LE FORME DI PRODUZIONE SUCCESSIVE

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NELLA TEORIA MARXISTA . 1960 . 1980
arteideologia raccolta supplementi
made n.16 Ottobre 2018
LA RIPRESA DELLE OSTILITÀ
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FORMA SECONDARIA . CAPITOLO 3 . 1

PROLUNGAMENTI EUROPEI DELLA VARIANTE ASIATICA

Da oggi a ieri e viceversa

Nel testo italiano sulle Forme inseriamo qui gli undici capitoli che seguono per poter meglio distinguere tra le tre varianti della forma secondaria, in ispecie tra l'antico-classica e la germanica, che sono particolarmente difficili da distinguere poiché contengono entrambe il dualismo tra la parcella individuale e l'ager publicus (dominio collettivo). Utilizzeremo questa volta a titolo di esempio il metodo proposto da Marx per lo studio dei fenomeni storici: "La società borghese è la più complessa e sviluppata organizzazione storica della produzione. Le categorie che esprimono i suoi rapporti e che fanno comprendere la sua struttura, permettono di penetrare al tempo stesso nella struttura e nei rapporti di produzione di tutte le forme di società passate, sulle cui rovine e con i cui elementi essa si è costituita, e di cui si trascinano in essa ancora residui parzialmente non superati, mentre ciò che in quelle era appena accennato si è sviluppato in tutto il suo significato. L'anatomia dell'uomo dà la chiave per l'anatomia della scimmia. Invece, ciò che nelle specie animali inferiori accenna a qualcosa di superiore può essere compreso solo se la forma superiore è già conosciuta. L'economia borghese fornisce così la chiave per l'economia antica" [1].
Nel Capitale, Marx ha spiegato ad esempio che l'Inghilterra a capitalismo sviluppato indicava quale sarebbe stato lo sviluppo futuro della Germania che si trovava nella sua fase iniziale. Ma il capitale non contiene soltanto i rapporti borghesi poiché nel proprio sviluppo esso crea nel suo seno la base socializzata del comunismo. È quindi quest'ultima che, legata al proletariato rivoluzionario, da una parte spiega il movimento di tutte le società anteriori (quella capitalista inclusa; che suscita l'economia che la soppianta) e, dall'altra parte, indica la dinamica che conduce al comunismo superiore a partire dalle strutture sociali attuali in costante sviluppo.
Nella sua tesi su Democrito e Epicuro, Marx sottolineava che all'inizio del processo di sviluppo le differenze – qui tra la variante antico-classica e quella germanica – sono così minime da essere praticamente invisibili a occhio nudo, cosicché occorre scoprirle al microscopio. Per contro, alla fine dell'evoluzione di ciascuna di queste varianti, le differenze acquistano peso ed appaiono nitidamente se confrontate con l'ulteriore evoluzione da esse subita nella forma sviluppata del capitalismo. Insomma: "Il fenomeno che si può scoprire in germe è più facile da osservare là dove i rapporti si riscontrano in più ampie dimensioni. Quanto alle conclusioni generali, esse lasciano aperto il problema a cui devono rispondere la ricerca e il confronto col corso reale delle cose – di sapere se il risultato sarà confermato fino nei particolari" [2].
Si può certo seguire, per ragioni didattiche o di esposizione, lo sviluppo storico di maturazione sempre più grande dei fenomeni, ma la ricerca segue la via  inversa  del  dato  significativo, il che  conforta anche il rigore delle dimostrazioni.
Le attuali strutture rappresentano infatti i rapporti nati nel passato e sviluppati nella loro forma presente, ed è proprio il confronto storico che permette di esplicitarli nuovamente facendo apparire le loro radici e la loro dinamica. Trattandosi di fatti colossali, il loro senso è chiaro, se si hanno occhi per vedere: i grandi assi del prossimo futuro si decifrano se si è stabilita la direzione in cui si muove l'organismo sociale dalle sue origini.
Non abbiamo potuto capovolgere, in tutto il nostro esposto della Successione delle Forme, l'ordine cronologico o genetico dei fenomeni attuali, per via della debolezza delle forze di cui disponiamo per un tale sforzo di sistematizzazione e riordinamento, sebbene questo non implichi un apporto teorico nuovo all'opera di Marx. Nella nostra Introduzione, e più ancora nella Monografia che seguirà alle Forme, ci siamo limitati a collegare l'attualità alle forme del passato e in questi pochi capitoli ad applicare, a titolo d'esempio, il giusto metodo, che consiste nel rischiarare con il presente il passato e Viceversa, tenendo costantemente tra le mani tutto il filo dello sviluppo storico.
Nella base economica capitalista, tutti i rapporti sono gli stessi, in qualsiasi paese al mondo. Ciò che invece cambia sono le sovrastrutture giuridiche, politiche, ideologiche, religiose e artistiche che, per definizione, derivano dal passato, ossia dalle tradizioni nazionali o locali, dalla storia particolare, dagli usi e costumi. Ora, le sovrastrutture rappresentano le forze materiali ben reali. Esse proiettano negli spiriti le volontà e le istituzioni sociali, le condizioni del passato, e, inoltre, permettono di "agire di ritorno" sul divenire economico che esse modificano in una certa misura con "interventi dispotici". In tutte le società di classe, il passato – a misura dell'invecchiamento di una data forma – domina sempre più il presente, facendo gonfiare le sovrastrutture, utili all'inizio per imporre i nuovi rapporti a tutta la società. La classe rivoluzionaria che soppianterà la forma senescente rappresenta dunque il divenire, il futuro. Questa dialettica spiega che le società di classe sovrappongono le sovrastrutture alla base economica. La causa di questa sopravvivenza del passato nel presente è inerente al rapporto borghese stesso: il capitale assorbe incessantemente lavoro vivo, immediato, per trasformarlo in lavoro morto, alienato e reificato, facendo leva per questo sulle forze produttive già precedentemente accumulate.
Ma passiamo alla nostra dimostrazione. Ancora oggi esistono grandi differenze d'approssimazione dei fenomeni economici e sociali nei paesi di diritto romano, tra cui l'Italia, nei confronti di quelli di diritto consuetudinario germanico, tra cui soprattutto Germania, Inghilterra e Stati Uniti. Secondo il giusto metodo, il loro confronto ci consentirà di meglio specificare le caratteristiche della variante antico-classica e poi germanica, partendo, in entrambe, dalla definizione della struttura fondamentale: il rapporto tra proprietà individuale e ager publicus romano o marca (dominio pubblico) germanica. Tale rapporto fornisce anche la chiave per comprendere come la forma dell'ager publicus abbia permesso di sviluppare lo Stato schiavista di classe, e la marca lo Stato feudale ad esso succeduto.
Può   sembrare   paradossale   che   la   forma  più  avanzata  sul  piano economico abbia permesso soltanto di passare allo schiavismo, e la meno sviluppata al feudalesimo. In realtà, Roma aveva assimilato tutte le conquiste economiche della variante asiatica, e poi ancora fatto crescere fino al culmine le forze produttive sotto la forma schiavista, sì che i Germani non dovettero far altro che elevare questa base economica sviluppata alla forma feudale. Insomma, il feudalesimo scaturì dalla combinazione della base economica fornita da Roma e i rapporti sociali dati dai Germani, senza che questi ultimi dovessero ancora sviluppare le forze produttive, il che avrebbe condotto – a questo livello – a una nuova impasse, poiché le forze produttive della forma germanica al loro culmine avrebbero avuto bisogno di una forza esterna per uscire da un nuovo declino. In breve, il circolo vizioso nel quale si era cacciata Roma sarebbe ricominciato. È infatti l'elemento più barbaro il fattore di rigenerazione di una società giunta a un punto morto [3].
Già la variante antico-classica, che aveva sviluppato lo schiavismo fin nella produzione, aveva ripreso le conquiste tecniche di una forma economica più avanzata, imprimendole rapporti sociali barbari, più primitivi. Ed è stata ancora la resurrezione dei legami di solidarietà della marca (comunità) primitiva che ha permesso ai contadini asserviti di emanciparsi dalle pastoie che li legavano alla terra, i legami comunitari essendo stati usurpati dalla gerarchia feudale che deteneva la proprietà comunale sugli strumenti di produzione attraverso cui essi estorcevano plusvalore ai contadini (corvées effettuate nei dominii feudali). Engels propone ai moderni proletari, in ispecie dell'agricoltura e della grande industria, di organizzarsi nuovamente nella lotta in modo solidale come nella marca o comunità primitiva, per espropriare gli usurpatori della grande proprietà agricola e delle immense fabbriche [4]. 

