muscoli rivoluzionari, ma perduti nelle tenebre di pregiudizi millenari, possono lottare, non possono però – anche se poveri – sapere e vedere quei traguardi tanto più alti, per i quali solo la classe dei lavoratori di massa e nullatenenti ha organi di senso e di pensiero.
Di qui il ruolo essenziale del Partito, che già prima la rivoluzione rappresenta e difende l'integrale patrimonio programmatico della classe. La sua critica e la sua propaganda devono bollare a fuoco il culturalismo, questa cancrena dei partiti opportunisti che, ubriacati dell'ideologia delle classi oziose, le quali si sono appropriate le pretese scienze, arti, lettere, e ... i loro sofismi, civettano con gli intellettuali e le classi medie. Instancabilmente esso deve ripetere questa verità: l'istinto e l'intuizione stanno in ragione inversa della cultura diffusa dalla classe dominante in seno alle sue innumerevoli quanto pietose scuole, e che noi ammiriamo un proletariato sprovvisto di diplomi e di titoli di studi anche elementari, ma detentore del titolo supremo della verità rivoluzionaria, da cui la scienza ufficiale è lontana mille miglia.
Ma non è tutto: occorre anche combattere l'ideologia diffusa dal "comunismo" divenuto borghese della Russia, e particolarmente il culto della tecnica, tanto cara all'aristocrazia operaia che vede in essa la causa dei suoi alti salari e dei suoi privilegi Questo feticcio va infranto perché la tecnica altro non è se non il sistema delle macchine, nelle quali si incarna il capitale per opprimere il lavoro vivo e produrre la mutilante e debilitante divisione del lavoro, con i vuoti quanto inutili esperti e specialisti A questo stadio, il partito attacca violentemente le concezioni operaiste e consigliste osannanti l'azienda, che si vorrebbe gestita a profitto degli operai, ma di cui si deve invece progressivamente spezzare i limiti per spingere a fondo la socializzazio­ne che sola permetterà di superare le enormi ineguaglianze di sviluppo tra i vari paesi e continenti. Localismo economico e corporativismo sono diametralmente opposti all'internazionalismo dei nullatenenti.
Insomma, il proletariato, liberato dal primo atto rivoluzionario, dovrà spezzare tutte le catene che lo legavano alle icone, a quelle reali storiche forze di classe che si chiamano divinità, personalità, libertà, proprietà, culto imbecille dello Stato, della patria, della famiglia, della casa infine, ultima e più sinistra prigione che il fiammeggiare del comunismo mondiale deve disonorare prima, dissolvere poi [1].

Programma rivoluzionario IMMEDIATO nei paesi sviluppati

Giocando sul fatto che la borghesia ha finito per eseguire pa­recchie di quelle misure che per la sua incapacità erano affidate agli sforzi rivoluzionari del proletariato (istruzione obbligatoria, Banca di Stato, ecc.), il riformismo ne ha dedotto la possibilità di applicare nella legalità e senza urto violento tutte le rivendicazioni del Manifesto, passando vigliaccamente sotto silenzio che la presa violenta del potere da parte della classe operaia è la condizione sine qua non per la loro applicazione e per il superamento del capitalismo, prima nella politica e poi nell'economia – come dev'essere in ogni vera rivoluzione.
Nei paesi avanzati capitalisticamente, ove le misure minime del Manifesto sono oggi già un fatto compiuto, si pone quindi il compito non solo di realizzare quelle misure che la borghesia è, per definizione, incapace di applicare, ma altresì di introdurre, mediante le seguenti misure IMMEDIATE, lo stadio inferiore del programma di Gotha, sulla base dell'attuale elevatissimo livello delle forze produttive ivi raggiunto:

1.  Disinvestimento dei capitali, ossia destinazione di una, parte assai minore del prodotto a beni strumentali e non di consumo [2]. Questa prima misura permetterà di far fronte efficacemente all'elefantiasi della grande industria che inonda il mondo con la sua sovraproduzione, la quale non soddisfa né una domanda solvibile, né una domanda di valori d'uso, trattandosi di un modo di produzione degenerato che gira ormai a vuoto. Questa diminuzione relativa, avrà per corollario la seconda misura.

2.  "Elevamento dei costi di produzione" per poter dare, fino a che vi è salario mercato e moneta, più alte paghe, per meno tempo di lavoro. In altri termini, nel linguaggio dell'economia politica odierna, la parte del capitale variabile, a parità di "produttività tecnica", verrà accresciuta. Questa misura porrà fine all'applicazione  borghese delle  macchine, ossia  alla fase  di subordinazione reale della forza-lavoro al capitale, in cui questo trasforma una quantità sempre maggiore di lavoro in macchine, in capitale fisso, mutilando l'operaio mediante una divisione del lavoro sempre più spinta e riducendo la sua funzione al lavoro semplice, accessorio.
Siamo all'inizio di quel processo che ha per scopo non più il gonfiamento dell'apparato produttivo reificato, ma lo sviluppo della forza produttiva del lavoratore; e questo, non imbottendolo di derrate, bensì sostituendo la sua attività a tutte quelle funzioni svolte dagli attuali lacchè al servizio del capitale nelle sovrastrutture. Il proletariato impadronendosi dello Stato, della giustizia, della forza armata e di ciò che oggi si chiama ideologia e arte, disporrà dei mezzi materiali grazie ai quali la rivoluzione, dilagante nella crisi e nel crollo totale del capitale, libererà l'energia e l'iniziativa delle masse lungamente compresse e frenate.
L'aumento dei costi di produzione favorisce fin dall'inizio il capitale variabile per la classe appena giunta al potere. Ma se il proletariato esclude tutte le altre classi della sfera politica, le include però progressivamente nel lavoro produttivo con l'obbligo  del lavoro  per tutti: ciò fa diminuire drasticamente le ore di lavoro in generale. Proprio questa misura avvia, in fondo, quel processo storico per cui la società si consacra sempre più allo sviluppo dell'uomo, del produttore, che era stato sacrificato per tutto il corso dell'anteriore evoluzione capitalistica  Non si tratta dunque, come in un volgare programma elettorale della Sinistra attuale, di creare una "domanda" e un nuovo sbocco alla sovrapproduzione, quanto piuttosto di un primo ma decisivo abbandono del principio borghese della "produzione per la produzione". Questa prima misura in vista della produzione dell'uomo (piuttosto che per l'uomo), è fondata infatti sulla successiva:

