EUPALINO, O DELL'ARCHITETTURA |
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Paul Valéry . 1921
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Dice Socrate a Fedro:
– Guardati attorno, ascolta. – Non odo nulla e scorgo ben poco. – Forse perché non sei morto abbastanza. SOCRATE - I più, caro Fedro, ragionano su nozioni "bell'e fatte" ma non fatte da alcuno; e però, giacché nessuno ne è responsabile, servono male tutti. FEDRO – Ma lui, ti dissi, s'era procurato chiarezze affatto personali... SOCRATE – Le sole che possano essere universali... FEDRO – Egli immaginava con passione la natura dei venti e delle acque e così la mobilità come la resistenza di questi fluidi; meditava la generazione delle tempeste e delle calme, la circolazione delle correnti tiepide e dei non mescolabili fiumi che scorrono misteriosamente puri fra gli argini bruni d'acqua salsa; considerava i capricci e i pentimenti delle brezze, le incertezze dei fondi, dei passi e degli estuari insidiosi… SOCRATE – Per Dio! Come poteva farne una nave? FEDRO – Credeva che una nave dovesse crearla in qualche modo la coscienza del mare, e quasi confezionarla l'onda medesima!... SOCRATE – Ma non è possibile copiare il marsuino o il tonno, e predare direttamente la natura? FEDRO – Così credevo anch'io, nella mia ingenuità. Tridone mi ha disingannato. SOCRATE – Ma il marsuino non e una specie di nave? FEDRO – Tutto varia colle dimensioni, che non corre un rapporto tanto semplice tra la forma e l'accrescimento, né a questo potrebbero reggere la solidità dei materiali e gli organi di direzione: se una qualità cresce in ragione aritmetica, le altre crescono in misura diversa. SOCRATE – Tridone fece almeno qualche cosa di buono? FEDRO – Alcune meraviglie sul mare. Altre senza dubbio naufragarono e nel fondo, corazzate di folade, aspettano il tempo che il mare si prosciughi. SOCRATE – O Vita!... per me le vele nere e flosce del vascello carico di sacerdoti, che tornando faticosamente da Delo, e trascinandosi a remi... FEDRO – Come mal sopporti di rivivere la tua bella vita! SOCRATE – Fedro, mio pallido Fedro, Ombra sorella della mia Ombra, i miei rimpianti sarebbero infiniti se avessero qualche sostanza da lavorare, e se al loro esercizio non mancasse la carne! Cominciano a incrudelire e non si compiono, si disegnano ma non si possono colorare... V'è qualcosa che sia più vana dell’ombra d'un savio? FEDRO – Un savio. SOCRATE – Ahimé! un savio che non lascia di sé se non il parlatore che fu e diverse parole immortalmente abbandonate... FEDRO – Tu sei duro con tutti noi. SOCRATE – Se non m'aveste ascoltato, il mio orgoglio avrebbe cercato di sottomettere altrimenti a sé i vostri pensieri... Avrei costruito, cantato... FEDRO - Consolati, giacché più le rimpiangeresti se le avessi generate! Nulla, sembra, è cosi bello e nulla amaramente ci rimorde come le occasioni mancate! SOCRATE – Questo appunto vorremmo!... Quale anima esiterebbe a sconvolgere l'Universo se le riuscisse d'essere un poco più se stessa? Tu sai che a tutto il resto non consentiamo se non il diritto d'esserci conveniente! Vogliamo esattissimamente che i Cieli innumerevoli, e la terra e il mare, e le città, e gli uomini e le donne particolarmente, colle loro anime e le forze e le grazie, e gli animali come le piante; – ingenuamente noi vogliamo che tutti gli Dei insieme, e ciascuno secondo la bellezza che si adatta al nostro desiderio o secondo la potenza ch'egli apporta alla nostra debolezza, non siano se non gli abbellimenti, gli alimenti, i sostegni, i soccorsi, le luci, gli schiavi, i tesori, i baluardi e le delizie del nostro solo individuo. Come se la sola nostra fiamma, nel suo vivere assoluto e brevissimo, potesse consumare tutto ciò che fu, tutto ciò che è e tutto ciò che sarà. Scocchi dalla fiamma la scintilla unica, già una volta apparsa, per illuminare la gioia e il sapere, nell'essere che anima e divora!... FEDRO – Tu mi stordisci e mi costerni. SOCRATE - Tu non sai ciò che avrei potuto fare, e ch'io stesso riconosco solo ora. FEDRO – Ti confesso che l’ombra di disperazione da cui sei assalito e i tentati rimorsi che par si contendano il tuo viso fanno di me un fantasma dello stupore. SOCRATE - Credi che non mi comprenderebbe? FEDRO - Quasi tutti hanno qui troppa vanità della vita trascorsa: perfino gli scellerati ostentano la loro abominevole gloria: nessuno vuol riconoscere d'aver sbagliato. E tu, Socrate, dal nome purissimo che ancora incute rispetta alle invidiose larve, faresti sì tristi confidenze per domandare ad essi commiserazione e disprezzo? SOCRATE – Ma non sarebbe come continuare ad essere Socrate? FEDRO – Non bisogna voler ricominciare... non riesce due volte. SOCRATE – Non essere più amaro! FEDRO – Ti confesso che le tue parole hanno ferito un poco la mia amicizia. Tu comprendi che se ti abbassi da te medesimo, se deprimi Socrate, il Fedro che a lui s'è dato con tanto amore si vede ridotto al colmo della sciocchezza e della più cieca semplicità! SOCRATE – Ahimé, così vuole il nostro stato, ma mi voglio provare a ricavarne qualche cosa.Dimmi, non credi che dobbiamo, in quest'immenso tempo che la morte concede, giudicare noi stessi e di nuovo giudicarci infaticabilmente, correggendo, invocando nuove ragioni agli avvenimenti accaduti: cercando, insomma, di difenderci colle illusioni dall'inesistenza, come fanno i vivi che si devono difendere contro l’esistenza? – >
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Il lavoro di Erostrato
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FEDRO – Che cosa vuoi dunque dipingere sul nulla?
SOCRATE – L'Anti-Socrate. FEDRO – Ne immagino più d'uno: Socrate ha parecchi contrari. SOCRATE – Sarà, quindi... il costruttore. FEDRO – Bene, l'Anti-Fedro l'ascolta. SOCRATE – O nella morte coeterno, amico senza difetti e diamante di sincerità, ecco: FEDRO – Felici gli uomini che tu sia un architetto morto. SOCRATE - Bisogna ch'io taccia, Fedro? Tu non saprai quali templi, quali teatri avrei concepito, nel puro stile socratico!... FEDRO – Fedele, Socrate, fedele. SOCRATE – Allora bisogna seguirmi, e mutare se io muto. FEDRO - Ma vuoi dunque tu nell'eternità rievocare tutte le parole che ti fecero immortale? SOCRATE – Laggiù, immortale; relativamente ai mortali!... |
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