Formalismo e divenire vivente 

Una stessa appropriazione capitalistica nella produzione è retta, nelle sovrastrutture giuridiche che plasmano lo spirito e l'atto del rapporto di proprietà – ossia l'intervento di ritorno sull'economia –, ad esempio dal diritto romano in Italia e dal diritto consuetudinario germanico in Germania, Non si tratta di due  diversi capitalismi, ma di tradizioni di un passato differente che, per definizione, gravano sulle mentalità e sui comportamenti della società borghese, in cui, secondo l'espressione dì Marx, il morto afferra il vivo. La fondamentale distinzione tra il diritto romano e quello germanico sta nel fatto che  il primo riconosce oltre al diritto d'uso, quello d'ABUSO dell'oggetto di proprietà, cioè considera il proprietario padrone assoluto degli oggetti da lui posseduti e in diritto teoricamente di distruggere il suo bene; ad esempio irrigare il suo campo con acqua salata, sterilizzandolo, come i romani fecero, dopo averla bruciata, sul suolo di Cartagine [5].
Al contrario, nel diritto germanico l'uso prevale sull'abuso, la buona gestione sul diritto privativo degli oggetti. A Roma si possiede il corpo – comprato – del produttore, lo schiavo; in Germania si sfrutta economicamente il servo o il salariato facendolo produrre. Così i locatari hanno  più  prerogative in Germania che non in Italia. Ecco un esempio – modesto, ma eloquente – della limitazione del diritto di abusare della proprietà in Germania: una legge prescrive, tra l'altro, ai proprietari di un prato di tagliare l'erba tre volte all'anno, onde amministrare da buon padre di famiglia i beni di cui esso può disporre. Il proprietario è negligente? Il sindaco è abilitato a far tagliare l'erba d'autorità e mandare la fattura al proprietario. Si vede in questa abitudine e in questa mentalità anglosassoni e tedesche la priorità accordata alle esigenze dello sfruttamento efficace dell'economia in Germania, Inghilterra, USA, ecc. Per   contro,   lo   spirito   latino,   più   formalista   con   il  diritto   scritto  e sclerotizzato, si volge essenzialmente all'amministrazione civile, e addirittura ai princìpi politici, per dominare, a partire dallo Stato, i rapporti sociali tra le classi [6].
In una fondamentale definizione sulla Germania, Engels spiegava la tendenza dei suoi compatriotti a trascurare qualsiasi forma – ad esempio, rito, contratto o atto giuridico che è solo un comodo strumento (di diritto consuetudinario) e non riveste  il carattere romano di legge irrefragabile formalista vincolante i comportamenti nelle più diverse situazioni. In fin dei conti, a decidere è l'utilità, il bisogno – e le volontà si uniformano alle necessità senza irrigidirsi in forme inamovibili. Ciò che conta è il divenire. Insomma, si cerca di adattarsi al massimo alle condizioni o circostanze materiali del divenire – e si evolve e progredisce continuamente. Questa attitudine è la più rivoluzionaria possibile, poiché al centro è il movimento – e non la definizione o il decreto formale. In tal modo, la borghesia tedesca ha sviluppato il più perfezionato capitalismo di Stato, trascurando le forme politiche del potere della sua classe. Essa ha fatto e continua a fare i suoi interessi sia sotto la tutela dei signorotti e del kaiser, di Hitler e della socialdemocrazia che dell'occupazione americana o russa. La Germania non ha mai, nelle società di classe, sviluppato una forma specifica di produzione [7]. Il feudalesimo vi è stato importato dalla Francia. La forma germanica non è che una variante senza radici locali profonde, poiché si è estesa dal Nord dell'Europa all'Est. Se gettiamo uno sguardo sulla localizzazione dei diversi popoli germanici in costante movimento, troviamo il gruppo gotico a Est, gli illevoni al Nord, gli Ingevoni a Nord-Ovest, gli Iscevoni ad Ovest, gli Erminoni al centro e al Sud. Senza assumere forme politiche unitarie, il feudalesimo si è sviluppato più a fondo in Germania che non in Italia e Francia, così come il capitalismo, più che altrove, ha attinto in Germania il suo più pieno sviluppo [8]. L'Italia, ricca di inventiva e di arte, più incline alla forma, modellò per il mondo intero i primi modi di produzione monetati e mercantili dello schiavismo e del capitalismo, battendo tutti i records nella creazione delle forme più odiose di dominio dell'ozioso sul produttore.
Le forme  sclerotizzate,  sovrastrutturali, vi prendono il sopravvento sull'efficace gestione dell'economia. Il termine fatica esprime bene l'ideologia della classe sfruttatrice nei confronti dei produttori scherniti e fregati. È l'ideologia tipica della proprietà privata, che – come già accennato – nacque dai primi patriarchi che alla testa delle loro greggi sminuirono i membri dell'antica famiglia comunitaria al rango di schiavi domestici che non valgono più del bestiame e degli strumenti di produzione. Il medesimo orrore per il lavoro si ritrova nell'ideologia dominante dei semiti [9], e la Bibbia lo presenta come una maledizione che grava sull'uomo cacciato dal paradiso terrestre. In tutte le forme schiaviste, infatti, ed è Roma a mostrarcelo crudamente, il proprietario, o maestro, resta al di fuori del processo di produzione. Per dedicarsi ai problemi politici della res publica, egli affida ad uno schiavo la cura di gestire la proprietà, di occuparsi delle questioni tecniche, scientifiche e persino filosofiche. Appartiene ad una classe oziosa per eccellenza, che non partecipa cioè al lavoro economico.
Presso i Germani, invece, dove le contraddizioni tra proprietari e produttori erano molto meno sviluppate, il termine lavoro, dalle  radici etimologiche  ancorate ai costumi e alla mentalità, si ricollega, non alla parcella privata, ma al campo collettivo e all'attività solidale nella raccolta comunitaria dei prodotti della terra.
La borghesia italiana si distingue dalla tedesca perché è nata e morirà mercantile  e  monetaria  piuttosto che industriale. La prima eccelle nel commercio e nel sistema bancario, la seconda nell'organizzazione e nella tecnica economica. L'italiana ha orrore  di metter piede nel processo di  produzione, e sviluppa la circolazione, il lato affarista del sistema capitalista.