3 . "Drastica riduzione della giornata di lavoro" almeno alla metà delle ore attuali, assorbendo disoccupazione e attività antisociali. Questa essenziale misura strappata dalla rivoluzione politica con la conquista dello Stato, permetterà agli operai non certo di andare in week-end, ma di armarsi per difendere il proprio dominio di classe, e volgersi alle attività sociali fino ad allora assolte dai servitori della borghesia nelle sovrastrutture di costrizione politiche e ideologiche. Queste, trasformate alla fine in gestione tecnica della società, scienza applicata e arte, verranno appropriate dai produttori stessi. L'eliminazione di attività e professioni antisociali sarà inoltre un fattore attivo della lotta contro le classi dominanti decadute, oltre a costituire un elemento di risanamento della vita sociale per il maggior bene di tutti i produttori, che godranno nella produzione dell'aiuto quantitativamente numeroso, se pure all'inizio poco efficace, degli ex-parassiti, per riorientare l'economia verso produzioni utili. Evidentemente, il nuovo governo del Partito comunista non condurrà una politica dei redditi per smaltire, grazie a una nuova e più amplia domanda, la produzione. Si tratta dell'applicazione di un corpo programmati­co mirante a rivoluzionare i rapporti sociali, cioè a sconvolgere dalle fondamenta l'ordine stabilito e a organizzare la trasformazione mettendo in moto le masse e la società: la rivoluzione è al potere e ne fa uso. In base ai criteri dell'economia mercantile e monetaria potrà opporsi che tali misure sono irrealizzabili, dimenticando che proprio quell'economia si vuole rovinare a breve scadenza per passare allo stadio inferiore del programma dei buoni di lavoro (Gotha), da quelle misure immediate di governo introdotti e resi necessari.
4 . Ridotto il volume della produzione con un piano di "sottoproduzione" che la concentri sui campi più necessari, "controllo autoritario dei consumi", combattendo la moda, pubblicitaria di quelli inutili, dannosi e voluttuari, e abolendo di forza le attività volte alla propaganda di una psicologia reazionaria. L'ultima proprietà da abolire sarà quella del salario (privato o di Stato) che dà l'ignobile diritto di disporre a discrezione, in qualsiasi modo, dei "propri" soldi, il che deriva dal potere del denaro. Il disgraziato che tracanna alcool dicendo: è mio, l'ho comprato coi miei soldi, è parimenti, vittima come è della forma capitale, un usufruttuario fedifrago della salute della specie. Ed anche l'insensato accenditore di sigarette che si ritiene padrone della propria persona e della propria vita ha l'atteggiamento tipico alla proprietà privata.
Chi bestemmia di costruire comunismo deve pure avere un modulo del trattamento dell'uomo sociale anche come organismo fisico, prima di tutto come organismo fisico. È vergognoso che canti vittoria quando ha scelto tale modello nella feccia fangosa della degenerazione borghese che va trattata non con la codarda imitazione, ma col ferro e col fuoco della dittatura, sul cibo e sull'idea.
Il concetto che abbiamo in vista è che "il tenore di vita", altro traguardo inebriante degli americani come dei russi, non si misura quantitati­vamente, (danaro che il singolo ha a disposizione per il consumo) ma qualitativamente (utilità non individuale ma sociale del complesso di consumi adottati). L'aumento del reddito pecuniario e mercantile non determina un miglioramento del regime alimentare e fisiologico della collettività nazionale, ma una corruzione e degenerazione a tutti i livelli, soprattutto a quello carognesco degli strati delle classi medie, che bassamente ovunque l'opportu­nismo moscovita corteggia.
Con l'altra tesi di principio che non la persona ma la società sceglie tra i consumi utili (materiali e non materiali), e la conclusione che rivolta i nervi al democratico fangame: la rivoluzione proletaria è dittatura sui consumi (in primis su quelli dei lavoratori del sedere). È la sola via per disintossicare i servi del Capitale moderno, e liberarli dalla stimmata di classe che esso ha loro stampata nella carne e nella mente.
Questa rigenerazione del consumo comporta in seguito l'umanizzazione e la rivitalizzazione del capitale morto, cioè degli strumenti produttivi e della natura. Nei paesi a capitalismo senile e degenerato, questi provvedimenti spezzeranno la tendenza ad ammortizzare il capitale fisso, trasmettendo ormai l'eredità in esso accumulata dalle generazioni all'attività presente, che si alzerà al livello di abilità di tutta la specie [3]. Essa sarà necessaria, tuttavia, non tanto per dominare la produzione (che basterà lasciar cadere i livelli inferiori, liberando i servi del lavoro e delle galere aziendali per miliardi di ore), ma soprattutto per capovolgere la prassi consumatrice, sradicare le forme patologiche del consumare, eredi di forme di oppressione di classe. L'uomo singolo, il cittadino, l'individuo, come perderà anche sotto il Terrore rivoluzionario la possibilità di possedere ricchezza e valore, uccidendosene in lui il gusto e la propensione belluina, così perderà, divenendo una cellula dell'eterno – e saremmo per scrivere "sacro" – Corpo sociale, ogni diritto a ledere se stesso, a rovinare il proprio organismo animale, ad intossicarsi separandosi, come cellula isolata, dal resto della società. Con ciò non lederebbe solo il proprio corpo, ma la società. È la premessa all'applicazione rigorosa della società comunista enunciata nel Manifesto; "Il libero sviluppo di ciascuno è la condizione del libero sviluppo di tutti". Il rivoluzionario, in quanto membro del Partito che è l'anticipazione della società comunista, non può essere che un disintossicato dalla merda deleteria della società borghese in putrefazione. È una delle ragioni per cui nella e prima della rivoluzione più della massa, che sarà disintossicata in seguito dal marchio di servaggio, preve­de e combatte attivamente la minoranza organizzata del partito, nutrita nel vivo suo sangue dell'antiveggente e combattente Dottrina Integrale [4].