Attuali ripercussioni di un passato ormai compiuto 

Le sovrastrutture si ricollegano alle tradizioni del passato per pesare sugli spiriti e far prevalere, a profitto delle classi dominanti, negli interventi sulla base economica, il passato sul presente e l'avvenire; esse testimoniano la  più alta esperienza raggiunta da una comunità o da una nazione. Così l'Italia è e resta, come pure gli Stati Uniti, un paese di schiavisti nati. La donna e i bambini  sono  posti  sotto l'autorità del patriarca e, nel capitalismo, la disoccupazione femminile non fa che aggravare ulteriormente questa sotto­missione. Engels stabilisce il seguente paragone: "Il Romano considera la fedeltà coniugale largamente garantita dal potere di vita e di morte che egli aveva sulla moglie (chiaramente legato al diritto, d'abuso del proprietario. N.d.T.) ... Invece, tra i Tedeschi le donne godevano di un'alta considerazione ed avevano un notevole influsso anche negli affari pubblici, il che contrasta direttamente colla dominazione dell'uomo nel matrimonio monogamico" [10].
A Roma la forma schiavista, che subisce il produttore al livello dello strumento di produzione, ha fatto dell'artigiano un meteco che abita fuori della città propriamente detta senza alcun diritto politico di cittadinanza. Nella Germania feudale, di contro, l'artigianato era altamente considerato; fu questa l'epoca d'oro del lavoro: le differenze tra i rapporti di produzione nel passato spiegano le diverse reazioni dei popoli latini in confronto a quelli germanici. Il cattolicesimo, ad esempio, è più italiano, mentre il protestantesimo è più germanico o meglio capitalista all'inizio. Il primo è formalista, ha riti e cerimonie [11]: il peccatore va a confessarsi, finge di pentirsi e può poi ricominciare a peccare – donde l'attitudine doppia, ipocrita. Il protestantesimo fa di ogni fedele il prete di se stesso ed esige che la teoria sia coerente alla prassi: esso piega e disciplina gli spiriti. I tedeschi sono così un popolo di teorici.
Un secondo esempio: le tradizioni schiaviste rendono il corpo oggetto di proprietà e di dominio delle classi oziose al potere, e in Italia il padrone non si accontenta di disporre delle ore di lavoro e della forza lavoro, ma vuole anche dominare il corpo dei suoi subalterni. Così il padrone italiano trova del lutto normale, come un borghese che ha dei domestici, chiavare i suoi dipendenti – uomini, donne e bambini. Gli infortuni sul lavoro sono più numerosi in Italia che altrove. Il padrone se ne frega dei lavoratori quanto l'imperialista americano dei popoli di colore: è prezioso solo quel che è raro, mentre gli esseri umani brulicano ovunque, soprattutto nelle regioni povere.
Insomma, in Italia si sottomette il corpo mentre si permette alla testa di dire e pensare a piacimento. Le idee non sono conseguenti. Un buon trafficante le compra sul mercato ed esse si modellano secondo i bisogni dell'acquirente. In Germania i corpi passano in secondo piano e non vengono considerati, poiché "è sufficiente" orientare gli spiriti nel senso utile alla collettività, cioè al capitale. Vediamo così i due lati complementari del mondo borghese rappresentati in Italia dall'arbitrio e dal dispotismo sfrenato del capitale, e in Germania dall'ordine sistematico ed efficiente. Il fascismo totalitario è nato in Italia e in Germania, come dispotismo sui corpi e sugli spiriti – e gli USA, essendo il paese capitalistico più sviluppato, ne hanno ripreso l'intera eredità.
Se la Germania è il paese dell'organizzazione, l'Italia è quello dell'arte. Lo schiavo, se ha un bel corpo, si vende meglio sul mercato e la sua sorte sarà probabilmente più leggera. In questa giungla sociale si è dunque sensibili ai vantaggi individuali. Ai giorni nostri l'estetica è un modo per fregare il prossimo: poco importa la qualità del prodotto, purché sia bello e ben presentato. Al contrario, la Germania pubblicizza le qualità utili, tecniche, della sua produzione.
Nella sua evoluzione, il capitalismo parte, per così dire, dalla forma di dominazione ancora personale delle forme preborghesi, per giungere alla forma sociale organizzata, sistematica ed efficiente, della produzione e della vita sociale: il capitale senile si spersonalizza con le società anonime, i trust, i cartelli, ecc., sebbene l'arbitrio e il dispotismo corporale trovino ancora posto nella sempre più mostruosa evoluzione di questo modo di produzione ormai sorpassato. La forma "italiana" prevale soprattutto nei paesi capitalistici poco sviluppati, mentre quella tedesca s'impone nelle metropoli superindustrializzate.
L'Italia di oggi fa sempre più parte di entrambi, industrializzandosi, e non può superare né il suo passato, né gli inizi del capitalismo, quando il borghese era padrone assoluto della sua impresa e dei ... suoi dipendenti.

D'altronde, se il prodotto non viene ripartito alla conclusione del processo di lavoro, secondo l'apporto di ciascun fattore della produzione, ma viene appropriato dal proprietario, essendo gli operai semplicemente salariati, è perché nelle forme preborghesi il padrone della terra era proprietario di tutto, del prodotto, degli strumenti, dei produttori e della terra. Chi lavora riceve a malapena i mezzi di sussistenza per vivere.
Alla fine del capitalismo il tipo di proprietà assoluta del diritto romano tende così a diventare anonimo – diciamo germanico – ma unicamente per quel che riguarda i mezzi di produzione, il prodotto. Il capitale se ne frega della proprietà, quel che gli importa è il plusvalore. I migliori clienti del padrone possono essere anche i suoi operai che sono liberi e devono pure partecipare al consumo e al godimento (certo solo nelle metropoli capitalistiche). Il tipo di proprietà approda allora al diritto consuetudinario tedesco, non formalista. Il produttore non è più un puro e semplice oggetto di appropriazione. La proprietà da personale diventa sociale e il totalitarismo del capitale sugli uomini diventa più pesante. Siamo al fascismo, cioè al dominio borghese sui corpi e sugli spiriti. 

Radici in un lontano passato 

Vediamo ora in qual modo le attività sovrastrutturali della società borghese trovino origine e modello nei vecchi modi di produzione, giacché il capitale si appoggia al passato per dettare i propri comportamenti, non potendo evolvere contemporaneamente alle forze produttive, riformarsi e trasformarsi cioè al punto da rendere superflua qualsiasi rivoluzione intesa a colmare lo iato tra modo di produzione e modo di distribuzione o d'appropriazione.
Nella variante antico-classica greca e romana, la proprietà assume, di primo   acchito,   un   aspetto   formalista,   per   diverse   ragioni;    1.  essa  è economicamente più sviluppata a confronto della variante germanica, avendo la Grecia e Roma formalizzato le conquiste economiche e sociali dell'Oriente;
2. ne consegue che la proprietà dell'appezzamento individuale e delle terre collettive della variante antico-classica evolveva già in Grecia e a Roma verso la proprietà privata e la proprietà statale, mentre nella forma germanica la parcella era piuttosto di possesso dunque d'uso e non d'abuso dimodoché la proprietà collettiva vi era meno sviluppata, meno statale, più localmente determinata, ad esempio comunale.
In breve, la proprietà collettiva non è così direttamente pubblica, ma più organizzata, dalla comune, al distretto, al paese, alla confederazione di paesi, così che presenta in embrione il modello della società gerarchizzata del feudalesimo.
Uno stesso rapporto determina parcella e dominio pubblico, benché le due forme di proprietà siano in opposizione, o meglio si trovino ai poli opposti. La mediazione tra esse è infatti sempre di natura sociale o addirittura già politica – soprattutto a Roma dove ogni proprietario di parcella è membro della comunità statale, dunque cittadino romano, e perciò partecipe del demanio pubblico (ager publicus).
Tuttavia   ad   un   certo   punto   dell'evoluzione,  il  rapporto  diviene puramente politico: è cittadino romano solo chi è proprietario di una parcella di terra e la perdita della proprietà comporta la perdita dei diritti politici (sociali). Ciò è possibile solo perché un primo passo è stato compiuto in questa direzione: non si lega già più la proprietà all'atto produttivo di natura economica, ma all'appartenenza, divenuta formale, alla comunità. Tale fatto sociale si rivela dunque ben presto politico, essendo subito staccato dalla appropriazione economica, dalla gestione, dall'uso.
3. A dominare è quindi a Roma la proprietà giuridica, politica, astratta dall'attività economica, lo Stato che determinerà quanto prima la posizione economica dei cittadini – ed evolve in maniera classista, divenendo lo strumento di chi è ancora proprietario – e sempre più grande proprietario. In una tale società, la sovrastruttura giuridica ecc. – il titolo di proprietà, il diritto, la politica – prevalgono sulla gestione economica. Servendosi dell'arma politica, i ricchi pongono i loro concittadini, rovinati ed espropriati, sotto la loro dipendenza, e siccome i ricchi non lavorano nella produzione ma si occupano degli affari pubblici (res publicae), riducono i loro creditori al rango di schiavi privati di ogni diritto civile nella società.
4. L'opposizione tra parcella privata e demanio pubblico sorge allorché ambedue rientrano nella proprietà privata. Da ciò consegue: a) che il proprietario della parcella può perderla, pur continuando a lavorarla (per il patrizio);» che il patrizio accumula le parcelle dei concittadini che ha rovinato; e) che l'influenza del patrizio sul demanio pubblico (lo Stato) diviene tanto maggiore quanto più ha concentrato parcelle di ex-proprietari da lui rovinati e di cui egli accumula i diritti pubblici di cittadinanza sulla comunità, la quale, via via che una classe acquista la posizione predominante, evolve in Stato. Lo Stato è nato sulla base della proprietà privata, a cui l'appropriazione romana si avvicina ben più di quella germanica o asiatica. Riassumiamo brevemente: presso i Germani, il possesso, l'attività utile, efficiente, economica, l'atto produttivo, prevalgono sul diritto o titolo di proprietà. A Roma la forma o il rapporto di distribuzione prevale sul contenuto, l'atto della produzione, mentre presso i primi la funzione economica, il valore degli oggetti, del processo di lavoro e dei produttori ha la precedenza. Perciò la forma germanica è a tal punto capace di evolversi secondo gli imperativi dello sviluppo delle forze produttive.
 