5 . Rapida "rottura dei limiti di azienda".  Al perfezionamento tecnico ostava una volta la piccolezza delle aziende, oggi vi osta la loro autonomia privata, anche se sono aziende vaste e poderose. Lo sviluppo era ieri inceppato dalla proprietà privata personale, oggi lo è di nuovo dalla proprietà capitalistica.
Superato l'aspetto mercantilistico della produzione, l'impianto locale non sarà che un nodo tecnico della grande rete generale guidata razionalmente da soluzioni unitarie, l'azienda non avrà più bilanci d'entrata e di uscita e quindi non sarà più tale, poiché al tempo stesso il produttore non sarà più un salariato [5].
L'azienda rappresenta una forma acuta di proprietà privata nell'ambito della produzione sociale e impedisce ogni pianificazione attiva, oltre che la socializzazione della distribuzione delle forze produttive nell'economia. Con questa misura, l'operaio si libererà dei limiti corporativi che determinano non solo il suo reddito,  ma un angusto localismo nel suo modo di vita, di abitazione, ecc. È un primo passo verso l'abolizione del proletariato. Come dimostra la misura che segue, la sua stessa vita extraprofessionale era regolata in funzione del suo posto nell'azienda, che gli dava lo status o di operaio aristocratizzato o di paria.

6 ."Rapida abolizione della previdenza" a tipo mercantile. Il riformismo si è adoperato nel legare al capitale l'operaio (spogliato di ogni mezzo di produzione, di ogni proprietà che non sia quella delle sue braccia, e che vive settimanalmente della sua paga: che non ha, cioè, niente da perdere oltre alle proprie catene), facendogli balenare il miraggio di un 'ultima riserva sulla quale poter contare:  le Assicurazioni Sociali, che lo proteggono da malattia e disoccupazione e gli garantiscono una pensione per la vecchiaia. Dunque non mancherà mai di nulla: è un funzionario che produce capitale – fino alla crisi, allorché si accorge che la sua sorte è legata a quella di tutta la classe, il proletariato. Sostituzione di questo regime legato alla professione e all'anzianità, ecc., col sistema (previsto dal programma di Gotha) dell'alimentazione sociale dei non-lavoratori presi a carico dalla società secondo i loro bisogni fisiologici determinati.

7 .”Arresto delle costruzioni” di case e luoghi di lavoro intorno alle grandi città e anche alle piccole, come avvio alla distribuzione uniforme della popolazione sulla campagna. Riduzione dell’ingorgo velocità e volume del traffico vietando quello inutile – come gli sterili scorrazzamenti domenicali col pretesto di prendere aria … inquinandola.

8 . "Decisa lotta" con l'abolizione di carriere e titoli, come fin dalla nascita ha fatto la Comune di Parigi; misure contro la specializzazione professionale e la divisione sociale del lavoro.

9 . Ovvie misure immediate, più vicine a quelle politiche, per sottoporre allo   Stato comunista  la scuola, la stampa, tutti i mezzi di  diffusione, d'informazione, e la rete dello spettacolo e del divertimento, diretti oggi dalla centrale di Washington.

Se queste misure, che introducono la fase del socialismo inferiore teorizzato da Marx nella sua Critica del programma socialdemocratico di Gotha, si distinguono da quelle del Manifesto, ciò è dovuto al fatto che la base economica è pienamente maturata nelle società borghesi sviluppate. Essa è ormai ultra-centralizzata e socializzata nelle mani di alcune grandi Banche e dello Stato, ed è dunque facilmente comandabile e orientabile in senso comunista.
Questo programma immediato si basa, in completa coerenza col marxismo, sullo sviluppo raggiunto dalla produzione, e non vede lo Stato come dispensatore del benessere [6]. Le sue prime misure, più specificamente economiche, rivoluzionano i rapporti economici in quanto mirano ad imporre l'egemonia dei lavoratori produttivi nella produzione giacché il rovesciamento essenziale che resta da operare prima di pervenire al pieno comunismo senza classi, denaro, mercato, valore di scambio, e dunque anche senza Stato, è la deproletarizzazione dei produttori o del lavoro. Per tal motivo, bisogna portare a termine il processo già chiaramente avviato nel programma immediato, generalizzando di forza la partecipazione alla produzione di tutti i membri della società, perché si tratta in ultima analisi di emancipare tutti gli uomini senza eccezione: il lavoro produttivo è il mezzo per livellare e poi abolire tutte le classi.

Il lavoro di André Leroi-Gourhan
Anche se le classi dominanti oziose, parassitarie e corrotte non accetteranno di buon grado quest'obbligo di partecipare al lavoro al fine di diminuire il carico per tutti, e dunque fare un passo avanti verso la trasformazione dei proletari in liberi produttori associati, ciò non toglie che socialmente sarebbe un vantaggio anche per esse elevarsi al livello del lavoro per emanciparsi. Infatti – ed è questo che conta – fino alla sua estinzione, il proletariato resterà una classe che farà del sopralavoro e dunque sarà sfruttato.
Queste misure per i paesi supersviluppati non sono in Marx-Engels espressamente enunciate in un programma specifico, ma sono implicate da tutte le loro conclusioni teoriche nel Capitale e nella definizione del passaggio dal socialismo inferiore al pieno comunismo. Inoltre, queste misure di dittatura sul consumo hanno appunto lo scopo di modificare i rapporti di distribuzione o di circolazione, che determinano in tutte le società la forma della produzione, trovandosi l'economia produttiva modellata, organizzata e sistematizzata dal modo di ripartizione, ed essendo la forma il mezzo di intervento di ritorno delle sovrastrutture esistenti sulla base economica.
Qui sta ancora la spiegazione – lo ripeteremo finché sarà necessario – del fatto che la dittatura del proletariato è al centro della dottrina marxista e del trapasso della forma capitalista al comunismo.
Non si tratta infatti di scovare nuove macchine, di lavorare più produttivamente, ma più razionalmente, dunque di organizzare meglio la produzione in senso qualitativo anziché quantitativo nei paesi capitalisti sviluppati Ora, oggi le forze produttive e la produzione sono già socializzati mentre 'appropriazione privata (degli individui, dei gruppi, delle società, dei monopoli, dello Stato borghese) domina sul mercato provocando di ritorno l'anarchia nella produzione con le crisi periodiche, ecc.
Non è dunque sorprendente che il comunismo, che è estensione alla distribuzione e alla società della socializzazione già realizzata nella produzione, esiga il rivoluzionamento del consumo produttivo e individuale, essendo il piano di quest'ultimo a determinare di ritorno – a partire dai bisogni umani sociali e non anarchicamente individuali – ciò che deve essere prodotto, ossia qualità e quantità della produzione.
Un semplice esempio: la sete di plusvalore e la caduta del saggio di profitto spingono il capitale ad una frenesia di sovrapproduzione che impone all'umanità i prodotti che danno il più alto margine di utile e i cui costi di produzione sono più bassi. Ma questi prodotti non corrispondono assolutamente ai bisogni elementari ed essenziali dell'uomo, quanto al mercato solvibile, caratterizzato nelle società di classe dal fatto che il denaro, quindi il potere di assorbire la pletorica produzione, si trova concentrato nelle mani di una minoranza oziosa, i cui bisogni vitali sono soddisfatti e che spinge alla produzione di articoli di lusso, inutili, e addirittura di droghe, ecc. Proprio queste branche che rappresentano l'attuale sovrapproduzione (con l'armamento che serve a fare la guerra per liquidarla e per asservire ancor più le classi produttrici) devono essere sfrondate e distrutte perché si possa produrre anzitutto quanto è essenziale e vitale, non solo per una frazione privilegiata di uomini e di paesi, ma per tutta l'umanità, e si possa in seguito razionalmente mettersi a produrre per soddisfare bisogni meno urgenti, se pure indispensabili alla pienezza dell'uomo.
Quando sono gli individui a determinare cosa consumare, e dunque cosa produrre, mediante la libera scelta sul mercato, che vale per i borghesi come per i proletari, il cui margine è molto ridotto, si ha l'anarchia della produzione, e non è possibile alcun piano razionale e comune a tutti gli uomini.
L'atto della dittatura sul consumo eliminerà dunque lo spudorato spreco della produzione; permetterà al contempo un piano di disinvestimento che metterà fine alla produzione per la produzione e inaugurerà la produzione per lo sviluppo onnilaterale dell'uomo. Esso rivoluzionerà dunque anche le sovrastrutture politiche, giuridiche, ideologiche e artistiche delle società di classe, impedendo agli individui di ergersi in strato privilegiato a spese dei produttori, appropriandosi i mezzi materiali per i loro interessi privati e per i loro particolari godimenti Secondo la formula di Marx, occorrerà cambiare in primo luogo "la distribuzione che è la potenza in azione della proprietà privata" (Teorie sul plusvalore).
Solo questa dittatura, fissando all'uomo un modulo per il suo consumo, la sua produzione, dunque per lo sviluppo dell'umanità, permetterà nella prima fase dopo la conquista del potere di disciplinare gli aspetti degli individui, mediante il razionamento e l'attribuzione di una razione che soddisfi i bisogni primari, data la penuria nei tempi di rivoluzione.
Una volta che gli individui avranno imparato a dominarsi, a controllarsi, dunque ad essere padroni di se stessi, della propria volontà, del proprio spirito e del proprio progetto e azione in un senso sociale, essi avranno cessato di essere degli schiavi salariati e potranno sedere a una stessa tavola sovrabbondante per mangiare insieme come esseri umani e non come bestie feroci nella giungla. In cui ciascuno vuole strappare per sé il pezzo migliore e cibarsi più del suo vicino.
La sete di accumulare sarà estinta, e ciascuno penserà a dare all'altro prima che a se stesso, e ciò ucciderà ogni concorrenza e spirito mercantilista di profitto privato. Ciascuno troverà il proprio piacere e la propria gioia nel piacere e nella gioia degli altri, e la comunità realizzata segnerà la fine della preistoria.
Le misure di "moralizzazione" e di risanamento dell'ideologia e della vita quotidiana assumono il loro giusto senso a partire dalle prime misure, poggianti in questo Programma sulla salda base di un rivoluzionamento economico che tende alla proletarizzazione di tutti, primo passo dell'evoluzio­ne dei lavoratori produttivi in liberi produttori associati, e quindi in uomini universalmente sviluppati. Il lavoro avrà allora perduto ogni carattere di costrizione e sarà divenuto una libera attività, che pur potendo richiedere uno sforzo notevole, non per questo sarà ripugnante – come già oggi lo sport, l'alpinismo,  ad esempio.
A   questo  stadio,   cadrà la contraddizione  tra produzione e consumo, tra lavoro e godimento, tra attivo e passivo (tanto cari ai grammatici delle società di classe), tra singolare e plurale, poiché l'uomo grammaticalmente singolare si sarà identificato con la pluralità degli uomini, divenendo un uomo sociale che, secondo l'espressione di ... Hegel, "sa fare tutto ciò che fanno gli altri", dal momento che la divisione del lavoro è abolita  al livello della società e dell'individuo  e  che  tutti gli uomini collaborano nell'universale processo di metabolismo con la Natura.
La potenza del marxismo rifulge nel fatto che, contrariamente alla miopia immediatista di revisionisti ed opportunisti che ad ogni fase vogliono, arricchire la dottrina con elementi nuovi a loro dire imprevedibili, perché si delimiterebbero solo di volta in volta, lasciando lo sviluppo della fase successiva nell'oscurità più completa, l'evoluzione di questa piena fase del comunismo superiore è stabilita scientificamente, e non più utopisticamente, a partire dalla stessa base dell'economia capitalistica. E il partito comunista, nella sua critica delle odiose condizioni borghesi, non solo anticipa teoricamente (o intellettualmente) le condizioni del comunismo superiore, ma vi forgia altresì le armi della lotta per rovesciare l'ultima società di classe. 