Parcella e demanio pubblico nella forma secondaria 

Nella variante asiatica la dualità del piccolo possesso e delle grandi opere (lavori d'irrigazione, ad esempio) è mediato dal possesso collettivo tramite appartenenza alla comunità. La variante antico-classica lega la proprietà allo Stato politico che ha assorbito in sé la comunità primitiva: quindi chi perde la proprietà personale perde i suoi diritti politici (sociali) e la proprietà sui beni pubblici. È rovinato e cacciato fuori dalla nazione. Presso i Germani non ci si alza ancora a questo livello di proprietà, ma il possesso mediato dalla comunità è legato al fatto economico dell'utilizzazione o dell'appropriazione della terra sotto forma di parcella individuale (o familiare) e di demanio pubblico. Si è possessore o Germano in quanto si utilizza e lavora la terra. Il possesso diviene piuttosto usufrutto che proprietà privata con il diritto d'abuso. Al demanio pubblico si partecipa sul piano economico e produttivo: raccattando legna nella foresta comune, pascolando le proprie vacche sui prati comuni, utilizzando le strade pubbliche, combattendo per difendere beni di tutti, partecipando alle assemblee per intervenire negli affari pubblici [12]. All'inizio le tradizioni sono dunque la concertazione comunitaria, l'organizzazione razionale delle attività, le necessità pratiche della produzione e della vita in comune. Mentre a Roma il rapporto è politico, presso i Germani esso è economico. A Roma i proprietari detengono il potere, e la proprietà è assoluta – ed essi trasferiscono il dominio che hanno sulle cose, sugli uomini, donde il diritto assoluto, d'abusare persino, di cui soffriranno i produttori-schiavi [13]. Il diritto giuridico di proprietà soppianta, in tal modo, le esigenze economiche eclissando perfino il valore d'uso, l'utilità delle cose, a vantaggio del valore di scambio mediato dal denaro, supremo mezzo di espropriazione delle masse. La forma di distribuzione prende qui il sopravvento sull'interesse delle forze produttive, e di fatto i patrizi se ne fregano della produzione, in cui essi non degnano metter piede.
Di  contro, le  esigenze  della  gestione  parcellare   e collettiva degli immobili prevale invece presso i Germani: la produzione prevale sulla forma di proprietà, – ed è Bismarck a prendere la testa della rivoluzione borghese. Le stesse classi dominanti trovano la loro giustificazione solo nella funzione economica e non nel titolo di proprietà garante del potere politico dello Stato [14]. I signori feudali hanno concluso, secondo il modo germanico, un patto di accomandazione con i contadini: voi fate del sopralavoro sulle nostre terre, o altrove, e noi vi garantiamo la sicurezza per poter esercitare l'agricoltura o l'artigianato e perfino il commercio. Se occorre, ci batteremo per voi fino alla morte, cavallerescamente. Se nel Medio Oriente, nell'Asia centrale e nell'Africa del Nord, ecc., ampie fasce di terra furono trasformate in deserti, e i contadini rovinati da una semplice invasione di nomadi in cerca di saccheggio, ciò avvenne per mancanza di un tale patto produttivo di tipo feudale.
La borghesia, anche se non lavora, si immischia della produzione [15]: controlla, dirige, investe, sceglie i prodotti, i macchinari, ecc. ecc, e ha il culto del lavoro, ad usum degli operai. All'alba del capitalismo, si eleva un inno universale al lavoro, fonte di tutte le ricchezze. I mendicanti e coloro che sono fuggiti dalle fabbriche vengono marchiati a fuoco e riportati con la forza pubblica sul posto di lavoro. L'Italia ha conosciuto più particolarmente – dato il suo contributo alla formazione del mercato mondiale con la rete di scambi commerciali e bancari – la funzione della distribuzione mercantile, monetaria e perfino finanziaria. Il capitale industriale si è sviluppato invece nei paesi di diritto consuetudinario germanico – in Inghilterra e in Germania più ancora che nella mitigata Francia.
Se la distribuzione è la miglior rappresentazione della forma d'appropriazione o di proprietà, la produzione esprime meglio la dinamica di una forma economica [16]. Entrambe sono inerenti alle società di classe, ma l'una tende costantemente a prevalere sull'altra. Dato che nella forma germanica la parcella non era di proprietà assoluta, ma d'uso economico, tutti i membri della comunità avevano il diritto di controllo sul buon uso dell'immobile, sia parcelle che beni comunali, ecc. Donde questa razionalità del comportamento economico e pratico, come la profonda conoscenza tecnica dei processi economici. Il modo di fare è quindi sociale, utile, e non, come nel diritto d'abuso della proprietà, antisociale. I tedeschi moderni hanno – se questa parola ha un senso – una democrazia economica e non politica. Essi hanno un senso teorico ed economico più che politico, mentre per esempio i francesi, avendo un senso eminentemente politico, nel corso della loro rivoluzione borghese si riallacciarono alla Grecia e a Roma antica.
È solo nel proletariato, con lo sviluppo storico, che queste unilateralità nazionali hanno tendenza ad attenuarsi, sebbene esse non appaiano nei periodi di arretramento o d'involuzione, quando il passato domina più tirannicamente il presente.
In tal modo i modi di produzione del passato forniscono la chiave per intendere le sovrastrutture giuridiche, politiche e ideologiche di oggi, poiché lo iato tra base economica e sovrastrutture si allarga sempre più nel corso dello sviluppo delle società di classe in generale, e di ciascuna forma di produzione in particolare. Lo studio delle forme di produzione del passato è dunque quello delle forme di coscienza e delle istituzioni d'oggi ed in questo senso è attuale [17]. Malgrado la raggiunta socializzazione delle forze produttive, il capitalismo non può scacciare Dio, l'Io, la proprietà privata, il feticismo della merce, ecc. ecc., sebbene queste nozioni corrispondano ormai a modi di produzione arcaici. È nel nome di queste entità, oggi svuotate della loro sostanza, che pensano e agiscono tutti i difensori dell'Ordine stabilito e i loro lacchè, tanto numerosi nelle fila operaie, aristocratizzate da poche briciole del banchetto capitalista. 