3. Dallo stadio inferiore allo stadio superiore del comunismo 

Resta da sciogliere l'ultima contraddizione nei rapporti degli uomini fra di loro e con la produzione, contraddizione che si esprime nella differenza tra le formule del primo stadio ("Chi non lavora non mangia, se è in grado di lavorare", o "il lavoro è presentemente l'unico fondamento della società") e quella del secondo ("Da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni"), in cui il legame tra attività e consumo è spezzato a livello degli individui, di modo che cade la predominanza o il presupposto di un termine in rapporto all'altro, senza che tuttavia nessuno di questi termini, ora riconciliati e confusi, venga negato.
Nel comunismo, il tempo libero sarà infatti la più grande – la prima – forza produttiva dell'uomo, perché esso condiziona il suo sviluppo. Base ne è tuttavia la grande industria capitalistica che, come risulta luminosamente dal testo di Marx sull'Automazione, è una macchina per ridurre sistematicamente il lavoro necessario dell'operaio. Insomma, la base e la possibilità della preminenza del tempo libero sul tempo di lavoro esiste già oggi come risultato dialettico ed involontario del modo di produzione capitalistico [7].
Nell'Internazionale Marx aveva perciò lanciato la parola d'ordine dell'abolizione del salariato, che è rivendicazione attuale nei paesi avanzati e significa abolizione dell'ultima classe universale, il proletariato.
È questo il compito centrale dello stadio inferiore del comunismo una volta che borghesia, proprietari fondiari e loro sotto-prodotti siano stati dissolti anche come classi fisiche, dopo che la loro funzione economica era cessata già prima della fine del capitalismo.
Non la teoria soltanto procede con folgoranti anticipazioni su un futuro, ancora lontano, ma anche l'economia e la prassi – senza di che saremmo solo dei sognatori.
È dunque possibile antivedere la dinamica dei modi di produzione successivi e orientare ciascun insieme di misure di transizione corrispondente a un livello dato verso quello seguente, e prepararlo attivamente. La società comunista è al centro delle preoccupazioni e delle lotte del proletariato fin dal tempo dei suoi primi utopistici balbettii: l'istinto e l'intuizione nati dalle condizioni materiali sono guide assai più sicure che non la Ragione.
La critica del lavoro salariato si è così potuta fare molto prima che fosse possibile la sua abolizione sul piano economico.
I primissimi socialisti e gli utopisti avevano già vigorosamente denunciato gli orrori del lavoro salariato che le masse lavoratrici quotidianamente subivano. Parlare di lavoro salariato non significa fare della filosofia, presentando il lavoro come un'attività umana generale nella e sulla natura, ma significa legarlo a uno dei modi transitori di produzione che costringono e dominano sempre più il lavoro.
Il programma del comunisti per il passaggio dall'epoca capitalista a quella socialista non potrà perciò mai essere quello di una Repubblica nella quale i lavoratori siano l'ideale e il fine in sé; se il lavoro diviene un obbligo o addirittura è militarizzato, è solo per diminuire lo sforzo e abolire le classi che lo sfruttano vivendo del sopralavoro. E non sarà mai che una misura transitoria di una fase eminentemente fluida, che in ultima analisi è solo una repubblica in cui i proprietari fondiari e i borghesi industriali e finanziari sono espulsi o proletarizzati, in attesa che anche il lavoro e il proletario siano rivoluzionati.
In breve lo stesso programma iniziale non deve mai tendere ad esaltare, bensì a diminuire il carico di lavoro – già nella primissima fase, allorché in un paese arretrato il proletariato deve accrescere considerevolmente le forze produttive, sostituendosi a quello che avrebbe dovuto essere il compito storico della borghesia. Se il proletariato conquista il potere, non è per frenare l'iniziativa che le masse hanno preso nella rivoluzione permanente rovesciando gli accaparratori del loro sopralavoro e del loro tempo libero, da essi dilapidato per gli svaghi, le arti e l'amministrazione dello Stato oppressore. Così la presa del potere mediante l'atto rivoluzionario, a qualsivoglia livello economico di sviluppo, innesca il processo dell'abolizione dell'antinomia tra lavoro, da una parte, e attività politiche, amministrative e ideologiche, dall'altra, riconciliando al lavoro manuale i suoi frutti "intellettuali", prima separati ed antagonisti. Il comunismo è presente fin dalle prime aspirazioni delle masse lavoratrici, e si manifesta in tutte le loro lotte per l'emancipazione.
I regimi fascisti – tutti lo sono oggi più o meno apertamente – parlano in lungo e in largo di lavoro, e la carta di Mussolini non senza ragione si chiamava "Carta del Lavoro": gli sfruttatori vivono del lavoro altrui. Notiamo di passaggio che mai la classe operaia può considerare una conquista il partecipare alle istituzioni, anche sotto la dittatura del proletariato nei paesi sviluppati, poiché il proletariato deve essere progressivamente abolito.
La sua esigenza sociale non è neppure quella di trovare un posto nella gestione dell'azienda: non per caso Lenin, sulla scorta di Engels, avrebbe preferito lasciare ai loro posti il capitalista e lo specialista pagati dagli operai sotto il controllo di questi. Dal momento che il lavoro non è un ideale, mettere un operaio alla testa di altri operai non impedisce che il primo divenga direttore o caporeparto.
Né la fabbrica è tanto meno il fine supremo a cui tendono le conquiste del socialismo. Se Fourier definì le fabbriche capitalistiche come bagni penali mitigati, Marx, evocando le '"case di lavoro " inglesi per i poveri, le qualificava come istituzioni di terrore, il cui ideale si realizza nella manifattura borghese sotto il nome di "Fabbrica". Tutto il moderno riformismo che scioglie inni alla tecnica produttiva riposa sull'esaltazione del prodotto del lavoro (che fa la fortuna dei capitalisti) e non sui bisogni vitali del lavoratore.
Marx cita già l'esempio odioso dello stakhanovista venale, questo individualista fatto per essere decorato, che "lavora sia per sé e la sua famiglia, che per lo Stato del capitale": "A Londra, per esempio, nell'industria meccanica, vige lo stratagemma che il capitalista sceglie a capo di un certo numero di operai un uomo di forza fisica superiore e gli paga trimestralmente o ad altra scadenza un salario supplementare, a condizione che faccia tutto il possibile per pungolare a un'emulazione estrema i compagni di lavoro che ricevono soltanto un salario ordinario" [8].
Fin dai suoi primi passi, il programma della classe operaia – indubbiamente sotto la suggestione dei magnifici rapporti del comunismo primitivo ancora vivo in alcune sopravvivenze locali o in reminiscenze e costumi comunitari nelle masse, negli utopisti o nei contadini di Münzer o del mir russo – enuncia che bisogna emancipare l'uomo, e non emendare il lavoro. La società comunista si trova così anticipata, non idealmente ma concretamente, dalle lotte e dagli sforzi, per quanto disperati ed incoscienti, dell'immensa classe internazionale dei proletari di tutti i rami d'attività [9].
La costante parola d'ordine è dunque: diminuzione delle ore di lavoro. Basta col far sgobbare le masse e pungolare con metodi derivati da quelli che si usavano per gli schiavi, o addirittura per le bestie da soma e da macello, a cui almeno si risparmia la beffa di una Costituzione che dichiara sacri e inviolabili i loro diritti, nonché tramandabili ai discendenti dopo averle mangiate.
La società comunista dello stadio superiore inaugura un'evoluzione completamente nuova e originale, impossibile nella stessa fase inferiore per la mancanza delle pletoriche forze produttive create dalla classe operaia: l'atroce contraddizione fra tempo di lavoro e tempo libero si risolve dialetticamente, a partire dalle basi materiali preparate dalla preistoria delle società di classe.
Le misure di transizione fanno parte di questa contraddizione vivente, ma sono il mezzo sicuro per scioglierla, a condizione che il potere sia saldamente nelle mani del partito comunista più ancora nell'interesse delle masse di domani che di quelle di oggi.

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[1] . Rinviamo il lettore alla raccolta di Marx-Engels, La Communauté de l'avenir, Ed. Maspéro, Parigi 1976, per quel che concerne il programma dell'abolizione delle differenze tra città e campagna, corollario dell'eliminazione dell'antagonismo fra  industria e agricoltura legate tra di loro dal mercantilismo. Finalmente con l'edificazione  di palazzi comunitari saranno liquidati la follia della proprietà privata dei domicili individuali, la famiglia e il suo corollario, lo Stato, che racchiude la micro-organizzazione familiare sinonimo di schiavitù per le donne e i fanciulli.