Forma di produzione e rivoluzione 

Consideriamo ora lo schiavismo domestico della variante asiatica che si è alzato allo schiavismo nel processo di produzione in Grecia e a Roma, ossia lo stesso sviluppo della forma secondaria. Questa analisi – mettendo in luce come è nato il lavoro forzato della prima società di classe – permette di comprendere meglio da cosa è costituito l'attuale lavoro salariato e in generale il rapporto capitalista che lo implica, e di spiegare gran parte degli attualissimi fenomeni del mondo borghese [18]. Questi processi dell'inizio delle società di classe come della loro fine si sono realizzati in opposizione alle condizioni comuniste di produzione, che essi implicano come propria negazione: i due programmi antagonisti delle società di classe e della società senza classi vi si leggono dunque in filigrana a ogni passo.
Questa analisi della dinamica della genesi sfocia nella prima società di classe e illustra il funzionamento dell'attuale modo di produzione. Essa ci permette di completare le sintetiche e necessariamente fissate definizioni del nostro Schema sinottico sulle Forme successive di produzione e di società che – allegato a questo volume – fornisce nelle sue linee dorsali la strutturazione di ogni forma, dal comunismo primitivo a quello superiore passando per le molteplici società di classe.
Come spiega Engels nell'Origine della famiglia, ecc., la base da cui si deve partire è duplice: "Da un lato, la produzione dei mezzi di sussistenza, derrate alimentari, oggetti di abbigliamento, di abitazione, e strumenti all'uopo necessari; dall'altro lato, la produzione degli uomini stessi o riproduzione della specie". Nel comunismo primitivo e superiore, i due aspetti sono legati. Nelle società di classe, la produzione immediata dei beni materiali destinati al consumo o alla produzione è separata dalle condizioni della riproduzione della società, cioè dai rapporti sociali, dalle sovrastrutture e istituzioni politiche, giuridiche, che dettano le condizioni nelle quali la società si riproduce. Questi rapporti sociali sono dunque alienati, reificati, e dominano i produttori per sfruttarli ed opprimerli. Di contro, nel comunismo primitivo, la famiglia, la consanguineità, la solidarietà, la cooperazione in seno all'unità sociale della tribù rappresentavano le condizioni di produzione e di riproduzione dell'insieme. Solo includendo l'interazione della base economica o dei rapporti sociali o sovrastrutture è quindi possibile afferrare lo sviluppo di una forma di produzione e il suo passaggio a un'altra.
La genesi dello schiavismo attraversa tre tappe che segnano il passaggio alla società di classe; dissociazione della famiglia che diviene un rapporto conflittuale, sostituzione dell'appropriazione comunitaria con la proprietà privata, coronata dallo Stato di classe che testimonia il rovesciamento dei rapporti sociali della forma primaria in confronto alla secondaria; dominazione della società reale ad opera della società ufficiale, e assoggettamento della classe lavoratrice alla classe dominante, ecc.
Nella forma secondaria, specie in origine, il fenomeno delle classi – la cui lotta è il motore della storia – è ancora soltanto in divenire. Nel tempo e nello spazio, vi sono, anziché le classi, tre strati o – secondo l'espressione di Marx – tre varianti successive, la cui interazione farà avanzare la forma nel suo complesso, o addirittura ne assicurerà il passaggio alla seguente.
Dalla variante asiatica derivano gli elementi che innescarono l'evoluzione storica in Europa. L'antico-classica sviluppò la variante-madre innestando sugli apporti economici di questa i rapporti giovanili che spinsero le forze produttive ad un livello superiore in una nuova area geografica conquistata al progresso umano, e servì poi – raggiunto un certo livello – da base per un ulteriore sviluppo, cui diedero impulso ora i rapporti della variante germa­nica [19].