[2] . Sarebbe non solo assurdo, ma ridicolo – per un argomento ampio, complesso e sociale, e trattato in modo manifestamente collettivista quale il presente scritto –, avanzare una individuale paternità di idee nuove, o di idee tout court appartenenti a una persona. Il presente testo non è un prodotto personale o di gruppo più di quanto non il il lavoro di tale o talaltro stampatore, si chiami esso Pietro o Paolo; è un prodotto sociale, tanto più che si tratta di un lavoro teorico di classe, l'espressione per definizione impersonale e anonima (Marx diceva di non essere marxista, ma comunista) del socialismo moderno, nato nel fuoco delle lotte di classe grazie all'azione di masse gigantesche, in un blocco invariante, nel crogiuolo della rivoluzione internazionale del 1848.
Questa puntualizzazione è ovvia per dei comunisti che hanno orrore dell'appropriazioni privata e della mania di privatizzare i lavori collettivi altrui, e che si sforzano, sin da e nelle condizioni attuali, di combatterla con tutti i mezzi in loro potere. Il presente scritto formula, nell'ordine logico dettato dallo sviluppo dell'argomento, sempre e soltanto idee che sono state espresse dai militanti di epoche rivoluzionarie, allorché la visione storica si imponeva spontaneamente nel fuoco della lotta. L'espressione stessa di queste ideo non ha niente di privato, ma dipende dall'attuale rapporto di forza che permette, esige ed impone dei testi corrispondenti ai bisogni del movimento presente. Per quanto riguarda il suddetto Programma immediato; esso è il riassunto delle tesi esposte alla riunione di Partito di Forlì, il 28 dicembre 1952. L'abbiamo messo in caratteri corsivi per evidenziarlo e per distinguerlo dai commenti che collegano una misura all'altra e l'insieme al resto del testo, ancorché gli stessi commenti si fondino, come sempre, su scritti anteriori o posteriori del nostro partito. Abbiamo tuttavia ritenuto opportuna la distinzione grafica trattandosi di un testo storico, indipendente dalle spiegazioni che lo rendono oggi comprensibile e lo collegano al programma di ieri e di domani.

[3] . Tra i paesi sviluppati è d'uopo fare ancora una distinzione per quanto riguarda le misure di transizione al comunismo. La lotta sarà più aspra e più lunga nei paesi meno sviluppati dal punto di vista capitalistico, quali l'Italia, la Spagna, la Grecia, l'Irlanda, per tacere dei paesi dell'Europa balcanica e danubiana, o delle repubbliche del Centro e del Sud America. In questi settori periferici del capitalismo, il potere della dittatura proletaria dovrà infatti procedere anzitutto alla distruzione della piccola produzione urbana e agricola che non potrebbe essere eliminata per via legale, ossia con una serie di disposizioni legislative, ma che solo sarà sradicata in una vibrante lotta con mezzi economici e politici. In altri termini, il proletariato organizzato verrà a capo della piccola produzione accelerando il processo di assorbimento delle piccole unità nei grandi monopoli di Stato. In Italia, ad esempio, per fissare le idee, questa lotta sarà delle più aspre, perché la piccola produzione vi è molto diffusa – e non solo nell'agricoltura, anzi (saremmo tentati di dire: al contrario) – così come il casino individualista delle classi medie.
Per quanto riguarda la Francia, è sempre più vicina all'Italia che non all'Inghilterra: vedi il capitolo sulla Differenza di centralizzazione di mezzi di produzione nei diversi paesi, assai sfavorevole alla Francia rispetto all'Inghilterra, in Marx, Il Capitale libro I, capitolo VI inedito, Newton Compton Ed., 1976, p. 132-137, per quel che concerne l'industria, e Marx-Engels, Utopisme et communautè de l'avenir, Ed. Maspéro, Parigi 1976, cap. Terra e natura, p. 96-101, per quanto riguarda l'agricoltura. Al contrario, nei paesi capitalistici ultra-sviluppati, quali la Germania, gli Stati Uniti, l'Inghilterra,   il  Giappone,   in   cui   già da tempo  il  capitalismo  monopolistico  si è trasformato – in maniera più o meno larvata – in capitalismo monopolistico di Stato, la conquista del potere da parte del proletariato coinciderà con l'inizio della demolizione dei rapporti capitalistici.

[4] "Una trasformazione radicale degli uomini si conferma necessaria sia per la* creazione generale dì questa coscienza comunista sia per la realizzazione del fine stesso. Ora, una tale trasformazione non può realizzarsi che in un movimento pratico, in una rivoluzione. Questa rivoluzione non è dunque soltanto necessaria perché è l'unico mezzo '. per rovesciare la classe dominante, ma anche perché la classe dominante non può essere-abbattuta in nessun'altra maniera, ma anche la classe che Rabbatte può riuscire solo in una rivoluzione a levarsi di dosso tutto il marciume del vecchio regime e diventare capace di fondare la società su nuove basi" (cf. Marx-Engels, Ideologia tedesca, in Opere, vol V, Roma 1972, p. 38).
La dura scuola della guerra di classe sarà, inevitabilmente, il punto di transizione a questa ', forma più alta dell'uomo che avrà lottato per emanciparsi, pena il rimanere schiavo. Non è un'esigenza di ordine etico: il corso determinato dell'evoluzione della lotta di classo porrà all'ordine del giorno la guerra mondiale fra capitalismo e socialismo, che chiuderà la preistoria dell'umanità.

[5] Cf. Elementi dell'economia marxista, 1929, par. 53, Quale sarà l'ulteriore sviluppo del capitalismo e Forza, violenza e dittatura nella lotta di classe, in Prometeo, 1947, cap. V.

[6] . Oggi il famoso mito dello Stato assistenziale è alimentato soprattutto dalle grandi realizzazioni dello Stato russo nel campo della produzione industriale, che è non il risultato dei piani che non possono essere razionali in regime capitalistico, ma della giovinezza del modo di produzione in un paese appena giunto sulla scena borghese. Proseguendo giusta la formula negazione è definizione, opporremo i piani di produzione comunitari di Marx ai modernissimi piani dei paesi capitalistici dell'Occidente e al loro modello più o meno riconosciuto – i piani quinquennali, ecc. russi. Tutti hanno in comune il calcolo mercantile e la priorità delle produzioni che favoriscono il capitale (industria pesante), mentre pongono in secondo piano le sezioni dei mezzi di sussistenza per gli operai (agricoltura), mezzi o che mancano nei magazzini o divengono talmente cari che il consumo, calcolato in calorie, diminuisce. Nel socialismo, le priorità saranno totalmente invertite. Ancora un'altra differenza: mentre i piani socialisti alla Marx sono costrittivi, fissati in anticipo secondo i bisogni degli uomini (e non della produzione e della sua crescita, che può essere alta da un anno all'altro solo nell'industria) e in quantità-fisiche di valori d'uso, i piani russi danno crescente priorità al valore di scambio (denaro). Più ci si allontana dal primo piano quinquennale, più il piano si centralizza e tende a riflettere l'anarchia della produzione borghese, perdendo il suo carattere obbligato per assumere alla fine le caratteristiche vaghe di un controllo post-produttivo di contenuto più statistico che programmatico, sicché il piano seguente è una previsione di crescita in percentuale (fissata da intenti politici) che non dispone dei mezzi per imporsi. Di qui le crescenti differenze tra realtà ottenuta e desiderata. Nel corso di questi ultimi venti anni, abbiamo in effetti assistito ad un intreccio di rettifiche sempre più grande fra piani quinquennali, decennali, e addirittura ventennali che si completano e si contraddicono.
La Borsa, che in Occidente regola i trasferimenti nazionali e internazionali di capitali tra i diversi rami d'industria, costituisce uno di questi piani quinquennali in rapporto ai piani decennali dello Stato locale. In Russia, l'inferno speculativo della borsa è installato nel cuore dello Stato, dimostrando che il capitalismo non è un semplice rapporto sociale nazionale, bensì internazionale. Le azioni russe si concentrano tutte nel rublo, come lo azioni americane nel dollaro (che fluttua pericolosamente verso il suo declino dopo la crisi del 1970). In un'epoca in cui il capitale diviene sempre più cosmopolita, il grande gioco della speculazione – altro aspetto dell'anarchia della produzione e della distribuzione mercantile e monetaria – si fa nelle relazioni tra gli Stati.

[7] . Creando una massa sempre crescente di tempo libero, lo stesso capitale capovolge la base del suo modo di produzione che si fonda sul lavoro altrui produttore di ricchezza e di plusvalore: "Nel suo secondo stadio, il capitale produce essenzialmente il plusvalore relativo, dovuto allo sviluppo delle forze produttive dell'operaio. In rapporto alla giornata lavorativa, ciò rappresenta UNA DIMINUZIONE DEL TEMPO DI LAVORO NECESSARIO e, in rapporto alla popolazione, UNA DIMINUZIONE DELLA POPOLA­ZIONE OPERAIA NECESSARIA" (Marx, Grundrisse, cit., p. 792). In altri termini, lo stesso capitale comincia già ad abolire il proletariato, accorciando sempre più il tempo di lavoro necessario, il capitale variabile, in rapporto al sopralavoro o lavoro gratuito per la società. Nei paesi sviluppati, il capitale tende a soppiantare il proletariato, a deproletarizzare, se così si può dire, mentre alla scala mondiale esso proletarizza masse sempre più ingenti. Questo movimento è contraddittorio quanto il processo di valorizzazione e di svalorizzazione, perché il capitale che aumenta il plusvalore rispetto al lavoro necessario ... giunge ad eliminare il lavoro vivo, senza il quale non c'è più plusvalore.

[8] . Cf. Marx, Il Capitale I, cap. XIX, Il salario a cottimo, nota.

[9] . Il partito, unificando in un solo corpo e in un solo programma storico tutte le lotte dei lavoratori dei diversi settori della produzione agricola, industriale, ecc., è in grado di anticipare la società comunista senza specialità di mestiere, perché raggruppa immediatamente in un insieme tutti gli individui, a prescindere dalla divisione del lavoro e dalla loro attività economica particolare, mentre le organizzazioni economiche, sindacati, ecc. restano legate alle condizioni attuali del modo di produzione e non possono sorpassarle che raggiungendo il punto di vista politico del partito comunista. Questo partito di tutti i lavoratori contro tutti gli sfruttatori, schiavisti, feudali o borghesi, anticipa in maniera materiale l'ambiente solidale e collettivista del comunismo in mezzo alla diversità delle forme economiche della schiavitù dei lavoratori. Il comunismo opera al livello delle classi per dissolvere tutte le differenze economiche di classe, andando all'essenziale, alla radice: l'uomo e le sue aspirazioni all'emancipazione dalle odiose condizioni odierne.
Tale partito, vero motore del Futuro, si oppone ad ogni visione immediatista che vede ovunque nuove conquiste e fasi continuamente superate nella storia, nella politica e nell'economia, ignorando ogni principio vincolante e costrittivo, ogni continuità e organicità, in breve ogni rapporto necessario tra il punto di partenza e la linea di arrivo, con quel filo che rappresenta la coerenza attraverso i cicli di proprietà, di potere e di espansione produttiva e mercantile, che la storia ha percorso. In questo senso, l'opera del comunista Marx non si deduce solo dai rapporti apparenti del capitale al lavoro salariato; come la storia, che ne lascia tracce ovunque e lo anticipa già in maniera folgorante, egli lega il comunismo primitivo al comunismo superiore, il comunismo "nostro", non più etnico o nazionale, ma comunismo di specie.
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