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[1] Cf. Marx, Grundrisse, Introduzione, cap. 3, su Il metodo della economia politica.
[2] Cf. Marx, Dissertazione dottorale discussa a Jena nel 1841: Differenza tra le filosofie naturali di Democrito e Epicuro in generale.
[3] Nel nostro testo abbiamo considerato in primo luogo la forma antico-classica che è evoluta nello schiavismo, e poi quella germanica, che, benché non abbia raggiunto l'elevato livello economico della prima (e neppure della variante asiatica), ha assicurato il passaggio delle acquisizioni di tutta la forma secondaria al feudalesimo. Non è stata quindi una mancanza di "civiltà" a provocare la decadenza di Roma e il ritardo dell'Oriente – al contrario.
In realtà, nella forma secondaria i rapporti non erano ancora abbastanza sviluppati per provocare una differenziazione sufficiente delle strutture e delle classi che permettesse a una di esse – come la borghesia nel feudalesimo o il proletariato nel capitalismo – di essere una classe contemporaneamente in e fuori di queste società, per assicurare, a partire dalle sue contraddizioni interne, il trapasso alla forma superiore.
[4] Cf. Engels, La marca, nota nell'ultima pagina (Zurigo 1883), in Storia e lingua dei Germani.
[5] Cf. Il programma rivoluzionario della società comunista elimina ogni forma di proprietà del suolo,  degli impianti di produzione e dei prodotti del lavoro. Cf. Il programma comunista N. 17, 1958, cap. Proprietà ed usufrutto.
[6] Oggi l'incapacità delle classi dirigenti italiane a gestire razionalmente e organica­mente l'economia si è ancora estesa, dialetticamente, fino agli affari politici, all'amministrazione dello Stato. Oggi non si parla più solo di malgoverno, ma di non-governo. E di fatto, come la borghesia italiana ha abdicato nelle mani di Mussolini poi dell'invasore americano, non le resta più in proprio che il compito di un potere locale che sbriga la polizia e l'ordine pubblico, mentre il centro imperialista telecomanda tutti gli altri – in particolare l'economia dei paesi dipendenti del resto del mondo.
[7] Il fatto che il marxismo sia nato in Germania e che questo paese sia stato a rimorchio per l'instaurazione di tutte le forme di produzione di classe, lascia pensare che il proletariato tedesco – con le tradizioni non formali ma al contrario adattate al cambiamento continuo – avrà un ruolo particolarmente importante nella rivoluzione comunista. Non a caso noi vediamo proprio in Germania il centro nevralgico dell'imminente rivoluzione proletaria nelle metropoli sviluppate. L'abilità italiana, con la sua arte di realizzare la teoria nella pratica, vi giocherà anch'essa il suo ruolo. Nella sua prefazione italiana al Manifesto, Engels non ha forse previsto un nuovo Rinascimento – vero, questa volta – con un Dante proletario che noi vediamo nel partito rivoluzionario nato a Livorno e continuato dalla sua ala sinistra che salvò il programma comunista nello nello sfacelo della Terza Internazionale e la degenerazione di Mosca?
[8] Dopo il periodo eroico della grande migrazione di popoli nel IV secolo e la conquista dell'Impero romano da parte dei barbari germani, la Germania, vuotata della sua sostanza, declinava (nel preciso momento in cui nasce il feudalesimo). L'Impero germanico fu restaurato con Carlomagno a partire dalla Francia, da cui essa non fu tagliata che imperfettamente dal trattato di Verdun (843)", cf. Engels, Note preparatorie alla "Guerra dei Contadini".
[9] La legislazione di Mosè condanna quasi il lavoro. L'introduzione del sabato, in cui "chiunque lavorerà sarà condannato a morte" (Esodo, 31, 14) e in cui "chiunque raccoglie legna verrà lapidato" (Numeri, 15, 36), testimonia l'orrore per il lavoro muscolare di un popolo consacrato, fin dalle sue origini, all'allevamento del bestiame. Lo stesso schiavo aspira ad un dolce ozio allorché spezza le sue catene. Già Mosè incoraggia piuttosto il commercio che non l'artigianato e, in questo senso, il popolo ebreo è partecipe, alla sua nascita, della forma secondaria che vede il lavoro ridotto in schiavitù, cioè umiliato e degradato. Notiamo che il settimo giorno festivo testimonia che le forze produttive erano già abbastanza sviluppate allora per permettere la sussistenza per un giorno senza lavorare, la riproduzione delle condizioni esistenti essendo assicurata. Cf. Du Mesnil-Marigny, Histoire de l'economie politique, cap. sulla Giudea.
[10] Cf. Engels, l'Origine della famiglia, cap. II, La famiglia. Se si parla tanto d'amore in Italia è in maniera completamente mercantile e monetaria, nel senso in cui il denaro comanda le  merci in una  bottega. È  un mezzo per dominare l'altro carnalmente fottendolo.
[11] I popoli germanici sono contemporaneamente i popoli più giovanili e più barbari, i latini i più carichi di storia e "civilizzati". Ciò si legge ad esempio nella religione: il cattolicesimo è pieno di riti formali, di pompa e di salamelecchi. La natura umana vi è complessa e sinuosa, come il mercantilismo che unisce i contrari negli scambi.Il protestante è senza rito, che è ulteriore, più profondo: è la religione del capitale che spinge il dovere e il rigore fin dentro gli spiriti e i cuori.
[12] Il famoso senso dell'organizzazione dei tedeschi affonda indubbiamente le radici in un remoto passato, nel fatto che la forma di possesso, piuttosto che di proprietà, della parcella e della marca (dominio pubblico) era legala alla gestione o all'uso razionale della terra e degli strumenti di produzione. Siccome le terre demaniali o comunali erano a disposizione di chi le usava per un adeguato sfruttamento, questo servizio escludeva l'abuso proprio perché non conosceva che un uso che non intaccava la ricchezza fondamentale. Ora, ciò implicava il controllo di tutti membri della comunità, il che esigeva che l'uso fosse giustamente ripartito tanto per il lavoro richiesto, la parte di demanio concessa, che per la parte del prodotto ceduta al singolo. Insomma, è tutto un problema di ripartizione e d'organizzazione tecnica in un accordo generale. Questa gestione collettiva conforme alle esigenze reali favorisce lo spirito comunitario, sempre onnipresente, mentre il diritto di abuso romano è manifestatamente legato all'individualismo, alla Persona, padrona e signora di se stessa.
[13] Il diritto di abusare delle cose possedute manifesta una chiara ideologia e prassi di classe, e ha radici e ramificazioni nei rapporti sociali in generale, e non soltanto nel Codice giuridico. Lo si trova, per esempio, non appena una funzione, nella divisione del lavoro sociale, si autonomizza, sì che i detentori di tale funzione possono esercitare una pressione, o addirittura un ricatto – abusare – nei confronti dei loro mandanti che divengono degli amministratori e persino dei sudditi. Benjamin Constant spiega che la morale delle prime semplici religioni, del feticismo iniziale, era costituita da regole salutari ai corpi e agli spiriti, una sorta di codificazione dell'esperienza accumulata dalla comunità e conservata da alcuni (i preti) a profitto di tutti Ora, quando i preti divennero una casta o un clan sclerotizzato, aprirono la porta agli abusi e all'arbitrio, inventando, ad esempio, strane regole di condotta: "All'inizio il politeismo greco è in generale estraneo ai doveri fittizi. Per contro, nelle religioni sacerdotali, l'uomo è imbavagliato dai comandamenti e divieti arbitrari ... Non avendo più il diritto di consultare la propria coscienza, non è mai certo di non aver offeso la divinità". E la religione cattolica raccomanda oggi, di conseguenza: "Signore perdonami dei peccati che non conosco" (Salmi, 19, 13).
[14] Valendosi del loro titolo di proprietà sanzionato dallo Stato in virtù di un contratto giuridico di prestito, i patrizi, malgrado non esercitassero alcuna funzione economica nella produzione, in ispecie agricola, espropriarono i loro compatrioti annettendosene le terre che facevano poi amministrare da schiavi, cui il lavoro – indegno di un patrizio – era riservato.
[15] Dato che nei rapporti borghesi il lavoro è salariato, il capitalista quando agisce come dirigente, realizzatore del prodotto nella circolazione, come finanziario che anticipa il capitale, ecc, non lavora e non riceve quindi salario. Proprio per questo, Marx dice che esso è ozioso in senso economico. Ciò non osta a che egli svolga le funzioni - o le faccia svolgere da altri - del capitale, e prelevi per questo il profitto, che è deduzione -ì sul prodotto del lavoro dei produttori. Le funzioni e le loro spese sono dunque deduzioni del prodotto dei salariati produttivi.
[16] La  concezione   secondo  cui il lavoro avrebbe delle virtù in sé, perché utile, efficiente e proficuo a tutti, è profondamente radicata in Germania proprio per le sue tradizioni non schiaviste. Questa concezione acquista credito anche in larghi strati operai soprattutto in periodo di riflusso rivoluzionaria Essa costituisce la base dell'operaismo diffuso dalle classi dominanti, del riformismo e del fascismo o nazionalsocialismo. Questo operaismo è ugualmente diffuso dai sindacati opportunisti che pretendono che si debba col lavoro accrescere l'insieme della torta prima di rivendicarne una parte maggiore. Esso trionfa sotto questa stessa forma nell'economismo dei paesi anglosassoni dove la collaborazione di classe si fa a partire dagli interessi economici con una svalutazione delle rivendicazioni politiche e rivoluzionarie: cf. Lenin, Che fare? L'operaismo lusinga i lavoratori, ne esalta la condizione e perpetua così i rapporti salariati di sfruttamento – il che lascia in piedi tutte le strutture fondamentali del capitale, e dunque i privilegi delle altre classi, tra cui le più infette sono proprio quelle che vengono ritenute le più nobili e sublimi: medici, professori, artisti, ingegneri, ecc. Ora, alla fine del capitalismo, tutte le funzioni economiche sono svolte da salariati che "lavorano" tutti, mentre la macchina soppianta sempre più il lavoro muscolare, per la somma gioia dell'aristocrazia operaia che non ha occhi che per l'economia. Le tradizioni "germaniche" divengono allora l'ideologia dominante delle metropoli supersviluppate del capitalismo, tra le quali aspira allinearsi anche l'Italia borghese, che oscilla tra la concorrenza con i capitalismi sviluppati e i continenti di colore attardati.
[17] Così il capitalismo italiano, che ha radici profonde nella più sviluppata forma schiavista della storia umana, ha appena utilizzato questa esperienza per concludere un grosso affare: il governo cinese che affitta a distanza 400.000 dei suoi soggetti per la più grande felicità della industria italiana e gli "scambi fruttuosi" con il "socialismo". Nelle forme sorpassate, il "genio inventivo" o meglio l'affarismo degli italiani scopre nuove soluzioni per l'imperialismo in generale. Bell'esempio di utilizzazione dell'esperienza passata, riattualizzata nelle odierne sovrastrutture dello Stato per gli interessi immediati del capitale.
[18] Con lo schiavismo è nato il deprezzamento e la degradazione del produttore, mentre i privilegi economici e sociali vanno alla classe degli oziosi, il capitalismo ha completamente rovesciato, nella distribuzione e nell'ideologia, la norma secondo cui tutte le ricchezze sono prodotte dal lavoro, per far prevalere il criterio secondo cui quanto più un operaio si sfianca nella produzione e quanto più la sua giornata lavorativa è lunga e mal pagata, tanto più egli è schernito e non considerato, mentre, dall'altra parte, quanto meno una attività è faticosa e quanto più è breve, quanto meno esige sudore e sforzi e tanto più è pagata ed è elevata nella gerarchia delle funzioni della società Insomma, quanto più duramente si lavora, tanto più si è in basso nella scala sociale. La scienza e le arti servono ai furbi per procurarsi privilegi privati, prelevati su quanti sono nella produzione e vi creano le ricchezze.
[19] Cf. nel nostro prossimo volume: Schieramento delle forze gigantesche in urto nell'attuale crisi, la cartina sul Prolungamento schiavista della forma asiatica che ne illustra, nello spazio se non nel tempo, lo sviluppo.
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